Invidia
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L'Invidia (dal latino invidere, "guardare biecamente", composto della particella in con significato negativo e del verbo videre, "vedere") consiste nella tristezza che si prova davanti ai beni altrui e nel desiderio smodato di appropriarsene, sia pure indebitamente[3]. In altre parole, è un sentimento negativo che si prova per un bene o una qualità altrui in relazione al fatto che si vorrebbero per sé; è spesso accompagnata da avversione e rancore per colui che invece possiede tale bene o qualità[4].
È il sesto dei sette vizi capitali. "Diventa peccato mortale quando giunge al punto di augurare un male grave al prossimo, in quanto atto opposto all'amore fraterno"[5].
Nella Bibbia
Antico Testamento
L'invidia si manifesta fin dalle prime pagine della Bibbia, nel racconto di Caino e Abele (Gen 4,1-16 ), nel quale il primo uccide il secondo perché "il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta" (Gen 4,4b-5a ). I fratelli di Giuseppe per invidia lo vendono come schiavo (Gen 37,11 ). Saul invidia i successi di Davide (1Sam 18,6-8 ), e per questo tenta più volte di ucciderlo (1Sam 18,25; 19,1.10 ).
L'ultimo dei dieci comandamenti stigmatizza l'invidia dei beni del prossimo che porta al desiderio di possesso (Es 20,17 ; Dt 5,21 ).
L'uomo non deve invidiare gli empi (Sal 37,1; 73,3 ; Pr 3,31; 23,17; 24,19 ); l'invidia è chiamata "la carie delle ossa" (Pr 14,30 ). Il Qoelet afferma che i successi degli uomini sono frutto dell'invidia degli uni verso gli altri, e sono vanità (4,4).
L'invidia viene legata al diavolo e all'ingresso del peccato nel mondo: "Per l'invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo, e ne fanno esperienza coloro che le appartengono (Sap 2,24 ).
Nuovo Testamento
Gesù insegna che l'invidia, come gli altri peccati, nasce dal cuore dell'uomo (Mt 7,22 ). Egli fu consegnato dai giudei a Pilato "per invidia" (Mt 27,18 ; Mc 15,10 ).
San Paolo enumera l'invidia tra i peccati di cui sono colmi gli empi (Rm 1,29 ; Tt 3,3 ), e ne testimonia la presenza anche in mezzo ai cristiani (Fil 1,15 ; 1Cor 3,3 ; Rm 13,13 ).
Approfondimento
L'invidia rappresenta una delle forme della tristezza, ed è quindi un rifiuto della carità[6].
Il termine invidia può indicare tanto l'aspetto di passione che quello di vizio[7].
- Nella forma di passione, l'invidia è una specie di tristezza profonda che si prova sensibilmente in considerazione del bene altrui: essa è la deviazione del sentimento utile dell'emulazione, per il quale si è portati ad imitare, eguagliare e sorpassare, con la grazia di Dio, le virtù del prossimo.
- Nella forma di vizio, l'invidia è una specie di dolore spirituale determinato dal bene del prossimo, bene che viene visto come un attentato alla propria pretesa superiorità, e quindi come ingiustizia: tale invidia è spesso accompagnata dal desiderio di vedere il prossimo privo del bene che offusca chi ne è affetto. Tale vizio nasce dall'orgoglio, che non può tollerare né superiori né rivali.
L'invidia ha effetti talvolta molto deleteri, poiché genera sentimenti di odio e fa gioire delle disgrazie altrui; inoltre porta a diffamare il prossimo e a creare divisioni. A livello di nazioni tutto ciò genera effetti nefasti:
« | Le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o sociale, l'invidia, la diffidenza e l'orgoglio che dannosamente imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la pace e causano le guerre. » | |
(Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2317)
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Rimedi
Fondamentalmente, il battezzato lotta contro l'invidia mediante la benevolenza[6]. Più in dettaglio, i rimedi più efficaci dell'invidia sono due[8]:
- considerare che tutti si è fratelli e membri del Corpo Mistico, il cui capo è Gesù, imparando a gioire con chi gioisce (Rm 12,15-16 );
- coltivare il sentimento dell'emulazione, cioè sforzarsi di raggiungere gli altri con i mezzi leali e onesti a propria disposizione.
Inoltre, poiché l'invidia spesso è causata dall'orgoglio, il battezzato si impegnerà a vivere nell'umiltà[6].
False invidie
Vi sono varie situazioni nelle quali non si può parlare di invidia[9]:
- quando ci si rattrista nel vedersi privi di un bene che si scorge nel prossimo;
- quando ci si rattrista perché un altro è nella condizione di recare danno al soggetto per il fatto preciso di possedere quel bene, ad esempio una carica in una comunità;
- quando ci si rattrista perché qualcuno possiede un bene che non meritava assolutamente.
Invece vi sono situazioni nelle quali non si vorrebbe che il prossimo avesse qualche cosa, non perché si consideri ciò come un danno del proprio bene, ma perché non si vuole che l'altro stia bene: in tal caso si deve parlare di odio.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |