Alessandro Manzoni

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Alessandro Manzoni
Laico
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Francesco Hayez, Ritratto di Alessandro Manzoni (1841), olio su tela; Milano, Pinacoteca di Brera
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 88 anni
Nascita Milano
7 marzo 1785
Morte Milano
22 maggio 1873
Sepoltura Cimitero monumentale di Milano
Conversione
Appartenenza Arcidiocesi di Milano
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(Alessandro Manzoni, Lettera al marchese Cesare d'Azeglio)

Alessandro Manzoni (Milano, 7 marzo 1785; † Milano, 22 maggio 1873) è stato uno scrittore, poeta e drammaturgo italiano. È considerato uno dei maggiori scrittori italiani di tutti i tempi, in particolare per il suo celebre romanzo I promessi sposi, capolavoro della letteratura italiana. Fu senatore del Regno d'Italia.

Biografia

Infanzia e formazione

Alessandro Manzoni nacque a Milano il 7 marzo 1785 da Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria (1738-1794), giurista, economista e letterato italiano, celebre illuminista autore del trattato Dei delitti e delle pene (1764), contro la tortura e la pena di morte. Questa era sposata col nobile Pietro Manzoni, benestante proprietario terriero, ma il padre naturale di Alessandro fu probabilmente l'illuminista Giovanni Verri, fratello minore degli scrittori Pietro e Alessandro.

Trascorse un'infanzia e un'adolescenza difficili tra balie e collegi, con genitori distanti o assenti e una rigida disciplina. Studiò prima presso i frati Somaschi a Merate e a Lugano, quindi presso i padri Barnabiti a Milano. In quegli anni si diffondevano per l'Europa gli ideali illuministi e razionalisti, spingendo il giovane Alessandro Manzoni ad accogliere le idee giacobine e anticlericali, che si evidenziano nel poemetto Il trionfo della libertà (1801), fiera invettiva contro la "superstizione" cattolica ed esaltazione della libertà portata nel mondo dalla Rivoluzione francese.

L'uscita dal collegio nel 1801 rappresenta per il giovane Manzoni un momento di grande cambiamento, perché gli permette di entrare in contatto con l'ambiente culturale milanese, illuministico e riformista, facendo crescere in lui l'interesse per una letteratura rivolta alla soluzione dei problemi concreti della società, con una battaglia morale e culturale in senso democratico. Frequenta a brevi intervalli l'università di Pavia dove conosce e diventa amico di Ermes Visconti (1784-1841).

Fondamentale nella sua formazione culturale fu l'incontro con Vincenzo Monti e Ugo Foscolo che gli fecero conoscere la poesia neoclassica, mentre quello con Vincenzo Cuoco (1770-1823) lo mise in contatto con l'ala liberale e moderata del Risorgimento italiano, che sosteneva la necessità di privilegiare la via delle riforme rispetto ai metodi rivoluzionari. Questo eserciterà una notevole influenza su Manzoni, spingendolo ad attenuare il radicalismo dell'adolescenza. Dal Cuoco apprende inoltre la filosofia di Giambattista Vico (1668-1744), cioè la concezione della storia come sviluppo della civiltà dei popoli e del suo continuo progresso e svolgimento.

I frutti di questa maturazione intellettuale e artistica appaiono nelle opere di questo periodo, fra le quali l'idillio Adda (1803, di elegante composizione, una delle prove più riuscite del suo neoclassicismo) e i quattro Sermoni (1803 - 1804, vivace satira morale, politica e letteraria).

Soggiorno a Parigi e conversione

Brusuglio di Cormano (Milano), Villa Manzoni ereditata da Carlo Imbonati

Nel 1805 Alessandro Manzoni giunse a Parigi, accogliendo l'invito della madre e del conte Carlo Imbonati (1753-1805), con il quale Giulia conviveva da diversi anni, dopo aver divorziato dal marito nel 1792. Imbonati, amico dei fratelli Verri e di altri intellettuali milanesi, morì il 15 marzo lasciando Giulia erede universale, poco prima dell'arrivo di Manzoni, che ne onorò la memoria con un componimento in endecasillabi sciolti intitolato In morte di Carlo Imbonati (1806), dove si rivela una certa spregiudicatezza nei confronti della morale corrente, ma enuncia con lucida consapevolezza una poetica che per molti aspetti resterà definitiva per il Manzoni. Essa propone come fine della poesia la testimonianza del vero, del giusto e del retto. Il carme e tutta la sua produzione giovanile vennero ripudiati dall'autore dopo la sua conversione al cattolicesimo.

Gli anni del soggiorno parigino (1805-1810) furono particolarmente importanti nella formazione dello scrittore poiché lo misero in contatto con la nuova cultura europea. Manzoni frequentò i più importanti fra i nuovi ideologi europei, intesi a orientare i principi illuministici, dopo le delusioni della Rivoluzione, verso una sensibilità romantica. Fondamentale fu soprattutto l'amicizia stretta con Claude Fauriel (1772-1844), storico e critico letterario francese, seguace del nuovo storicismo tedesco, che rafforzò nello scrittore italiano l'amore per la storia e lo scrupoloso rispetto dei fatti, che tanta parte avrà nella struttura compositiva delle sue maggiori opere.

Miniatura con Alessandro Manzoni ed Enrichetta Blondel nel giorno delle nozze (1808); Milano, Biblioteca Braidense

Nel 1807 tornò a Milano per la morte del padre (18 marzo). Nell'autunno Manzoni conobbe la calvinista sedicenne Enrichetta Blondel, figlia di un banchiere ginevrino e la sposò il 6 febbraio 1808 a Milano, prima civilmente presso il Municipio e un'ora più tardi con rito calvinista nella casa dei Blondel.

Dal 1807 al 1808 Manzoni risiedette tra Milano e Brusuglio, in Brianza, nella villa ereditata dall'Imbonati. Successivamente ritornò con la madre e la moglie a Parigi, dove il 23 giugno 1808 nacque la prima figlia, Giulia Claudia e nel 1810 tornò di nuovo in Lombardia.

Del 1809 è la pubblicazione del poemetto neoclassico Urania (dedicato a una delle nove Muse), in cui viene esaltata la funzione civilizzatrice della poesia. Ma si tratta dell'ultima opera neoclassica di Manzoni, che ormai si orienta sempre più verso un ben diverso orizzonte ideologico e poetico.

Nel 1810 la moglie abiurò il calvinismo abbracciando il cattolicesimo e il 15 febbraio 1810 celebrarono il matrimonio secondo il rito cattolico. Anche Manzoni maturò la conversione religiosa, dopo un lungo e intenso travaglio spirituale che era iniziato con il matrimonio. Importanti furono i lunghi e profondi dialoghi con l'abate francese Henri Jean-Baptiste Grégoire (1750-1831) e con il sacerdote genovese Eustachio Degola (1761-1826), religiosi giansenisti.

Secondo un diffuso ma non accertato aneddoto, il 2 aprile 1810 Alessandro ed Enrichetta assistevano alle celebrazioni per le nozze di Napoleone e di Maria Luisa, ma vennero travolti e separati dalla folla. Manzoni terrorizzato entrò nella Chiesa di San Rocco a supplicare Dio di rendergli la sposa e ne uscì ritrovando sia la sposa che la fede. Ma la sua conversione non va datata a questo episodio, o non solo da esso; veniva da letture, da intime meditazioni e senz'altro dall'esempio della moglie, che viveva un profondo travaglio interiore per il passaggio dal calvinismo al cattolicesimo.

La fede cattolica consentì al Manzoni di ancorare a una verità, che egli sentiva solida e assoluta, le sue profonde esigenze morali, di placare la sua ansia etico-religiosa nella certezza di una fede comune, radicata nella coscienza popolare da secoli. Non lo portò a rinnegare i suoi ideali illuministici di libertà, uguaglianza, fraternità e giustizia, né la sua critica recisa alle forme retrive delle lettere, della politica e del costume, né la sua concezione della letteratura come mezzo di edificazione spirituale. Gli consentì anzi di fondare più saldamente questi valori, non più sull'astratto razionalismo rivoluzionario, ma su una fede che fosse slancio totale della persona e che gli desse, al di là delle delusioni del presente, la certezza nel trionfo del bene e d'un intervento divino nella storia degli uomini.

Stagione creativa

Milano, Palazzo Manzoni

La conversione segnò il nascere della grande poesia manzoniana e l'inizio di una feconda stagione creativa. Sono anni d'intensa creatività: le opere e i progetti si succedono gli uni agli altri senza che i precedenti siano stati terminati.

Ritornato in Italia, dal 1811 Manzoni e la moglie vissero quasi stabilmente fra il palazzo milanese di via del Morone, che affaccia su piazza Belgioioso e le ville di Brusuglio e di Lesa, sul lago Maggiore. Intensi restarono però i rapporti del Manzoni con gli intellettuali parigini, che si concretizzarono in nutriti scambi epistolari (in particolare con Claude Fauriel) e in un nuovo soggiorno a Parigi tra il 1819 e il 1820.

A Milano Alessandro ed Enrichetta poterono contare sull'assistenza spirituale di mons. Luigi Tosi (1763-1845), anche lui giansenista (dal 1823 al 1845 vescovo di Pavia), che avrà sul Manzoni grande influenza, tanto da spingerlo (creandogli quasi un caso di coscienza) a scrivere nel 1819 le Osservazioni sulla morale cattolica.

Dopo Giulia Claudia (1808) nacquero Pietro (1813), Cristina (1815), Sofia (1817), Enrico (1819), Clara (1821 che morì a due anni), Vittoria (1822), Filippo (1826) e Matilde (1830). Un'altra figlia, Luigia, era nata morta (1811).

Inni sacri

Del 1812 è il progetto degli Inni sacri, che avrebbe dovuto comprendere dodici poesie dedicate alle principali festività cristiane. In realtà, verranno composti soltanto cinque inni: i primi quattro (La Risurrezione, Il nome di Maria, Il Natale e La Passione) saranno pubblicati nel 1815, mentre La Pentecoste, abbozzata per la prima volta nel 1817, sarà completata nel 1822.

Gli Inni, che rifiutavano la tradizione classicista e che frontalmente opponevano i valori e i riti cristiani e popolari, alla mitologia greco-latina, erano già un testo prossimo alla poetica romantica; in tal senso, con fondate ragioni, che Manzoni, anche se non prese direttamente parte alle lotte della scuola romantica italiana, e in particolare lombarda, a pieno titolo va riconosciuto come il protagonista italiano del romanticismo europeo.

Tragedie

Nel 1814 - 1815, Manzoni, tra sopravvenienti depressioni e problemi di salute, andava componendo due poesie d'ispirazione politico-civile:

  • Aprile 1814,
  • Il proclama di Rimini.

Tra il 1816 e il 1820, con diverse interruzioni dovute alla stesura di altre opere, si colloca la composizione della tragedia Il conte di Carmagnola, seguita dalla Lettera a M. Chauvet (1820) e quella al marchese Cesare D'Azeglio (1823), in cui Manzoni difende le sue scelte anticlassiciste e spiega le ragioni della propria adesione al romanticismo.

Nel 1820 Manzoni comincia la stesura di una nuova tragedia, Adelchi, ambientata al tempo della caduta del regno longobardo in Italia a opera dei franchi e pubblicata nel 1822, insieme al Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, che rivela la sua grande passione per gli studi storici, ma soprattutto l'intento di contrapporre i protagonisti degli eventi alle loro vittime e l'obiettivo di fare strada fra tante falsificazioni interessate, alla "verità" dei fatti, sia delle cause sia delle conseguenze.

Sono anni d'intensa creatività: le opere e i progetti si succedono gli uni agli altri senza che i precedenti siano stati terminati.

Nel 1821 compone le due odi civili Marzo 1821 e Il cinque maggio, che danno voce, rispettivamente, alle speranze presto deluse per il rapido raggiungimento dell'indipendenza italiana e un bilancio, in chiave cristiana, della vicenda terrena di Napoleone Bonaparte, protagonista degli eventi storici accaduti durante la giovinezza dello scrittore.

Romanzo

Dal 24 aprile 1821 al 7 settembre 1823, Manzoni si dedica alla composizione di un romanzo storico.[1] Appena terminata la prima stesura del romanzo, che si intitolava, dal primitivo nome dei protagonisti, Fermo e Lucia, lo scrittore comincia un'impegnativa opera di rifacimento strutturale e di riscrittura linguistica, che portò a termine nel 1825 Gli sposi promessi (questo fu il secondo titolo dell'opera) e mandò alla censura (era d'obbligo) e alle stampe il primo e il secondo volume e nel 1826 il terzo, già con il titolo definitivo i I promessi sposi; finalmente, dopo ulteriori aggiustamenti, giugno 1827 ne pubblicò una riedizione completa in tre volumi, detta ventisettana per distinguerla da quella definitiva (1840-1842).

L'autore però, insoddisfatto della veste linguistica dell'opera, compie nello stesso anno, con tutta la famiglia, un viaggio in Toscana, con l'obiettivo di studiare il linguaggio toscano ed, in particolare, il fiorentino parlato dalle persone colte - cioè, un dialetto distillato letterariamente - sarà il modello di riferimento della seconda edizione del romanzo, pubblicata, dopo lunghi studi e un'attenta revisione, tra il 1840 e il 1842.

Insieme all'edizione definitiva de I promessi sposi compare, completamente rifatta rispetto a una prima stesura mai data alle stampe, la Storia della colonna infame, un testo di carattere saggistico in cui l'autore affronta il tema della giustizia ricostruendo un processo avvenuto nel 1630, ai tempi della peste a Milano.

Rifiuto del romanzo storico

La stagione creativa del Manzoni romanziere si chiude nel 1827; la successiva revisione de I promessi sposi sarà, infatti, soltanto linguistica e la Storia della colonna infame, che può essere considerata un'opera storiografica.

Alla base di questa rinuncia sta il rifiuto, maturato in sede teorica, del romanzo storico. Come si legge nel saggio Del romanzo storico e, in genere, de' componimenti misti di storia e d'invenzione (elaborato intorno al 1830 e pubblicato, dopo varie revisioni, nel 1850), il romanzo storico è per Manzoni un genere ibrido e incoerente, che non rispetta la storia e anzi la falsifica con elementi romanzeschi. Il romanzo storico, inoltre, non gode più, a parere di Manzoni, del successo di pubblico che aveva avuto con lo scrittore britannico Walter Scott (1771-1832) ha pertanto perduto efficacia come forma di letteratura divulgativa. Effettivamente, in Europa la fortuna del romanzo storico stava declinando: Stendhal, Balzac e poi Flaubert avrebbero attinto il materiale per i loro romanzi dal presente, ossia dall'attualità osservata e studiata con uno sguardo attento alle relazioni fra l'individuo, le dinamiche sociali e gli avvenimenti storici.

Morte della moglie

La vita familiare di Manzoni, a partire dagli anni Trenta, si fece sempre più difficile:

  • la moglie Enrichetta Blondel morì il giorno di Natale del 1833, dopo anni di malattia, stremata anche dai parti (dieci figli in venti anni) e dai molti salassi;
  • la prima figlia, Giulia Claudia, dopo alcuni anni di infelice vita coniugale (il matrimonio con Massimo D'Azeglio era stato praticamente imposto dai familiari), morì nel 1834 a ventisei anni, lasciando una figlia di un anno;
  • altre tre figlie (Cristina, Sofia e Matilde) morirono tra il 1841 e il 1856;
  • i figli Enrico e Filippo furono una fonte continua di dispiaceri a causa della loro vita dissoluta fra debiti e carcere. Filippo morì nel 1868.

Dei dieci figli, solo Enrico e Vittoria sopravviveranno al padre.

Secondo matrimonio

Il 2 gennaio 1837 Manzoni, non sentendosi in grado di badare alla numerosa famiglia e incoraggiato dai parenti, si risposò con Teresa Borri, vedova Stampa, la quale aveva un figlio di diciassette anni: l'affetto tra Alessandro e la nuova moglie fu costante benché attraversato da frequenti contrasti con la figlia di primo letto, Giulia Beccaria. A Teresa nel 1845 nacquero, ma non sopravvissero, due gemelle. Da allora la sua salute andò sempre più declinando tanto che morì il 23 agosto 1861.

Manzoni fu spesso ospite del figlio di Teresa, Stefano Stampa, a Lesa, in una villa sul Lago Maggiore, dove frequentò il sacerdote e filosofo Antonio Rosmini (1797-1855), che dirigeva a Stresa l'Istituto della Carità. All'influenza di Rosmini si deve la composizione del trattato Dell'invenzione (1850), centrato su un'idea fondamentale della poetica manzoniana: il poeta non crea ma "inventa", nel senso latino del termine, cioè "trova" la poesia che è già nella realtà.

Risorgimento e unità d'Italia

Giuseppe Molteni, Ritratto di Alessandro Manzoni (1850 ca.), olio su tela; Lecco, Museo Civici-Museo Manzoniano

Sebbene la salute inferma e precaria lo tenesse lontano da ogni impegno pratico e attivo, Manzoni partecipò intensamente alla passione politica del Risorgimento. Nonostante la sua convinta adesione al cattolicesimo fu contrario al potere temporale dei papi, sostenendo che non era lecito confondere gli interessi del cielo e quelli della terra (egli affermò: La spada nuoce al pastorale), convinto assertore dell'idea di Roma capitale d'Italia e, soprattutto, della necessità della risoluzione del problema nazionale in senso unitario.

Nella sua opera, riconoscendo il popolo come protagonista vero della storia, volle interpretare l'animo e gli ideali, educarlo ad acquistare piena consapevolezza di sé, moralmente e politicamente, congiungendo alle comuni tradizioni cattoliche i nuovi ideali di libertà e giustizia del Risorgimento.

Nel 1861 fu nominato senatore del nuovo Regno d'Italia e nel dicembre 1864 si recò a Torino per votare il trasferimento della capitale a Firenze, in attesa che venisse portata a Roma.

Nel suo palazzo milanese vennero a fargli visita nel 1860 Camillo Benso di Cavour (1810-1861) e nel 1862 Giuseppe Garibaldi (1807-1882).

Inaridirsi della vena poetica

In questa seconda fase della vita dello scrittore la vena poetica manzoniana sembrò quasi completamente inaridita.

Degli inni Il Natale del 1833 (che non va confuso con l'inno sacro Il Natale) e Ognissanti, ultimi tentativi di meditazione religiosa in forma poetica, restano solo alcuni frammenti. Il Natale del 1833 cerca di risolvere in chiave cristiana il mistero della morte di Enrichetta Blondel, ma la parola poetica si arresta di fronte alla visione terribile della divinità:

« Mentre a stornar la folgore
trepido il prego ascende
sorda la folgor scende
dove tu vuoi ferir! »
(Frammenti, datati 14 marzo 1835)

L'inno Ognissanti, ideato intorno al 1830 e solo in parte realizzato nel 1847, è dedicato alle esistenze consacrate a Dio, che vivono nella preghiera e muoiono nella sogno della santità.

Studi linguistici e storici

Nel frattempo proseguì gli studi linguistici che hanno tenuto costantemente impegnato lo scrittore a partire dagli anni Trenta, tanto da essere sintetizzati nella formula l'eterno lavoro sulla lingua. Tali studi, culminanti nello strenuo lavoro di revisione linguistica dei Promessi sposi, mirano soprattutto a contribuire all'unità linguistica italiana.

Il lavoro sulla lingua si traduce anche in intervento politico quando nel 1868 Manzoni accettò di presiedere una commissione ministeriale incaricata di formulare progetti per diffondere in tutte le classi sociali la conoscenza della lingua italiana.

Gli studi linguistici sono in questo periodo interrotti soltanto da quelli storici. La principale opera storica intrapresa da Manzoni è il Saggio comparativo sulla Rivoluzione francese del 1789 e la Rivoluzione italiana del 1859, dove la prima rivoluzione è considerata illegittima e distruttiva perché mossa da folle violente di facinorosi che rappresentano soltanto una piccola parte della nazione francese, mentre la seconda è vista come legittima e costruttiva perché moderata e sostenuta dalla volontà dell'intera nazione italiana.

Decadimento degli ultimi mesi

Milano, Cimitero Monumentale, Tomba di Alessandro Manzoni

Il 6 gennaio 1873, scendendo i gradini della Chiesa di San Fedele in Milano, Manzoni cadde e batté la testa riportandone un grave ematoma.

Da quel momento la sua mente non sarà più lucida e il decadimento fisico procedette rapidamente. Le sue condizioni peggiorarono quando il figlio Pietro si ammalò gravemente. Nonostante la notizia della morte di Pietro, avvenuta il 24 aprile, gli sia stata tenuta nascosta, l'assenza del figlio tornò negli incubi e nei deliri dello scrittore, che confonde le immagini della malattia con le memorie del passato e degli studi compiuti.

Il 22 maggio 1873 Alessandro Manzoni morì a Milano nella casa di via del Morone, dopo più di dieci giorni di agonia. Il 29 maggio, dopo i solenni funerali alla presenza del principe ereditario Umberto di Savoia (1844-1900), venne sepolto al famedio del Cimitero Monumentale.

Nel primo anniversario della morte, il 22 maggio 1874, Giuseppe Verdi eseguì nella Chiesa di San Marco e poi al Teatro alla Scala, la Messa di Requiem, composta per onorarne la memoria.

Opere prima della conversione

  • 1801, Autoritratto: sonetto autobiografico è ispirato dall'analogo testo Sublime specchio di veraci detti di Vittorio Alfieri (1749-1803), scritto nel 1786, ma pubblicato proprio nel 1801 a Parigi. Con Solcata ho fronte (sempre del 1801) di Ugo Foscolo e con la poesia manzoniana costituisce un celebre trittico di sonetti-autoritratto. Il testo di Manzoni fu pubblicato molto più tardi: uscì, infatti, nel 1878 sulla Gazzetta Letteraria torinese, per opera di Raffaello Barbiera.
  • 1801, Del trionfo della libertà: poemetto allegorico in terzine, nel quale si esaltano gli ideali della Rivoluzione francese e contemporaneamente si riconosce con delusione che Napoleone non li ha realizzati.
  • 1802, A Francesco Lomonaco: dedicato all'esule e patriota lucano Francesco Lomonaco (1772-1810).
  • 1802, Alla Musa: sonetto nel quale Manzoni invoca l'aiuto di Clio, musa della storia, affinché possa indicargli la via per una gloria imperitura.
  • 1802, Alla sua donna: sonetto, noto anche come Se pien d'alto disdegno e in me securo, è dedicato, secondo la maggior parte degli studiosi, a Luigina Visconti, amore giovanile del Manzoni, che le aveva dedicato anche l'ode Qual su le cinzie cime (1801).
  • 1802 - 1804, Sermoni: quattro componimenti in endecasillabi sciolti.
  • 1803, Adda: idillio in 83 endecasillabi sciolti dedicato a Vincenzo Monti, che aveva conosciuto a Milano. Manzoni lo inviò all'amico con una lettera; nonostante l'ottimo giudizio ricevuto dal Monti, l'autore non pubblicò l'opera, che vide la luce solo nel 1875 grazie a G. Gallia. Nell'idillio il poeta dà voce al fiume Adda, affluente del Po, che invita il Monti a trascorrere del tempo nella quiete della sua valle e a trarne ispirazione poetica. Ricorda che presso il lago di Pusiano si levò la voce poetica di Giuseppe Parini, accostato a Orazio per l'alto valore morale della sua opera.
  • 1805 - 1806, In morte di Carlo Imbonati: carme, composto di 242 endecasillabi sciolti, nel quale Manzoni racconta che il conte Carlo Imbonati, convivente della madre e morto da poco, gli è apparso in sogno esortandolo a non diventare mai il servo di nessuno e a ispirarsi a un ideale di nobiltà morale e letteraria. Nei carme si legge:
« Sentir, riprese e meditar: di poco / esser contento....il santo Vero mai non tradir: né proferir mai verbo /che plauda al vizio, o la virtù derida. »
Questi versi (206-215) sono generalmente indicati come la prima espressione della poetica manzoniana. Qui il Vero non è ancora quello della fede, è invece quello della Ragione di matrice illuminista.
  • 1809, Urania: poemetto composto da 358 endecasillabi sciolti. Il titolo allude a una delle Muse, protettrice dell'astronomia e già ispiratrice del poeta greco Pindaro. Sviluppa un tema tipico del mondo neoclassico, ovvero il passaggio degli uomini dalle barbarie alla civiltà per opera delle Muse.

Opere dopo la conversione

  • 1812 - 1822, Inni Sacri: frutto della conversione del Manzoni, gli Inni Sacri sono composizioni dedicate alle principali festività cattoliche dell'anno liturgico. Il progetto prevedeva dodici inni ma lo scrittore ne compose cinque. Nel 1815 pubblicò La Risurrezione, Il Natale, La Passione e Il nome di Maria. Il quinto inno, La Pentecoste, abbozzato per la prima volta nel 1817, dopo varie elaborazioni fu pubblicato nel 1822. Gli Inni, che rifiutavano la tradizione classicista e che frontalmente opponevano i valori e i riti cristiani e popolari, alla mitologia greco-latina, erano già un testo prossimo alla poetica romantica. È in tal senso che Manzoni, anche se non prese direttamente parte alle lotte della scuola romantica italiana e in particolare lombarda, a pieno titolo va riconosciuto come il protagonista italiano del romanticismo europeo.
  • 1814 - 1821, Aprile 1814: poesia incompiuta, composta in seguito alla caduta di Napoleone, dopo la battaglia di Lipsia e alla cacciata degli austriaci dall'Italia.
  • 1815, Il proclama di Rimini: poesia incompiuta, che esprime appoggio per l'appello di Murat alla lotta di tutti gli italiani per l'indipendenza.
  • 1816, L'ira di Apollo: ode di carattere scherzoso scritta da Manzoni nel 1816, durante l'infuriare delle polemiche suscitate dall'articolo Sulla maniera e l'utilità delle traduzioni di Madame de Staël (1766-1817). In questo articolo, la scrittrice francese denunciava lo stato di decadenza della letteratura italiana, ancora aggrappata a modelli e istituzioni vecchie di secoli, ed esortava gli intellettuali ad aggiornarsi, traducendo le opere degli autori stranieri più rappresentativi del nuovo clima culturale romantico. Nell'ode si immagina che il dio Apollo scenda dall'Olimpo per vendicarsi dei romantici lombardi, che vorrebbero abbandonarlo (metafora che indica il clima culturale milanese, aperto alle innovazioni e favorevole al nuovo gusto romantico).
  • 1816 - 1820, Il conte di Carmagnola: tragedia dedicata allo storico e critico letterario francese Claude Fauriel (1772-1844), con una prefazione sulle unità drammatiche e sull'uso del coro, un cantuccio, che, non essendo legato allo svolgimento dell'azione, non può costituire una parentesi lirica che dà voce ai sentimenti dell'autore togliendogli la tentazione di parlare per bocca dei personaggi, lasciando così separata la realtà storica dalle passioni e dalla fantasia del poeta. A questo proposito Foscolo osservò che, necessariamente, i personaggi storici di una tragedia pronunciano discorsi mai detti e compiono azioni mai avvenute. Manzoni aggiunse anche alcune notizie storiche sull'argomento della tragedia; in tale introduzione sostenne l'innocenza del conte, ma studi recenti hanno confermato il contrario.
  • 1819, Osservazioni sulla morale cattolica: saggio nel quale Manzoni discute e confuta le tesi di Sismonde de Sismondi nella Storia delle repubbliche italiane nel Medioevo (1817), dove si sosteneva che la morale cattolica aveva causato la decadenza politica dell'Italia; Manzoni risponde dimostrando, sulla base dell'insegnamento evangelico, che la morale cristiana è l'origine di ogni scelta positiva anche nel campo politico e sociale.
  • 1820, Lettre a' Monsieur Chauvet sur l'unité de temps et de lieu dans la tragédie pubblicata a Parigi nel 1823.
  • 1820 - 1822, Adelchi. tragedia che narra la vicenda del principe Adelchi e gli avvenimenti che precedettero la caduta del regno longobardo tra il 772 e il 774. Il tema principale è l'opposizione fra oppressi e oppressori, cui si collega il dilemma insolubile del protagonista:
« Far torto o patirlo. »
  • 1821, Marzo 1821: ode ispirata da entusiasmo patriottico al profilarsi di un intervento armato del re Carlo Alberto di Savoia (1798 -), che poi non si concretizzò e questa fu pubblicata solo nel 1848. L'ode contiene una celebre definizione del concetto di nazione:
« Una d'arme, di lingua, d'altare, / di memorie, di sangue, di cor. »
Bozza autografa dell'ode Il cinque maggio; Milano, Biblioteca Braidense[2]
  • 1821, Il cinque maggio: ode, scritta da Alessandro Manzoni in tre giorni nel 1821 a Brusuglio alla notizia della morte di Napoleone e tradotta nel 1823 da Goethe; nell'opera lo scrittore mette in risalto le battaglie e le imprese dell'imperatore, nonché la fragilità umana e la speranza in Dio.
  • 1822, Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia: saggio frutto delle ricerche storiche effettuate per la stesura dell'Adelchi. Infatti, questo periodo dell'alto Medioevo (VIII secolo d.C.) era poco conosciuto e si discuteva sulla validità o meno del gesto del papa Adriano I che aveva chiesto l'aiuto di Carlo Magno e del suo esercito contro le mire espansionistiche dei Longobardi. Se si fosse dimostrata l'avvenuta fusione tra i Longobardi e i Latini (gli abitanti dell'Italia), la scelta del pontefice sarebbe stata contraria al bene della popolazione dell'Italia. Se invece fosse risultato che i Longobardi erano tuttora oppressori dei Latini, la conquista da parte di Carlo Magno avrebbe avuto un senso diverso. Manzoni consultò un'ampia documentazione, dalla quale trasse la convinzione che entrambi i popoli stranieri dovessero considerarsi oppressori nei confronti dei Latini. Un'affermazione importante del saggio è il riconoscimento che nella storiografia gli umili, gli oppressi non hanno spazio, infatti vi si legge:
« Una moltitudine intera passa sulla terra, sulla sua terra, senza lasciare traccia. »
  • 1823, Spartaco: progetto incompiuto di una terza tragedia che aveva come protagonista Spartaco. Per realizzare questa tragedia, Manzoni studia i classici antichi. Il progetto avrebbe permesso di estendere lo sguardo storico a ritroso nel tempo: dopo l'età rinascimentale (Il conte di Carmagnola) e il Medioevo (Adelchi), la vicenda della rivolta di schiavi guidati da Spartaco alla fine dell'età repubblicana di Roma avrebbe ricostruito (dal punto di vista degli "umili") un altro momento-chiave della storia degli italiani. In questo scritto il suo obiettivo era anche quello di evidenziare l'eloquenza come strumento che serviva a guidare le sommosse. Si ritiene che la tragedia sia rimasta allo stato di abbozzo per il maturare dell'idea del romanzo.
I promessi sposi con in appendice Storia della colonna infame (1840), Illustrazione del frontespizio con Lucia, assalita da ogni genere di violenza, viene protetta da un angelo
  • 1823, Lettera sul romanticismo al marchese Cesare D'Azeglio: epistola, pubblicata nel 1846, divisa in due parti:
    • nella prima parte Manzoni polemizza apertamente contro i classicisti, affermando:
« Per i romantici è impossibile parlare del falso riconosciuto per la sola ragione che altri l'hanno stimato per vero; i classicisti oppongono che levando la mitologia si spogli la poesia di immagini [...] »
    • nella seconda parte lo scrittore propone idee sul romanticismo, esamina criticamente le nuove teorie e le difende con una formula sintetica che pone
« L'utile per scopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo. »
  • 1823, Fermo e Lucia: prima stesura de I promessi sposi che nel titolo aveva il primitivo nome dei protagonisti.
  • 1824 - 1825, Di alcuni modi di dire opposti alle regole ricevute: trattato incompiuto.
  • 1825, Gli sposi promessi: seconda stesura del romanzo.
  • 1826, I promessi sposi: terza stesura del romanzo, già con il titolo definitivo.
  • 1827, I promessi sposi: quarta stesura del romanzo, pubblicata in tre volumi, dopo ulteriori aggiustamenti, nel giugno 1827, detta ventisettana
  • 1828 - 1830, Lettera a Victor Cousin: opera incompiuta relativa al problema dell'autorità, indirizzata al filosofo e storico Victor Cousin (1792-1867), uno dei maggiori protagonisti della Restaurazione in Francia.
  • 1830, Del romanzo storico, e, in genere de' componimenti misti di storia e di invenzione: in questo discorso Manzoni rovescia le concezioni che sorreggevano la Lettre a' monsieur Chauvet sur l'unité de temps et de lieu dans la tragédie. Giudica negative tutte le opere non fondate esclusivamente sul vero (compreso quindi il suo romanzo) e riconosce legittimità morale solo alla storiografia.
Francesco Gonin, I promessi sposi (1840-1842), Illustrazione con Don Abbondio e i bravi
  • 1830, Lettera a Niccolò Tommaseo sul Dizionario dei sinonimi.
  • 1830 - 1835, Della lingua italiana: due stesure di questo trattato interrotto, ripreso in altre due redazioni tra il 1837 e il 1840 e in una quinta e sesta ristesura del 1842 - 1843 e del 1855 - 1859.
  • 1833, Il Natale del 1833 (giorno in cui morì la prima moglie, Enrichetta Blondel). Il frammento viene fatto rientrare fra gli Inni sacri, anche se non compreso nel programma dell'autore. Fu abbozzato in due riprese e poi abbandonato definitivamente nel 1835 (Manzoni annotò in calce: cecidere manus, caddero le mani).
  • 1836, Sentir messa: breve trattato, pubblicato postumo nel 1923 da D. Bulfaretti, nel quale Manzoni difende l'uso vivo della lingua contro le accuse dei puristi mosse al romanzo Marco Visconti di Tommaso Grossi.
  • 1840 - 1842, Promessi sposi: quinta e definitiva stesura del romanzo.
  • 1840, Storia della colonna infame: opera pubblicata nel 1840 in appendice ai I promessi sposi, che analizza e discute gli atti di un processo a due presunti untori. L'indagine, nella quale fu fatto uso della tortura, approdò a uno scontato giudizio di colpevolezza. I due imputati vennero mandati a morte e le loro case distrutte. Sul luogo delle case fu innalzata una colonna che ricordava l'avvenimento (da ciò il titolo). In questo testo Manzoni sviluppa una serrata argomentazione nella quale confluiscono la sua formazione illuministica e la concezione cristiana.
  • 1847, Sulla lingua italiana: lettera al naturalista e linguista Giacinto Carena (1778-1859) scritta in occasione della pubblicazione della prima parte del Prontuario di vocaboli attenenti a parecchie arti, ad alcuni mestieri, a cose domestiche e altre in uso comune.
  • 1849 - 1850, Dell'Invenzione: dialogo nel quale Manzoni afferma che lo scrittore non deve creareinventare nulla, ma limitarsi a cercare di rappresentare in modo veritiero la realtà creata da Dio.
  • 1856, Saggio sul vocabolario italiano secondo l'uso di Firenze: saggio redatto in collaborazione con lo storico e scrittore fiorentino Gino Capponi (1792-1876); si collega alla convinzione che il toscano parlato debba diventare la lingua degli italiani.
  • 1864 - 1872, Saggio sulla rivoluzione francese del 1789 e la rivoluzione italiana del 1859: opera scritta a intervalli tra il 1864 e il 1872, rimase incompiuta e fu pubblicata postuma da Ruggero Bonghi nel 1889. In essa Manzoni intendeva dimostrare che la Rivoluzione francese aveva introdotto l'oppressione del paese sotto il nome di libertà.
  • 1868, Dell'unità della lingua e dei mezzi di diffonderla: relazione al ministro della pubblica istruzione Emilio Broglio (1814-1892), incentrata sul rapporto tra lingua e nazione; questa fu seguita dall'Appendice alla Relazione (1869).
  • 1868, Intorno al "Vocabolario": lettera al filologo e politico Ruggero Bonghi (1826-1895).
  • 1868, Lettera intorno al libro "De vulgari eloquio" di Dante Alighieri: epistola indirizzata a Ruggero Bonghi, nel quale Manzoni afferma:
« Nel libro "De Vulgari Eloquio" non si tratta d'una lingua, né italiana, né altra qualunque, ovvero che il testo di Dante, citato da molti e non letto quasi da nessuno, quantunque libro di ben piccola mole, si limita a parlare del linguaggio della poesia, anzi d'un genere particolare di poesia. »
  • 1871, Lettera al marchese Alfonso della Valle di Casanova: epistola nel quale si esprimono i motivi che spinsero Manzoni all'ultima revisione linguistica de I promessi sposi. Restò incompiuta l'opera Della lingua italiana scritto da questi, intorno alla lingua del romanzo nella quale Manzoni intendeva trattare analiticamente il problema dell'unità linguistica.
  • 1873, Dell'indipendenza dell'Italia: saggio interrotto per la morte del Manzoni, uscito postumo nel 1924.

I Promessi Sposi

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce I promessi sposi

Dal 24 aprile 1821 al 7 settembre 1823, Manzoni si dedicò alla composizione di un romanzo storico. I Promessi sposi nascono sullo sfondo delle numerose letture di storia milanese, in particolare delle Historiae Patriae e del De peste Mediolani quae fuit anno 1630 del canonico Giuseppe Ripamonti (1573-1643).

Appena terminata la prima stesura del romanzo che si intitolava Fermo e Lucia, dal primitivo nome dei protagonisti, lo scrittore iniziò un'impegnativa opera di rifacimento strutturale e di riscrittura linguistica, che portò a termine nel 1825 con Gli sposi promessi (questo fu il secondo titolo dell'opera) e mandò alla censura (era d'obbligo) e alle stampe il primo e il secondo volume e nel 1826 il terzo, già con il titolo definitivo i I promessi sposi. Finalmente, dopo ulteriori aggiustamenti nel giugno 1827 ne pubblicò una riedizione completa in tre volumi, detta ventisettana (per distinguerla da quella definitiva del 1840 - 1842).

L'autore però, insoddisfatto della veste linguistica dell'opera, compie nello stesso anno con tutta la famiglia un viaggio in Toscana, con l'obiettivo di studiare il linguaggio toscano. In particolare il fiorentino parlato dalle persone colte fu il modello di riferimento dell'edizione definitiva del romanzo pubblicata, dopo lunghi studi e un'attenta revisione, tra il 1840 e il 1842.

Insieme all'edizione definitiva de I promessi sposi comparve, completamente rifatta rispetto a una prima stesura mai data alle stampe, la Storia della colonna infame, un testo di carattere saggistico in cui l'autore affronta il tema della giustizia ricostruendo un processo avvenuto nel 1630, ai tempi della peste a Milano.

La stagione creativa del Manzoni romanziere si chiuse nel 1827; la successiva revisione de I promessi sposi sarà infatti soltanto linguistica e la Storia della colonna infame può essere considerata un'opera storiografica.

Alla base di questa rinuncia sta il rifiuto, maturato in sede teorica, del romanzo storico. Come si legge nel saggio Del romanzo storico e, in genere, de' componimenti misti di storia e d'invenzione (elaborato intorno al 1830 e pubblicato, dopo varie revisioni, nel 1850), il romanzo storico è per Manzoni un genere ibrido e incoerente, che non rispetta la storia e anzi la falsifica con elementi romanzeschi. Il romanzo storico, inoltre, non gode più, a parere di Manzoni, del successo di pubblico che aveva avuto con lo scrittore britannico Walter Scott (1771-1832) ha pertanto perduto efficacia come forma di letteratura divulgativa. Effettivamente, in Europa la fortuna del romanzo storico stava declinando: Stendhal, Balzac e poi Flaubert avrebbero attinto il materiale per i loro romanzi dal presente, ossia dall'attualità osservata e studiata con uno sguardo attento alle relazioni fra l'individuo, le dinamiche sociali e gli avvenimenti storici.

Onorificenze

Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di Gran Croce decorato di Gran Cordone dell'Ordine della Corona d'Italia
— 22 aprile 1868
Commendatore dell'Ordine di San Giuseppe (Granducato di Toscana) - nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell'Ordine di San Giuseppe (Granducato di Toscana)
Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro
Cavaliere dell'Ordine Pour le Mérite (classe di pace) - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere dell'Ordine Pour le Mérite (classe di pace)
— 1844
Note
  1. I Promessi sposi nascono sullo sfondo delle numerose letture di storia milanese, in particolare delle Historiae Patriae e del De peste Mediolani quae fuit anno 1630 del canonico Giuseppe Ripamonti (1573-1643).
  2. Tratto da: Marino Parenti, Immagini della vita e dei tempi di Alessandro Manzoni, Editore Sansoni, Firenze 1973, p. 111.
Bibliografia
  • Alberto Dendi et. al., Moduli di letteratura italiana ed europea, Carlo Signorelli Editore, Milano, ISBN 9788843407903
  • Mario Pazzaglia, Letteratura italiana: testi e critica con lineamenti di storia letteraria, vol. III, Zanichelli, Bologna 1979, pp. 375-516
  • Natalino Sapegno, Compendio di storia della letteratura italiana, vol. III, La Nuova Italia, Firenze 1986, pp. 159-201
  • Natalino Sapegno, Ritratto di Manzoni, Sansoni, Firenze 1961
  • Gino Tellini, Manzoni, Salerno Editore, Roma 2007, ISBN 9788884025722
  • Giancarlo Vigorelli, Manzoni, Alessandro, in Enciclopedia Europea, vol. VII, Garzanti, Milano 1978, pp. 185-190
  • Piero Floriani, Manzoni, Alessandro, in Dizionario Biografico degli Italiani, Treccani, Roma, Volume 69, 2007, online
  • Attilio Momigliano, Manzoni, Alessandro, in Enciclopedia Italiana, Treccani, Roma 1934, online
  • Gianfranco Ravasi, Manzoni e la Bibbia. Fonti bibliche nelle Osservazioni sulla Morale Cattolica, Salerno Editrice, Roma, ISBN 978-88-6973-178-5
Voci correlate
Collegamenti esterni