Beata Elisabetta Vendramini
Beata Elisabetta Vendramini, S.T.F.E. Religiosa | |
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Beata | |
Età alla morte | 69 anni |
Nascita | Bassano del Grappa 9 aprile 1790 |
Morte | Padova 2 aprile 1860 |
Vestizione | 1821 |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerata da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 4 novembre 1990, da Giovanni Paolo II |
Ricorrenza | 2 aprile |
Altre ricorrenze | 27 aprile nella diocesi di Padova e nel suo Istituto.[1] |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 2 aprile, n. 12:
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Beata Elisabetta Vendramini (Bassano del Grappa, 9 aprile 1790; † Padova, 2 aprile 1860) è stata una religiosa e fondatrice italiana delle Suore Terziarie Francescane Elisabettine.
Biografia
Infanzia e prima giovinezza
Nacque il 9 aprile del 1790 a Bassano del Grappa, nella diocesi di Vicenza, settima dei dodici figli di Francesco Vendramini e Antonia Angela nata Duodo di nobile famiglia veneziana. Ricevette il battesimo il giorno seguente col nome di Elisabetta.
Si rivelò fin dalla prima infanzia molto intelligente, tanto da indurre i genitori ad affidarla alle monache Agostiniane di san Giovanni, a Bassano del Grappa. Nei nove anni di educandato, ricevette una adeguata istruzione e fu iniziata ad una vita profondamente cristiana. L'attività giornaliera nel collegio prevedeva la Messa quotidiana, visita a Gesù Sacramentato, Ufficio in onore della Madonna e la recita del rosario. Ricevette il sacramento della Cresima l'8 luglio del 1798.
Raggiunti i quindici anni, ritornò in famiglia continuando la sua vita spirituale sotto la direzione del francescano padre Antonio Maritani, il quale nel 1816 le ordinò di stendere il diario spirituale.
Vocazione religiosa
Giovane brillante e amante del vestire elegante, divenne ben presto oggetto d'interesse, ma per il suo carattere solitario e contemplativo con fermezza e cortesia respinse varie proposte di matrimonio.
A ventidue anni conobbe un giovane e dopo sei anni i genitori consentirono la celebrazione del matrimonio; ma nell'imminenza delle nozze, il 17 settembre 1817, percepì chiaramente di essere chiamata ad una vita di consacrazione.
Abbandonato ogni precedente progetto, decise di condurre una vita austera, di preghiera e di dedizione ai servizi di carità. Il 7 agosto del 1820 lasciò la famiglia per entrare nell'orfanotrofio di don Marco Cremona a Bassano, detto « Ai Cappuccini », per dedicarsi all'assistenza delle ragazze.
Nel 1821 vestì l'abito di terziaria francescana secolare con il nome di Margherita.
Fondazione del nuovo istituto
Qui essa sentì di dover perseverare in modo da coronare il suo ideale di carità attraverso la fondazione di un istituto di terziarie regolari:
« | Quasi subito sentii vive brame di unirmi a delle compagne e riformare, senza punto toglierla, la piccola regola in modo da formare una istituzione che avesse apparenza di religione » |
Per la realizzazione del progetto mancò però il consenso.
Dopo sei anni di servizio, il 1° gennaio del 1827, lasciò l'orfanotrofio e andò, col fratello, a Padova, ove il 3 gennaio fece ingresso nella casa degli « Esposti » come incaricata della formazione delle giovani. Qui incontrò don Luigi Moran che divenne suo direttore spirituale e collaboratore nella fondazione e gestione dell'Istituto che aveva in animo di realizzare: una fraternità di terziarie francescane consacrate al servizio degli ultimi della società.
Convinta, dopo tante delusioni, di avere ricevuto il segno definitivo che doveva muoversi non più a traino di altre istituzioni, ma per un proprio progetto, il 10 novembre del 1828 si congedò dalla casa degli Esposti e con due compagne, Felicità Rubotto e Maria Der, si stabilì in una vecchia soffitta nella contrada detta degli sbirri di Padova. Nel disegno di Dio questo trasferimento del 10 novembre del 1828 rappresentò la nascita di un nuovo istituto religioso. Così infatti lo interpretò la Beata:
« | Nel 1828 fui posta dopo mille vicende in una splendida reggia della santa povertà, priva persino del letto..., povertà rigorosa di carta, penna e calamaio e tavolino per scrivere..., povertà ricca agli occhi miei e preferibile ai palazzi dei grandi » |
Fu proprio in questa data che lei e le due terziarie regolari assunsero il nome di Suore Terziarie Francescane Elisabettine di Padova sotto la protezione di san Francesco d'Assisi e di santa Elisabetta d'Ungheria, nome che le designa tutt'oggi.
Agli occhi del mondo questa iniziativa di Elisabetta era da qualificare una pazzia, ma invece il progetto crebbe. Affiancata dalle due compagne, il 18 novembre del 1829 Elisabetta aprì la prima Casa di gratuita educazione per le fanciulle povere, abbandonate e traviate; inoltre organizzò adunanze per le più grandi e per le loro mamme. Il successo la spinse ad utilizzare altri locali.
La nuova comunità
La nuova comunità ottenne poi anche quella forma giuridica capace di permetterle futuri progressi. Il 4 ottobre del 1830 ebbe luogo la prima cerimonia di vestizione del nuovo abito e il 4 ottobre dell'anno seguente vi fu la prima professione religiosa con i tre voti semplici. Nel 1832 fu iniziata la pratica per il riconoscimento legale, pratica che giunse a buon fine solo nel 1861 a causa dell'insicurezza finanziaria dei primi anni. Nel 1833 si ebbe il complesso legislativo: la regola propria dei terziari, gli statuti di sant'Agostino, le Costituzioni di san Francesco di Sales, con accomodamenti per la famiglia terziaria: tutto di per sé già approvato dalla Chiesa.
Nel 1834 le religiose furono chiamate alla casa dell'industria per l'assistenza professionale e l'insegnamento del catechismo alle povere donne ivi occupate. Encomiabile fu l'opera delle religiose negli anni 1836, 1849 e 1854, corrispondenti a tre terribili epidemie di colera a Padova: fu allora che le suore, con gesto spontaneo, aprirono la casa alle colerose offrendo loro i propri letti oltre l'assistenza diretta. Inoltre assunsero in prima persona l'onere di assistere le appestate nei diversi lazzaretti improvvisati. Alcune suore vennero inviate nei lazzaretti di Rovigo, Monselice, Chioggia e Este e due di esse contrassero il morbo e ne morirono.
Nello stesso tempo, nel 1836 le religiose furono incaricate dell'educazione e istruzione di fanciulle orfane, ospiti della Pia Casa del Ricovero Beato Pellegrino, sempre in Padova. Successivamente accettarono l'istruzione elementare delle fanciulle orfane del Ricovero e quindi, nel 1838, si fecero carico dell'assistenza delle donne anziane, sane e malate.
Lo sviluppo dell'Istituto avveniva sotto la vigile e materna guida di madre Elisabetta. Da fondatrice e Superiora Generale fu molto attenta nel procurare la miglior formazione spirituale delle sue religiose contribuendo anche coi suoi scritti: Diario, Memorie, Istruzioni; inoltre cercò di far loro raggiungere una preparazione professionale corrispondente ai nuovi compiti che venivano loro di continuo affidati. Fra il 1844 e il 1845 fece abilitare le suore al compito di educatrici dell'infanzia. La prima scuola materna in Padova fu inaugurata il 1° gennaio del 1846, allestita nella sua casa madre. Successivamente furono aperti e affidati alle terziarie, in rioni diversi, tre asili per i fanciulli più poveri. Nel 1850 inviò suore al ricovero dei santi Giovanni e Paolo in Venezia. Le ultime iniziative della Beata furono l'assistenza agli « Esposti » nel 1852, ai degenti dell'ospedale civile di Padova nel 1853, ai fanciulli ciechi dell'Istituto Configliachi, pure a Padova nel 1854, e infine l'apertura di una Comunità a Venezia, nel 1859.
La malattia
Dopo una vita spesa al servizio del prossimo, specialmente di quello più bisognoso, al recupero, all'educazione ed istruzione delle fanciulle orfane, alla cura di ammalati accolti negli ospedali, Elisabetta Vendramini ebbe a soffrire a lungo di un doloroso male agli occhi. Inoltre una grave forma di artrite deformante la costrinse a reggersi in un primo tempo sulle stampelle, poi a camminare ricurva e, infine, a spostarsi in carrozzella. Visse i suoi ultimi mesi quasi immobilizzata nel suo lettino. Il 2 aprile 1860, Elisabetta Vendramini portò a termine il suo cammino terreno.
Elisabetta Vendramini fu sepolta nel cimitero maggiore di Padova. Alla riesumazione l'Istituto non fu avvertito e le sue ossa tumulate in una tomba comune nel cimitero pubblico che rese infine impossibile un'identificazione dei suoi resti mortali. Nella Casa madre è possibile visitare la soffitta dove è iniziata la sua opera il 10 novembre 1828 e la stanza dove morì Elisabetta Vendramin, con un museo di oggetti a lei appartenuti.
Culto
Fu beatificata il 4 novembre il 1990 da Papa Giovanni Paolo II in San Pietro assieme a due religiose francesi, Beata Marthe Aimée Le Bouteiller e Beata Louise-Thérèse de Montaignac de Chauvance e a un altra italiana Beata Maria Schininà. Così il Pontefice, nell'Angelus che fece seguito alla cerimonia di beatificazione, si espresse:
« | Le loro figure .... e il loro messaggio spirituale sono, infatti, di stimolo per tutti i cristiani a impegnarsi di più nel cammino della perfezione evangelica e della santificazione. Tale esigenza richiama alla mente un testo illuminante del Concilio Vaticano II, dove si afferma che tutti i fedeli, di qualsiasi stato o grado, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità [2].[3] » |
Note | |
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