Parabola dei lavoratori della vigna
Parabola dei lavoratori della vigna | |
Illustrazione della parabola, Codex Aureus Epternacensis, XI secolo. Le tre immagini si riferiscono ai tre momenti della parabola: la chiamata, il lavoro, la paga | |
Passo biblico | Mt 20,1-16 |
Matteo | |
Parabola precedente | Parabola del servo spietato |
Parabola successiva | Parabola dei due figli |
Insegnamento - Messaggio teologico | |
Dio chiama tutti al suo Regno, certamente in momenti diversi. | |
Il testo della parabola | ||||||
|
La parabola dei lavoratori della vigna, è riportata in Mt 20,1-16 , ed è propria del primo evangelista. Essa afferma la bontà di Dio, che ricompensa in maniera generosa tutti quelli che accettano di entrare nel suo Regno.
Al centro della parabola, quindi, non stanno i lavoratori, ma il padrone della vigna, figura del Dio buono.
È una delle quattro parabole a due vertici[1] narrate da Gesù:
- il primo riguarda l'ingaggio dei lavoratori;
- il secondo la loro paga.
Spiegazione
L'immagine della vigna
L'immagine della vigna qui utilizzata è desunta dalla tradizione biblica: i profeti se ne servono per designare il popolo d'Israele, che è la piantagione di YHWH (Is 5,1-7 ; Ger 2,21; 6,9; 12,10 ; Ez 17,6-10; 19,10-14 ); spesso l'immagine viene usata dai profeti in contesti in cui denunciano l'infedeltà del popolo.[2]
L'evangelista Matteo usa ancora questa immagine nella parabola dei due figli (21,28-30) e in quella dei vignaioli omicidi (21,33-41), narrata anche in Marco (12,1-9) e in Luca (20,9-16). Il terzo evangelista poi utilizza ancora l'immagine nella parabola del fico sterile (Lc 13,6-9 ).
Nell'Apocalisse, infine, l'immagine è usata in riferimento all'annuncio del giudizio (14,17-20).
Gli ingaggi dei braccianti
La parabola fa riferimento a una situazione comune della Palestina dei tempi di Gesù: in particolari periodi dell'anno c'è molto lavoro nella vigna; i braccianti disoccupati si recano di buon mattino nella piazza del mercato dove i grandi viticoltori convengono per assumere lavoratori per la propria vigna. Il primo ingaggio avveniva all'inizio della giornata, corrispondente alle nostre ore sei del mattino.
Il protagonista della parabola è effettivamente un viticoltore il quale si reca, al mattino presto, sulla piazza ed ivi assume braccianti per una giornata di lavoro nella sua vigna. Tratta brevemente con alcuni sulla paga, ci si accorda per un denaro, il minimo indispensabile per vivere un giorno. Gli assunti si recano immediatamente nella vigna e incominciano a lavorare.[3].
Quando, alcune ore più tardi ("verso le nove del mattino", v. 3), il padrone ritorna sulla piazza del mercato e vede senza lavoro altri desiderosi di lavorare: anche questi egli manda nella sua vigna, pur senza pattuire con essi una precisa paga: "Vi darò quello che è giusto" (v. 4). La mancanza di trattativa sulla paga viene intenzionalmente messa in evidenza da Gesù in vista della conclusione della parabola. Sembra che il padrone della vigna sappia già da adesso dove vuole arrivare. E quando egli, più tardi, ritorna sulla piazza un altro paio di volte, vi trova sempre altri disoccupati: anche questi egli manda nella sua vigna. Fa questo persino un'ora prima della cessazione del lavoro ("verso le cinque" del pomeriggio, v. 6). Questo particolare mette in evidenza la bontà del padrone della vigna nei confronti dei braccianti disoccupati: è un padrone buono che aiuta volentieri quei poveracci a guadagnarsi qualcosa.
Il conferimento del salario
A sera il padrone della vigna fa dare dal suo fattore la paga ai braccianti. Per ordine del padrone, il fattore comincia a dare la paga a quelli che erano andati a lavorare nel vigneto alle cinque del pomeriggio. Essi ricevono un denaro intero, benché abbiano lavorato soltanto un'ora. Notano la cosa tutti, ma soprattutto quelli che erano stati nella vigna fin dal primo mattino, i quali, adesso, sperano di ottenere una retribuzione maggiore di quella convenuta. E invece ricevono soltanto il denaro pattuito.
La parabola potrebbe terminare qui[4], e già da questo punto sarebbe riconoscibile un importante insegnamento sulla regalità di Dio[5]: Dio è tanto buono che dà una retribuzione piena anche a coloro che non l'hanno propriamente meritata.
Come in altre parabole, Gesù prosegue intenzionalmente il racconto: i braccianti della prima ora cominciano a "mormorare contro il padrone" (v. 11). La risposta del padrone (vv. 13-15) rivela un atteggiamento assolutamente inverosimile del padrone della vigna[6], che rimanda al cuore dell'insegnamento della parabola: il padrone rappresenta Dio e la sua benevolenza, che elargisce a tutti con generosità il massimo.
Il contesto originale e quello in cui la parabola è collocata dall'evangelista
Ponendosi la domanda su chi rappresentino i mormoratori del v. 11, gli studiosi sono giunti alla conclusione che l'evangelista abbia trasmesso la parabola non secondo la situazione originaria ma secondo un nuovo contesto[7]:
- Nella situazione originale i "mormoratori" sarebbero persone che si sentono offesi dalla bontà usata da Gesù nei riguardi dei peccatori; vedi Lc 15,2 , dove a mormorare sono gli scribi e farisei, che non vedono bene che si avvicinino a Gesù "tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo" (15,1); vedi anche Lc 19,7 , dove l'evangelista riferisce la mormorazione di un non meglio precisato "tutti": essi "mormorano" perché Gesù "è entrato in casa di un peccatore", Zaccheo. La parabola sembra essere stata originariamente indirizzata contro tali "mormoratori".
- Secondo questa interpretazione la parabola vuol dire a quelli che mormorano per la vicinanza di Gesù ai peccatori che non hanno capito nulla della regalità di Dio: Dio non è come loro pensano; Dio non difende, come loro, soltanto il punto di vista della legge, ma è benevolo, tanto benevolo quanto può esserlo soltanto l'amore in persona.
- Nel contesto in cui Matteo la pone, invece, essa si collega alla promessa che Gesù fa agli apostoli subito prima, in Mt 19,28.30 : nel giudizio finale, essi - e non coloro che erano propriamente "i primi" del loro popolo (cfr. v. 16) - si sarebbero assisi su dodici troni per giudicare le dodici tribù d'Israele. E di fatto il v. 16, che conclude la parabola, riprende in maniera praticamente letterale Mt 19,30 , ricalcando il fatto sorprendente che ignoti e non colti pescatori e contadini della Galilea abbiano un giorno a giudicare il popolo d'Israele: la giustificazione di ciò è data dalla parabola, e risiede nella libera benevolenza di Dio.
Nel Magistero recente
Questa parabola scandisce le articolazioni dell'Esortazione Apostolica post-sinodale Christifideles Laici di Giovanni Paolo II (30 dicembre 1988).
Note | |
| |
Bibliografia | |
| |
Voci correlate | |