Rito Lionese
Il rito lionese (in latino : ritus lugdunensis) è un rito liturgico della Chiesa cattolica latina. La sua presenza è attestata, come rito proprio dell'arcidiocesi di Lione a partire dal IX secolo, ma a differenza dei riti ambrosiano o mozarabico è pressoché scomparso in seguito alla riforma liturgica del 1969. Tuttavia, alcune sue caratteristiche (soprattutto dettagli delle rubriche) persistono nella liturgia celebrata in alcune chiese di Lione, ad esempio in cattedrale dove l'incensazione si fa a catena lunga, all'orientale, anziché a catena corta come nel rito romano.
Storia
Un rito antico
Il rito lionese attinge le sue particolarità da una storia ricca di componenti fissati a partire dal basso Medioevo. Si situa, come il rito romano, nella famiglia dei riti liturgici occidentali, ma con alcuni prestiti dai rituali gallicani in vigore fino al IX secolo. Questi prestiti furono resi marginali dalla progressiva romanizzazione della liturgia franca voluta da Carlo Magno, ma il rito lionese ne conserva un certo numero.
Il nucleo principale della liturgia lionese è costituito dal rito romano così com'era nel IX secolo, al quale si aggiungono elementi gallicani. Ma se il rito romano è in costante evoluzione, il rito lionese è caratterizzato da un conservatorismo estremo. Formatosi attorno all'850, conoscerà le prime revisioni solo nel XVIII secolo, con le riforme dell'arcivescovo Montazet.
La progressiva romanizzazione
Prima di lui, altre innovazioni liturgiche avevano profondamente modificato il rito lionese — Dom Denys Buenner assimila queste riforme a una mutilazione — e sono sancite dal messale dell'arcivescovo Rochebonne che è promulgato nel 1737. L'intenzione sottesa a queste modifiche è quella di avvicinarsi ai libri liturgici romani e l'arcivescovo Montazet, che allinea pressoché tutto il messale lionese — tranne alcune rubriche e l'ordinario della Messa — al messale parigino, non farà che ratificare un movimento che era partito dalla fine del XVII secolo.
La romanizzazione è perseguita anche dal cardinal Bonald nel XIX secolo. Nel 1866 promulgò un messale il cui titolo già annuncia il contenuto: «Missale Romano-Lugdunense, sive missale Romanum in quo ritus Lugdunenses ultimi tridui ante Pascha, ordinis missae et vigiliae Pentecostes auctoritate Sanctae Sedis Apostolicae iisdem ritibus romanis proprio loco substituuntur».
L'edizione del 1904, a cura del cardinal Coullié, intercalava riti e feste proprie. L'ultima edizione tipica del Messale lionese fu pubblicata nel 1956, con il cardinal Gerlier. Nove anni più tardi, nel 1965, quando la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II era in corso di preparazione, fu ancora pubblicato un rituale proprio per l'arcidiocesi di Lione.
Nonostante quest'ultima pubblicazione, la riforma liturgica comportò la scomparsa pressoché completa del rito lionese, sostituito dal rito romano rinnovato da papa Paolo VI. Solo qualche canonico di Lione e qualche membro della "société Saint-Irénée" (una fraternità sacerdotale di Lione) hanno officiato occasionalmente in rito lionese.
Prima la Fraternità Sacerdotale San Pio X (a partire dagli anni 70), poi la Fraternità Sacerdotale San Pietro (nel 1988), si stabilirono nell'arcidiocesi di Lione utilizzando la Messa tridentina, che non era mai stata celebrata nelle parrocchie lionesi. Alla chiesa di san Giorgio dove i fedeli avevano ottenuto di poter celebrare secondo la forma antica del rito romano con l'indulto del motu proprio Ecclesia Dei, una messa in rito lionese fu celebrata regolarmente nel corso degli anni 90.
Messa lionese e Messa romana
Le differenze più evidenti tra la forma straordinaria del rito romano e il rito lionese emergono per la Messa pontificale, tuttavia delle sfumature si possono riscontrare anche nella Messa bassa.
« Per la Messa bassa, notate innanzitutto: testo differente delle preghiere ai piedi dell'altare; conservazione delle sequenze (scomparse nel rito romano dopo il Concilio di Trento); utilizzo di un corporale a quindici parti; offertorio differente (ostia e calice in contemporanea); il celebrante incrocia le braccia durante l'Unde et memores, e incrocia le braccia sul petto durante il Supplices te rogamus; il trasporto del messale chiuso da parte del ministro (è aperto nel rito romano).»
Per la Messa pontificale, il massimo spiegamento della pompa liturgica lionese accentua ancor più le differenze. Laddove la liturgia romana richiede il servizio di una quindicina di chierici, la Messa lionese mobilita trentasei ministri. Nella cattedrale ad esempio, prima della riforma liturgica di Paolo VI, il coro scendeva fino agli stalli per garantire uno spazio sufficiente per lo svolgimento delle cerimonie pontificali. Per le Messe solenni, la maggior parte dei canti erano salmodiati su toni differenti da quelli del Rito Romano, un suddiacono restava dietro l'altare durante l'elevazione - per questa ragione, l'altare lionese non è mai addossato alla parete terminale dell'abside - e incensava a catena lunga, alla maniera orientale. Inoltre, i ministri inferiori utilizzavano un manipolo, come i sacerdoti, e un rito proprio di Lione, l'amministrazione, si svolgeva durante il graduale.
Un'ultima differenza compare nella Messa pontificale del Giovedì Santo: i sei preti assistenti il vescovo concelebravano sacramentalmente con lui. È il solo caso di concelebrazione in tutti i riti latini presente prima della riforma liturgica[1].
Queste particolarità sono evidenti agli occhi dei fedeli mediante la semplice comparazione delle orazioni del Messale, ma le differenze fra la Messa tridentina e la Messa lionese nella Messa bassa e nella Messa cantata, sono minime. Tuttavia, pare che gli usi propri come l'amministrazione e il "rite des tablettes" siano ben note ai fedeli dell'inizio degli anni sessanta.
Note | |
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Collegamenti esterni | |
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