Summorum Pontificum
Summorum Pontificum Lettera apostolica di Benedetto XVI in forma di Motu proprio | |
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Data | 7 luglio 2007 (III di pontificato) |
Traduzione del titolo | Dei Sommi Pontefici |
Argomenti trattati | contiene le indicazioni giuridiche e liturgiche per la corretta celebrazione della Messa tridentina |
Lettera apostolica precedente | De Aliquibus Mutationibus |
Lettera apostolica successiva | Antiqua ordinatione |
(IT) Testo integrale sul sito della Santa Sede. | |
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La Summorum Pontificum (in italiano Dei Sommi Pontefici) è una lettera apostolica di papa Benedetto XVI, pubblicata in forma di motu proprio il 7 luglio 2007.
Il motu proprio contiene le indicazioni giuridiche e liturgiche per la corretta celebrazione della Messa tridentina secondo il Messale promulgato nel 1962 dal beato Giovanni XXIII; tali disposizioni sono entrate in vigore il 14 settembre 2007, festa dell'esaltazione della Santa Croce, e hanno sostituito le precedenti norme contenute nelle lettere Quattuor abhinc annos del 1984 ed Ecclesia Dei adflicta del 1988.
Le anticipazioni e il giallo delle trenta firme
Anche se la Pontificia Commissione Ecclesia Dei stava preparando un documento volto ad agevolare la concessione dell'indulto già nel 2004[1], solo con l'elevazione del porporato al soglio di Pietro si sono scatenate le voci circa i contorni delle novità. Da un lato, il cardinal Darío Castrillón Hoyos[2] – cui si è poi affiancato Mons. Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don,[3] dopo la sua nomina a segretario della Congregazione per il Culto Divino – dichiarava che il Messale detto di San Pio V non era mai stato abrogato e costituiva la cosiddetta "forma straordinaria" del rito romano;[4] dall'altro i vaticanisti, unanimi, anticipavano che la concessione della Messa sarebbe stata subordinata al raggiungimento della soglia di trenta richiedenti.
Di fatto, però, un'ipotesi simile non è mai stata neppure discussa. Anzi, i contenuti veri del documento erano stati anticipati da Mons. Camille Perl, allora Segretario dell'"Ecclesia Dei", al Collectif pour la paix liturgique à Reims[5], ma il suo intervento non era stato ripreso dai giornalisti. Peraltro, è pressoché certo che il testo sia rimasto aperto a modifiche fino all'ultimo: la data della firma – il 7 luglio 2007 – eccezionalmente coincide con quella della pubblicazione[6].
Significato del documento
Il documento pontificio è accompagnato da una lettera del Papa[7], con cui egli ha spiegato ai vescovi e ai fedeli i motivi, lo spirito e gli scopi del suo atto. Nella lettera accompagnatoria Benedetto XVI respinge due timori, dichiarandoli infondati:
- innanzitutto "il timore che qui venga intaccata l’autorità del Concilio Vaticano II e che una delle sue decisioni essenziali – la riforma liturgica – venga messa in dubbio";
- in secondo luogo "il timore che una più ampia possibilità dell’uso del Messale del 1962 avrebbe portato a disordini o addirittura a spaccature nelle comunità parrocchiali".
Si afferma poi il motivo della nuova normativa:
« | sono giunto alla ragione positiva che mi ha motivato ad aggiornare mediante questo motu Proprio quello del 1988. Si tratta di giungere ad una riconciliazione interna nel seno della Chiesa. Guardando al passato, alle divisioni che nel corso dei secoli hanno lacerato il Corpo di Cristo, si ha continuamente l’impressione che, in momenti critici in cui la divisione stava nascendo, non è stato fatto il sufficiente da parte dei responsabili della Chiesa per conservare o conquistare la riconciliazione e l’unità; si ha l’impressione che le omissioni nella Chiesa abbiano avuto una loro parte di colpa nel fatto che queste divisioni si siano potute consolidare. Questo sguardo al passato oggi ci impone un obbligo: fare tutti gli sforzi, affinché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio dell’unità, sia reso possibile di restare in quest’unità o di ritrovarla nuovamente. » | |
(Lettera di Benedetto XVI ai vescovi di tutto il mondo per presentare il "motu proprio" sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970)
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Quindi l'auspicio del Papa è che questa opportunità riporti alla piena comunione quei fedeli che si sono distaccati dalla Chiesa cattolica in seguito alle riforme del Concilio Ecumenico Vaticano II, come ad esempio quanti appartengono alla Fraternità Sacerdotale San Pio X. Tuttavia, sarebbe quanto meno riduttivo interpretare il motu proprio come una modifica dettata unicamente dalla preoccupazione per l'unità della Chiesa.
Contenuto del documento
Introduzione storica
Il Messale di Giovanni XXIII pubblicato nel 1962 è l’ultima editio typica (edizione ufficiale) del Missale Romanum promulgato nel 1570 da san Pio V nell’àmbito del moto di riforma ecclesiastica promosso dal concilio di Trento. Il messale completamente rinnovato dopo il Vaticano II fu promulgato per ordine di papa Paolo VI.
La liturgia tridentina è considerata una "forma straordinaria"[8] dell’unico rito romano, mentre la Messa e gli altri riti riformati dopo il Concilio (la cosiddetta liturgia di Paolo VI, che può esser celebrata sia in latino sia nelle diverse lingue nazionali) costituiscono ancora la "forma ordinaria", o più consueta, dello stesso rito romano.
Il Papa precisa che la forma antica del rito romano non è mai stata abrogata, e dichiara che essa, "per il suo uso venerabile e antico", dev'essere tenuta da tutti "nel debito onore".
Articoli normativi
Benedetto XVI afferma che i due messali non contengono due diversi riti, ma due usi diversi dello stesso rito romano. Quella contenuta nel messale di Paolo VI è la forma ordinaria di celebrazione; quella del 1962 è una forma extra-ordinaria.
Tutti i sacerdoti di rito latino possono ora usare il messale del 1962 quando celebrano la Messa senza il popolo e non hanno bisogno in questo caso di particolari autorizzazioni; a queste Messe possono partecipare i fedeli che lo chiedano spontaneamente. L'uso del messale del 1962 per Messe senza il popolo non è possibile nei giorni del Triduo Pasquale (le Messe senza popolo durante tale Triduo non sono permesse, con qualunque messale).
Anche le comunità di Istituti di vita consacrata o Società di vita apostolica che celebrano la Messa conventuale nella propria chiesa possono celebrare con il Messale del 1962.
Per quanto riguarda le parrocchie, ad un gruppo stabile di fedeli che voglia celebrare la Messa tridentina basterà rivolgersi al parroco, senza chiedere l’autorizzazione al Vescovo diocesano. Se il parroco non concederà la celebrazione della Messa tridentina, i fedeli potrano rivolgersi al Vescovo. Se anche il Vescovo non vorrà rispondere alle esigenze dei fedeli, questi potranno riferirlo alla Pontificia Commissione "Ecclesia Dei".
Nelle chiese non parrocchiali e non conventuali bisognerà rivolgersi al rettore della chiesa.
Il Vescovo potrà anche erigere una o più parrocchie personali (senza giurisdizione territoriale, ma con cura d'anime di un gruppo di fedeli) per i gruppi di fedeli che desiderano la liturgia tridentina.
Con questo motu proprio, il Romano Pontefice intende, in sostanza, estendere alla Chiesa universale la possibilità di celebrare la messa con i libri liturgici promulgati il 23 giugno 1962. La facoltà di avvalersi della liturgia antica è inoltre estesa all'uso del "Pontificale Romanum" per la celebrazione di tutti i sacramenti (anche se l'Ordine Sacro, a differenza degli altri sacramenti, non viene esplicitamente menzionato nel motu proprio) e alla recita del Breviario Romano.
Reazioni critiche
All'inizio della "Lettera ai Vescovi", il Papa constata che:
« | Notizie e giudizi fatti senza sufficiente informazione hanno creato non poca confusione. Ci sono reazioni molto divergenti tra loro che vanno da un'accettazione gioiosa ad un’opposizione dura, per un progetto il cui contenuto in realtà non era conosciuto. » |
Tra le dichiarazioni critiche anteriori alla pubblicazione, quella più nota è senz'altro il Comunicato dell'Assemblea plenaria dei Vescovi francesi, che illustra in modo più che adeguato i timori cui Benedetto XVI, con la "Lettera", ha voluto rispondere di persona.
I liturgisti
I liturgisti di Camaldoli hanno diffuso un documento, intitolato Avvio di una riflessione[9], con lo scopo «di offrire un contributo alle delicate mediazioni che saranno necessarie per evitare che l’impatto della nuova disciplina possa generare nella realtà ecclesiale divisioni e contrapposizioni, e non comunione e riconciliazione, come è nelle sue intenzioni».
Critici autorevoli
Il 29 luglio 2007 il cardinale Carlo Maria Martini, in un’intervista sulle pagine culturali del quotidiano economico Il Sole 24 ore, ha criticato il motu proprio "Summorum Pontificum" rilevando in particolare il venire meno della comunione dei fedeli attorno ad un unico rito e la svalorizzazione delle conquiste della riforma liturgica del Concilio Vaticano II, in specie per quanto riguarda la comprensione e la partecipazione del popolo alla celebrazione della Messa.[10]
Applicazione del documento
Il papa, accogliendo la proposta del cardinale vicario Camillo Ruini, ha disposto, con decreto datato 23 marzo 2008, che fosse eretta una parrocchia personale atta ad assicurare un’adeguata assistenza religiosa per l’intera comunità dei fedeli tradizionalisti residenti a Roma. Si tratta della Chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini (Piazza Trinità dei Pellegrini, 1 Roma), affidata alla Fraternità Sacerdotale San Pietro ed è stata inaugurata l'8 giugno con una Messa del parroco don Kramer.
Alla nuova parrocchia e ai suoi parroci "pro tempore" sono riconosciuti gli stessi diritti di cui godono le altre dell'Urbe e i loro parroci secondo il diritto comune; al contempo essa ha gli stessi obblighi e doveri delle altre, mentre per l'amministrazione e il sostentamento del parroco saranno osservate norme promulgate dalla Conferenza Episcopale Italiana e dal Vicariato di Roma.[11]
Le modifiche intervenute in sede di promulgazione
Il motu proprio "Summorum Pontificum" è stato pubblicato sugli Acta Apostolicae Sedis del 7 settembre 2007[12] con il nuovo titolo De usu extraordinario antiquae formae Ritus Romani. Nel corpo del provvedimento sono state apportate alcune modifiche, molte delle quali segnalate (e commentate) da Gianni Cardinale su "Avvenire"[13]. All'articolista, però, è sfuggito che:
- nel penultimo paragrafo della premessa si è corretta un'omissione, attribuendo a Giovanni XXIII il titolo di "Beato"
- all'art. 7, dove si prevede il ricorso dei fedeli al vescovo contro il diniego del parroco, "petita non obtinuerit" (non abbia ottenuto quanto richiesto) è stato sostituito da "petitam a parocho licentiam non obtinuerit" (non abbia ottenuto dal parroco il permesso richiesto).
Con ogni probabilità, le modifiche anticipano alcuni chiarimenti del preannunciato regolamento attuativo. Il sito ufficiale della Santa Sede continua a riportare il testo precedente.
Poiché il fascicolo degli Acta data dal 7 settembre, anche se, di fatto, è stato pubblicato solo a marzo 2008, ai fini legali il "nuovo" testo è il solo che sia mai entrato in vigore: poco importa che, il 14 settembre, circolasse solo la versione "ufficiosa"; il termine per l'entrata in vigore dei provvedimenti si computa dalla data del fascicolo, non dall'effettiva pubblicazione.
Il regolamento di attuazione del motu proprio
Il regolamento, predisposto dalla Pontificia Commissione "Ecclesia Dei", è ancora in programma e si propone di chiarire alcuni aspetti della normativa che sono stati fonte di attriti e incomprensioni, in particolare nell'arcidiocesi di Milano, nella Chiesa tedesca e in quella francese.[14]
Voci correlate | |
Note | |
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