Certosa di San Giovanni Evangelista in Calci
Certosa di San Giovanni Evangelista in Calci | |
Calci, Certosa di San Giovanni Evangelista, complesso monastico | |
Altre denominazioni | Certosa di Pisa, Certosa di Calci |
---|---|
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Toscana |
Provincia | Pisa |
Comune | Calci |
Diocesi | Pisa |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Via Roma, 79 56011 Pisa (PI) |
Telefono |
+39 050 2212970 +39 050 2212980 |
Posta elettronica | info.msn@unipi.it |
Sito web | Sito ufficiale |
Proprietà | Stato italiano |
Oggetto tipo | Certosa |
Dedicazione | San Giovanni evangelista |
Sigla Ordine fondatore | O.Cart. |
Sigla Ordine qualificante | O.Cart. |
Sigla Ordine reggente | O.Cart. |
Fondatore | Francesco Moricotti |
Data fondazione | 1366 |
Architetto | Nicola Stassi (facciata) |
Inizio della costruzione | 1366 |
Completamento | XVIII secolo |
Soppressione | 1972 |
Utilizzazione | Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa, Museo Nazionale della Certosa Monumentale di Calci |
Coordinate geografiche | |
Toscana | |
La Certosa di San Giovanni Evangelista in Calci, comunemente nota come Certosa di Pisa[1] o Certosa di Calci, è un complesso monastico, situato alle pendici del Monte Pisano, nel comune di Calci (Pisa), che ospitò un monastero certosino, attualmente sede del Museo Nazionale della Certosa Monumentale di Calci e del Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa (ala occidentale).
Storia
La Certosa è situata a breve distanza da Pisa in un una vallata originariamente detta "buia", poi rinominata "Val Graziosa" (piena di grazia) proprio in seguito alla fondazione del complesso monastico.
Il monastero venne edificato nel 1366 per volere dell'arcivescovo Francesco Moricotti e grazie al sostegno economico di alcune illustri famiglie pisane.
Nel 1424 i certosini del monastero di Santa Maria e di San Gorgonio, situato nell'isola di Gorgona - la più piccola dell'Arcipelago Toscano - si aggregarono a questa struttura incrementandone il numero dei religiosi.
La fabbrica della Certosa conobbe una rilevante fase di sviluppo nella seconda metà del XV secolo, quando alcuni artisti fiorentini si stabilirono a Pisa per assolvere a nuove commissioni dell'Opera del Duomo; tra questi lo scultore Lorenzo di Salvatore da Settignano che nel complesso realizza il Chiostro del Capitolo, imponendovi il linguaggio aulico di Bernardo Rossellino.
Nel 1636 il monastero fu sottoposto a rilevanti lavori di ristrutturazione e restauro che furono completati solo nel 1754.
Nella seconda metà del XVIII secolo, la Certosa, in particolare durante il priorato di Giuseppe Alfonso Maggi (1764-1797), godette, di un periodo di particolare splendore e floridezza, grazie al quale furono compiuti cospicui lavori che condussero alla realizzazione delle sale della Biblioteca e dell'Archivio intorno al 1770, della nuova Sala capitolare nel 1780 e della splendida Cappella delle Reliquie nel 1790, nonché della nuova Spezieria con annesso "giardino dei semplici".
L'occupazione francese nel 1799 causò ingenti danni alla Certosa, che nel 1808 fu soppressa dal governo napoleonico. Nel 1814 i monaci poterono rientrare nel monastero, ma nel 1866 fu nuovamente soppresso dallo Stato italiano e i beni furono incamerati dal demanio, tuttavia i certosini lo abitarono fino al 1972, quando venne abbandonato dai pochi religiosi rimasti.
Oggi il complesso monastico ospita due distinti musei: il Museo Nazionale della Certosa Monumentale di Calci e il Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa.
Descrizione
Il complesso è attualmente costituito da vari corpi di fabbrica, dei quali si evidenziano:
- Vestibolo
- Chiesa di San Giovanni Evangelista
- Chiostro grande e piccolo
- Refettorio
- Foresteria granducale e chiostrino priorale
Vestibolo
Si entra nella Certosa attraverso il vestibolo, edificato nel 1672, coronato dalla statua marmorea di San Bruno di Colonia (XVIII secolo)[2] e fiancheggiato da alcuni ambienti un tempo occupati dai laboratori e opifici dei monaci di cui rimane la sola Spezieria (farmacia) con pregevoli arredi lignei eseguiti nel 1795 da Pasquale Matteucci, Paolo Zaccagnini e Bruno Chiara.[3]
A destra dell'ingresso si apre la Cappella di San Sebastiano, in origine riservata alle donne, decorata con dipinti murali ad affresco eseguiti nel 1791-1792 da Cassio Natilli raffiguranti:
- sulla volta, San Sebastiano;[4]
- alle pareti, Motivi decorativi a grottesche e prospettive architettoniche.[5]
Chiesa di San Giovanni Evangelista
Superato l'ampio piazzale che si sviluppa in senso longitudinale al monastero, appare al centro la chiesa eretta verso la fine del XIV secolo, ma completamente ristrutturata tra il XVII e il XVIII secolo.
Esterno
La facciata, impostata su un alto podio con ampia scalinata a doppia rampa, venne realizzata alla fine del XVIII secolo su progetto di Nicola Stassi, in marmo bianco presenta una splendida decorazione scultorea eseguita nel 1774 da Diego Iorio e Pompeo Franchi, che ne vivacizza la superficie e ne sottolinea il profilo, di essa si notano:
- sopra il timpano, Assunzione di Maria;[6]
- ai lati del timpano, San Giovanni evangelista e San Gorgonio di Roma: le due statue raffigurano i santi prottetori della Certosa;[7]
- entro nicchie, Statue di Sant'Ugo di Lincoln e Sant'Antelmo di Chignin;[8]
- sopra il portale, Allegorie della Fede, della Speranza e Stemma della Certosa.[9]
Interno
La chiesa, orientata (ossia con l'abside rivolto a Est), si presenta a unica navata coperta da volte a crociera e conformemente alla tradizione certosina, è articolata in due parti ben distinte, divise trasversalmente da un tramezzo, una destinata ai conversi e un'altra ai monaci.
Le pareti della navata sono decorate con uno splendido ciclo di dipinti murali ad affresco, realizzato nel 1700-1703 da Giuseppe e Pietro Rolli e Paolo Antonio e Rinaldo Guidi con Storie dell'Antico Testamento raffiguranti:
- nella controfacciata, Caduta della manna;[10]
- nel coro dei conversi,
- alla parete sinistra, Mosè riceve da Dio le Tavole della legge;[11]
- alla parete destra, Mosè spezza le Tavole della legge;[12]
- nel coro dei monaci,
- alla parete sinistra, Mosè e il serpente di bronzo e Sacrificio di Noè;[13][14]
- alla parete destra, Mosè fa scaturire l'acqua dalla roccia e Sacrificio di Elia sul monte Carmelo.[15][16]
Coro dei monaci e presbiterio
Oltrepassato il tramezzo, in marmi policromi, eseguito nel 1703 da Giuseppe da Settignano,[17] si entra nel coro dei monaci, dove si notano:
- addossati alle pareti laterali, Due banchi corali di quindici stalli ciascuno (seconda metà del XV secolo), in legno intagliato e intarsiato da Jacopo di Marco da Lucca.[18]
- al centro, Angelo porta-leggio (XVIII secolo), in marmo della scuola di Gian Lorenzo Bernini.[19]
La cupola, che s'innalza sopra il presbiterio e le pareti laterali dello stesso sono decorate con dipinti murali, ad affresco, realizzati nel 1685 dal monaco certosino Stefano Cassiani, raffiguranti:
- nella volta, Incoronazione di Maria Vergine tra santi e profeti;
- alla parete sinistra, Decapitazione di san Giovanni Battista;[20]
- alla parete destra, Martirio di san Gorgonio e san Donato.[21]
All'altare maggiore, realizzato in marmi policromi nel 1677-1681 da Giovanni Francesco e Alessandro Bergamini,[22][23] è collocata una pregevole pala raffigurante:
- San Bruno di Colonia offre la Certosa alla Madonna con Gesù Bambino alla presenza di san Giovanni Battista, san Giovanni evangelista e san Gorgonio (1681), olio su tela di Baldassare Franceschini detto il Volterrano.[24]
Cappelle
Lungo le pareti laterali si aprono alcune cappelle, decorate tra il XVII e il XVIII secolo, tra le quali si notano:
- Cappella di San Bruno, ornata di stucchi e dipinti murali ad affresco eseguiti nella seconda metà del XVIII secolo da Angelo Maria Somazzi,[25] dove si conserva:
- all'altare, San Bruno di Colonia in contemplazione (1630), olio su tela di Jacopo Vignali.[26]
- Cappella del Rosario, nella quale si possono ammirare:
- Ciclo di dipinti murali ad affresco eseguiti nel 1783 da Giuseppe Maria Terreni.[27] raffiguranti:
- sulla volta, al centro, Incoronazione di Maria Vergine;
- entro quindici pannelli diversamente sagomati, Misteri del Rosario;
- all'altare, pala con Madonna del Rosario tra santa Rosellina di Villeneuve e san Domenico di Guzman (1794), olio su tela di Giuseppe Maria Terreni.[28]
- Ciclo di dipinti murali ad affresco eseguiti nel 1783 da Giuseppe Maria Terreni.[27] raffiguranti:
- Cappella di San Ranieri, patrono di Pisa, dove all'altare è collocata:
- Immacolata Concezione appare a san Ranieri (1778), olio su tela di Giovanni Battista Tempesti.[29]
Chiostro grande
Il Chiostro grande, detto anche "dei padri", circondato da un portico con archi a tutto sesto che poggiano su colonne doriche, fu realizzato nel XVII secolo da G. B. Cartoni e presenta al centro:
- Fontana ottagonale (terzo quarto del XVII secolo), in marmo, rame e bronzo, attribuita a Feliciano Bianchi: l'opera è costituita da un basamento a gradoni e in alzato da tre bacini digradanti.[30]
Il chiostro presenta sul lato occidentale un ampio spazio adibito a cimitero, mentre sugli altri tre lati si aprono le celle dei monaci, distinte e distanziate, ciascuna concepita come unità abitativa composta da più ambienti, dove essi si dedicavano nella solitudine alla preghiera e al lavoro manuale. Accanto alle porte d'accesso alle celle si conservano i finestrini per le ruote per il passaggio delle vivande.[31]
Chiostro piccolo
Il Chiostro piccolo, detto anche "del Capitolo", realizzato intorno al 1470 da Lorenzo da Settignano, è circondato da un portico con archi a tutto sesto che poggiano su esili colonne corinzie, attorno al quale si dispongono gli ambienti della vita in comune quali la chiesa, la sacrestia, la sala capitolare, la biblioteca e il refettorio, presenta:
- al centro, Pozzo (1608), in marmo di Orazio Bergamini;[32]
- alla parete, Lavabo (XVIII secolo), in marmo, di ambito toscano:[33] l'opera presenta nella parte superiore un dipinto murale raffigurante:
- Gesù Bambino dormiente fra angeli (fine del XVI secolo), affresco di Bernardino Poccetti.[34]
Refettorio
L'attuale refettorio, che è il risultato della trasformazione del primitivo ambiente trecentesco, presenta una pregevole decorazione pittorica, nella quale si notano:
- alle pareti laterali, ciclo di dipinti murali eseguiti ad affresco, tra il 1774 e il 1781, da Pietro Giarré,[35] raffiguranti:
- Banchetto di Erode Antipa;
- Refettorio della Certosa di Parigi: nell'opera si vede la regina Caterina de' Medici (1519 – 1589) che serve umilmente i monaci mentre mangiano seduti tranquillamente ai loro tavoli;
- Nozze di Cana;
- Cena in casa di Simone il fariseo;
- Refettorio della Certosa di Calci: nel dipinto figura il granduca Cosimo III de' Medici (1642 – 1723) che ottenuta dal priore la dispensa del silenzio per i monaci, vede con sorpresa che essi non se ne servono;
- Ritorno del figliol prodigo.
- alla parete di fondo, Ultima Cena (1597), affresco di Bernardino Poccetti.[36]
Foresteria granducale
La foresteria, costruita nella seconda metà del XVIII secolo per accogliere i granduchi di Toscana durante i loro soggiorni in Certosa, è costituita da una successione di tre ambienti decorati con dipinti murali ad affresco eseguiti nel 1770-1772 da Pietro Giarré,[37] tra i quali si notano:
Chiostrino priorale e cella del priore
Dalla foresteria granducale si accede al Chiostrino priorale, circondato da un portico, articolato su due piani, con archi a tutto sesto e volte a crociera che poggiano su colonne corinzie, il quale presenta al centro:
- Doppia cisterna con vasca marmorea architravata e un passaggio sopraelevato, realizzati nel 1614 da Orazio Bergamini:[38] la struttura costituisce una sorta di collegamento riservato tra l'appartamento granducale e l'abitazione del priore.
Dal chiostrino si entra nella cella-casa del priore, che include un ampio giardino su due livelli.
Curiosità
Per il suo fascino e maestosità, la Certosa è stata utilizzata in varie occasioni come set cinematografico. Tra i film qui realizzati sono da citare:
- Amici miei atto II (1982) di Mario Monicelli con Ugo Tognazzi e Philippe Noiret;
- Il Piccolo Diavolo (1988), di Roberto Benigni con lo stesso regista e Walter Matthau.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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