Giudizio Universale (Beato Angelico)
Beato Angelico, Giudizio Universale (1432 - 1435), tempera su tavola | |
Giudizio Universale | |
Opera d'arte | |
Stato | Italia |
Regione | Toscana |
Regione ecclesiastica | Toscana |
Provincia | Firenze |
Comune | Firenze |
Diocesi | Firenze |
Ubicazione specifica | Museo Nazionale di San Marco |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Firenze |
Luogo di provenienza | Chiesa di Santa Maria degli Angeli |
Oggetto | pala d'altare |
Soggetto | Gesù Cristo giudice tra angeli e santi divide i beati e dai dannati |
Datazione | 1432 - 1435 |
Ambito culturale | |
Autore | Beato Angelico (Guido di Pietro) e bottega |
Materia e tecnica | tempera su tavola |
Misure | h. 105 cm; l. 210 cm |
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Il Giudizio Universale è una pala d'altare, realizzata tra il 1432 e il 1435, a tempera su tavola, da Guido di Pietro detto Beato Angelico e bottega, conservato nel Museo Nazionale di San Marco a Firenze.
La forma insolita del dipinto deriva dalla singolare destinazione dell'opera, usata per decorare la cimasa del seggio del coro.
Descrizione
La pala d'altare ha la forma rettangolare con il lato superiore a trilobo è dovuta alla sua funzione di spalliera per il seggio sacerdotale; essa raffigura il Giudizio Universale con l'impostazione che ha la seguente composizione:
Giudizio
Al centro della pala d'altare:
- nella parte superiore, compare Gesù Cristo giudice entro una mandorla di luce, circondato da:
- Schiera di angeli disposti tutto intorno ciascuno con una posizione coerente con la propria dignità celeste;
- Madonna (a sinistra) e san Giovanni evangelista (a destra), affiancati entrambi da una doppia tribuna con santi, apostoli e personaggi dell'Antico Testamento, come Abramo e Mosé.
- sotto la mandorla si vede l'Angelo con la Croce e Due angeli dell'Apocalisse che suonano le trombe, al cui suono si sono risvegliati i morti, lasciando aperti i sepolcri.
- nella parte inferiore, si nota:
- una fila di sepolcri al centro separa i beati dai dannati;
- sarcofago vuoto di Gesù Cristo giace trasversalmente davanti alle tombe;
- angeli e diavoli si sono appena spartiti i corpi risorti: a sinistra i beati, che pregano e ringraziano il Signore, a destra i dannati, che sono tormentati dai demoni che li conducono nell'Inferno.
Nella parte centrale si rileva in particolare:
- Ad una prima osservazione, l'immagine di Gesù Cristo giudice e l'assemblea dei santi sembra priva di collegamento, ad un'analisi più attenta si nota che alcuni dei salvati sulla terra si volgono pregando verso l'alto.
- La luce chiara e diffusa su tutto il dipinto simboleggia il lumen divino che, secondo la filosofia di san Tommaso d'Aquino, riluce nell'ordine "geometrico" della creazione.
- La fila di sepolcri al centro sono uno stupendo esempio di dominio dello spazio prospettico, che guida lo sguardo dello spettatore in profondità, verso un orizzonte azzurro sfumato in lontananza, come nelle miniature francesi.
Paradiso
Nella parte sinistra della pala d'altare, si trova l'idilliaca raffigurazione del Paradiso, dove in un magnifico giardino, dipinto nei minimi particolari, un gruppo di angeli, raffinati e bellissimi, accompagna i beati con la leggerezza propria della danza, descrivendo un sereno girotondo.
La scena, non trova riscontro nella tradizione cristiana, ma sembra tratta da fonti classiche come la Repubblica di Platone[1]. Nell'XI libro dell'opera, dove il filosofo, disserta sull'immortalità dell'anima e sul premio riservato ai giusti, descrive l'abbraccio gioioso dei beati che danzano in cerchio sulla musica delle sfere.[2].
La teoria che il movimento delle sfere celesti emettesse un suono armonico e che la musica e l'anima ne costituissero aspetti diversi e complementari era stata da Pitagora nel VI secolo a.C., per essere ripresa da sant'Agostino, Clemente Alessandrino e Boezio. L'intuizione che gli intervalli della scala musicale dipendevano da una ratio aritmetica (in greco logos), aveva finito per assumere un significato del tutto particolare, poiché con la stessa parola (logos) san Giovanni indica Dio nel prologo al suo Vangelo (Gv 1,1 ); quindi la musica, la matematica e la numerologia erano viste come una chiave nascosta per avvicinarsi a Dio e al mistero del Creato. Lo stesso numero dei sepolcri scoperchiati è legato alla simbologia del dieci (numero pitagorico perfetto).
Sullo sfondo appaiono le Mura e la porta del Paradiso, davanti al quale si vedono una coppia di beati, che vengono accolti ed inondati da una luce ultraterrena, simbolo della Grazia divina.
Inferno
Nella parte destra della pala d'altare compare la rappresentazione dell'Inferno, che riprende opere come l'Elucidarium di Onorio d'Autun, discostandosi da fonti più celebri come l'Inferno di Dante Alighieri.
I diavoli vi cacciano con la forza i dannati, che sono poi distribuiti nei rispettivi gironi, secondo i vizi capitali, dove subiscono pene secondo il contrappasso:
- accidia, con i dannati immobilizzati da serpenti;
- lussuria, dove serpenti e rospi mordono i genitali dei colpevoli;
- ira, dove ci si morde e ferisce a vicenda;
- gola, dove i peccatori sono costretti ad astenersi dal cibo, nonostante le pietanze immonde;
- avarizia, con i dannati costretti ad ingoiare oro fuso;
- invidia;
- superbia.
Il tutto è corredato da fiamme e presidiato dai diavoli che trafiggono con i loro tridenti i dannati. Nella parte più bassa si trova:
In ciascuno dei due mondi ultraterreni (Paradiso ed Inferno) si trovano persone di tutte le classi sociali: re, papi, principi, vescovi, monaci, aristocratici o semplici popolani.
Notizie storico-critiche
Il Giudizio Universale è un'opera complessa, intessuta di riferimenti alle dottrine colte che circolavano negli ambienti dell'Osservanza fiorentina e si pone come frattura nella produzione artistica del Beato Angelico.
L'opera fu commissionata nel 1431 per lo scomparso Convento e Chiesa di Santa Maria degli Angeli, da Ambrogio Traversari superiore dell'Ordine dei camaldolesi, confratello di Lorenzo Monaco, a sua volta maestro dell'Angelico. Il dipinto, infatti, è particolarmente influenzato dal pensiero teologico del committente, con interessi documentati nel campo dell'arte e della patristica orientale che ne avevano fatto un campione della riunificazione delle due Chiese (orientale ed occidentale) vent'anni prima del Concilio del 1439 che ne sancì, seppur temporaneamente la riunificazione [3]
Alcune parti del dipinto sono state eseguite da una mano meno raffinata del maestro; il ricorso a collaboratori, in un'opera così grande e importante, ha fatto supporre che il Beato Angelico fosse nel frattempo impegnato in altre commissioni.
Nel corso del XIX secolo, la pala fu trasferita presso il complesso conventuale di San Marco, dove si andava allora costituendo un Museo dedicato al Beato Angelico.
Note | |
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Bibliografia | |
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