Giudizio Universale (Michelangelo)
Michelangelo Buonarroti, Giudizio Universale (1536 - 1541), affresco | |
Giudizio Universale | |
Opera d'arte | |
Stato | Città del Vaticano |
Regione | - class="hiddenStructure noprint" |
Comune | Città del Vaticano |
Diocesi |
Roma Vicariato Generale dello Stato della Città del Vaticano |
Parrocchia o Ente ecclesiastico | Santa Sede |
Ubicazione specifica | Musei Vaticani, Cappella Sistina, parete occidentale |
Uso liturgico | sporadico |
Comune di provenienza | Città del Vaticano |
Luogo di provenienza | ubicazione originaria |
Oggetto | dipinto murale |
Soggetto | Giudizio Universale |
Datazione | 1536 - 1541 |
Ambito culturale | |
Autore |
Michelangelo Buonarroti detto Michelangelo |
Materia e tecnica | affresco |
Misure | h. 1370 cm; l. 1220 cm |
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Il Giudizio Universale è un dipinto murale, realizzato tra il 1536 ed il 1541, ad affresco, da Michelangelo Buonarroti (1475 - 1564), ubicato sulla parete occidentale della Cappella Sistina (Musei Vaticani) all'interno della Città del Vaticano.
Descrizione
La scena del Giudizio Universale si svolge in cielo, dove compaiono ben 391 figure, copre una superficie di 180 mq e si articola sostanzialmente in quattro registri.
Nelle diverse figure sono stati identificati svariati personaggi biblici e personificazioni di concetti dottrinali.
Primo registro
Nelle due lunette sono raffigurati:
- Due gruppi di angeli con strumenti della Passione, in volo, tra i quali si riconosce san Gabriele arcangelo:
- a sinistra, Angeli con Croce, dadi e corona di spine, tra cui si notano:
- Angelo, che presenta una posa "ardita", sollevando l'immane peso - reale e simbolico - della Croce e volando all'indietro;
- Tre Angeli, coi loro occhi sgranati e gli sguardi attoniti, partecipano alla generale atmosfera di smarrimento e di ansia per l'attesa;
- Quattro Angeli si allontanano con la corona di spine e i dadi con cui le guardie romane si giocarono la veste di Gesù dopo la Crocifissione. Si può notare qui il dettaglio della mano di un angelo che, presumibilmente, sta per lasciare cadere i dadi, mentre altre sono pronte a raccoglierli.
- a destra, Angeli con colonna della flagellazione, scala ed asta con spugna imbevuta d'aceto. Il gruppo è caratterizzato da movimenti acrobatici che suscitarono l'ammirazione dei contemporanei, anche fra i più tradizionalisti. Tra essi si notano:
- Angeli con colonna fluttuano nell'aria e sembrano quasi lottare contro il peso di questa. Le loro figure sono tutte di grandi dimensioni ed appaiono in primo piano, in particolare l'angelo in posizione frontale, che è alto più di due metri.
- Angelo, che regge l'asta con spugna imbevuta d'aceto, vola in aria in una posizione di forte scorcio.[1]
- a sinistra, Angeli con Croce, dadi e corona di spine, tra cui si notano:
Secondo registro
Nel secondo registro appaiono:
- al centro:
- Gesù Cristo giudice, posto su un trono di nuvole, col volto imperscrutabile, compie un gesto imperioso e pacato, che sembra al tempo stesso richiamare l'attenzione e placare l'agitazione circostante: egli dà l'avvio ad un ampio e lento movimento rotatorio in cui sono coinvolte tutte le figure. L'immagine del Cristo, per l'epoca antitradizionale, presenta un corpo erculeo e i lineamenti che richiamano l'Apollo del Belvedere (130 - 140 d.C.), conservato presso il Museo Pio-Clementino, all'interno dei Musei Vaticani.
- Maria Vergine, seduta con grazia accanto al Figlio, volge il capo in atto di pietà e rassegnazione: la Madonna, infatti, non può più intervenire nella decisione, ma solo attendere l'esito del Giudizio: lei rappresenta la misericordia legata alla giustizia divina. È importante notare come questa guardi con dolcezza gli eletti al Regno dei cieli, mentre Gesù Cristo riservi uno sguardo duro ed aspro a coloro che stanno scendendo negli Inferi. Anche i santi e gli eletti, disposti intorno alle due figure della Madre e del Figlio, attendono con ansia di conoscere il verdetto.
- San Lorenzo, riconoscibile per la graticola, rivolge verso Cristo un intenso sguardo;
- San Bartolomeo, seduto su una nuvola, con la barba lunga e nera, il capo rivolto verso Gesù Cristo, che impugna con un mano un coltello e con l'altra la propria pelle scuoiata (probabilmente, l'autoritratto di Michelangelo): essa è simbolo del peccato del quale ora si è spogliato. Inoltre, secondo alcuni studiosi, il santo ha le sembianze del poeta Pietro Aretino che aveva condannato il dipinto per i nudi presenti.
- a sinistra:
- san Giovanni Battista, con le spalle coperte dalla pelliccia di peli di cammello, rivolge a Gesù uno sguardo carico di tensione;
- Adamo, giovane (a sinistra del Battista), che si sporge per guardare;
- sant'Andrea di spalle, (a destra del Battista), sorregge la propria croce;
- Coppia di figure femminili: la figura in piedi personifica la Chiesa misericordiosa e madre che sorregge una fedele;
- Eva nuda;
- Virgilio.
- a destra:
- San Pietro presenta l'aspetto di un vecchio autorevole che porge a Gesù le chiavi (simbolo del potere spirituale e temporale), prive delle nappe in quanto non servono più ad aprire e chiudere le porte del Regno dei cieli;
- San Paolo, accanto a san Pietro, con la barba ed una veste rossa, è intimorito dalla maestà di Cristo;
- Esaù e Giacobbe che si abbracciano riconciliandosi;
- Giobbe e la moglie, si baciano abbracciandosi;
- Mosè, raffigurato a mezzobusto, anziano con barba bianca annodata e capelli folti
- Longino, soldato romano che trafisse con la lancia il costato di Cristo crocifisso;
- Simone Zelota con la sega;
- Simone di Cirene sorregge la croce;
- san Biagio con i pettini di ferro;
- santa Caterina d'Alessandria con la ruota dentata;
- san Sebastiano, giovane con i cappelli lunghi, inginocchiato, con le frecce in mano;
- san Disma, ossia il buon ladrone, sorregge sulle spalle una grande croce.
Terzo registro
Nel terzo registro compaiono:
- al centro, Angeli dell'Apocalisse suonano le lunghe trombe, risvegliando i morti ed annunciando l'arrivo del Giudice divino. Il gruppo angelico appare unitario e compatto, ma anche con un aspetto dinamico. Posto sotto la figura di Cristo, funge da collegamento con il registro inferiore del dipinto, sia a sinistra, verso la balza dove sta avvenendo la resurrezione dei morti, sia a destra, verso la barca di Caronte e l'antro infernale.
- a sinistra, Eletti hanno appena recuperato i loro corpi (resurrezione della carne) e con grande fatica ascendono al cielo, fra questi di particolare interesse:
- Due redenti appesi al Rosario, chiara allusione antiluterana.
- a destra, Dannati galleggiano o nuotano nello spazio, in balia di due forze opposte: la loro disperata volontà di salvarsi li spinge verso l'alto, mentre il loro destino di dannazione li trascina verso il basso. A precipitarli, inesorabilmente, verso l'Inferno sono i demoni.
Quarto registro
Nel quarto registro, ambientato sulla terra, dove, sullo sfondo il cielo azzurro trascolora nel bianco dell'alba, si possono vedere:
- a sinistra, Risurrezione dei corpi: questa scena sembra svolgersi al rallentatore. I morti risvegliati, a poco a poco si rendono conto di ciò che sta avvenendo e, con movimenti resi torpidi dal lungo sonno della morte, lentamente si sollevano ed al contempo si ricompongono con i loro corpi. Tra i defunti che emergono faticosamente dal terreno, molti sono ancora avvolti nei loro sudari ed alcuni sono ancora scheletri privi di carne, altri ancora, che si liberano faticosamente dalla lapide che li ricopre o emergono dalla nuda terra, hanno sguardi spaventati ed increduli e sembrano ancora conservare sui loro volti il ricordo angoscioso della morte.
- al centro, Caverna dei diavoli: una grotta buia, che si apre sulla balza verde dei "risorgenti", lasciando intravedere le fiamme infernali e mostruose ed inquietanti creature, che, acquattate nell'ombra, sembrano pronte a balzare fuori a caccia di dannati. La posizione di questo antro, dietro la croce d'altare della Cappella è stata interpretata dagli studiosi come monito contro il possibile insorgere del Male.
- a destra, Inferno, animato dalle figure dei diavoli rappresentati con svariate ed estreme espressioni di bruttezza, vista come deformazione degradata ed animalesca della figura umana, e dominato da due personaggi danteschi:
- Caronte, il traghettatore delle anime, che con la sua barca attraversa la palude dell'Acheronte, scaraventa a colpi di remo, aiutato da demoni armati di raffi (bastoni uncinati), i dannati spingendoli fuori dall'imbarcazione per condurli davanti al giudice infernale. Michelangelo riprese chiaramente dalla Commedia la figura di Caronte raffigurandolo proprio come descritto nell'Inferno (III, 82 - 99).
- Minosse, il giudice infernale, con il corpo avvolto dalle spire del serpente con cui indica il girone a cui ciascuno è destinato: l'artista gli diede i tratti di Biagio da Cesena, cerimoniere del papa, che aveva espresso forti critiche all'opera.
Note stilistiche iconografiche ed iconologiche
- Michelangelo abolisce ogni intelaiatura e partizione architettonica, l'immenso spazio della parete è privo di qualunque riferimento proporzionale e prospettico riconducibile agli schemi dell'arte rinascimentale: l'insieme è governato da un doppio vortice verticale, ascendente e discendente.
- L'artista concentra la propria attenzione sul corpo umano, sulla sua perfezione celeste e sulla deformazione tragica. La figura prevalente è quella ellittica, come la mandorla di luce in cui è inscritto Gesù Cristo o il risultato complessivo delle spinte di salita e di discesa, salvo alcune eccezioni, come la sfericità del gruppo degli Angeli dell'Apocalisse con le lunghe trombe o la triangolarità dei santi ai piedi di Gesù Cristo giudice.
- Il Giudizio rappresenta una svolta sia nella concezione pittorica di Michelangelo, sia nell'interpretazione tematica del soggetto. Nell'interpretazione del tema del Giudizio Universale, Michelangelo afferma una sensibilità religiosa propria ed inquieta. Esso non è più rappresentato secondo la precedente tradizione iconografica che lo concepiva come la misura dell'inesorabile giustizia divina nell'atto di dividere gli eletti dai dannati, ma come una potente forza cosmica, scatenata dal gesto di Gesù Cristo, che tutto sconvolge, scardinando l'universo intero, i dannati come i beati e anche i personaggi della corte celeste.
- Il tema, metaforizzato nella tempesta e nel caos del dipinto, si presta bene alla tormentata religiosità di quegli anni, caratterizzati da contrasti, sia teologici sia bellici, fra cattolici e protestanti e la soluzione di Michelangelo non nasconde il senso di una profonda angoscia nei confronti dell'ultima sentenza. Il Buonarroti si pone in modo personalissimo nei confronti del dibattito religioso, sposando le teorie di un circolo ristretto di intellettuali che auspicava una riconciliazione fra cristiani, dopo una riforma interna della Chiesa stessa.
- Per comprendere il Giudizio, dobbiamo anche considerare che Michelangelo era un appassionato lettore ed ammiratore di Dante Alighieri, per questo fra le varie fonti d'ispirazione domina in particolare la Divina Commedia: molte delle figure e delle scene inserite dall'artista risentono dell'ambiente e delle atmosfere descritte da Dante. Lo si può notare osservando per esempio gli Angeli dell'Apocalisse, i defunti che riprendono il loro corpo e le figure demoniache di Caronte e Minosse.
- Nella drammatica raffigurazione del Dies irae, l'anziano Michelangelo allude anche al proprio gravoso destino d'artista cupo e tormentato, di rado trattato con giustizia dai suoi committenti. Infatti, il pittore si autoritrae, nel Giudizio Universale, con le fattezze di un corpo svuotato penzolante dalla robusta mano di san Bartolomeo, il quale guarda con aria interrogativa Gesù Cristo, non sapendo se salvarlo o lasciarlo precipitare.
Notizie storico-critiche
Nel 1533, papa Clemente VII (1523 - 1534), di passaggio a Firenze incontrò Michelangelo, che all'epoca stava lavorando sulle Tombe medicee, e lo incaricò di modificare ulteriormente la Cappella Sistina, dipingendo:
- sulla parete occidentale, dove è posto l'altare, il Giudizio Universale;[2]
- sulla parete orientale, la controfacciata, la Caduta degli angeli ribelli, mai portata a termine e rimasta allo stato di progetto.
L'artista, accettò l'incarico con grande riluttanza, ma vi pose mano solo nel 1536, costretto da papa Paolo III (1534 - 1549), subentrato nel frattempo al soglio pontificio a Clemente VII.
Per realizzare il Giudizio fu necessario murare due finestre e distruggere gli affreschi del XV secolo della parete, commissionati da papa Sisto IV a Pietro Perugino che raffiguravano:
- Nascita e ritrovamento di Mosè
- Assunzione di Maria con papa Sisto IV inginocchiato dinanzi
- Natività di Gesù.
Inoltre, fu necessario rivestire la parete con una fodera di mattoni in leggera pendenza in modo che la parte superiore risultasse più sporgente di quella inferiore: l'artista toscano impose questo intervento strutturale sul muro per creare l'impercettibile effetto che il dipinto andava "incontro" agli spettatori nella sua parte alta e per evitare che la polvere lo ricoprisse "spegnendone" i colori e la luminosità.
Michelangelo iniziò a dipingere, nell'estate del 1536, completamente da solo, servendosi solo di un aiuto fidato per l'esecuzione del fondo turchino e portando a compimento l'immensa opera (oltre centottanta metri quadrati di parete) nell'autunno del 1541.[3] La vigilia di Ognissanti (31 ottobre) di quell'anno Paolo III, che aveva seguito con impazienza i progressi dell'artista, celebrava i Vespri solenni davanti a questo straordinario dipinto che, come testimonia Giorgio Vasari, ricevette un'accoglienza trionfale e "riempì di stupore e meraviglia" tutta Roma.
Negli anni successivi, però, questa opera ricevette molte critiche e sollevò grandi polemiche per la presenza di troppe figure nude e di personaggi colti in atteggiamenti provocatori ritenuti non consoni ad un luogo sacro come la Cappella Sistina, fulcro della Cristianità. Addirittura papa Paolo IV, appena eletto, disse di volerlo distruggere.
Nel 1564, per decisione del Concilio di Trento, venne incaricato Daniele da Volterra (da allora soprannominato "braghettone") di coprire con veli e panneggi le figure ritenute "oscene", ritoccando l'affresco: alcune di queste ridipinture sono state eliminate con l'ultimo minuzioso restauro (1981 - 1993), che ha ridato nuovo nitore a tutto il dipinto.
Galleria fotografica
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Note | |
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