Medioevo
Nella storiografia occidentale, il medioevo è l'età compresa tra la fine del mondo antico e l'inizio dell'età moderna, convenzionalmente definite dalla caduta dell'impero romano d'Occidente (476) e la scoperta dell'America (1492).
Termine e suddivisioni
La prima relazione storica sul medioevo si deve a Flavio Biondo (Decadi, 1443), che però non usa mai il termine. Giovanni Andrea Bussi nel 1469 usa l'espressione media tempestas. Nei decenni successivi ricorrono altre espressioni come media aetas, media antiquitas, media tempora. A metà del '500 Vasari adotta la formula "età di mezzo". Da inizio '600 la precedente periodizzazione in sei età viene progressivamente sostituita da un modello tripartito, che con l'aggiunta dell'età contemporanea, perdura fino ad oggi:
- età antica, dalla fondazione di Roma nel 753 a.C. alla caduta dell'impero d'Occidente nel 476 d.C.;[1]
- età di mezzo, dal 476 alla scoperta dell'America nel 1492;[2]
- età moderna; dal 1492 al Congresso di Vienna nel 1815;
- età contemporanea: dal 1815 ad oggi.
Il termine "medioevo" (medium aevum) è introdotto nel 1666 da Georg Horn, poi fissato nel 1688 dalla Historia Medii Aevi di Christoph Keller (Cellarius) e da allora in uso nella storiografia. Il termine è stato esteso ad altre società (m. cinese, indiano) ma per pura contemporaneità col medioevo europeo, non per somiglianza di esperienze storiche.
Una ripartizione tradizionale distingue l'alto medioevo (secc. V-X) e il basso medioevo (secc. XI-XV), ma va notato che in area anglosassone si definisce spesso "alto medioevo" i secoli XII-XIII. Oggi si preferisce una ripartizione tra:
- primo medioevo (V-VII);
- medioevo centrale (VIII-XII);
- tardo medioevo (XIII-XV).
Mito dei secoli bui
A partire dal periodo rinascimentale si definì lo stereotipo di un medioevo come "secoli bui" (dark ages), segnati da guerre, fame, oppressioni, epidemie, superstizioni. È curioso come Petrarca venga spesso indicato come ispiratore dell'espressione "secoli bui", quasi a dire che se il letterato medievale definiva così la sua epoca, doveva proprio esserlo. In realtà nello scritto che viene citato (1373)[3] difende le ragioni del papato a Roma invece che Avignone, e dice che gli occhi dei Galli "erano avvolti di tenebra e densa caligine", ma non per questo meno capaci di vedere e degni piuttosto di compassione.[4] Nello stesso scritto è presente una vibrante apologia della cultura (medievale) italiana, con la citazione di pensatori come Pietro Lombardo, Tommaso d'Aquino, Bonaventura da Bagnoregio, Egidio Romano. Non si tratta dunque di un'invettiva antimedievale, ma di un'apologia dell'Italia medievale.
L'umanesimo dei secc. XV-XVII si interpretava come un rinascimento della civiltà classica, con l'interruzione millenaria delle barbarie medievali. Questa visione negativa è stata rimarcata dalla storiografia protestante a partire dal '600 (Keller 1688) e dall'illuminismo del '700 (Voltaire 1758,[5] Gibbon 1776-1789), e non è stata mitigata dalla maggiore attenzione alle fonti mostrata dal positivismo dell'800 e dalla storiografia atea materialista del '900. Alcuni tentativi in senso contrario vi furono da parte del romaticismo tedesco di inizio '800 (cf. in particolare Novalis 1799; Ranke 1880-1886),[6] e della corrente "cattolico-liberale" o "neoguelfa" in Italia (Manzoni, Troya, Balbo, Tosti), che nel risorgimento sottolineava l'importanza del papato nella storia italiana e auspicava l'indipendenza dalla dominazione straniera sotto l'egida del papa.
In definitiva lo stereotipo dei "secoli bui" è ancora profondamente impresso nell'immaginario collettivo contemporaneo, e il medioevo è "una delle fabbriche più feconde di luoghi comuni" (Sergi, p. 7). Tra i miti medievali si possono annoverare la leggenda dell'anno 1000, la leggenda nera dell'inquisizione, la leggenda della Terra piatta, lo stereotipo dei crociati violenti e bellicosi, lo ius primae noctis. Altri esempi di leggende medievali sono la dieta povera di carne, la famiglia allargata, l'economia di sussistenza e baratto.
Gli storici contemporanei hanno ormai abbandonato la definizione del medioevo come "secoli bui", locuzione che viene comunque ancora usata per periodi dove le informazioni sono carenti, e studi attenti delle fonti storiche stanno contribuendo a una visione neutrale e oggettiva dell'epoca medievale. Lo storico agnostico francese Jacques Le Goff (1924-2014) ha fornito un grande contributo in tal senso.[7]
Primo medioevo
La caduta dell'impero romano d'Occidente (476) vede il continente e il bacino mediterraneo suddiviso in tre grandi zone: l'area romanizzata latina (ovest), greca (sud-est) e quella non romanizzata (nord-est) dei Germani e degli Slavi. "In questo panorama svolge una funzione non soltanto acculturatrice ma civilizzatrice il cristianesimo, o meglio la sua attività missionaria. La religione cristiana fu l'elemento di continuità fra le antiche e le nuove classi dirigenti e segnò la formazione di quel sistema oligarchico che caratterizzò la storia dell'Europa" (Cantarella, p. 1648).
Regni romano-barbarici
La fine dell'impero romano coincise con l'immigrazione (termine preferibile a invasione) delle popolazioni germaniche stanziate nel nord-est Europa. Dopo assestamenti durati alcuni secoli si formarono diversi regni come quello dei Vandali in Africa, dei Visigoti in Spagna, dei Franchi in Gallia, degli Ostrogoti in Italia. Queste popolazioni mostrano l'immeticciamento alla cultura romana, causando un cambiamento nella continuità. Si verificarono attriti quanto al credo religioso: i barbari erano inizialmente ariani (i Franchi pagani), mentre la popolazione romana era nicena (cattolica). In particolare i Vandali perseguitarono i non ariani, mantenendo le distanze dalla popolazione assogettata e condannandosi così alla sconfitta.
Sul piano geopolitico, il primo medioevo vide in particolare le guerre di riconquista intraprese da Giustiniano, imperatore di Costantinopoli (527-565), che videro l'annessione del regno dei Vandali in Africa, di parte della Spagna visigota, e la lenta conquista dell'Italia ostrogota (535-553). La dominazione bizantina in Italia fu presto (dal 569) soppiantata dai Longobardi ariani, che nel corso del VII secolo abbracciarono la fede cattolica. Intanto nella Gallia i Franchi merovingi stavano imbastendo il futuro sistema feudale: le città e i circondari erano rette dai comites (conti, spesso ecclesiali) che facevano riferimento al re. Il meccanismo ereditario della legge salica, imponendo la suddivisione tra i figli dell'eredità, portava alla progressiva frantumazione dei territori, con indebolimento e lotte fratricide di successione.
In oriente, dove l'impero bizantino era continuamente fiaccato a nord dagli scontri con slavi e avari (Costantinopoli assediata nel 626), e a est dalle guerre coi persiani (Gerusalemme occupata tra 614-628), era sorta la minaccia degli arabi musulmani. Distrussero il regno persiano (637) e menomarono largamente quello bizantino, assediando inutilmente Costantinopoli nel 664 e 714, arrivando nel 711 in Spagna dove conquistarono il regno visigoto. Le conversioni all'Islam nei territori conquistate furono frequentissime per i vantaggi associati (vedi Patto di Omar).
Papato e monachesimo
In concomitanza al venir meno o affievolirsi del potere civile per il crollo dell'impero, i vescovi cristiani, capillarmente insediati nelle città e autorevoli guide morali, vennero spesso ad assumere anche funzioni civili e politiche, diventando pastori di anime e di corpi. L'aristocrazia forniva i quadri dirigenti all'organizzazione civile e spesso anche a quella ecclesiastica, anche se i vescovi provenivano spesso dall'ambiente monastico. La doppia funzione (religiosa e civile) svolta dai vescovi costituisce la premessa per la futura lotta delle investiture.
Similmente a Roma la figura del vescovo (Papa), in particolare con Gregorio I (590-604), surclassava i legati bizantini e veniva a farsi carico di tutte le competenze civili, occupandosi della difesa contro i Longobardi, di sfamare il popolo e anche di strade e ponti. Gregorio fu anche promotore della ricristianizzazione della Britannia per opera di Agostino di Canterbury.
Nell'oriente greco (Antonio abate) e ancor più nell'occidente latino (Benedetto da Norcia) si diffuse progressivamente il monachesimo, e in particolare nel regno franco le case monastiche fungevano da elementi di presidio e civilizzazione del territorio.
Regno franco
Intanto nel regno franco merovingio acquisiva importanza il maestro di palazzo (una sorta di primo ministro) Carlo Martello (m. 741), e la sua vittoria sui musulmani a Poitiers (732) contribuì a esaltarlo come difensore della cristianità e capo dei Franchi, nuovo popolo eletto ed erede dell'impero romano. Nel 751 in un colpo di palazzo suo figlio Pipino il Breve depose l'ultimo re merovingio, Childerico III, con l'approvazione di Papa Zaccaria. Il Papa chiese aiuto a Pipino in difesa degli attacchi dei Longobardi, che avevano conquistato Ravenna, esarcato e pentapoli. L'intervento dei franchi, proseguito dal figlio Carlo Magno (m. 814), portò alla conquista del regno longobardo (774) liberando Roma dalla sua minaccia.
Il regno di Carlo Magno fu caratterizzato da un sistema di guerra permanente (dilatatio regni) che si rivolse, oltre ai Longobardi, contro Sassoni, Bavari, Avari, arabi in Spagna. L'evangelizzazione della Germania, già iniziata da Bonifacio (m. 754), fu accelerata con conversioni forzate. Il 25 dicembre 800 Carlo fu incoronato a Roma da Leone III come imperatore. L'incoronazione sanciva l'alleanza tra papato e impero "sacro romano", prassi seguita dagli imperatori fino all'età moderna, e implicava che fosse il Papa a detenere la prerogativa di designare l'imperatore.
L'amministrazione dell'impero (2 milioni di km2) implicava giocoforza una gestione decentralizzata affidata a conti (vassalli) e comitati, spesso oggetto di disseminazione, cioè di trasferimento lontano da dove le famiglie erano radicate, per limitare concentrazioni di potere. A queste figure si affiancavano i missi dominici, una sorta di ispettori itineranti, e i "conti di palazzo" (palatini o paladini), una sorta di prefetti. L'impero fu culturalmente unificato con la revisione e uniformazione della scrittura ("carolina"), della liturgia (ispirata a quella romana), con l'adozione della regola benedettina per tutti i monasteri, che fungevano anche da aziende economicamente produttive e centri di sviluppo e controllo del territorio.
L'impero era comunque strutturalmente debole, in particolare per la successione salica che sanciva l'equa spartizione dell'eredità tra i figli, implicando spartizioni territoriali, accordi, tradimenti, guerre fratricide. Era stato anomalo che Carlo Magno (r. 800-814) e Ludovico il Pio (r. 814-840) si fossero trovati a regnare da soli, garantendo consolidamento e stabilità all'impero.
Medioevo centrale
Mutamenti sociali
Il medioevo centrale (secc. VIII-XII) è segnato dal consolidarsi del sistema feudale, con l'occupazione capillare del territorio grazie a castelli e fortezze. A discapito degli eserciti di fanteria basati sulla leva obbligatoria di agricoltori, si consolida il ruolo militare della cavalleria, composta da aristocratici o anche da strati sociali inferiori ascesi, militari di professione equipaggiati e addestrati, ruolo che verrà poi idealizzato e rivestito di nobili valori morali.
L'identificazione della cavalleria come vettore di ascesa sociale (assieme alla Chiesa) marcherà il distacco col resto della società, riducendo la distinzione tra schiavitù e servitù. Questo, assieme al minore afflusso di prigionieri da guerre esterne (con la parentesi delle razzie sugli slavi) e alla progressiva penetrazione dei valori cristiani nella società medievale, farà sì che attorno al 1000 scomparirà la schiavitù propriamente detta (compravendita, uso e abuso diretto). La società medievale ideale è così composta da tre ordini: i servi laboratores, gli orantes (coloro che pregano) e i bellatores (i combattenti).
Dal punto di vista demografico si assiste a un incremento della popolazione, grazie anche allo sviluppo e alla diffusione, facilitata dai monasteri, di tecniche come la rotazione triennale delle culture (secc. XI-XIII), vs. quella biennale romana; l'aratro asimmetrico in metallo (IX-XI); la deforestazione, bonifica e irrigazione di nuovi terreni. Questo comportò un aumento della ricchezza prodotta e commerciabile, la cui gestione avveniva nelle città. La conseguente maggiore importanza di artigiani e mercanti portò ad attriti con l'aristocrazia tradizionale detentrice del potere, cf. le lotte tra comuni italiani e impero.
In questo periodo si formano anche le università (Bologna, 1088; Parigi, ca. 1150), che sulla base degli studia vescovili volevano fornire un'istruzione specializzata. Bologna si specializzò nel diritto, Parigi nella filosofia, Salerno (poi Montpellier) in medicina. Internazionali per essenza e definizione, contribuirono alla formazione della stessa idea di Europa.
Seconde invasioni
In questo periodo si assiste al movimento migratorio degli slavi, che tra i secc. VII e XI si consolidano nell'est Europa lasciato libero dalle migrazioni germaniche, e sono evangelizzati in particolare da Cirillo e Metodio. Sono segnati da una certa vulnerabilità (schiavo deriva da slavo). Ben più dolorose per l'Europa sono state altre tre direttrici migratorie.
I saraceni dalla Sicilia (conquistata tra 827-965) devastarono il mediterraneo, con Roma attaccata nel 830, 846, 849. Furono più volte attaccate Calabria e Puglia, attacchi che si tramutarono in insediamenti stabili, come avvenne anche in Corsica, Sardegna, Provenza e Toscana.
Nel X secolo compaioni gli Ungari, autori di violente incursioni e razzie, fino alla loro cristianizzazione (conversione di re Stefano I d'Ungheria attorno al 1000) e sedentarizzazione incuneati tra gli slavi.
Una terza invasione proviene dai vichinghi (normanni) della scandinavia, che istituirono principati in Russia presto slavizzati (Novgorod, Kiev) attaccando anche Costantinopoli (860), fino alla loro civilizzazione con la conversione di Vladimir (988). In occidente la prima violenta incursione si ebbe nel 793 (abbazia di Lindisfarne, Scozia), e le razzie si tramutarono poi in spedizioni armate. Dalla Normandia partirono la conquista dell'Inghilterra anglosassone (1066) e quella contemporanea dell'Italia meridionale e Sicilia, con occupazioni temporanee di territori dal nord America, al nord Africa, al medio oriente. Il violento dinamismo normanno può essere ricondotto al meccanismo ereditario di maggiorascato (l'eredità al primogenito), che spingeva i fratelli minori a costruirsi le proprie fortune.[8]
Europa continentale
In Spagna l'aristocrazia visigota superstite alla conquista islamica si era stabilizzata nel nord. A partire dal miracoloso rinvenimento delle reliquie di Giacomo il Maggiore a Compostela nel 812-814, l'identità della Spagna e la figura di Santiago (San Giacomo) matamoros ("moricida") furono strettamente intrecciate. Intanto il territorio islamico spagnolo, a partire dal 1002, si frazionò in piccoli principati (taifas).
Nel territorio post-caroligio si era consolidato il regno di Francia ad ovest, con l'impero germanico a est (guidato dalla dinastia ottoniana) che controllava anche l'Italia. Lo sviluppo demografico ed economico portava i comuni italiani a una maggiore autonomia dall'impero. Lo scontro esplose nel regno di Barbarossa (1155-1190), che tentò di rafforzare la sua autorità con l'istituzione dei podestà, rappresentanti regi al modello dei balivi francesi. La battaglia di Legnano (1176) lo vide sconfitto.
Nell'XI secolo l'impero romano d'Oriente gode di forza e fortuna, riconquistanto anche l'intera Bulgaria. Tuttavia Venezia, formalmente bizantina, acquista progressivamente autonomia fino ad abbandonare attorno al 1050 riferimenti a Costantinopoli nei documenti pubblici. La richiesta di aiuto da parte dei cristiani d'Oriente contro i turchi selgiuchidi diede origine a un pellegrinaggio armato ("crociata" dal XVIII sec.) che portò alla conquista di Gerusalemme (14 luglio 1099) e al vergognoso massacro della popolazione da parte dei "cristiani". L'instaurazione di principati cristiani in oriente incrementò i traffici e lo sviluppo delle repubbliche marinare (Venezia, Genova, Pisa), anche quando la presenza si indebolì (1187, Saladino riconquista Gerusalemme).
Lo stesso dinamismo sotteso all'esperienza militare crociata si ritrovò nella conquista della Sicilia (1060-1091), che vide i normanni come fedeli vassalli del Papa, nell'espansione degli ordini cavallereschi sul Baltico (in particolare l'Ordine Teutonico) e della reconquista spagnola.
Monaci e mendicanti
Nella zona periferica d'Aquitania, al di fuori dei confronti-scontri tra Francia e Germania e Germania e Italia, il duca Guglielmo nel 909 promosse la fondazione di un monastero benedettino a Cluny ad opera di Bernone, che nel giro di qualche decina d'anni divenne un modello e paradigma per i monasteri di mezza Europa. Come altri monasteri si arricchì di donazioni da parte di aristocratici, che in quanto guerrieri di violenza e sangue, anelavano alle preghiere dei monaci per ottenere la salvezza eterna. L'influenza cluniacense fu forte nella nascita e sviluppo dei regni di Spagna e Portogallo, più forte di quella papale, anche nello sviluppo del cammino di Santiago.
Il successivo declino dei cluniacensi coincise con l'espansione dei cistercensi di Bernardo di Chiaravalle (dal 1112). L'innovazione del capitolo annuale degli abati fu imposta dal papato a tutti gli altri ordini.
Domenico (m. 1221) e Francesco (m. 1226) sono all'origine del movimento detto degli ordini mendicanti. I loro conventi si diffusero in tutta Europa, testimoni della radicalità evangelica e attivi nella predicazione e nella lotta all'eresie pauperiste (in particolare i domenicani contribuirono all'inquisizione).
Nei primi tempi la vita dell'ordine francescano non fu facile, complice la troppa somiglianza esteriore con movimenti eretici pauperisti. Furono perseguitati ed espulsi da Federico II (m. 1250), si avvicinarono al pensiero eretico di Gioacchino da Fiore (m. 1202), e la loro "scomoda" testimonianza e predicazione circa la povertà gli procurò attriti con vari Papi tra 1294-1312.
Rapporti papato-impero
L'implosione dell'impero carolingio indebolì anche il ruolo del Papa, che manteneva comunque la sua autonomia. Aristocratici imperiali occuparono importanti cariche ecclesiastiche (reichkirche, "chiesa del regno"), p.es. funzionari di corte di Ottone I (r. 962-973) furono nominati vescovi (Ansfrido a Utrecht, Teodorico a Metz, Egberto a Treviri, Bruno a Colonia). Più che nei secoli precedenti i vescovi rischiavano di essere feudatari e funzionari regi, invece che pastori cristiani. Inoltre molti vescovi dell'impero furono nominati conti, dato che il loro formale celibato (ancora non ufficializzato e standardizzato) impediva formali trasmissioni ereditarie, rafforzando il potere imperiale.
In questo contesto, anche agli occhi dell'imperatore era funzionale che la Chiesa fosse esente da corruzione (simonia), venisse rafforzato il celibato e la nomina del Papa fosse libera dagli intrighi dell'aristocrazia romana. L'esigenza di riforma della Chiesa era fortemente avvertita e richiesta anche dal popolo (cf. i patari).
Quando l'imperatore Enrico III scese a Roma nel 1046, si trovò davanti tre Papi che si erano scomunicati a vicenda. Li depose tutti e tre e fece eleggere Clemente II, dando inizio a un meccanismo di riforma che vide protagonisti Ildebrando di Soana, Pier Damiani, Umberto di Silva Candida, Federico di Montecassino. I continui viaggi di Leone IX (1049-1054) veicolarono l'idea che la riforma della Chiesa non riguardasse solo Roma e rafforzarono il papato. Effetto collaterale di questo rafforzamento fu il grande scisma con le chiese ortodosse (1054). Importante fu la bolla In nomine Domini (Niccolò II, 13 aprile 1059), che liberava formalmente l'elezione pontificia dalle pressioni secolari.
Nel papato di Gregorio VII (1073-1085) proseguì la riforma accentuando il primato papale e dunque la sua autonomia da logiche secolari, anche nella nomina dei vescovi, cf. Dictatus Papae (1075) e Auctoritates Apostolicae Sedis (1077). Ciò trovò l'ovvia avversione della "chiesa del regno" dell'episcopato tedesco e dell'imperatore Enrico IV (cf. la celebre penitenza a Canossa, 1077). Gregorio (lettera a Ermanno di Metz, 1081) precisava che l'unico potere sacro è quello papale, mentre quello imperiale non può dirsi tale perché fondato su violenza e sangue.
La lotta per le investiture terminò col compromesso formale per cui il vescovo veniva nominato dal Papa, mentre le regalia (anello e il bastone, ancora oggi le insegne episcopali) appartenevano all'imperatore e questo le consegnava al vescovo, compromesso sancito dai "concordati" di Westminster (1106 col regno d'Inghilterra), Saint-Denis (1107 col regno di Francia), Worms (1122 con l'impero). Per quanto anche in futuro non mancarono nella Chiesa cattivi pastori (in particolare all'epoca di Lutero), la prassi ecclesiale iniziò con questi provvedimenti a fornirsi di anticorpi per salvaguardare il bene del gregge.
Eresie e inquisizione
Pur contrapposti quanto all'autonomia delle città italiane, Papa Lucio III e il Barbarossa giunsero a un accordo (Verona 1184) nel contrastare le eresie. Nel 1199 l'eresia venne equiparata al reato di lesa maestà. Oggetto del contendere erano in questo periodo le predicazioni pauperiste di Arnaldo da Brescia (m. 1155) e Pietro Valdo (m. 1206), affini a quelle della precedente pataria milanese. A partire dal 1231 i domenicani contribuirono attivamente all'inquisizione, e tra questi va ricordato Bernardo Gui (m. 1331).
Tardo medioevo
Mutamenti sociali
Nel tardo medioevo (secc. XIII-XV) si attuarono diverse trasformazioni sociali. L'economia vedeva come protagonisti i mercanti e banchieri lombardi e toscani, oltre che ebrei. Si rafforzava la produzione del denaro attraverso il denaro, svincolata dgli scambi di merci reali. L'usura era una piaga sociale (a Bologna nel secondo semestre del 1270 oltre 1.600 pignoramenti), e fomentava l'odio verso gli ebrei.
Dal punto di vista militare in tutta Europa si assiste all'espansione delle compagnie di ventura, per quanto i mercenari siano sempre esistiti. I condottieri rappresentavano una spesa militare flessibile, risparmiando la vita dei semplici cittadini con leve obbligatorie, ma implicavano cambiamenti di casacca e banditismi e saccheggi per i periodi di mancato ingaggio.
Il '300 è il secolo della peste nera, un'epidemia di peste bubbonica proveniente dall'Asia che in tre ondate (1347-1350; 1360-1390; 1397-1402) uccise circa un terzo della popolazione europea (ca. 24 su 75 milioni), complice il sovraffollamento urbano dovuto alla crescita demografica dei secoli precedenti. Il calo della forza lavoro implicò mutamenti sociali come lo sviluppo della mezzadria e la richiesta dei salariati di trattamenti migliori (tumulto dei Ciompi a Firenze, 1378).
Stati nazionali
Nel tardo medioevo ci fu anche il progressivo consolidamento delle monarchie nazionali.
In Inghilterra il 15 giugno 1215 era stata firmata dal re la Magna charta che limitava i poteri dei sovrani a favore dell'aristocrazia. Le frequenti rivolte dei baroni portarono a un graduale trasferimento al parlamento di funzioni fiscali, giudiziarie e politiche. Proseguivano gli scontri dei secoli precedenti con la Francia.
In Spagna proseguiva la reconquista (1229 Baleari, 1236 Cordoba, 1248 Siviglia) e la catalogna aragonese si imponeva nel Mediterraneo (rivolta dei vespri siciliani, 1282).
L'imperatore Carlo IV all'atto dell'incoronazione a Roma (1355) rinunciò al titolo di re d'Italia, e la Bolla d'oro (1356) sanciva la completa germanizzazione dell'impero.
In Italia si consolidano le signorie comunali contrapposte tra guelfi (filopapali) e ghibellini (filoimperiali). Venezia si espandeva nell'adriatico, trovando nella catalogna un alleato contro Genova, la quale vedeva calare la sua importanza politica ma aumentare quella finanziaria preparandola alle esplorazioni e conquieste in America.
In Francia per fronteggiare la bancarotta Filippo il Bello (r. 1285-1314) voleva tassare i beni ecclesiastici, col consenso del clero che marcava la distanza da Roma, e si scontrò con Bonifacio VIII. Filippo confiscò anche gli ingenti beni dei templari (13 ottobre 1307). La guerra dei cent'anni (1337-1453), che vide il contributo di Giovanna d'Arco, terminò con la sconfitta inglese e il pieno rafforzamento della Francia.
Papato
Bonifacio VIII (1294-1303) fu artefice di una politica di rafforzamento del papato (scontro con Filippo sulla tassazione, giubileo del 1300, bolla Unam Sanctam del 1302). Invece il debole Clemente V (1305-1314) fu prono al re francese, condannando i templari (Pastoralis praeminentiae, 22 nov. 1307) e spostandosi in Francia dando inizio alla "cattività avignonese" (1309-1377), anche per sottrarsi ai torbidi delle famiglie romane Colonna e Caietani.
Il ritorno del papato a Roma vide l'elezione di due papi, Urbano VI e l'antipapa francese Clemente VII che tornò ad Avignone. Per quarant'anni gli stati europei si divisero sull'obbedienza romana o avignonese (1378-1418, scisma d'occidente), e la fedeltà ai papi di Roma dei francescani causò persecuzioni nelle avignonesi Francia e Iberia. Nel 1409 un tentativo di risoluzione dello scisma vide l'elezione a Pisa di un nuovo papa, Alessandro V (poi seguito da Giovanni XXIII), ma gli altri due non si dimisero.
L'imperatore tedesco Sigismondo prese in mano la situazione, proclamando la sua superiorità sul papato (6 aprile 1415) indubbiamente screditato e convocando il Concilio di Costanza (1414-18). In esso prese corpo la dottrina conciliarista che, nella sua forma estrema, stabiliva la supremazia dei concili di vescovi sul papa. Alla morte del papa di Roma nel 1417 fu eletto Martino V, il papa di Pisa si dimise, e la morte del papa di Avignone nel 1418 sembrò porre fine allo scisma. Un debole rigurgito si ebbe nel 1438 quando alcuni vescovi a Basilea elessero l'antipapa Felice V (Amedeo VIII di Savoia), che non si spostà mai dalla Savoia e di fatto non esercitò il papato, abdicando nel 1449.
La stretta turca a Costantinopoli portò alla richiesta di riunificazione con la chiesa latina, e il Concilio di Firenze sanò formalmente il secolare scisma d'Oriente con la chiesa ortodossa (Laetentur caeli, 6 luglio 1439), poi con armeni (22 novembre 1439), giacobiti e copti (4 feb. 1442), e infine siriaci, caldei e maroniti (7 agosto 1445). Tuttavia la caduta di Costantinopoli (29 maggio 1453) e i termini delle riunificazioni troppo favorevoli ai cattolici le lasciarono lettera morta.
Il crollo della seconda Roma ebbe una forte eco nella cristianità ma appariva scontato. L'impero bizantino non si era mai ripreso dalla conquista crociata (1204), e gli stati europei non erano disponibili a intervenire, con Francia e Inghilterra appena uscite dalla guerra dei cent'anni, e la seconda poi dilaniata dalla guerra delle due rose (1455-1485), la Spagna invischiata in conflitti dinastici, Italia e Germania di fatto frantumante in principati e territori autonomi.
Note | |
| |
Bibliografia | |
| |
Voci correlate | |
|