Beato Gioacchino da Fiore
Beato Gioacchino da Fiore, O.Cist. Presbitero | |
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Beato | |
Beato Gioacchino da Fiore | |
Età alla morte | circa 72 anni |
Nascita | Celico 1130 ca. |
Morte | Pietrafitta 30 marzo 1202 |
Professione religiosa | XII secolo |
Ordinazione presbiterale | XII secolo |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 1570 ca. |
Ricorrenza | 30 marzo |
Collegamenti esterni | |
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Beato Gioacchino da Fiore (Celico, 1130 ca.; † Pietrafitta, 30 marzo 1202) è stato un abate, teologo e scrittore italiano, già venerato come beato dalla Chiesa cattolica.
Biografia
Le condizioni economiche della famiglia di Gioacchino erano agiate, il padre Mauro infatti era tabulario o notaio. In passato si era ritenuto che la famiglia avesse origini ebraiche, forse per spiegare l'atteggiamento benevolo di Gioacchino nei confronti dell'Ebraismo. Da studi più recenti sembra tuttavia che questa ipotesi sia infondata.
Formazione
Ricevette le prime nozioni di educazione scolastica a Cosenza.
Ben presto fu mandato dal padre a lavorare, sempre a Cosenza, presso l'ufficio del Giustiziere della Calabria. A causa di contrasti insorti sul posto di lavoro, andò a lavorare presso i Tribunali di Cosenza.
In seguito il padre riuscì a fargli ottenere un posto presso la Corte normanna a Palermo, dove lavorò prima a diretto contatto con il capo della zecca, con i Notai Santoro e Pellegrino ed infine presso il Cancelliere di Palermo l'Arcivescovo Stefano di Perche. Entrato in disaccordo anche con Stefano si allontanò definitivamente dalla Corte Reale di Palermo per compiere un viaggio in Terrasanta.
La conversione
Forse nel corso di questo viaggio maturò un profondo distacco dal mondo materiale per dedicarsi allo studio delle Sacre Scritture.
Al ritorno in patria Gioacchino si ritirò dapprima in una grotta nei pressi di un monastero italo-greco posto sulle falde del monte Etna, poi tornò con un suo compagno a Guarassano, nei pressi di Cosenza. Qui fu riconosciuto e costretto ad incontrare il padre, che lo aveva dato per disperso. Al padre confessò di aver smesso di lavorare per il re normanno per servire il Re dei Re (Dio).
Egli visse circa un anno presso l'Abbazia di Santa Maria della Sambucina, da cui si allontanò per andare a predicare dall'altra parte della valle vivendo nei pressi del guado Gaudianelli del torrente Surdo, vicino Rende.
Presbitero
Poiché al tempo la predicazione di un laico non era ben accetta, Gioacchino compì un viaggio fino a Catanzaro, dove il Vescovo lo ordinò sacerdote. Durante il tragitto da Rende a Catanzaro si fermò nel monastero di Santa Maria di Corazzo, dove incontrò il monaco Greco che lo pose davanti alla parabola dei talenti, rimproverandolo di non mettere a frutto le sue doti.
Tornò a predicare nuovamente a Rende, con l'abito di sacerdote. Poco tempo dopo vestì l'abito monastico entrando nel monastero di Santa Maria di Corazzo. Questa abbazia benedettina, guidata dal beato Colombano, aspirava a seguire la regola cistercense.
Abate
Secondo le fonti più accreditate, nel 1177 Gioacchino venne eletto abate di Santa Maria di Corazzo, ma rinunciò scappando dapprima nel monastero della Sambucina, poi nel monastero del legno della croce di Acri. Gioacchino non ambiva a diventare abate, ma a studiare la Sacre Scritture. Gli uomini più potenti di quel tempo, riunitisi con lui a Sambucina lo convinsero ad accettare la carica di abate di quel monastero a quel tempo poverissimo.
Teologo e scrittore
In qualità di abate compì un viaggio nell'Abbazia di Casamari tra il 1182 e il 1184. Durante questo periodo incontrò Papa Lucio III che gli concesse la licenza scribendi. Con l'aiuto degli scriba Giovanni, Nicola e Luca iniziò già a Casamari la stesura delle sue opere principali: la Concordia tra il vecchio e il nuovo testamento e l'Esposizione dell'Apocalisse.
In quello stesso periodo Gioacchino interpretò innanzi al Papa una profezia ignota, trovata tra le carte del defunto Cardinale Matteo d'Angers. Da cui scaturì l'incoraggiamento del Pontefice Lucio III a scrivere le sue opere.
Nel 1186-1187 si reca a Verona dove incontra Papa Urbano III. Al ritorno si ritira a Pietralata, una località sconosciuta, abbandonando definitivamente la guida dell'Abbazia di Corazzo. I suoi monaci non tollerarono il suo girovagare e lo stare sempre a distanza dall'abbazia, pertanto fecero una petizione per risolvere la questione presso la Curia Romana. A seguito di ciò, nel 1188 ottenne l'affiliazione della abbazia di Corazzo alla Abbazia di Fossanova e il Papa lo esonera dai doveri abbaziali autorizzandolo a continuare a scrivere le opere.
Pietralata e il Protomonastero di Fiore Vetere
A Pietralata, da egli ribattezzata Petra Olei, cominciarono a pervenire molti seguaci. Il primo fu Raniero da Ponza, che in seguito fu legato apostolico in Francia e Spagna sotto Papa Innocenzo III. Pietralata divenne presto un luogo incapace di ospitare la moltitudine di gente che accorreva a sentire Gioacchino, pertanto nell'autunno del 1188 Gioacchino salì sui monti della Sila (Calabria) alla ricerca di un territorio che si potesse abitare. Dopo tante perlustrazioni si fermò nel luogo oggi denominato Jure vetere Sottano, attualmente nel comune di San Giovanni in Fiore. A sei mesi di distanza dalla perlustrazione abbandonò Pietralata e si trasferì con i suoi discepoli in Sila sul luogo prescelto.
Dopo sei mesi dal trasferimento il re Guglielmo il Buono morì e subentrò sul trono normanno Tancredi, già conte di Lecce. Furono proprio i funzionari di Tancredi a contestare a Gioacchino l'insediamento in Sila, per cui l'abate dovette recarsi a Palermo (primavera 1191) per conciliare con il nuovo re. Dopo un complesso confronto tra i due, Tancredi gli concesse di restare in Sila, sul luogo prescelto, facendogli dono di un vasto tenimento posto nelle adiacenze, aggiungendo 300 pecore e 30 some di grano, per il sostentamento della comunità religiosa. Da qui in avanti cominciò a costruire il protomonastero di Fiore vetere.
Nel 1194, dopo la morte di Tancredi subentrò nel regno Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa, il quale concesse a Gioacchino un vasto tenimento nei monti della Sila e privilegi sovrani su tutta la Calabria.
La nascita della Congregazione florense
In questo periodo, dopo il diploma concesso da Enrico VI, Gioacchino fondò i monasteri di Bonoligno e Tassitano, nonché acquisì altri monasteri già italo-greci. Forte del patrimonio terriero ed ecclesiale acquisito, Gioacchino si recò a Roma ricevendo da Papa Celestino III l'approvazione della Congregazione florense e dei suoi Istituti il 25 agosto del 1196.
I florensi continuarono a colonizzare il territorio assegnato e, affinché Fiore venisse articolato secondo lo schema della Tav. XII, misero a cultura i territori di Bonoligno e di Faradomus, facendosi aiutare, molto probabilmente da gruppi di laici che condividevano il progetto del novus ordo. Pertanto, con le acque del fiume Garga, attraverso il canale cosidetto badiale, fecondarono dapprima Bonoligno e poi Faradomus. Da qui insorsero delle liti con i monaci greci del monastero dei tre fanciulli, ubicato in prossimità di Caccuri, che contestarono ai florensi l'occupazione di territori che secondo loro detenevano da tempi immemorabili. I poveri florensi furono bastonati, malmenati e gli edifici in costruzione distrutti. Tuttavia l'azione di costruzione dell'insediamento non si fermò, fintanto che l'abate rimase in vita.
La morte
Gioacchino morì il 30 marzo 1202 presso Canale di Pietrafitta e fu seppellito nel monastero florense di S. Martino di Canale. Il suoi resti furono traslati nell'abbazia di San Giovanni in Fiore verso il 1226, quando la grande chiesa era ancora in costruzione. Durante gli ultimi restauri le reliquie del beato furono traslate nella chiesa parrocchiale di San Giovanni in Fiore.
L'abate Matteo (Vitari), successore di Gioacchino, continuò l'opera ampliando le fondazioni florensi, nel periodo del suo abbaziato (1202-1234), l'ordine florense vantava oltre 100 filiazioni, tra abbazie, monasteri e chiese, ognuna dotata di ampi tenimenti-tenute e possedimenti vari, sparse in Calabria, Puglia, Campania, Lazio, Toscana e rendite che provenivano anche dalle lontane terre di Inghilterra, Galles e Irlanda.
L'abate e i grandi del suo tempo
Gioacchino nel corso della sua vita incontrò per lavoro o per missione apostolica persone molto autorevoli del suo tempo, tra i tanti si ricordano:
- 1145 (ca.) - a Cosenza, il Giustiziere della Calabria, lavorava per lui.
- 1145-1155 (ca.) - a Cosenza, gli amministratori e gli avvocati dei Tribunali di Cosenza, lavorava in questi uffici.
- 1155-1160 (ca.) - a Palermo, Amar o Goffrar, comandante della Zecca di Palermo, era segretario per il capo Zecca, al tempo di Guglielmo I il Malo.
- 1160-1165 (ca.) - a Palermo, Santoro e Pellegrino, Notai della corte Normanna di Palermo, lavorava con loro.
- 1166-1167 - a Palermo, Stefano di Perche, arcivescovo di Palermo e Cancelliere della Corte normanna, lavorava per egli, ai tempi della regina Margherita di Navarra, vedova di Guglielmo I il Malo.
- Anni '70 - a Catanzaro, il Vescovo pro tempore, lo ordina prete, Sacerdote.
- Anni '70 - a Corazzo, Colombano abate, che lo ordina monaco del suo monastero.
- 1178 - a Palermo, è alla corte di Guglielmo II, per risolvere problemi connessi alla sua abbazia.
- 1183 diventa amico di Geraldo Abate di Casamari dove conosce Luca Campano.
- 1183-1184 - a Veroli (FR), incontra il Pontefice Lucio III, che gli da la licenza per scrivere.
- 1183-1185 - a Fossanova (LT), incontra Goffredo d'Auxerre, abate, già segretario di San Bernardo.
- 1183-1185 - Fossanova (LT), incontra Raniero da Ponza, prima suo socio, poi legato apostolico in Linguadoca e Spagna sotto Innocenzo III.
- 1187 - a Verona, incontra il Pontefice Urbano III, che gli riconferma la licenza concessa da Lucio III.
- 1188 - a Roma, incontra il Pontefice Clemente III, che lo esonera della carica abbaziale di Corazzo.
- 1189 - a Palermo, incontra Guglielmo il Buono, re normanno, che verosimilmente gli da il permesso di occupare Iure Vetere.
- 1191 - a Palermo, incontra Tancredi, re normanno, che gli conferma Iure Vetere e gli concede un tenimento.
- 1191 - a Messina, incontra Riccardo Cuor di Leone e Filippo II Augusto, re di Francia, in partenza per la crociata.
- 1191 - a Roma, incontra il Pontefice Clemente III, che verosimilmente gli conferma le concessioni fatte da Tancredi.
- 1191 - a Napoli, incontra Enrico VI, re svevo, figlio di Federico Barbarossa.
- 1194 - a Nicastro (CZ), incontra nuovamente Enrico VI, che gli concede il tenimento di Fiore.
- 1195-1196 - a Palermo, incontra la regina Costanza di Altavilla, confessandola.
- 1196 - a Roma, incontra il Pontefice Celestino III, che gli concede le Istituzioni.
- 1198 - a Palermo, incontra Costanza d'Altavilla, moglie di Enrico VI, che gli conferma i possedimenti.
- 1198 - a Palermo, incontra l'abate dell'abbazia del Santo Spirito di Palermo, suo amico.
- 1198 - a Cosenza, incontra l'Arcivescovo Andrea, che gli concede San Martino di Canale.
- 1200 - a Palermo, incontra Federico II, infante, e il suo arcivescovo primo ministro del regno che gli conferma caput Album.
- 1201 - a Cosenza, incontra l'Arcivescovo Andrea e Simone de Mamistra, signore di Fiumefreddo e Giustiziere della Calabria, che gli concede i possedimenti di Fontelaurato.
I grandi Benefattori dell'Abate Gioacchino e dell'Ordine Florense (1184-1266)
La Congregazione Florense prima e l'Ordine Florense poi, ebbero molti benefattori, fra i tanti vale la pena ricordare:
- Signore di Oliveti: diede a Gioacchino (1184-1190) la possibilità di vivere nel ritiro di Pietralata.
- Tancredi il Normanno: concesse a Gioacchino (1190) il Locum Floris, il Tenimentum Silae, 300 pecore e 112,5 quintali di grano annui.
- Enrico VI di Svevia: concesse a Gioacchino (1194) il Tenimentum Floris e tanti privilegi imperiali.
- Gilberto, vescovo di Cerenzia: concesse (1195) il tenimento Montemarco con la relativa abbazia e filiazioni dipendenti.
- Costanza d'Altavilla: ratificò a Gioacchino (1198) tutti i beni posseduti dal Monasterio Sancti Johanni de Flore.
- Umfredo Colino e Simone de Mamistra, Giustiziere Regio della Calabria: concessero a Gioacchino (1200) la tenuta di Caput Album (capo Arvo).
- Ugolino, cardinale prete di S. Lorenzo in Lucina, Legato Apostolico in Sicilia: concesse a Gioacchino (1200) la tenuta Albetum in Caput Gratium (Albeto di Capo Crati).
- Federico II di Svevia: concesse a Gioacchino (1200) le tenute Caput Album e Caput Gratis.
- Andrea, arcivescovo di Cosenza: concesse (1201) a Gioacchino la chiesa di San Martino di Jove in Canale (Pietrafitta).
- Stefano, vescovo di Tropea, Gattegrima e Simone de Mamistra (Giustiziere Regio della Calabria), signori di Fiumefreddo: concessero a Giacchino 1201) la chiesa di Santa Domenica, con tutte le sue dipendenze, compreso i tenimenti Flumen Frigidum e Barbaro.
I tentativi di canonizzazione
I seguaci di Gioacchino subito dopo la sua morte raccolsero la biografia, le opere e le testimonianze dei miracoli ottenuti per sua intercessione per proporne la canonizzazione. Questo primo tentativo probabilmente abortì a seguito delle disposizioni del Concilio Lateranense IV che nel 1215 dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo (teologo) contenute in un libello accreditato ingiustamente a Gioacchino da Fiore.
Dante Alighieri, nella Divina Commedia, inserisce Gioacchino da Fiore nel Paradiso (canto XII, ver. 140-141) tra la schiera dei Beati (1316-1321), accanto a San Bonaventura, Rabano e San Tommaso d'Aquino. Da ciò si desume il chiaro giudizio di Dante emesso 110 anni circa dopo la morte dell'Abate calabrese.
Un secondo tentativo d'avvio della canonizzazione fu compiuto nel 1346 dall'abate Pietro del monastero florense, che si recò ad Avignone per portare al Sommo Pontefice tutta la documentazione relativa alle grazie e dei miracoli ottenuti tramite l'abate Gioacchino, sia durante la sua vita sia dopo la sua morte.
È risaputo che i cistercensi proclamarono beato l'abate Gioacchino, elaborandone perfino l'antifona per il 29 maggio. Si ritiene che ciò sia avvenuto dopo il 1570, quando i florensi furono fatti confluire nella Congregazione Cistercense Calabro Lucana.
Il 20 luglio 1684 il vescovo di Cosenza denunciò all'Inquisizione i monaci cistercensi di San Giovanni in Fiore poiché tenevano continuamente accesa una lampada sull'altare vicino al sepolcro dell'abate Gioacchino. Tale denuncia causò una serie di problemi relativi al culto e alle reliquie.
All'approssimarsi dell'VIII centenario della morte dell'Abate Gioacchino, il 25 giugno 2001 l'Arcidiocesi di Cosenza-Bisignano iniziò nuovamente l'iter per la canonizzazione. Ad oggi risulta conclusa la fase diocesana. A San Giovanni in Fiore e altrove l'abate è correntemente conosciuto come beato Gioacchino da Fiore.[1]
Opere letterarie
Gioacchino, esortato da Papa Lucio III, mise per iscritto la sua originale interpretazione delle Sacre Scritture. Molti concordano che siano tre le sue opere principali:
- Concordia Novi ac Veteris Testamenti
- Expositio in Apocalypsim
- Psalterium decem chordarum
A queste si aggiungono ancora:
- Apocalypsim Nova
- De Articulis Fidei
- De prophetia ignota
- De Septem Sigillis
- Dialogi de Praescientia Dei et de predestinatione electorum
- Enchiridion super Apocalypsim,
- Epistulae,
- Inteligentia super calathis ad abbatem Gaufridum
- Testamentum
- Universis Christi fidelibus
- Exhortatoriu Iudeorum
- Genealogia
- Liber Figurarum
- Poemi
- Prefatio in Apocalypsim
- Professio fidei
- Quaestio de Maria Magdalena
- Sermones
- Soliloquium
- Tractatus super quattuor Evangelia
- Tractatus in expositionem et regulae beati Benedicti
- Ultimis Tribulationibus.
Sono inoltre riconosciuti:
- Testi pseudo-gioachimiti: De Visio Gloria Paradisi
- Testi apocrifi:
- Altri manoscritti vari chiamati Opuscoli.
Pensiero
Secondo Gian Luca Potestà nella sua recensione a Refrigerio dei Santi, Gioacchino da Fiore, "segna comunque una svolta nella coscienza escatologica medievale, in quanto è il primo a rompere il "tabù agostiniano" riguardo ad Apocalisse 20 e ad avanzare, in modo cauto ma netto l'idea che la ligatio Sathane per annos mille vada riferite al tempo imminente di pace terrena, situato fra la prossima venuta dell'Anticristo e le persecuzioni finali di Gog e Magog." Sulla stessa linea si pone Robert E. Lerner che evidenza come il teorema di Sant'Agostino, della suddivisione della storia in tre periodi: Ante legem, sub lege, sub gratia, viene rivisto da Gioacchino che introduce nel dramma il quarto atto: Itaque tempus ante legem, secundum sub lege, tertium sub evangelio, quartum sub spiritali intellectu", dimostrando così la sua straordinaria originalità interpretativa delle Sacre Scritture.
Gioacchino da Fiore tra le tante ebbe tre interessanti e originali intuizioni.
- Ha cercato e provato che esistono diverse forme di concordia tra l'Antico e il Nuovo Testamento, il primo indissolubilmente legato al periodo del Padre, il secondo indissolubilmente legato al periodo del Figlio. Da questo concetto, noto come modello "binario della teologia della storia", data la piena proporzionalità da egli riscontrata, intuisce la possibilità di "proiettare con fiducia il corso della storia cristiana oltre l'età apostolica sino al presente, e da qui verso il futuro." (Lerner) Sulla base di questo sistema di concordanza tra i due Testamenti, attraverso lo studio accurato delle Scritture, ritiene di poter scrutare nel futuro, assicurando che i due Testamenti assicuravano le medesime certezze. Dopo di che passa ad interpretare l'Apocalisse, l'ultimo libro del Nuovo Testamento, e anche qui ritrova a suo modo di dire la continuità dell'intera storia della chiesa, passata, presente e futura. Gioacchino ha sempre sostenuto a chiare lettere di essere un interprete ispirato della Scrittura, piuttosto che un profeta, egli, infatti, rifuggi dal rappresentare il tempo finale con parole diverse da quelle direttamente tratte dalla Scrittura.
- Da questo concetto binario, Gioacchino elabora un "modello ternario", connesso strettamente alla santissima Trinità, dimostrandolo alcuni concetti fondamentali attraverso l'analisi teologico-iconografica delle lettere "ALFA" e "OMEGA".
- Dallo sviluppo di queste due concezioni basilari Gioacchino approdò allo sviluppo dei concetti riferiti alle "tre Età della Storia terrena", sostenendo che se c'era stato il tempo in cui ha operato prevalentemente il Padre e il tempo in cui ha operato prevalentemente il Figlio, allora doveva esserci anche un tempo in cui opererà prevalentemente lo Spirito Santo, che procede da Padre e dal Figlio. La scansione del tempo che l'abate di Fiore elabora si basa sulle tre epoche fondamentali:
- L'Età del Padre: corrispondente alle narrazioni dell'Antico Testamento, estesa nel tempo che va da Adamo ad Ozia, re di Giuda (784-746);
- L'Età del Figlio: rappresentata dal Vangelo e compresa dall'avvento di Gesù, estesa nel tempo che va da Ozia fino al 1260;
- L'Età dello Spirito Santo: estesa nel tempo che va dal 1260 fino alla fine del "millennio sabbatico", ovvero quel periodo in cui l'umanità attraverso una vita vissuta in un clima di purezza e libertà avrebbe goduto di una maggiore grazia.
Con tale teorema Gioacchino estende il tempo della storia, proponendo la dilazione del tempo della salvezza. Gioacchino elabora pertanto, prima il modello dell'albero dei due avventi, poi i tre alberi, quello sviluppato nell'età del Padre, quello sviluppato nell'età del Figlio e quello che si svilupperà nell'età dello Spirito Santo.
L'inesorabilità della storia, secondo Gioacchino, è data da un ossessionante computo delle generazioni, che a volte valgono un'estensione di tempo a volte no. Con questo meccanismo complesso elabora una sorta di "linea del tempo", che va dalla "Genesi" al "Giudizio Universale". I due capi segnano i confini estremi della storia della salvezza che si sviluppa all'interno di questa linea del tempo.
Gioacchino si chiede quanto è lunga questa linea del tempo e a quale punto di questa linea egli si trova, quindi da qui sviluppa una serie di calcoli e combinazioni teologiche del tutto originali. Robert E. Lerner sostiene che "Nella sua visione, ciò poteva essere conseguito soltanto con lo studio il più approfondito della Scrittura ed egli si sentiva fiducioso che, mediante nuove strategie di lettura, sarebbe stato in grado di portare alla luce messaggi predittivi della Scrittura, che sino ad allora erano rimasti segreti." Tutta la sua attività ha finito per qualificarlo come un ambizioso pensatore cristiano, ricercatore irrefrenabile di parallelismi, allusioni e predizioni.
Il Monasterium
All'interno dei suoi ossessionanti calcoli cronosofici e millenaristi Gioacchino da Fiore elabora anche uno schema di vita religiosa per il tempo futuro, quello dello Spirito, riassunto nella tavola XII del Liber Figurarum. Esso descrive una congregazione religiosa, raggruppata in un insediamento denominato Monasterium, formata da persone con diversa spiritualità, raggruppate sapientemente in sette oratori[2]:
- Oratorio della Santa Madre di Dio e della Santa Gerusalemme: in tale oratorio si trova l'abate
- Oratorio di San Giovanni Evangelista: dedicato alla vita contemplativa
- Oratorio di San Pietro: dedicato agli anziani o ai deboli di salute, lavori manuali leggeri
- Oratorio di San Paolo: dedicato allo studio
- Oratorio di San Stefano: dedicato a chi ha inclinazione per la vita attiva
- Oratorio di San Giovanni Battista: per sacerdoti e clerici
- Oratorio del santo patriarca Abramo: per laici coniugati e le loro famiglie
Al Monasterium potevano quindi partecipare laici coniugati e non, clero secolare e conventuale, monaci spirituali.
Tutti vivono sotto la guida di un unico abate che presiede l'istituto religioso, disponendo e regolando, per i gruppi e per ognuno, una sorta di scala d'accesso al Paradiso, da conquistare vivendo nella comunità. L'insediamento religioso è strutturato a modello di nuova Gerusalemme terrena con schema somigliante alla Gerusalemme dei cieli. Il Monasterium gioachimita delinea diversi aspetti comportamentali e sociali che rispettati saranno utili a varcare la porta d'accesso alla vita eterna.
Il passaggio da un oratorio ad un altro si conquista glorificando il Padre eterno, ognuno per le proprie possibilità e a seconda del grado spirituale concesso ad ogni singolo individuo da Dio. Il progresso spirituale non è precluso a nessuno, per cui tutti possono aspirare ad accedere al Paradiso.
Il modello proposto dal Monasterium rappresentò una rivoluzione per due aspetti:
- Esso affranca ampi strati della società sia dalla feudalità ecclesiastica sia da quella "baronale";
- Esso coinvolgeva tutti i modelli religiosi integrando nel Monasterium perfino i laici, che al tempo erano ai margini della vita religiosa e della società civile.
Questi modello monastico fu quindi osteggiato anche all'interno della chiesa del XIII secolo.
La Diffusione del pensiero gioachimita
Il Concilio Lateranense e le prime reazioni
La complessa e innovativa Teologia della Storia generò tensioni, specialmente nella scuola teologica di Parigi, storicamente a lui avversa. Nel 1215, il Concilio Lateranense IV dichiarò eretiche alcune frasi contro Pietro Lombardo di un'opera sulla Trinità falsamente attribuita a Gioacchino. Da questo equivoco se ne generarono altri, fintantoché lo stesso Papa Innocenzo III con bolla del 2 dicembre 1216 informa il vescovo di Lucca di non infamare l'abate Gioacchino, giacché l'Abate è considerato dalla Curia Romana un vero Cattolico (eum virum catholicum reputamus). Con parole dello stesso tenore si espresse Papa Onorio III con la Bolla del 5 dicembre 1220 con cui da mandato all'arcivescovo di Cosenza (Luca Campano) di difendere i Monaci Florensi dalle false accuse rivolte al loro fondatore.
I Neo Gioachimiti e il Gioachimismo
Nei secoli, il pensiero di Gioacchino da Fiore è stato studiato, divulgato e diffuso.
Si possono distinguere due gruppi di studiosi:
- I gioachiniani e gioachimiti, che hanno rispettato fedelmente le opere originarie
- Gli pseudo-gioachimiti o gioachimisti, che hanno recepito solo in parte le tesi proposte, spesso aggiungendo teoremi teologici estranei al pensiero originario.
Tra i più grandi sostenitori dell'abate calabrese furono certamente i monaci florensi che ne seguirono la dottrina e l'esempio, ma egli suscitò interesse anche presso alcuni monaci cistercensi tra i quali:
- Luca Campano: il primo dei seguaci eloquenti, egli fu scriba dell'abate nell'abbazia di Casamari, poi abate della Sambucina e infine Arcivescovo di Cosenza; a lui si ascrive una "vita" di Gioacchino
- Raniero Da Ponza: monaco vissuto a stretto contatto con Gioacchino, come "socio", a Pietralata e a Fiore, tra il 1188 e il 1195; egli fu poi nominato da Papa Innocenzo III legato Apostolico in Francia Meridionale e Spagna e in quelle terre diffuse la teologia di Gioacchino da Fiore, spargendo in quelle terre diversi semi che germineranno nel corso del secolo XIII.
- L'abate Matteo da Fiore de la Tuscia, che fu il suo primo successore e guidò la Congregazione Florense dal 1202 al 1234, finché non fu eletto arcivescovo di Cerenzia. Egli ebbe il merito di far copiare, ricopiare, ovvero duplicare tante volte tutte le opere di Gioacchino per diffonderle nei principali centri religiosi della penisola italiana e in tutta Europa. Se le opere di Gioacchino da Fiore sono giunte fino ai nostri giorni gran merito va all'abate Matteo da Fiore e agli scriba e amanuensi florensi che si adoperarono in questo immane lavoro di copiatura e duplicazione.
La teologia di Gioacchino grazie a questi tre uomini si diffuse rapidamente, specialmente presso i Francescani spirituali francesi e italiani in vario modo. Tra questi:
- Il provenzale Ugo de Digne (1200/1210-?)
- Giovanni da Parma (1208-1289), discepolo di Ugo e
- Gerardo di Borgo San Donnino ( ?-1276), discepolo a sua volta di Giovanni da Parma, che si fece promotore del concetto relativo al Vangelo Eterno.
Tra gli altri, si avvicinarono al pensiero di Gioacchino:
- Salimbene de Adam da Parma,
- l'inglese Ruggero Bacone (1214-1292),
- la suora dell'ordine delle Umiliate Guglielma di Boemia (?-1282),
- la consorella Manfrida da Pirovano (?- 1300) e
- Andrea Saamita, teologo laico di questo gruppo milanese ( ?-1300).
- il francescano francese Pietro di Giovanni Olivi (1248-1298), che influenzò Giovanni di Rupescissa (Jean de Rochetaillade) (1300/1310-1366) e Giovanni di Bassigny.
- il provenzale Raymond Geoffroi, Ministro generale francescano (1289).
- Ubertino da Casale (1259-1330), immortalato nelle pagine di Dante, era insieme a Pietro di Giovanni Olivi in Santa Croce a Firenze dal 1287 al 1289.
- Angelo Clareno, pesarese (1247-1337), riconosciuto fondatore dei Fraticelli della vita povera, e i seguaci di quest'ultimo, amico di Ubertino da Casale.
- Michele da Cesena (1270-1342) e Jacopone da Todi (1230-1306).
- Arnaldo de Villanova, un eclettico spagnolo (1234/1240-1312/1313)
- Francesco d'Appignano (1290?- 13??),
- Guglielmo di Ockham, filosofo inglese (1280-1349),
- il francese Jean de Jandun (ca.1280-1328),
- Marsilio da Padova (ca.1270- ca.1342),
- Délicieux Bernard (attivo 1291-1318),
- Gentile da Foligno, priore generale degli agostiniani nel 1332.
- Michele Berti da Calci (?-1389).
- Papa Celestino V(1215-1296),
- Cola di Rienzo (1314-1354),
- il sassone Federico di Brunswick,
- lo spagnolo Francesc Eiximenis (ca.1330-1409),
- Nicola di Buldesdorf (?- 1446),
- Girolamo Savonarola (1452-1498)
Certo quest'elenco è solo una piccola parte di un numero molto più folto di uomini colti che sono stati influenzati dalla sua teologia.
Nonostante molti francescani spirituali subirono condanne e reclusioni nel manifestarsi filo gioachimiti o pseudo tali, l'influenza di Gioacchino nell'ordine dei fraticelli d'Assisi rimase viva, sia nella prima fase sia nei periodi successivi. La prova più eclatante è la presenza di Gioacchino nell'arte medievale:
- Nell'apparato scultoreo e figurativo del Duomo di Assisi,
- Nella Divina Commedia Gioacchino e le sue idee vengono citate direttamente o indirettamente diverse volte (Paradiso, Canto XII), (vv. 140-141),
- La struttura urbanistica che i francescani dettero alle prime fondazioni americane, quali Puebla de Los Angeles, Veracruz, Los Angeles, ecc.
- La struttura compositiva elaborata da Michelangelo Buonarroti nella Cappella Sistina, secondo lo studio di H. W. Pfeiffer S.J.
Anche nella Chiesa cattolica contemporanea, specialmente dopo il Concilio Vaticano II, diversi osservatori individuano il fiorire della ecclesia spiritualis di concezione gioachimita.
Il Centro Internazionale Studi Gioachimiti
Il Centro Internazionale Studi Gioachimiti cura l'edizione critica delle opere scritte da Gioacchino da Fiore, conservate in diversi codici manoscritti sparsi in diversi luoghi del mondo. Esso opera attraverso un Comitato Scientifico Internazionale e un Comitato Editoriale Internazionale e promuove ogni cinque anni un Congresso Internazionale di Studi a tema, relativo a Gioacchino dal Fiore e al Gioachinismo. A cadenza annuale stampa la rivista Florensia che contiene studi connesse a Gioacchino e al Gioachimismo.
Le celebrazioni dell'VIII centenario della morte
Nel 2001 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha istituito il Comitato per le celebrazioni dell'VIII centenario della morte dell'Abate Gioacchino da Fiore per promuovere la conoscenza di Gioacchino e del suo pensiero. Il programma fu redatto da Cosimo Damiano Fonseca, Professore di Storia Medioevale all'Università degli Studi di Bari, Accademico dei Lincei e direttore del Comitato scientifico del Centro Internazionale Studi Gioachimiti. Il comitato che ha agito fino a giugno 2006, ha promosso tre congressi:
- il primo itinerante da Roma a San Giovanni in Fiore, passando per Casamari, Fossanova, Anagni, Cosenza, Luzzi e Pietrafitta,
- il secondo a Bari,
- il terzo a Palermo.
Il Comitato per le Celebrazioni ha anche promosso l'edizione della raccolta dei Codici Gioachimiti, l'Atlante delle Fondazioni Florensi, un libro sulle vicende dell'Ordine Florense, un altro relativo ai Vaticini, conservati presso la biblioteca del duomo di Monreale.
Note | |
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