Storia del Cristianesimo, VIII-XIV secolo

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La storia del cristianesimo nei secoli VIII-XIV tratta della storia della religione cristiana e delle sue istituzioni nell’epoca medievale, ossia da Carlo Magno fino alla nascita degli Stati nazionali assolutistici nel Trecento. Segno della di rottura col Medioevo e dell’inizio di una nuova fase della storia del cristianesimo è la lotta tra Papa Bonifacio VIII e il re di Francia Filippo il Bello

Questo periodo della storia del Cristianesimo nasce con l'affermarsi in Europa Occidentale del Sacro Romano Impero di Carlo Magno e dunque con la conseguente fine dell'influenza in Occidente di quel che rimaneva dell'Impero Romano antico; il Papa di Roma prende sempre più consapevolezza del suo ruolo all'interno della comunità medievale e di conseguenza inizia quel progressivo distacco dalla chiesa cristiana d'Oriente (denominata abitualmente ortodossa) fino alla rottura nel 1054 e alle distruzioni apportate dalle Crociate.

Inoltre, le invasioni arabe e il passaggio di una grande parte della cristianità d'Oriente sotto la dominazione musulmana (VII-VIII secolo) modificano profondamente il paesaggio del cristianesimo orientale. Infatti, nelle regioni che passano sotto il controllo musulmano (e dunque libere dal controllo bizantino) si sviluppano liberamente delle Chiese che potremmo chiamare dissidenti (per esempio la Chiesa Copta in Egitto). Accanto a queste Chiese, ne nascono, nel corso del Medioevo, altre, chiamate uniate, che, pur mantenendo il loro rito proprio, riconoscono l'autorità giurisdizionale del Vescovo di Roma, il Papa.

In Occidente, il Cristianesimo scompare nel Nordafrica, mentre in Spagna i cristiani sono ridotti ad una minoranza. Nello stesso tempo prosegue la conversione al cristianesimo delle nuove popolazioni stanziatesi nell'ex Impero Romano. In questo processo il papato avrà un ruolo decisivo.

L’Oriente cristiano

In questo contesto, consideriamo solo le Chiese ortodosse calcedonesi, ossia le Chiese orientali che riconoscono il Concilio di Calcedonia, mentre per le altre Chiese cristiane (copta, antiochena, monofisita, armena, ecc.) si devono consultare le singole voci.

Imperatori, patriarchi e monaci a Costantinopoli

I Bizantini vedevano nel loro Impero l'immagine del regno celeste e nell'Imperatore l'immagine del sovrano celeste. Egli è il "luogotenente di Dio" ed è da lui che riceve il suo potere. L'incoronazione nella Basilica di Santa Sofia a Costantinopoli ad opera del Patriarca simbolizza questa sanzione divina (anche nei casi più chiari di usurpazione, il patriarca non ha mai rifiutato di incoronare un imperatore). In virtù di questo, l'imperatore è l'unico sovrano legale della città terrestre e tutti gli altri re sono suoi subordinati. Ancora nel XIV secolo, quando ormai l'Impero bizantino volgeva al termine, l'imperatore ricordava al granduca di Mosca, che misconosceva l'autorità dell'Imperatore, che "unico è l'Imperatore universale".

La persona dell'Imperatore ha un carattere sacro: egli è uguale agli Apostoli (isapostolos). Non è prete, ma, come i preti, entra nel Santo dei Santi, dietro l'iconostasi, e comunica sotto le due specie. Spetta all'Imperatore far rispettare le leggi ecclesiastiche, che in molti casi sono ipso facto anche leggi civili. È lui che convoca i Concili ecumenici; è lui che sceglie il Patriarca, in base ad una lista che gli viene presentata (può anche scegliere un laico, come nel caso di Fozio I, che poi in pochi giorni riceve tutti gli ordini sacri). Nei primi secoli, inoltre, l'Imperatore interviene nella questione dei dogmi, interventismo che culminerà con la crisi iconoclasta.

Teoricamente, tra imperatore e patriarca dovrebbe regnare l'armonia per il bene dello Stato e della Chiesa. Ma è di fatto un fragile equilibrio. Quando, negli ultimi secoli dell'Impero, gli imperatori, per motivi strettamente politici, chiederanno l'unione con la Chiesa di Roma, si troveranno ad affrontare l'opposizione della Chiesa, in particolare dei patriarchi e dei monaci.

I veri vincitori della crisi iconoclasta sono i monaci, che formano un vero e proprio partito, che non esita a contestare l'autorità imperiale. Per il loro alto numero e la loro presenza in tutti gli abiti della popolazione, esercitano un grande influsso sul popolo e sull'opinione pubblica. Con il loro ascetismo e il rifiuto del mondo, costituiscono un ideale di vita per il popolo, che li considera i veri mediatori con Dio. Sempre più frequentemente, è tra i monaci che verranno scelti i Patriarchi di Costantinopoli.

La crisi iconoclasta

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Iconoclastia e Concilio di Nicea II

Nel corso del VII secolo si sviluppa l'iconoclastia, ossia una reazione e un rifiuto del culto delle immagini (icone in greco). È un culto che si manifesta in diversi modi: dall'accensione di una lampada alla prosternazione davanti alle immagini, fino ad arrivare a considerarle sacre in se stesse.

Le prime misure iconoclaste sono prese nel 725 dall'imperatore Leone III, quando sostituisce il patriarca di Costantinopoli Germano con Anastasio, fedele all'iconoclastia. Ma con il nuovo Imperatore, Costantino V, la dottrina iconoclasta diventa dottrina ufficiale dell'impero, ed inizia la persecuzione. I maggiori oppositori (gli iconoduli, favorevoli al culto delle immagini) sono i monaci, che a Costantinopoli sollevano il popolo. Con l'imperatrice Irene si ha una reazione opposta: essa convoca un concilio che, nel 786-787, ristabilisce il culto delle immagini. La lotta riprende nell'815 quando il nuovo Imperatore Leone V ritorna all'iconoclastia, ma deve subire una dura reazione, condotta soprattutto da Teodoro lo Studita. Solo con la morte dell'imperatore Teofilo, nell'845, viene definitivamente ristabilito il culto delle immagini.

La conversione degli Slavi

Nel corso del VI secolo la penisola balcanica è invasa da tribù slave pagane. La conversione al cristianesimo di queste tribù si compie in diverse tappe ed è accompagnata da frizioni con la Chiesa occidentale.

Nell'862 Rotislav, principe della Grande Moravia, chiede ai Bizantini di inviargli alcuni preti per formare una chiesa locale. Il patriarca Fozio gli invia due fratelli, Cirillo e Metodio, originari di Tessalonica, che conoscevano il mondo slavo perché di ascendenza slava per via di madre. Cirillo mette a punto il primo alfabeto slavo, il glagolitico. La loro missione è un successo. Agli inizi essa è sostenuta dal papa di Roma; ma ben presto si inimicano i partigiani dell'uso delle tre lingue (che ammettevano solo l'uso del greco, del latino e dell'ebraico come lingue liturgiche), e soprattutto alcuni vescovi franchi, che temevano che la regione passasse dall'influenza politica germanica a quella bizantina. Dopo la morte dei due fratelli, i loro successori furono cacciati dalla Grande Moravia.

I Bulgari, la cui élite era di origine turca dall'Alto Volga dove esisteva una Bulgaria musulmana dal 920 d.C., nemici di lunga data dei Bizantini, si convertono al cristianesimo nello stesso periodo. Nell'866, il khan bulgaro Boris I]] (852-889) è battezzato, e con lui tutto il suo popolo. Agli inizi la Bulgaria esita tra Roma e Costantinopoli; alla fine, accetta usi, costumi e tradizioni liturgiche di Bisanzio. La stessa sorta tocca ad altre tribù slave, stanziatesi nell'attuale Serbia. Così avviene che proprio nei Balcani inizia a crearsi una nuova frontiera, che divide mondo cristiano ortodosso orientale, e mondo cristiano cattolico occidentale.

Un altro avvenimento capitale è la conversione al cristianesimo dei Russi. La principessa Olga, moglie del principe di Kiev, Igor, era già convertita intorno alla metà del X secolo, ma il suo battesimo fu confermato a Costantinopoli intorno al 945. Nel 989 suo nipote, il principe Vladimiro I di Kiev, preoccupato di rendere più solido il suo potere, negozia con i Bizantini il suo battesimo, quello dei suoi popoli e un matrimonio diplomatico con la sorella dell'Imperatore Basilio II, principessa Anna. Così da questo momento la Russia passerà sotto l'influenza bizantina fino al crollo di Bisanzio nel XV secolo e diventando sua erede con Giovanni IV detto il Terribile (Mosca Terza Roma).

Nel corso del X secolo il re di Polonia Mieszko I, quello di Ungheria Vajk, che col battesimo prende il nome di Stefano (Istvan) nel 1001 e sarà fatto santo, e Borivoj I di Boemia, sposo di [Santa Ludmila]] e nonno di San Venceslao, si convertono al cristianesimo, portando con loro nella conversione tutti i rispettivi popoli. Questi nuovi popoli oscilleranno fra l'influenza occidentale (dell'Impero Franco e del Papato di Roma) e Costantinopoli.

Così le due sfere di influenza, del Sacro Romano Impero Germanico e dell'Impero Bizantino, determinano, da nord a sud dell'Europa, una frontiera religiosa e culturale in certo qual modo ancora oggi esistente.

I rapporti tra il papato di Roma e le Chiese d'Oriente

La storia dei rapporti tra il papato di Roma e le Chiese d'Oriente è comprensibile solo se si tiene conto del contesto di forte rivalità, che coinvolse le persone e le sedi patriarcali ed episcopali. Quattro sono le tappe principali:

  • La prima grave crisi tra papato di Roma e Costantinopoli avviene con la lotta iconoclasta, di cui abbiamo accennato sopra.
  • Una seconda crisi scoppia nel IX secolo, in occasione della deposizione del patriarca Ignazio e della nomina come suo successore di Fozio, inizialmente non riconosciuto da Roma. In occasione di questa diatriba, viene evocata per la prima volta la questione del Filioque.
  • La più grave crisi, tuttora esistente, fu il Grande Scisma del 1054, quando il legato papale Umberto di Silvacandida e il patriarca Cerulario si scomunicarono a vicenda.
  • Infine, ciò che segnò profondamente le coscienze e, se possiamo dire, sancì definitivamente la divisione tra Occidente ed Oriente cristiano, furono le Crociate, che portarono ad uno scontro aperto tra latini e greci e al sacco di Costantinopoli del 1204. Malgrado alcuni tentativi di riconciliazione al secondo Concilio di Lione (1276) e al Concilio di Firenze (1439), falliti in quanto semplici mosse politiche non riconosciute dalla gerarchia ortodossa, le due chiese si estraniarono sempre più l'una dall'altra. Bisognerà aspettare il 1964, quando papa Paolo VI e il patriarca ecumenico di Costantinopoli Atenagora si scambieranno reciproci saluti e, dopo nove secoli, aboliranno le rispettive scomuniche.

La Chiesa ortodossa dal 1054 alla caduta di Constantinopoli

L’Occidente cristiano

La Chiesa d'Occidente dai Carolingi al feudalesimo

A metà dell'VIII secolo, il papato e i Carolingi intessono delle relazioni che si riveleranno vantaggiose per le due parti e cariche di conseguenze per la storia dell'Occidente europeo. Su richiesta di Pipino il Breve, Papa Zaccaria con una lettera appoggia Pipino e da il suo sostegno morale per l'eliminazione della dinastia dei Merovingi. Pipino si fa consacrare re ed, in cambio, su richiesta di papa Stefano II manda due spedizioni militari in Italia (nel 754 e nel 756) per sconfiggere i Longobardi che minacciano Roma. In queste circostanze si afferma per la prima volta un’autorità politica del Vescovo di Roma su un territorio, non ben precisato ancora nei suoi limiti, ma che si estende oltre l'ex capitale dell'Impero Romano. Questa alleanza con la nuova dinastia dei Franchi si fa ancora più marcata con il figlio di Pipino, Carlo Magno, che sancisce definitivamente i limiti del territorio di quello che sarà lo Stato Pontificio, e soprattutto estende la liturgia romana su tutti i territori del suo nuovo impero e sugli Stati satelliti (eliminando in questo modo le peculiarità liturgiche locali).

Il Saeculum obscurum

L’espressione saeculum obscurum fu coniata da Cesare Baronio negli Annales Ecclesiastici per caratterizzare come cupo e disastroso il periodo della storia del Papato che va dall'880 circa (vale a dire dalla fine dell'impero carolingio) al 1046 (cioè l'inizio della riforma gregoriana).

E’ un periodo caratterizzato dalla elezione di 48 papi (con una media di circa un Papa ogni tre anni e mezzo), anche se non tutti si caratterizzarono come figure negative: infatti alcuni furono, individualmente, uomini degnissimi, come Benedetto IV (900-903) ed un certo numero di pontefici dell'epoca degli Ottoni (dopo il 962). Ma, nel complesso, l'immagine offerta dall'episcopato romano di questo periodo non fu affatto adeguata all'importanza universale del papato. Esso era ormai arrivato ad una fase tale di decadenza da sembrare un vescovato territoriale ed insieme divenne oggetto di aspre lotte scatenate dagli interessi politici della nobiltà romana.

Con Sergio III (904-911) arrivò al potere a Roma il partito dei Tuscolani, guidato da Teofilatto, il quale per alcuni decenni, insieme alla moglie Teodora e alle figlie Teodora e Marozia e al figlio di quest’ultima, fu di fatto il vero il padrone di Roma e del papato.

In questo periodo, per la prima volta, un Papa cambiò il proprio nome: il nipote di Marozia, Ottaviano, assunse nel 955 il nome di Giovanni XII.

La complessità dei rapporti tra Chiesa e Stato nel XI-XII secolo

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Riforma gregoriana

Il Saeculum obscurum (X secolo) è il punto più basso toccato dal papato in tutta la sua storia; il papa perde il prestigio in tutta la cristianità e diventa un burattino nelle mani delle famiglie aristocratiche di Roma. Inoltre l'insieme del mondo religioso occidentale è sottomesso al sistema feudale, che considera i monasteri e le diocesi, i titoli di abate e vescovo come semplici titoli da trasmettere in eredità, come beni di famiglia. Si sente oramai la necessità di una riforma completa della Chiesa. Come all'epoca di Costantino, sono gli imperatori germanici a prendere in mano l'iniziativa, per dare avvio a quella che, nella storia, verrà chiamata Riforma gregoriana dal nome del papa più autorevole e deciso nella riforma, Gregorio VII (XI secolo).

Il programma di riforma di papa Gregorio VII è elaborato nel Dictatus Papae, ove afferma il principio del primato del papa di Roma e del potere spirituale sull'Imperatore e il potere temporale. Spetta al papa, e non all'imperatore, nominare o deporre vescovi. In questo modo il papa entra in conflitto con l'imperatore Enrico IV in quella che è chiamata la Lotta per le investiture. La disputa, che vedrà scomuniche e deposizioni, penitenze (umiliazione di Canossa) e ritrattazioni, si concluderà con i successori dei due contendenti, papa Callisto II e l'imperatore Enrico V, che ne 1122 a Worms raggiungono un compromesso: al papa spetterà l'investitura spirituale, mentre l'Imperatore si riserva l'investitura temporale dei vescovi e degli abati.

Il conflitto riprende a metà del XII secolo, e vede l'opposizione del papa Alessandro III con l'imperatore Federico Barbarossa, che, sconfitto dai Comuni in Lombardia dovrà rinunciare alle sue pretese.

Apogeo della società cristiana occidentale nel XIII secolo

Il complesso rapporto tra Chiesa e Impero trova il suo culmine con il XIII secolo, sotto il pontificato di Innocenzo III. Costui concepisce la funzione del papato in un modo elevato. Sul piano spirituale, la sua autorità è senza paragoni e si esercita su tutta la cristianità occidentale attraverso i legati pontifici. Sul piano temporale, egli distingue tra l'auctoritas, che è propria del papa, e la potestas che i sovrani ricevono dal papa. Infatti, per diritto divino, il papa ha ricevuto direttamente da Dio i due poteri (raffigurati come due spade), ed è solo per sua benevolenza che concede il potere temporale all'imperatore, che lo governa in nome del papa.

Le lotte tra papato e impero proseguono con alterne vicende. Il papa trova modo di ingerirsi nelle vicende interne dell'impero e degli stati nascenti (soprattutto Francia). La sconfitta definitiva della casa regnante degli Hohenstaufen tedeschi e il riconoscimento del primato del papa da parte dell'imperatore bizantino Michele VIII Paleologo (al Concilio di Lione II nel 1274) sembrano decretare la vittoria definitiva del papato, ma sono successi di breve durata. L'unione con i bizantini è rigettata alla morte di Michele VIII Paleologo, e le continue ingerenze papali negli affari di stato irritano non poco i sovrani, ed in particolare il re di Francia Filippo il Bello, che inizia una nuova e lunga querelle con il papato di Roma, ed in particolare con Bonifacio VIII.

Monachesimo e vita religiosa

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Monachesimo

Nel Medioevo il monachesimo divenne uno «stato» ecclesiale e sociale stimato e determinante, che svolse in maniera monopolistica molti compiti importanti per la vita pubblica.

Sotto il profilo ecclesiale e spirituale, i monasteri funsero da struttura ecclesiale accanto alla parrocchia, tanto potente da intaccare il potere dei vescovi. I monasteri medievali furono centri economici, specie di aziende agricole con esteso potere. Inoltre la diversa specializzazione dei monaci portava il monastero a godere di ampia autonomia in campo di previdenza, di medicina, di formazione scolastica. In alcuni casi i monasteri erano delle vere e proprie fortezze militari, come rifugio e punto di appoggio.

Le riforme monastiche dei secoli X e XI

Nel pieno del Saeculum obscurum, quasi per compensazione, sorsero una serie di centri monastici che esercitarono una straordinaria autorità morale sulla cristianità.

Il principale di essi fu Cluny, che ebbe la fortuna di avere abati longevi e validi: Bernone (910-927), Maiolo (948-994), consigliere dell'Imperatore Ottone III, Odilone (944-1048), Ugo (1049-1109), padrino dell'Imperatore Enrico IV e mediatore nella lotta delle investiture; infine Pietro il Venerabile (1122-1157), contemporaneo di San Bernardo di Chiaravalle.

Altri centri di riforma e di moralità furono le abbazie di Gorze (vicino a Metz), Hirsau, San Vittore di Marsiglia, Sant'Emmeram di Ratisbona, San Massimino di Treviri.

Le nuove fondazioni eremitiche e monastiche dei secoli XI e XII

Quasi contemporaneamente alla Riforma gregoriana, anche il paesaggio religioso e monastico fu percorso da diversi movimenti.

  1. Il movimento eremitico toscano. San Romualdo (950-1027), nobile di Ravenna, fondò la comunità eremitica di Camaldoli, vicino ad Arezzo e un gran numero di eremitaggi in altre parti d'Italia. La sua idea madre era di unire il cenobitismo con l'eremitismo. La vita monastica comunitaria di « fondovalle » doveva costituire il presupposto spirituale, pedagogico ed economico per gli eremiti abitanti sulle « alture ». Dal monastero di Camaldoli uscirono santi riformatori come Pier Damiani e Giovanni Gualberto (990-1073), che fondò una comunità eremitica a Vallombrosa, vicino a Firenze.
  2. Certosini. Brunone di Colonia (1032-1101), già canonico nella sua città e maestro della scuola del capitolo di Reims, visse per un certo periodo vicino a Roberto di Molesme, futuro fondatore di Citeaux. Nel 1084 fondò la Grande Certosa. I monaci vivevano in piccole casette, dove pregavano, studiavano e svolgevano il loro lavoro domestico (per lo più il giardinaggio). In comune questi monaci avevano le grandi celebrazioni liturgiche e i pasti. Vigeva come grande regola quella del silenzio, l'obbligo di una rigorosa mortificazione e una severa contemplazione.
  3. Cistercensi. Nel 1098 Roberto di Molesme, assieme ad altri due santi, Alberico e Stefano, fondò il monastero di Citeaux presso Digione. Con l'intento di uscire dal quadro del monachesimo tradizionale e dalle usuali forme economiche e di governo, essi assunsero l'osservanza stretta della lettera della regola ed un forte rigorismo ascetico, vivevano strettamente del lavoro delle proprie mani (nel senso che non accettavano offerte di alcun genere, né chiedevano tasse), fecero proprie semplicità e purezza nell'architettura, nella vita e nella liturgia. Così i Cistercensi furono in sostanza monasteri di contadini, per il cui lavoro istituirono i fratelli laici (chiamati conversi) reclutando tra la popolazione contadina. Tra i più grandi e riconosciuti Cistercensi troviamo soprattutto Bernardo di Chiaravalle, che estese l'organizzazione di Citeaux a tutta la cristianità. Alla sua morte nel 1153 l'ordine contava 350 abbazie. Nel 1300 erano più di 700.
  4. Premonstratensi. San Norberto di Xanten (1080-1134) fondò l'Ordine dei Premonstratensi e successivamente divenne arcivescovo di Magdeburgo. Caratteristica di questo ordine era la predicazione itinerante. E come i Cistercensi prendevano come modello gli Apostoli, così i Premonstratensi avevano come loro modello l'apostolo Paolo. Nel loro peregrinare apostolico trovavano simpatia e accoglienza e ben presto alcune donne si unirono a loro. In questo modo i loro monasteri erano doppi, maschili e femminili (come per es. a Fontevrault). Il pericolo che la missione itinerante potesse portare all'eresia, spinse il Vescovo di Laon ad offrire a Norberto il monastero di Prémontré, che, oltre a dare il nome al nuovo ordine, divenne il centro del nuovo movimento monastico.
  5. Canonici Agostiniani. Già dai tempi di Carlo Magno erano chiamati canonici regolari quei sacerdoti di vita apostolica (dunque non monaci) che avevano la vita, l'abitazione e la mensa in comune, avevano una forma comune di abbigliamento, pregavano assieme e seguivano una regola, quella di Sant'Agostino. In genere i canonici erano preti secolari, dunque non monaci, che officiavano insieme nelle cattedrali, formando il cosiddetto capitolo delle cattedrali. Sulla spinta delle riforme del XI e XII secolo, molti capitoli delle cattedrali furono riformati, nel senso che vennero regolati sulla regola di Sant'Agostino. Altri vennero fondati col medesimo presupposto. I principali centri riformati di canonici regolari furono soprattutto in Germania, a Salisburgo, a Passau, a Frisinga. Un importante centro culturale fondato dai canonici regolari fu la Scuola di San Vittore a Parigi.

Gli Ordini mendicanti

I quattro grandi Ordini mendicanti del Medioevo furono i Domenicani, i Francescani, i Carmelitani e gli Eremitani agostiniani. Alcuni storici (H. Grundmann) vedono negli Ordini mendicanti il corrispettivo ecclesiale delle tendenze eterodosse del Movimento pauperistico dei secoli XII e XIII.

  1. I Domenicani fondati da Domenico di Guzman (1170-1221).
  2. I Francescani fondati da Francesco d'Assisi (1181-1226).
  3. I Carmelitani furono fondati da Bertoldo di Calabria (morto nel 1195), che radunò sul Monte Carmelo, in Terra Santa, una colonia di eremiti, cui, nel 1207, il patriarca di Gerusalemme diede una regola, poi confermata dal Papa. Quando gli Stati crociati tramontarono, i Carmelitani si ritirarono in Europa e si trasformarono in un ordine mendicante, con l'opera di San Simone Stock (1165-1265). Con i riformatori spagnoli del XVI secolo, Teresa d'Avila e Giovanni della Croce, l'ordine assunse un singolare dosaggio di vita contemplativa e di spirito apostolico.
  4. Gli Eremitani agostiniani. Questo ordine deriva dall'azione del cardinale Riccardo Annibaldi e di papa Alessandro IV (1254-1261), che con la bolla Licet Ecclesiae catholicae del 1256 unirono d'autorità gruppi già esistenti di eremiti in un ordine costituito sul tipo di quello dei mendicanti e nell'ambito della tradizione agostiniana.

Il risveglio religioso del XII secolo

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Movimenti ereticali medievali, Riforma spirituale medioevale e Inquisizione medievale

Le riforme monastiche dei secoli X-XI avevano già manifestato l'esigenza di ritornare alla povertà della Chiesa primitiva. La vita apostolica era strettamente connessa all'ideale di una vita povera di predicatore itinerante, conforme all'esempio offerto da Cristo e dai suoi apostoli. Questo desiderio, per l'influenza esercitata dal movimento crociato, favorì lo sviluppo di un vasto movimento popolare che ben presto si estese a tutto l'Occidente. L'immagine del Salvatore povero s'impresse nell'animo non solo di coloro che erano ritornati dalla Terra Santa, ma anche in chi era restato nel proprio paese e incitò gli uni e gli altri alla imitazione di Cristo. Si volle conoscere meglio il Vangelo. Monaci e chierici si dedicarono alla lettura della Sacra Scrittura; ma anche semplici laici, che desideravano ardentemente imparare a conoscere dalla Bibbia la vita di Cristo e degli apostoli, si riunirono in piccoli gruppi per ricevere insegnamenti e spiegazioni del testo sacro. Il popolo cristiano era addirittura affamato della Parola di Dio e spesso non esitava ad affrontare lunghi viaggi per ascoltare grandi predicatori come Bernardo di Chiaravalle.

In verità, era evidente il contrasto esistente fra la vita povera di Gesù Cristo e la Chiesa istituzionale del tempo. La Chiesa feudale del medioevo era ricca non solo in Germania – ove i vescovi erano principi – ma anche in Francia, in Inghilterra e in Italia. Ovunque i vescovati erano in mano di nobili o di potenti. Il clero determinava la vita spirituale ed era intimamente legato ai signori feudali.

E mentre nella società andava sorgendo una classe borghese, nella Chiesa cominciò a destarsi la coscienza del laicato, il quale volle formarsi un'opinione personale sui problemi religiosi e perciò ricorse alla Bibbia. La Chiesa non in tutti i casi ha saputo far proprie queste tendenze religiose e alcune di queste si sono rivolte contro di essa.

Bibliografia
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  • AA.VV., Problemi di storia della Chiesa. L'Alto Medioevo, Vita e Pensiero, Milano 1973
  • AA.VV, Storia della Chiesa cattolica, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo 1989, pp. 265-469
  • Marc Bloch, La società feudale, Einaudi, Torino 1987.
  • Georges Duby, L'anno Mille, Einaudi, Torino 1976
  • Giorgio Fedalto, Le Chiese d'Oriente. Da Giustiniano alla caduta di Constantinopoli, Jaca Book, Milano 1984
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  • H. Grundmann, Movimenti religiosi nel Medioevo, Il Mulino, Bologna 1974
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  • G. Ostrogorsky, Storia dell'impero bizantino, Einaudi, Torino 1968
  • W. Ullmann, Il papato nel Medioevo, Laterza, Roma-Bari 1975
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Collegamenti esterni