Beato Carlo Spinola
Beato Carlo Spinola, S.J. Presbitero | |
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Beato | |
Età alla morte | 58 anni |
Nascita | Praga o Genova 1564 |
Morte | Nagasaki 10 settembre 1622 |
Vestizione | 1584 |
Ordinazione presbiterale | Milano, 1594 |
Iter verso la canonizzazione | |
Venerato da | Chiesa cattolica |
Beatificazione | 7 luglio 1867, da Pio IX |
Ricorrenza | 10 settembre |
Collegamenti esterni | |
Scheda su santiebeati.it |
Nel Martirologio Romano, 10 settembre, n. 10:
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Beato Carlo Spinola (Praga o Genova, 1564; † Nagasaki, 10 settembre 1622) è stato un sacerdote e missionario italiano della Compagnia di Gesù.
Biografia
Carlo Spinola, figlio di Ottavio dei conti di Tessarolo, trascorse la sua giovinezza, ospite dello zio Filippo vescovo di Nola, entrato giovane nella Compagnia di Gesù fu inviato come missionario in Giappone per 20 anni, fu procuratore generale della provincia e vicario generale dell'Episcopato giapponese. Arrestato in odio alla fede, rimase in carcere per quattro anni e subì il martirio del rogo a Nagasaki il 10 settembre 1622.
La scelta
A 20 anni, saputo del martirio del gesuita beato Rodolfo Acquaviva in India, entrò in crisi d'identità, che sfociò nella scelta di entrare nella Compagnia di Gesù (21 dicembre 1584). Fece il noviziato a Napoli ed a Lecce, sotto la guida di san Bernardino Realino, ebbe come compagno di studi san Luigi Gonzaga, compì gli studi filosofici e teologici venendo ordinato sacerdote nel 1594 a Milano.
Il primo tentativo di andare in Giappone
Due anni dopo nel 1596, nonostante la contrarietà della famiglia, chiese ed ottenne di partire per le Missioni in Giappone, partì il 10 aprile, ma il viaggio ebbe una sorte avventurosa, una tempesta lo portò sulle coste del Brasile e poi venne imprigionato dagli inglesi che lo trasferirono in Inghilterra.
L'arrivo a Nagasaki
Ritornato libero a Lisbona, ripartì con un compagno Angelo de Angelis per il Giappone, dove giunse a Nagasaki nel 1602 dopo un viaggio altrettanto tormentato per una grave malattia che lo colpì e dopo aver toccato i porti di Goa e Macao. Per 11 anni, dopo averne impiegato alcuni ad apprendere la lingua locale, operò un intenso apostolato nelle regioni di Arie e Meaco, istituendo una efficace scuola di catechisti e convertendo battezzandoli circa cinquemila giapponesi.
Attività missionaria
Fu nominato procuratore della provincia gesuitica e poi vicario del padre Provinciale Valentino Carvalho nel 1611. Allo scoppio della persecuzione contro i cristiani del 1614, dovette vivere in clandestinità sotto falso nome, non ubbidendo all’ordine di espulsione e cambiando in continuazione il domicilio per non essere scoperto.
La clandestinità
Espletava la sua missione sacerdotale di notte, girando nelle case dei cristiani, confessando, insegnando e celebrando la Messa; finché dietro una segnalazione fu sorpreso il 14 dicembre 1618, insieme ad un catechista Giovanni Kingocu e ad un altro cristiano Ambrogio Fernándes, nella casa di Domenico Jorge, il quale morirà martire un anno dopo, mentre sua moglie Isabella e suo figlio Ignazio, vennero arrestati ed imprigionati insieme a padre Carlo Spinola e gli altri.
La persecuzione dei cristiani
Trascorse quattro lunghissimi anni in una prigione, che chiamarla così era un lusso, in condizioni disumane, insieme ad altre vittime della persecuzione scatenata dallo ‘shogun’ Ieyasu e dai suoi successori; la causa era da ricercarsi nella gelosia dei numerosi bonzi buddisti, che minacciavano la vendetta degli dei locali, negli intrighi dei calvinisti olandesi i quali avevano timore per un eccessivo influsso della Spagna e Portogallo di cui i missionari erano ritenuti emissari; si calcola che nel 1614 allo scoppio di questa persecuzione, i cristiani giapponesi fossero diventati circa trecentomila.
Questa persecuzione durò per molti decenni facendo numerosissime vittime fra i missionari europei e fra gli stessi fedeli, la cui comunità venne quasi completamente distrutta. Ai prigionieri come Carlo Spinola, non venne concessa che una sola coperta e nient'altro, nel carcere di Suzuta, sopra una vetta di montagna, esposti a tutti i venti, dandogli come cibo un po' di riso e due sardine, giusto per tenerli in vita ma senza soddisfare la fame.
Il padre gesuita, nonostante fosse affetto da varie malattie, fu di conforto ai suoi compagni di prigionia appartenenti anche ad altri Ordini religiosi, accolse nella Compagnia di Gesù, in quelle condizioni, quattro catechisti giapponesi.
Il martirio
Agli inizi di settembre 1622 fu preso insieme ad altri 23 compagni di prigionia e condotto a Nagasaki, per ordine del governatore Gonrocu. Lì, uniti ad altri prigionieri provenienti dalle locali carceri, furono messi a morte; il 10 settembre 1622 ne furono arsi vivi sulle colline 22 e altri 30 decapitati.
Anch'egli fu bruciato vivo, ma per le sofferenze che già l'avevano debilitato morì per primo.
Prima di morire, rivolgendosi ai magistrati giapponesi, dichiarò che la sua presenza in Giappone era dettata solo dall'amore di annunciare il Vangelo; salutò la vedova Isabella e il figlio Ignazio da lui battezzato, che stavano subendo il martirio insieme a lui e intonò un canto di lode a Dio.
Le sue ceneri furono disperse in mare.
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