Certosa di Santa Maria in Valle Pesio (Chiusa di Pesio)

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Certosa di Santa Maria in Valle Pesio
ChiusaPesio CertosaPesio complesso.jpg
Chiusa di Pesio, Certosa di Santa Maria in Valle Pesio, complesso monastico
Altre denominazioni Certosa di Pesio
Stato bandiera Italia
Regione Stemma Piemonte
Regione ecclesiastica
Regione ecclesiastica Piemonte
Provincia Cuneo
Comune Chiusa di Pesio
Località San Bartolomeo
Diocesi Cuneo
Religione Cattolica
Indirizzo Loc. San Bartolomeo
12013 Chiusa di Pesio (CN)
Telefono +39 0171 738123
Fax +39 0171 738284
Posta elettronica certosa@consolata.net
Sito web Sito ufficiale
Proprietà Missionari della Consolata
Oggetto tipo Certosa
Dedicazione Maria Vergine
Sigla Ordine fondatore O.Cart.
Sigla Ordine qualificante O.Cart.
Sigla Ordine reggente I.M.C.
Fondatore Ulderico da Casale
Data fondazione 1173
Architetto Giovenale Boetto (ristrutturazione del XVII secolo)
Inizio della costruzione XII secolo
Soppressione 16 agosto 1802
Altitudine 859 s.l.m.
Utilizzazione Casa di spiritualità e noviziato
Coordinate geografiche
44°14′27″N 7°39′43″E / 44.240826, 7.661843 Stemma Piemonte
Mappa di localizzazione New: Piemonte
Certosa di Pesio
Certosa di Pesio
Chiusa di Pesio
Chiusa di Pesio
Cuneo
Cuneo

La Certosa di Santa Maria in Valle Pesio, comunemente nota come Certosa di Pesio, è un complesso monastico situato alle pendici del monte Mindino nel comune di Chiusa di Pesio (Cuneo): dopo aver ospitato un monastero certosino, il complesso è attualmente affidato ai Missionari della Consolata.

Storia

Dalle origini al Medioevo

Certosa di Santa Maria in Valle Pesio, prospetto occidentale

Le fonti storiche attestano che la fondazione della certosa avvenne nel 1173, a seguito di una donazione dei signori di Morozzo, feudatari della zona per conto del vescovo di Asti, dei terreni situati nell'alta Valle del Pesio al monaco certosino Ulderico da Casale, proveniente probabilmente dalla casa madre la Grande Chartreuse. Nell'atto si legge:

« Tutti questi Signori di Morozzo, con tutto il popolo di Chiusa,[1] fecero donazione in mano di Ulderico, priore dell'Ordine Certosino, delle terre che giacciono nella parte montuosa del villaggio detto Chiusa site nel luogo denominato Ardua, dai rivi Alma e Crovera fino alle cime dei monti e dall'una e l'altra parte del fiume Pesio, terreno colto, incolto e boschivo (...), allo scopo di edificarvi un chiostro e una chiesa in onore di Santa Maria Vergine e San Giovanni Battista a vantaggio e sostentamento di tutti coloro che ivi avrebbero servito e per farsi merito innanzi a Dio e per la remissione dei propri peccati e di quelli dei loro antecessori. »

I monaci nel 1173 presero quindi possesso di una vasta area montana, isolata, in linea con il loro desiderio di condurre una vita il più possibile appartata e silenziosa.

Il primo insediamento dei certosini era localizzato sulla sponda sinistra del torrente Pesio, dove furono edificate le celle per i religiosi, alcuni locali di servizio e un oratorio; il tutto delimitato da una cinta muraria in pietra. La zona stretta tra la montagna e l'erto argine del Pesio non era però il sito ideale per l'edificazione di una "grande certosa", così poco tempo dopo la costruzione della correria, Ulderico da Casale - fondatore e primo priore del monastero, dal 1173 al 1199 - individuò come luogo adeguato per costruirvi un grande cenobio la sponda destra del torrente dove, fra lo sbocco di due valloni contigui, vi era un pendio non troppo ripido in parte roccioso e in parte ricoperto da un fitto bosco. Il lavoro non fu certo agevole; dapprima venne gettato un piccolo ponte in pietra per superare il Pesio, quindi, dopo aver abbattuto la vegetazione e livellato il terreno, furono costruite una chiesa, le celle dei monaci e alcuni locali di servizio. Terminati i lavori di costruzione del nuovo monastero, la correria[2] venne adibita a sede dei conversi.

L'edificazione della certosa non fu casuale, poiché la scelta del sito rispondeva ad alcune precise caratteristiche: la vicinanza con la Grande Chartreuse e la sua collocazione lungo un'importante via di comunicazione che collegava la casa madre di Grenoble all'Italia, fino alla Calabria dove san Bruno di Colonia, aveva fondato nel 1091 il primo monastero certosino; la prossimità con il cenobio di Casotto, fondato nel 1171, ormai considerato inadeguato nella struttura per il crescente numero dei monaci, oltre quello permesso dalla primitiva consuetudine dell'Ordine (non più di dodici), aveva costretto il priore di Casotto a pensare a un altro monastero non troppo lontano, per uno smembramento della comunità e la costruzione di una nuova sede, più ampia, immersa nel silenzio e nella solitudine che erano sempre state le caratteristiche indicate dal fondatore.

Entro la fine del XII secolo, i monaci avevano già consolidato un discreto patrimonio fondiario. Seguendo un modello tipicamente certosino i possedimenti vennero organizzati in modo bipolare: in pianura si estendevano le terre destinate ai seminativi e i prati per la produzione di foraggio, mentre a monte, nell'area alpina, si collocavano i castagneti e i pascoli d'altura, sfruttati per la transumanza estiva del bestiame. Le acquisizioni di terre proseguono nel XIII secolo a un ritmo crescente, anche grazie alla delibera del capitolo generale del 1216 che autorizzò l'ampliamento delle proprietà della Certosa, sebbene le consuetudini dell'Ordine Certosino originariamente imponessero un limitato possesso di terreni.

Nel corso dei secoli, il monastero raggiunse, tramite acquisti e donazioni, un notevole patrimonio fondiario, che i certosini organizzarono attraverso le grance (aziende agricole), dirette da un converso detto grangerius, che ben presto divennero veri e propri centri economici, fiorenti e autonomi, dove furono introdotte tecniche agricole razionali e innovative. I monaci svilupparono l'agricoltura grazie alla bonifica e coltivazione dei terreni circostanti, fino ad allora incolti e particolarmente impervi, contribuirono alla costruzione delle vie di comunicazione e alla salvaguardia del patrimonio boschivo (oggi Parco naturale del Marguareis), introdussero l'apicoltura, incrementarono l'allevamento del bestiame, immettendo nuove varietà di pecore dalla Francia e dalla Spagna, migliorarono la produzione dei formaggi ed eressero dei mulini, delle segherie e una celebre scuola d'intarsio.

All'inizio del XIV secolo il monastero e la chiesa furono ampliati e resi più funzionali grazie ai consistenti lasciti della nobildonna Audisia Mazzavacca, che aveva due figli monaci certosini, uno dei quali divenne anche priore della Certosa.

La comunità monastica, inoltre, allargò sempre più la propria giurisdizione e le proprie prerogative signorili che gli garantivano un ambito territoriale in cui agire senza alcuna limitazione. Nel tempo però questo portò a forti scontri tra i monaci e i chiusani che, nonostante le ripetute condanne e scomuniche, continuarono a rivendicare l'uso dei terreni dell'alta valle per tagliare legna, pascolare e pescare in quelle che erano le pertinenze del monastero senza alcun permesso. I contrasti, nei casi più gravi, sfociarono in irruzioni nel cenobio, provocandone a più riprese anche la parziale distruzione e in razzie dei beni dei religiosi. Tanto che, nel 1342 l'Ordine certosino esasperato dalla situazione d'incertezza generalizzata, decretò la soppressione e l'abbandono della Certosa. Nel 1428 però i monaci incoraggiati dalla monarchia sabauda, con la quale intrattennero sempre ottimi rapporti, rientrarono nel monastero, attuando un complessivo restauro e ripristino della struttura e riprendendo possesso dei loro territori.

Nei decenni successivi la Certosa, al fine di mantenere un buon rapporto con i valligiani, gli fece una serie di importanti concessioni. Nel 1509, tuttavia, la rivolta popolare si riaccese per una controversia sui possedimenti dell'odierna località di San Bartolomeo (all'epoca disabitata), trovandosi questa sui confini fra la proprietà del cenobio e quella del Comune. La disputa provocò l'irruzione dei chiusani nelle pertinenze del monastero che furono gravemente devastate e date alle fiamme, alle quali si aggiunsero minacce, maltrattamenti e il ferimento di alcuni monaci, tanto che il duca Carlo II di Savoia (1486-1553) inviò le proprie truppe per sedare la rivolta e i commissari per restituire i beni sottratti alla comunità religiosa.

Nella prima metà del XV secolo nella Certosa visse e vi fu sepolto un'importante figura dell'Ordine, noto per santità e dottrina: il beato Antonio Cocq (1390-1458).

Dal Seicento a oggi

Tra il XVI e il XVIII secolo, la Certosa giunse all'apice, godendo per tre secoli di un periodo di grande floridezza e prosperità, attirando studiosi e pellegrini, principi e artisti, tra cui Vittorio Amedeo I di Savoia e la consorte Maria Cristina, che vi furono ospiti nel 1634. Fu, infatti, proprio in questa fase che il complesso monastico ebbe anche un grande sviluppo costruttivo e decorativo: nel XVI secolo il nucleo principale venne sopraelevato e ingrandito, sulla primitiva chiesa ne fu costruita una nuova, consacrata nel 1599 e realizzato un secondo chiostro più ampio e imponente del precedente; verso la metà del XVII secolo fu profondamente ristrutturato su progetto dell'architetto Giovenale Boetto (1604-1678), grazie al quale assunse l'aspetto monumentale che, pur con le gravi mutilazioni successive, permane tuttora; nel corso del XVIII secolo venne arricchito con numerose e pregevoli opere d'arte.

Monastero di Klosterneuburg (Vienna), Veduta della Certosa di Pesio

Le vicende storiche che si susseguirono, portarono nel 1795 all'intrusione e devastazioni delle truppe francesi e successivamente alla definitiva soppressione del monastero a seguito del decreto napoleonico del 16 agosto 1802, mentre il 3 marzo 1803, dopo l'allontanamento dei religiosi, tutti i beni del complesso furono messi all'asta. La Certosa cadde pertanto in un lento abbandono alla quale ben presto si aggiunsero danneggiamenti alla struttura, la perdita definitiva degli arredi sacri e del patrimonio librario.

Il complesso conobbe una breve rinascita quando venne acquistato nel 1840 dal cavalier Giuseppe Avena che lo ristrutturò e recuperò, trasformandolo in un apprezzato stabilimento climatico e idroterapico che, tra la metà e la fine dell'Ottocento, diventò un luogo di villeggiatura frequentato dall'alta società italiana ed europea, durante il quale ospitò anche Camillo Benso di Cavour (1810-1861), Massimo d'Azeglio (1798-1866), Maria Clotilde di Savoia (1843-1911), Giovanni Giolitti (1842-1928) e Stendhal (1783-1842). L'impianto termale però già all'inizio del Novecento, con il mutare delle mode e delle forme di turismo, perdette progressivamente le sue attrattive e, dopo diversi cambi di proprietà, venne definitivamente chiuso nel 1915, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale.

Nel 1934 la Certosa fu acquistata dai Missionari della Consolata, che la sottoposero a un radicale e complessivo intervento di risistemazione e restauro, che tuttora vi risiedono ospitandovi un noviziato e un centro di spiritualità.

Descrizione

Il complesso è attualmente costituito da vari corpi di fabbrica, dei quali si evidenziano:

Correria

La certosa è preceduto dalla correria, che sorge circa 600 m prima del monastero sulla riva sinistra del Pesio: questa è costituita da un complesso che, ancora oggi, appare a corte, all'interno del quale sorgono una lunga manica mediana e la chiesa perpendicolare al corpo orientale, affiancata all'ingresso, formato da un grande portale ad arco a sesto ribassato, con conci alternati di pietra e mattoni, sopra al quale si aprono due monofore con al centro una croce patente, scolpita a rilievo.

Il complesso di edifici era formato da una recinzione a muro quadrangolare, che all'interno racchiudeva i fabbricati residenziali, le strutture funzionali per la gestione dell'azienda agricola (magazzini, cantine, stalle per gli animali e un orto) e la chiesa, dedicata a san Giovanni Battista: si tratta della struttura medievale della certosa meglio conservato in alzato. L'edificio, semplice e severo, ha una facciata a capanna aperta da una monofora e da unico portale sormontato da una lunetta ad arco a sesto acuto. All'interno presenta una pianta quadrangolare, con un'abside semicircolare, a navata unica coperta con una volta a botte che ha sostituito nel XVI secolo quella originale a capriate. Con ogni probabilità la correria fu la prima struttura costruita nel nuovo insediamento monastico, come era abituale presso le comunità certosine. I caratteri architettonici e le murature sembrano confermare questa tradizione e consentono di attribuire la chiesa alla fine del XII secolo.

Mulino e strutture annesse

Oltrepassata la correria si raggiunge il mulino del monastero, che sfruttava un canale derivato dalle acque del Pesio, ancora visibile sul lato opposto della strada, in alveo oggi cementificato. Sulle pareti esterne si riconoscono ancora i fori circolari per l'inserto dei rodoni (le ruote lignee azionate dall'acqua) che trasmettevano l'energia rotatoria alle macine. Dal mulino proviene anche il pregevole dipinto murale raffigurante:

A fianco un secondo fabbricato fungeva da segheria, un'attività importante per i monaci, finalizzata allo sfruttamento del legname ricavato dai boschi di altura. Oltre il torrente è ancora visibile la peschiera dei certosini, ora invasa dalla vegetazione: una grande vasca realizzata nel XVIII secolo che veniva utilizzata per allevare le trote destinate alla tavola dei monaci.

Corte d'acceso

Si accede alla certosa attraversando il torrente su un ponte seicentesco, dove si colloca il primo ingresso al monastero: una lunga manica ricostruita nel XVIII secolo che ospitava gli edifici rustici e le strutture di servizio, oggi non accessibili alla visita.

Varcato il portale arcuato si entra nella corte inferiore, delimitato sulla sinistra da un viale di tigli che conduce verso il portale maggiore della foresteria, mentre sulla destra si affacciano le strutture del lato meridionale del chiostro.

Foresteria

All'estremità opposta della corte, al termine del viale alberato, si apre il portale monumentale che consente l'accesso al monastero, dove alla metà del XVII secolo venne realizzata la foresteria, accanto alla chiesa.

Il portale, realizzato da Giovenale Boetto, presenta una notevole qualità scenografica, adeguata all'ingresso principale del monastero. Due colonne doriche sorreggono un frontone curvilineo, con una cornice di coronamento spezzata in forte rilievo, che sovrasta il fornice eseguito con pietre lavorate a bugnato liscio. Oltrepassato il portale troviamo, sulla sinistra, il locale oggi adibito ad accoglienza turistica e il cortile porticato, realizzato al centro della foresteria.

La presenza tra le mura del monastero di un settore riservato agli ospiti non sarebbe stata accettabile nel Medioevo, ma nel XVII secolo rappresentava una soluzione adeguata al nuovo stile di vita e alle relazioni sempre più frequenti che i religiosi ormai intrattenevano con il mondo esterno.

Chiesa inferiore

Dal cortile della foresteria si entra nella chiesa inferiore - semplice e sobria caratteristica delle prime fasi di vita dell'Ordine - attraverso un portale ad arco, databile alla fine del XII secolo, realizzato con conci lapidei squadrati, sormontati da una ghiera in mattoni, con decorazioni geometriche e una croce patente con piede appuntito, simbolo dei certosini. All'interno, si presenta oggi come un ambiente seminterrato, che ha mantenuto ancora leggibile il suo assetto originario ad aula unica con abside semicircolare. L'impianto seguiva i modelli dell'architettura certosina del XII secolo, che privilegiava per le sue chiese semplici strutture prive di navate e di transetto.

Certosa di Santa Maria in Valle Pesio, chiesa superiore

In età barocca la chiesa inferiore divenne un deposito di materiali e soltanto gli interventi di restauro più recenti, promossi dai Missionari della Consolata, hanno consentito di recuperare al meglio quanto rimaneva dell'edificio medievale. L'originale tessitura muraria permane riconoscibile fino a un'altezza di 2 metri circa, mentre le volte vennero realizzate nel XVI secolo, per consentire l'appoggio della chiesa superiore. In origine l'aula liturgica doveva essere invece coperta da travature lignee.

Chiesa superiore

La Chiesa dell'Assunta o superiore, edificata sulla struttura medievale, venne costruita alla fine del XVI secolo e consacrata il 29 agosto 1599 da Giovanni Antonio Castruccio, vescovo di Mondovì.

Esterno

L'edifico presenta una facciata preceduta da un nartece (portico), scandito su due livelli per consentire l'ingresso alla chiesa inferiore medievale e a quella superiore barocca. Il loggiato d'ingresso è sorretto da colonne in pietra, con un portale affiancato da due Statue di angeli, qui sistemate dai Missionari della Consolata dopo il loro arrivo alla Certosa: quello di destra proveniente dal monumento funebre di Giuseppe Avena, eretto nel 1880, mentre quello di sinistra è una copia in gesso dell'altro, eseguita da Mario Riondino nel 1937. La parte superiore della facciata, che s'innalza oltre il livello del portico, mostra un semplice profilo a capanna aperta al centro da una finestra a serliana, formata cioè da due aperture laterali architravate e quella centrale con un arco a tutto sesto.

Certosa di Santa Maria in Valle Pesio, chiesa superiore (interno)

Interno

All'interno la Chiesa, orientata (ossia con l'abside rivolto a Est), si presenta a unica navata con abside semicircolare e le pareti scandite da paraste, che sorreggono gli arconi trasversi su cui poggiano le volte lunettate. Ampie finestre rettangolari, rimaneggiate dall'intervento del Boetto, rendono luminoso l'ambiente interno.

Dopo il termine dei lavori architettonici, in età barocca si volle intervenire con un importante programma decorativo con stucchi e dipinti murali, che alterò sensibilmente la severità originaria della chiesa, che interessarono essenzialmente le pareti interne e vennero iniziati, come di consueto, dal presbiterio, proseguendo poi verso la navata. Di particolare interesse storico-artistico:

Chiostro e edifici annessi

Certosa di Santa Maria in Valle Pesio, chiostro

Varcato l'ingresso principale, per un breve viale si raggiunge, salendo a destra, l'ampio chiostro, a pianta quadrata, che era in origine circondato da un portico su tutti i lati, del quale rimangono solo il camminamento occidentale e meridionale, mentre quello settentrionale, verso la chiesa, fu interamente ricostruito nel XIX secolo e l'orientale, verso la montagna, venne demolito nel corso dei lavori di sistemazione per lo stabilimento idroterapico. I lati superstiti del chiostro presentano un portico ad archi a tutto sesto e volte a crociera, poggianti su peducci lungo le pareti e su colonne con capitelli decorati a motivi fitomorfi, zoomorfi, mascheroni, elmi, cornucopie, anfore, che si susseguono ininterrotti per tutta la sua estensione (250 metri). Le sculture, databili al 1530 circa, si devono a maestranze diverse, che operarono però all'interno di un programma decorativo unitario, riconducibili a un ambito lombardo.

All'interno del chiostro era collocato, in un recinto vicino al lato occidentale, il cimitero dei monaci, che aveva sostituito quello più antico di fronte alla chiesa.

Sul lato occidentale del chiostro si aprono alcune grandi sale ristrutturate nel XVIII secolo, che ospitano oggi il refettorio dei padri missionari, ricavato dalla sala capitolare, quello degli ospiti, le cucine e altri ambienti residenziali. In età barocca qui erano collocati gli appartamenti riservati al priore della certosa. Al centro di questo lato è inserita la Cappella del Priore, un piccolo ambiente interamente decorato con dipinti murali ad affresco databili al XVIII secolo.

Lungo il lato meridionale sono ancora percepibili gli spazi delle celle, dove i monaci trascorrevano gran parte della giornata. Seguendo la tradizione certosina le celle erano organizzate in modo seriale, collocate a pettine lungo il chiostro. Al suo interno erano suddivise in due piccoli ambienti: un primo locale era detto dell'Ave Maria, perché qui il monaco recitava gli uffici divini e un secondo, detta il cubicolo, serviva da refettorio, da laboratorio e da camera da letto. In origine i cibi venivano preparati dal religioso stesso nella cella, ma a partire dal 1276 il Capitolo generale aveva disposto che le certose si dotassero di cucine e di spazi adeguati per la preparazione comunitaria dei pasti, per questo a partire dal XIII secolo vennero introdotte nelle celle le ruote per il passaggio delle vivande, in parte ancora conservate a Pesio. All'esterno ogni cella era dotata di un orto-giardino quadrangolare, recintato e separato da un muro rispetto a quello limitrofo, dove il monaco coltivava il proprio nella solitudine e nel silenzio. Un piccolo portico era addossato al muro divisorio, aperto verso il giardino. Ogni cella era dotata, inoltre, di un camino, indispensabile nel clima rigido di montagna.

Cinta muraria

Un ultimo elemento che completa la visita alla certosa è rappresentato dalla cinta muraria che circonda interamente il monastero, ancora in parte visibile, realizzata all'inizio del XIV secolo, per difendere i religiosi dalle diverse minacce dei chiusani.

Note
  1. Nell'atto di donazione viene citato anche per inciso il "popolo di Chiusa" come soggetto che partecipa alla donazione, in realtà secondo alcuni storici la formula venne inserita d'imperio poiché all'epoca il "popolo di Chiusa" non si era ancora costituito in Comune e non aveva quindi alcun rappresentante autorevole in grado di "contrattare" un atto di donazione che privava lo di un vasto territorio alpino utilizzato in "comunia" per il taglio degli alberi, il pascolo e la pesca. Il menzionare la comunità chiusana, in sostanza come usufruttuario che accondiscendeva alla donazione, serviva solo a rendere inattaccabile giuridicamente l'atto di donazione ma ciò non sarà, comunque, un freno alle continue rivendicazioni della popolazione sui terreni dell'alta valle.
  2. La correria è un complesso di edifici caratteristico delle certose, fin dai primi tempi dell'Ordine: collocato all'ingresso del monastero funzionava come un "filtro" rispetto al mondo esterno. Qui risiedevano stabilmente i conversi, i membri laici della comunità, impegnati nelle attività agricole e nella gestione del patrimonio fondiario.
Bibliografia
  • Gian Maria Grasselli, Pietro Tarallo, Guida ai Monasteri d'Italia, col. "Piemme Pocket", Piemme, Casale Monferrato, 1994, pp. 130-131, ISBN 9788838443558
  • Missionari della Consolata (a cura di), La Certosa di Pesio dalle origini ai nostri giorni, Istituto Grafico Bertello, Borgo San Dalmazzo, 1980
  • Vittoria Moccagatta, La Certosa di Pesio, col. "Biblioteca di studi piemontesi", Centro studi piemontesi, Torino, 1992
  • Carlo Tosco, La Certosa di Santa Maria di Pesio, col. "Architettura dei monasteri in Piemonte", L'Artistica, Savigliano, 2012, ISBN 9788873202899
  • Giuseppe Sergi, Giovanna Galante Garrone, Ippolito Ostellino, Guida alla Certosa di Pesio e al Parco dell'alta Valle Pesio, col. "Parchi e riserve naturali", CDA & Vivalda, Torino, 1991
  • Touring Club Italiano (a cura di), Piemonte, col. "Guide Rosse", Touring, Milano, 2005, p. 443, ISBN 9770390107016
Voci correlate
Collegamenti esterni