Chiesa Cattolica in Turchia
Chiesa di San Pietro ad Antalya | |
Anno | 2006 |
Cristiani | 120 mila |
Cattolici | 32 mila |
Mussulmani sunniti | 99,8% |
Altri | Cristiani ed ebrei (0,2%) |
Popolazione | 78,79 milioni (stime del luglio 2011[1]) |
Parrocchie | 47 |
Presbiteri | 13 |
Seminaristi | 5 |
Diaconi Permanenti | 4 |
Religiosi | 67 |
Religiose | 86 |
Presidente della Conferenza Episcopale | Lévon Boghos Zékiyan |
Nunzio apostolico | Paul Fitzpatrick Russell |
Codice | TR |
Note | Stato che si dichiara laico. Limitazioni sostanziali alla libertà religiosa. |
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classifica - nazione su Catholic Hierarchy |
La Chiesa Cattolica in Turchia è parte della Chiesa cattolica universale, in comunione con il vescovo di Roma, il papa.
I cattolici sono circa 35.000, pari allo 0,05% della popolazione turca, che in stragrande maggioranza segue l'Islam.
La situazione della Chiesa cattolica, in Turchia, è quella di una minoranza che non gode di una totale libertà di evangelizzare.
Situazione del Paese
La Turchia è un paese formalmente laico: la religione è separata dallo Stato.
Ha l'obiettivo di entrare nell'Unione Europea, ma ciò incontra ostacoli a causa della disastrosa situazione dei diritti umani, e di trascorsi storici che vedono la ricorrente persecuzione ed espulsione dai suoi territori (abitati tradizionalmente da popolazioni non-turche e/o non-islamiche da secoli o millenni) di armeni, greci dell'Asia Minore e musulmani curdi. Inoltre l'estesa diffusione di valori islamici fondamentalisti tra gli abitanti del paese, e la loro tendenza a praticarli in modo violento renderebbe molto difficile l'integrazione nella colta, laica e tollerante Europa.
La Turchia conta 78,79[2] milioni di abitanti, di cui la stragrande maggioranza assoluta è musulmana. I cristiani sono 100.000, e di questi i cattolici sono 37.000.
Rapporti tra Chiesa e Stato
La Chiesa cattolica non è riconosciuta dallo Stato, e ha molte limitazioni: non può avere seminari, né scuole; non può acquistare o erigere nuovi luoghi di culto.
Esemplare è la vicenda della chiesa-museo di san Paolo, a Tarso, per la cui concessione come luogo di culto permanente di culto la Chiesa locale è ancora in attesa.
Storia
Età antica
L'Anatolia è stata una delle prime aree di diffusione del Cristianesimo. San Paolo, uno dei più grandi apostoli della Chiesa, nacque in Anatolia. Nell'antichità la regione fu sede dei primi, decisivi, concili ecumenici. Costantinopoli è fin dal 381 sede di Patriarcato. Secondo un'antica tradizione, la Santissima Vergine Maria avrebbe abitato negli ultimi anni di vita in una casa a nove km a sud di Efeso, su un fianco dell'antico monte Solmisso. Il luogo è tuttora visitabile ed è denominato «Madre Maria» (in turco Meryem Ana).
Età ottomana
La cultura ottomana fu tendenzialmente cosmopolita. Nell'impero convivevano turchi, curdi, cristiani (ortodossi, cattolici, armeni e siriaci) ed ebrei.
Nei primi anni del Novecento presero il potere i Giovani Turchi, un gruppo che esibiva forti connotati laici e nazionali. Ma il concetto di “nazione” era ancora estraneo alla cultura politica turca. Il contadino anatolico non si sentiva turco anche se parlava il turco[3].
Nel 1914 scoppiò la "grande guerra" in Europa. L'Impero ottomano, alleato di Austria-Ungheria e Germania imperiale, combatté al fianco degli imperi centrali.
I Giovani turchi intrapresero una battaglia chiaramente nazionalista, volta ad evitare ogni perdita territoriale in Anatolia. Il gruppo organizzato non turco più forte in Anatolia era quello armeno.
In questo quadro, il gruppo dirigente valutò l'eliminazione degli armeni come gruppo organizzato, considerando impossibile integrarli nella Grande Turchia. Un'altra ragione per eliminarli era il fatto che non erano musulmani. Fu proprio un editto religioso a scatenare la persecuzione contro gli armeni.
Il jihad venne proclamato nel novembre 1914 da Maometto V “contro gli infedeli che combattono il califfo”, l'imperatore ottomano. Così la lotta, da nazionale, divenne anche religiosa[4].
L'editto finì per coinvolgere anche gli altri cristiani dell'impero, specie quelli delle regioni orientali. Vennero colpiti, infatti, anche i siriaci (sia cattolici che ortodossi), gli assiri ed i caldei (cattolici). I siriaci furono tra le popolazioni più massacrate. Si calcola che un terzo della popolazione siriaca del Tur Abdin e della provincia di Dyarbakir fu sterminato, con circa 80.000 morti[5]. Un gran numero di villaggi, 84 chiese e 14 monasteri furono distrutti. Le diocesi scomparvero: 14 diocesi armeno-cattoliche furono cancellate per sempre.
A tutti fu offerta la conversione all'islam per salvare la vita, ma in genere i cristiani rifiutarono l'abiura della propria fede.
Dopo la guerra, la comunità cristiana in Anatolia non fu più la stessa. La storia dei cristiani in Anatolia praticamente finisce con la prima guerra mondiale[6]. Dopo l'azzeramento della presenza degli armeni, ci furono gli scambi di popolazione con la Grecia: i musulmani si trasferirono in Anatolia e i cristiani ortodossi emigrarono in Grecia.
Se la popolazione non musulmana, prima della guerra, raggiungeva il 20% degli abitanti dell'attuale repubblica turca, oggi non arriva allo 0,2% del totale.
Oggi
I cattolici di oggi seguono diversi riti: bizantino, latino, armeno, caldeo. Vi sono inoltre altre minoranze cristiane, fra le quali particolare importanza storica hanno gli ortodossi legati al patriarcato di Costantinopoli.
In Turchia è lecito cambiare religione. Ma non nei fatti, tanto che chi si converte subisce delle ritorsioni, sia da parte delle istituzioni sia da parte di elementi della società[7]. Inoltre, la religione è dichiarata nella carta d'identità, "cosicché i cristiani di fatto sono considerati cittadini di seconda classe"[8].
Le Chiese cristiane non sono riconosciute dallo stato e subiscono molte limitazioni: non possono avere seminari, scuole, erigere nuovi luoghi di culto.
Durante l'Anno Paolino (28 giugno 2008 - 29 giugno 2009), celebrato per ricordare il bimillenario della nascita di San Paolo, originario di Tarso, la chiesa locale è stata riaperta al culto, ma al termine dell'anno è stata nuovamente chiusa ed è ritornata ad essere sede museale (ciò significa che si deve pagare un biglietto per entrare nell'edificio sacro). Solamente nel maggio 2010 le autorità turche hanno tolto l'obbligo di pagare l'ingresso nella chiesa.
Persecuzioni anticristiane
Le Chiese cristiane in questi ultimi anni hanno subito diversi episodi di violenza:
- il 5 febbraio 2006 a Trebisonda venne ucciso don Andrea Santoro;
- nell'ottobre 2006 sono stati arrestati due convertiti, Hakan Taştan e Turan Topal, con l'accusa di odio all'Islam;
- il 18 aprile 2007 a Malatya sono stati rapiti, torturati e uccisi un tedesco e due cristiani convertiti dall'islam, Necati Aydin e Uğur Yüksel;
- il 16 dicembre 2007 padre Adriano Franchini, cappuccino italiano presente da 27 anni in Turchia, venne accoltellato a Smirne;
- il 3 giugno 2010, mons. Luigi Padovese, vicario apostolico dell'Anatolia, venne assassinato nella sua abitazione ad Iskenderun dal suo autista, il ventisettenne Murat Altun.
Struttura ecclesiastica
Chiesa cattolica di rito latino
Chiesa cattolica armena
Chiesa cattolica caldea
- Arcieparchia di Diarbekir (Amida)
Chiesa greco-cattolica
Chiesa cattolica sira
Nunziatura apostolica
Per approfondire, vedi la voce Nunziatura apostolica in Turchia |
La delegazione apostolica di Costantinopoli fu eretta nella seconda metà del XIX secolo.
L'internunziatura apostolica di Turchia è stata eretta il 25 gennaio 1960.
La nunziatura apostolica di Turchia è stata istituita il 30 agosto 1966 con il breve Optimo sane di papa Paolo VI.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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