Giuseppe Diana
Giuseppe Diana Presbitero · Martire | |
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Età alla morte | 36 anni |
Nascita | Casal di Principe 4 luglio 1958 |
Morte | Casal di Principe 19 marzo 1994 |
Ordinazione presbiterale | 14 marzo 1982 da monsignor Giovanni Gazza |
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Giuseppe Diana (Casal di Principe, 4 luglio 1958; † Casal di Principe, 19 marzo 1994) è stato un presbitero e martire italiano, assassinato dalla camorra per la sua lotta contro la mafia.
Biografia
Nacque da Gennaro Diana, agricoltore di Casal di Principe, e da Jolanda Di Tella, casalinga, originaria del vicino paese di San Cipriano d'Aversa. Le famiglie di entrambi i genitori esercitavano la professione di coltivatori diretti in quanto proprietari di appezzamenti di terre e di altre piccole risorse, che permettevano loro di vivere dignitosamente.
Giuseppe fu il primogenito di tre figli; lo seguirono i fratelli Emilio, nato nel 1960, e Maria, nata nel 1966.
Studente modello e seminarista minore
Frequentò le scuole elementari presso l'Istituto delle suore di Sant'Anna, nel suo paese. Era studioso, volenteroso ed educato, tanto da essere uno dei più bravi e più vivaci intellettualmente. Questo spinse la suora che lo seguiva ad invitarlo a proseguire gli studi presso il Seminario della vicina Aversa. I genitori non si opposero, e così nell'ottobre del 1968, all'età di dieci anni, Giuseppe entrò nel Seminario vescovile di Aversa[1].
Suo padre spirituale fu don Clemente Petrillo. Tra i due nacque un rapporto sincero e profondo, che aiutò Giuseppe ad esprimere al meglio le sua spiccata generosità e le sue doti personali.
Visse la scelta del seminario in un clima educativo rigido; fuori, nel resto del Paese, cresceva il fermento sociale e si avviavano le trasformazioni culturali che avrebbero fortemente marcato l'universo giovanile.
Nel 1976 conseguì la maturità classica e, subito dopo, in base ai brillanti risultati ottenuti, venne mandato a Roma per sottoporsi ad un esame preliminare per essere accettato nell'Almo collegio Capranica, allo scopo di frequentare i corsi filosofici e teologici della Pontificia Università Gregoriana. Venne ammesso, e, sebbene il risultato lo entusiasmò, sentì forte anche il peso di doversi separare dal suo ambiente.
Furono forse questi timori che lo spinsero a voler ritornare a casa la sera stessa del suo arrivo a Roma. Don Clemente Petrillo, allo scopo di sostenere Giuseppe nel momento difficile che stava vivendo, consegnò alla sua meditazione il versetto di Lc 9,62 : "Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio".
Giuseppe sentì forte dentro di sé l'esigenza di maturare i passi e le decisioni. Uscito dal seminario, riprese il suo servizio presso la parrocchia del Santissimo Salvatore di Casal di Principe, e contemporaneamente si iscrisse alla facoltà di ingegneria dell'Università Federico II di Napoli.
Ricordando tale periodo scrisse: "Quella frase, 'nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio', come fuoco, mi brucia dentro e mi distrugge mentre frequento le lezioni all'università".
Maturò così nel profondo che la sua scelta di vita era essere prete. Così nel gennaio del 1977 don Clemente intercedette presso il Vescovo, monsignor Antonio Cece, per far si che Giuseppe Diana potesse entrare in seminario e iscriversi alla facoltà di teologia di Posillipo, dove per ammetterlo venne retrodatata l'inscrizione al 15 dicembre 1976. Entrò in facoltà con il numero di matricola 4622.
La formazione a Napoli
Il periodo degli studi di filosofia e di teologia incise fortemente sulla sua formazione.
La Facoltà teologica di Posillipo era diretta in quel periodo da padre Pedro Arrupe S.J., fortemente impegnato nell'applicazione convinta del Concilio Vaticano II e in un servizio di evangelizzazione inserito nel territorio e nel contesto delle nuove sfide della società.
Giuseppe fu seguito nel suo percorso di formazione da don Franco Ettore, un biblista della diocesi di Nardò (Puglia), che era a Posillipo per completare la tesi di dottorato nel campo biblico.
A Napoli il giovane Diana sentì il soffio delle nuove correnti teologiche, ed in particolare della teologia della liberazione, e rifletté circa l'accettazione delle ingiustizie e disumanità del mondo.
In quegli anni vi furono due avvenimenti che toccarono Giuseppe: l'assassinio di monsignor Oscar Arnulfo Romero, pastore di una Chiesa a cui Giuseppe si sentiva particolarmente legato, ed il terremoto che nel novembre dell'80 colpì la Campana e la Basilicata. Per aiutare i senza tetto andò volontario tra le macerie.
Durante il periodo del seminario frequentò anche la facoltà di filosofia dell'Università Federico II.
Il 25 aprile del 1981 fu ordinato diacono, e il 30 ottobre dello stesso anno conseguì il baccellierato in teologia magna cum laude.
Il servizio presbiterale
Per amore del mio popolo |
Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. (..) I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l'imprenditore più temerario; traffici illeciti per l'acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato. (..) La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d'intermediari che sono la piaga dello Stato legale. L'inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc., non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l'inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l'Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una "ministerialità" di liberazione, di promozione umana e di servizio. (..) Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. (..) Appello: (..) Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo "profetico" affinché gli strumenti della denuncia e dell'annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam 3,17-26 ). (..) Documento diffuso a natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana da don Peppino Diana e dai parroci della forania di Casal di Principe (testo integrale) |
Fu ordinato presbitero il 14 marzo 1982 nella chiesa madre del Santissimo Salvatore, per l'imposizione delle mani di monsignor Giovanni Gazza, vescovo di Aversa.
Conseguì la licenza in Teologia biblica e la laurea in filosofia alla Federico II.
Divenne assistente ecclesiastico del Gruppo Scout di Aversa, e successivamente anche Assistente dei Foulards Bianchi.
Il 19 settembre 1989 fu nominato parroco della parrocchia di San Nicola di Bari in Casal di Principe. Successivamente assunse anche l'incarico di segretario del vescovo.
Contemporaneamente insegnò anche materie letterarie presso il liceo legalmente riconosciuto del seminario Francesco Caracciolo, nonché religione cattolica presso l'istituto tecnico industriale statale Alessandro Volta e l'Istituto Professionale Alberghiero di Aversa.
L'impegno contro la camorra
Don Peppe visse negli anni del dominio assoluto della camorra casalese. Gli uomini del clan controllavano in maniera spietata non solo i traffici illeciti, ma gli enti locali, e gestivano fette rilevanti d'economia legale, tanto da divenire "camorra imprenditrice".
In questo clima, "per amore del suo popolo", don Peppe Diana incitò i concittadini a non tacere, a dire baste ed a pretendere un cambiamento.
A natale del 1991 venne diffuso da don Peppino Diana e dagli altri parroci della forania di Casal di Principe uno scritto che rimase come una sorta di testamento spirituale di don Diana e come espressione del suo impegno civile e coraggioso contro la criminalità organizzata, del suo amore verso la sua terra e il suo popolo.
L'assassinio
Alle 7.30 del 19 marzo 1994, giorno del suo onomastico, don Giuseppe venne assassinato nella sacrestia della sua parrocchia, mentre si accingeva a celebrare la Messa. Non era ancora rivestito dei paramenti liturgici, e per questo non è immediatamente riconoscibile. I killer urlano: "Chi è don Peppino?", e il sacerdote rispose: "Sono io".
Dei cinque colpi che gli vennero esplosi da distanza ravvicinata, due lo colpirono al volto, gli altri alla testa, al collo e ad una mano. Don Peppino aveva trentasei anni. L'omicidio, di tipico stampo camorristico, fece scalpore in tutta Italia. Un messaggio di cordoglio venne pronunciato anche da Giovanni Paolo II durante l'Angelus.
Secondo gli atti processuali l'omicidio maturò in momento di crisi della camorra casalese. In un periodo di faida interna per l'egemonia dei traffici illeciti, una fazione del clan, in lotta contro l'altra, ordinò l'assassinio di don Peppe, personaggio molto esposto sul fronte antimafia, per far intervenire la repressione dello Stato contro la banda che ormai aveva vinto la guerra per il controllo del territorio.
Onorificenze
Don Giuseppe Diana ricevette la Medaglia d'oro al valore civile con la seguente motivazione:
Medaglia d'oro al valor civile | |
«Parroco di un paese campano, in prima linea contro il racket e lo sfruttamento degli extracomunitari, pur consapevole di esporsi a rischi mortali, non esitava a schierarsi nella lotta alla camorra, cadendo vittima di un proditorio agguato mentre si accingeva ad officiare la messa. Nobile esempio dei più alti ideali di giustizia e di solidarietà umana» — Casal di Principe, 19 ottobre 1994 |
Il Comitato e l'Associazione
Il 25 aprile 2006, a Casal di Principe, nacque ufficialmente il Comitato don Peppe Diana, con lo scopo di non dimenticare il martirio del sacerdote.
Già nel 2003 era stato costituito un comitato, con la partecipazione di sette organizzazioni attive nel sociale:
- l'AGESCI Campania
- l'associazione Scuola di Pace don Peppe Diana
- l'associazione Jerry Essan Masslo
- l'associazione Progetto Continenti
- l'associazione Omnia Onlus
- il circolo Ager di Legambiente
- la cooperativa sociale Solesud Onlus
Il confronto avviato in quel nucleo iniziale di organizzazioni, arricchito dal contributo degli amici di don Peppe, fece maturare la necessità di costituire un'associazione di promozione sociale, che si mettesse al servizio della memoria di don Peppe, e che come lui continuasse a costruire comunità alternative alla camorra.
Note | |
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