Reincarnazione

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Budda, Londra, National Gallery. Il buddismo ha ereditato dall'induismo la fede nella trasmigrazione (samsara) attraverso un ciclo di nascite e morti successive
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Alcuni hanno immaginato varie forme di reincarnazione: in dipendenza da come egli ha vissuto nel corso dell'esistenza precedente, si troverebbe a sperimentare una nuova esistenza più nobile o più umile, fino a raggiungere la piena purificazione. Questa credenza, molto radicata in alcune religioni orientali, sta ad indicare, tra l'altro, che l'uomo non intende rassegnarsi alla irrevocabilità della morte. È convinto della propria natura essenzialmente spirituale ed immortale. La rivelazione cristiana esclude la reincarnazione e parla di un compimento che l'uomo è chiamato a realizzare nel corso di un'unica esistenza sulla terra.
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La morte è la fine del pellegrinaggio terreno dell'uomo, è la fine del tempo della grazia e della misericordia che Dio gli offre per realizzare la sua vita terrena secondo il disegno divino e per decidere il suo destino ultimo. Quando è "finito l'unico corso della nostra vita terrena"[1] noi non ritorneremo più a vivere altre vite terrene. "È stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta" (Eb 9,27 ). Non c'è "reincarnazione" dopo la morte.
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Il termine reincarnazione o metensomatosi (da σῶμα, sôma, "corpo")[2] è usato per indicare il passaggio dell'anima da uno a un altro corpo umano. Ha un significato simile ma più ristretto rispetto al termine metempsicosi (dal greco μετά, metá, nel senso di "passaggio", e ἐμψυχόω, empsychóo: "io animo"), che indica invece la trasmigrazione dell'anima umana attraverso vari corpi di uomini, di animali, di piante, ecc.

La Chiesa la esclude nella maniera più assoluta[3].

Dottrine e teorie reincarnazioniste

La ruota del samsara

Nelle religioni non cristiane

L'idea che l'anima possa, dopo morte, essere la forma di altri corpi appartiene al patrimonio comune dei popoli primitivi, presso i quali i fenomeni dell'allucinazione e del sogno hanno suggerito la possibilità per l'anima di abbandonare temporaneamente il corpo; la non chiara coscienza della distinzione tra la natura umana e quella animale, in quanto entrambe animate e viventi[4], ha reso possibile la credenza che l'anima, specialmente l'anima dei defunti, possa andare ad informare individui di una data specie animale. Naturalmente in questo passaggio non v'è, in origine, nessun concetto di sanzione morale; neppure, in un primo tempo, tra gli indiani i quali hanno, come altri popoli primitivi, considerato la luna come soggiorno delle anime dei morti e la pioggia come veicolo del loro ritorno a fecondare e rianimare la terra.

La speculazione brahmanica, nella sua ultima evoluzione contenuta nelle Upanishad, ha aggiunto a questo primitivo concetto animistico quello della reincarnazione (samsara), considerata come pena per non aver raggiunto con la meditazione liberatrice la comprensione dell'identità sostanziale dell'io con il mondo, nel che consiste la liberazione.

Il buddismo, che segna l'ultimo termine della speculazione brahmanica, accetta il postulato della reincarnazione ma considera questa, con i suoi sviluppi secondo la legge del karma, come conseguenza del non aver raggiunto la conoscenza, non già dell'identità dell'io con il cosmo, ma della realtà empirica del dolore e dei mezzi per annientarlo, insegnati dal Buddha.

Nella filosofia greca

La dottrina della reincarnazione si ritrova anche in Grecia, dove la concezione animistica primitiva fu sviluppata da un apporto che Erodoto suppone erroneamente provenire dall'Egitto[5], ma che in realtà proviene dall'Oriente indiano attraverso l'Asia Minore. Il movimento orfico, sviluppatosi in Grecia nel VI secolo a.C., considerò la reincarnazione come mezzo di espiazione per ridare all'anima la purezza della sua origine divina, oscuratasi per esser discesa ad abitare il corpo umano, in seguito a una colpa primordiale; la rottura di questo ciclo di rinascite è descritta come la gioia dell'uccello che rompe i lacci che lo tengono prigioniero.

Dell'orfismo è tributario Pitagora, la cui dottrina in proposito è perciò detta orfico-pitagorica[6]. Anche Platone per la psicologia dipende dall'orfismo in quanto anche egli[7] insegna che l'anima umana prima ha vissuto negli astri, dove le furono rivelate le leggi naturali e morali; poi in forza di una legge fatale (per la quale filosoficamente si deve intendere la necessaria unione di anima e corpo a formare l'individuo umano e miticamente la colpa dei titani divoratori di Dioniso) è discesa nel corpo che per essa è una prigione (σῶμα-σῆμα).

Nel solco di Platone si muovono il neopitagorismo e il neoplatonismo. Plotino spiega la legge fatale che induce l'anima, di origine divina, a incorporarsi, per il desiderio che essa sente di posseder meglio se stessa, individuandosi in un corpo. Soltanto con l'esercizio di una vita ascetica e purificatrice (κάθαρσις, kátharsis) che abbrevi il ciclo delle rinascite può, attraverso l'estasi, riunirsi all'Uno che l'attira e l'assorbe formando con essa un solo essere, facendole perdere il senso della sua individualità, che è principio della sua inferiorità.

In epoca moderna

Le antiche dottrine pagane sulla metempsicosi sono state rinnovate nei tempi più recenti dai seguaci dello spiritismo e della teosofia, i quali però al termine di metempsicosi (come agli altri di ensomatosi, metensomatosi, palingenesi) preferiscono sostituire quello di reincarnazione, per sottolineare che essi limitano le trasmigrazioni dell'anima attraverso i soli corpi umani, mentre la metempsicosi può estendersi agli animali e persino ai vegetali.

Tra i protestanti alcune sette hanno rinnovato la teoria dell'apocatastasi; così gli anabattisti e alcuni più recenti, come Ugo Janni[8]. Ma specialmente Schleiermacher introdusse nel protestantesimo l'idea di una possibile conversione dopo la morte[9]. Anche altri riesumarono la teoria della reincarnazione sotto diverse forme e con intonazioni diverse: così Gerolamo Cardano, Bernardino Telesio, Giordano Bruno, Jean Baptiste Van Helmont, Charles Bonnet, Bellanche, Pierre Leroux, Jean Reynaud, Charles Fourier, ecc.

Ma furono specialmente i seguaci della teosofia e dell'antroposofia a rimetere in vigore la dottrina della metempsicosi, insegnando la successione delle vite ("reincarnazione"), con riferimento a fonti greche e latine, ad autori dei secoli XV-XVII, e, specialmente Helena Petrovna Blavatsky e Annie Besant, alle antiche filosofie e speculazioni religiose dell'India. Secondo tali teorie l'immenso ciclo di nascite e morti è regolato dal karma, secondo il quale ogni anima, lasciando un corpo, ne riveste un altro iniziando una nuova vita, in uno stato migliore o peggiore secondo ciò che ha seminato nella vita precedente, senza escludere del tutto che si riproduca in una specie animale o vegetale o minerale, se la vita antecedente fu peccaminosa. Se si "reincarna" in un corpo umano e migliora si ha una progressiva ascesa fino alla perfezione, che si raggiunge con l'entrata nell'essenza universale, il Nirvana, dove l'uomo è assorbito[10].

Anche i seguaci dello spiritismo, specialmente francese, sostengono la reincarnazione invece del Purgatorio. Secondo loro la persona ha molte esistenze successive, di cui non ha ricordo. In esse espia i peccati commessi precedentemente. Quando lo spirito sarà pienamente purificato, avrà fine il ciclo; ma a questa purificazione completa 1'anima arriva fatalmente, per un processo quasi automatico, poiché personalmente, non conoscendo i falli, non potrebbe espiarli[11].

L'insegnamento biblico

Se le dottrine reincarnazioniste parlano di differenti esistenze in corpi o esseri diversi da parte della stessa anima, l'insegnamento evangelico parla sempra nei termini di una sola vita, dopo la quale si da il giudizio.

Nel Discorso della Montagna colpisce la contrapposizione delle "beatitudini" e dei "guai": essa si risolve in un rovesciamento di posizioni dopo la morte, quando chi "ora" ride, "allora" piangerà, e viceversa (Lc 6,20-26 ; Mt 5,3-12 ), e ciò in modo definitivo. Lo stesso insegnamento risulta dalla parabola di Lazzaro e del ricco epulone (Lc 16,19-31 ) e da quella delle dieci vergini (Mt 25,1-13 ): in entrambe è evidente l'impossibilità di un cambiamento di sorte, essendo finito il tempo delle decisioni.

Le esortazioni di Gesù alla vigilanza, all'attività, alla perseveranza (Mt 24,42-51; 25,13 ; Mc 13,33 ; Lc 12,35-40 ) non avrebbero senso se vi fosse reincarnazione: dopo la "notte" nessuno può più lavorare (cfr. Gv 9,4 ).

Lo stesso pensiero e le stesse esortazioni si trovano negli scritti degli Apostoli (cfr. Gal 6,9-10 ; 1Cor 9,24-27 ; 2Cor 5,1-10 ; 1Ts 5,2-3 ; 1Pt 1,3-8 ; 2Pt 3,10 ; Gc 4,13-15 ; Ap 11,10-11; 16,15 ). In particolare San Paolo insegna chiaramente (1Cor 15,24-28 ) che con il giudizio si chiude per tutti l'economia della salvezza, senza alcuna possibilità di un ritorno o di una universale apocatastasi. Infatti l'affermazione di una decisione essenziale e irrevocabile importa l'esc1usione di qualsiasi trasmigrazione e ricomparsa dell'anima in nuove vite.

La Lettera agli Ebrei afferma infine categoricamente:

« [..] per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio [..]. » (9,27)

Nella storia del pensiero cristiano

Nei Padri della Chiesa

La stessa dottrina che si trova nel Nuovo Testamento si può cogliere in numerosi testi dei Padri della Chiesa[12]: in Clemente Romano[13], in San Cipriano[14], i San Basilio[15], in San Giovanni Crisostomo[16], in Sant'Ambrogio[17].

Rispetto alle dottrine pagane sulla metempsicosi, il mondo cristiano è su posizioni diametralmente opposte, anche se non mancano tracce delle antiche dottrine, specialmente in qualche scrittore ispirato al platonismo e al neo-platonismo:

  • in San Giustino[18] si trova affermata una certa preesistenza dell'anima, di cui essa non ha coscienza, come nemmeno ha coscienza delle successive esistenze che seguono l'attuale;
  • Clemente Alessandrino non sembra abbia ammesso una forma di preesistenza, nonostante certi testi non decisivi[19]; altrove però accenna a un travisamento di anime[20], ma sembra riferirsi a speculazioni filosofiche, e chiaramente afferma la μετενσωμάτωσις, metensomátosis ("trascorporazione") propria della teologia egiziana, dalla quale tale dottrina passò in altri indirizzi (qui pensa a Pitagora[21]);
  • Origene ha una teoria sull'universale ἀποκατάστασις, apokatástasis ("reintegrazione"): essa non è intimamente collegata con la metempsicosi propriamente detta, anche se egli ammette la preesistenza delle anime, e, nel De Principiis[22] cerca di conciliare il cristianesimo con le teorie platoniche; tali scritti suscitarono una forte polemica contro Origene, soprattutto dopo la sua morte, e particolarmente nel VI secolo, fino alla condanna del patriarca Menna di Costantinopoli e del suo Concilio particolare, e a quella del Sinodo di Costantinopoli del 543, con approvazione di papa Vigilio[23].

L'assenza di una vera e propria corrente cristiana favorevole alle teorie origeniste in generale e alla metempsicosi in particolare risulta pure da alcuni accenni che si trovano in opere antieretiche, in cui talvolta si giunge fino allo scherno di quelle teorie:

Nel Magistero medioevale

Anche se manca una definizione esplicita sulla irreformabilità dell'anima dopo la morte e sulla impossibilità di un mutamento sostanziale delle sue disposizioni, il magistero ecclesiastico ha però dichiarazioni inequivocabili secondo cui la sanzione avviene subito dopo la morte ed è decisiva per tutta l'eternità:

Nella Scolastica

La teologia scolastica riafferma e spiega razionalmente la dottrina della Sacra Scrittura e dei Padri sottolineando la distinzione tra status viae ("stato di cammino") e status termini ("stato di termine"): in quest'ultimo non si può più meritare. Nel periodo della scolastica echeggia però qua e là l'idea manichea, già combattuta dai Padri, come risulta da due passi della Summa de Catharis di Fr. Rainerio Sacconi[27].

La questione è ancora attuale ai tempi di San Tommaso d'Aquino, che la esamina sotto tutti gli aspetti. Il rifiuto reciso e categorico di tutti gli elementi che potrebbero giustificare la metempsicosi si fonda in San Tommaso su un principio basilare: "la proporzione dell'anima dell'uomo al corpo dell'uomo è uguale alla proporzione dell'anima di quest'uomo al corpo di quest'uomo"[28], e di questo principio metafisico-psicologica fa il perno della sua confutazione filosofica. Tommaso poi dimostra con l'autorità della Rivelazione e con ragioni metafisiche e teologiche che la trasformazione finale avrà carattere definitivo[29], e che le anime hanno la volontà immutabilmente fissa nel bene o nel male, secondo lo stato in cui si trovavano al momento del trapasso[30].

Questa dottrina, conforme al magistero ecclesiastico e ai dati della Rivelazione, è ancor oggi comune tra i cattolici.[31]

Nel Magistero recente

Il Sant'Uffizio dichiarò nel 1919[32] che le dottrine teosofiche, all'interno delle quali è sviluppato un insegnamento reincarnazionista, non sono conciliabili con la dottrina cattolica.

Giovanni Paolo II toccò il tema della reincarnazione nell'Udienza generale di mercoledì 4 novembre 1998, nella quale fa riferimento al n. 9 della Tertio Millennio Adveniente citata a inizio voce:

« Non manca chi avverte il fascino di una credenza come quella della reincarnazione, che è radicata nell'humus religioso di alcune culture orientali[33]. La rivelazione cristiana non si accontenta di un vago sentimento di sopravvivenza, pur apprezzando l'intuizione di immortalità che è espressa nella dottrina di alcuni grandi ricercatori di Dio. Possiamo, inoltre, ammettere che l'idea di una reincarnazione sia suscitata dall'acuto desiderio di immortalità e dalla percezione dell'esistenza umana come "prova" in vista di un fine ultimo, nonché della necessità di una purificazione piena per giungere alla comunione con Dio. La reincarnazione, tuttavia, non garantisce l'identità unica e singolare di ogni creatura umana quale oggetto del personale amore di Dio, né l'integrità dell'essere umano quale "spirito incarnato". »

La risposta alle teorie reincarnazioniste

L'opposizione tra le dottrine reincarnazionistiche e la dottrina cattolica è evidente.[34]

Nell'impostazione tomista l'argomento contro la reincarnazione può essere così formulato: se l'anima è forma sostanziale del corpo[35], che gli dà l'essere specifico e che ha quindi con esso un unico essere sostanziale, ne consegue che non può unirsi che a questo corpo[36]; Vi è stretta proporzione tra tale anima e tale corpo[37]. L'anima conserva sempre le determinazioni avute nell'unione con questo corpo, come sua forma, e non può divenire forma di un altro corpo[38].

In termini più diretti, gli argomenti portati in favore della reincarnazione non sono cogenti:

  • I suoi sostenitori si appellano all'ineguale distribuzione dei mali nell'attuale permanenza sulla terra, per sostenere che essa dipenderebbe dal fatto di altre esistenze anteriori, peccaminose, da cui occorrerebbe purificarsi.
    Nella visione cristiana, invece, l'ineguale distribuzione dei beni, con permissione o tolleranza dei mali, dipende dalla diversa donazione dell'amore di Dio[39], che ad ognuno assegna una via da percorrere per prepararsi alla vita eterna. I mali della vita presente servono per la purificazione dai peccati attuali, non da quelli di una vita anteriore di cui nessuno ha ricordo.
  • I sostenitori della reincarnazione si richiamano anche alla grande diversità, già per disposizioni native, tra le anime, mentre i corpi sono simili.
    riguardo a ciò è sufficiente far osservare che tutto il mondo è fatto di ineguaglianze, dalla natura inanimata alla natura spirituale, e che la diversità di genio, di virtù, di intelligenza dipende sia da una diversa donazione divina, sia dall'influsso dei genitori (ereditarietà), sia dalla particolare costituzione di ogni singolo nell'unione dell'anima a un determinato corpo.
  • Ancora, chi sostiene la reincarnazione afferma che per percorrere il cammino verso l'infinito una sola esistenza non basta.
    Si risponde che non basterebbero nemmeno milioni di esistenze; in realtà si è chiamati a svolgere nell'unica vita a nostra disposizione il disegno di Dio, con l'aiuto della sua Grazia.
  • Infine, i reincarnazionisti rilevano che quaggiù i buoni sono spesso vittime dei cattivi, e purtuttavia la società non viene meno, ma progredisce: e ciò perché le individualità migliori sempre ritornano, mantengono e sviluppano le sane tradizioni.
    Si risponde che il progresso morale nell'umanità è spesso problematico e comunque, quando è reale, si spiega con ben altre ragioni.

Infine vi sono contro la reincarnazione argomenti inconfutabili:

  • l'assenza di ogni ricordo di una o più esistenze anteriori; i teosofi cercano di giustificare ciò dicendo che tra le due esistenze vi è come uno spazio in cui tutto diventa tendenza, non vi è più atto di conoscenza, e pertanto al ritorno nell'esistenza è impossibile ricordare: ma almeno una memoria confusa dovrebbe esservi;
  • l'impossibilità di dare alla reincarnazione il carattere di sanzione morale, poiché non si vede come possa esserci castigo se non c'è memoria della colpa che si deve espiare;
  • l'impossibilità di conciliare la reincarnazione con la spiritualità dell'anima, che se avesse bisogno di simili trasmigrazioni per purificarsi non sarebbe spirituale, bastando a un essere spirituale, per purificarsi, il cambiamento e riordinamento della volontà.

La teoria della reincarnazione è pertanto in contrasto sia con la dottrina cattolica che con i principi di una sana filosofia che resti fedele ai dati dell'esperienza e ai postulati della ragione.

Note
  1. Concilio Vaticano II, Costituzione dogmatica Lumen gentium, 48.
  2. Approfondimento della posizione di Origene al riguardo in Mario Maritano, La teoria della metensomatosi, online.
  3. Oltre al testo all'inizio della voce, vedi per esempio i testi riportati in http://www.profeti.net/Studi/Contro_reincarnazione/Il%20magistero.htm.
  4. Una tale mancanza di chiarezza della distinzione tra natura umana e natura animale si riscontra nelle credenze totemistiche.
  5. II, 123.
  6. Cfr. Senofane, In Diogene, VIII, 36; Ovidio, Metamorfosi, XV; Empedocle, De natura00, I, 3-20, e Pindaro, Olimpiche, 2, 62 e seguenti.
  7. Cratylus, 400 BC; Fedro, 246 BD; Phaedo, 113 D; Timeo, 41 A; cfr. Proclo, In Timeo, 5, 300 A; Simplicio, De caelo, 2, 91 b; Olimpiodoro, In Phaedonem, B 6 a.
  8. Cfr. "Ultra". Problemi relativi alla finalità del creato e alla nostra vita dopo la morte, Modena 1930.
  9. Cfr. Bernhard Bartmann, Manuale di teologia dogmatica, III, trad. it., 2ª ed., Alba 1951, III, p. 385.
  10. Cfr. Léonce de Grandmaison, Théosophie, in Template:DFC, IV, col. 1659; id., Le lotus bleu, Parigi 1910; René Guenon, Le théosophisme, Parigi 1921.
  11. Cfr. L. Roure, Spiritîsme, in Alfred Vacant, Eugène Mangenot (a cura di), Dictionnaire de Théologie Catholique, Parigi 1909 e segg., continuato a cura di Emile Amann, XIV, c. 2518-19; Allan Kardec, Le livre des esprits, Parigi 1857; Thomas Lucien Mainage, La religion spirite, Parigi 1921.
  12. Cfr. Bernardo Bartmann, Manuale di teologia dogmatica, III, trad. it., 2ª ed., Alba 1951, p. 384. Altri testi in Rouet de Journel, Enchiridion Patristicum, nn. 103, 487, 560, 561, 576, 578, 693, 886, 887, 966, 980, 1172, 1200, 1325, 1364, 2268, 2321.
  13. Cfr. 2 Clemente 8,3.
  14. Ad Demetrianum, 25.
  15. Homilia 7, in divites, n. 8: PG 31, 301.
  16. Homilia De Poenitentia, 9: PG 49, 346.
  17. In Psalmos, 118, 2, 14; De excess. frater., II, 48.
  18. Dialogo con Trifone, 4: PG 6, 481-84.
  19. Stromata, IV, 26; Quis dives salvetur, 3, 26, 33, 36.
  20. Stromata, III, 3: edizione a cura di Potter, I, 516.
  21. Stromata, VI, 4: edizione a cura di Potter, II, 757.
  22. II, 8,4: PG 2, 224.
  23. Cfr. DS, 411; Hefele-Leclercq, II, b, p. 1184; R. Hedde, Métempsycose, in Alfred Vacant, Eugène Mangenot (a cura di), Dictionnaire de Théologie Catholique, Parigi 1909 e segg., continuato a cura di Emile Amann, X, c. 1587-88. Cfr. anche le osservazione di Andrea Nicolotti, in http://www.christianismus.it/modules.php?name=News&file=article&sid=41.
  24. DS 856-859.
  25. DS, 1000-1002.
  26. DS 1304-1306.
  27. Edizione a cura di Antoine Dondaine, nel Liber de duobus principiis, Roma 1939, p. 71.
  28. Summa contra gentiles, II, cap. 73, § Praeterea Arixtoteles.
  29. ibid., IV, cap. 82.
  30. ibid., IV, capp. 91-93.
  31. Raimondo Spiazzi (1953) 679.
  32. DS 3648.
  33. Cfr. Tertio millennio adveniente, 9.
  34. Raimondo Spiazzi (1953) 680.
  35. Cfr. DS, 900-902, 1440, 2828.
  36. Cfr. San Tommaso d'Aquino, De spiritualibus creaturis, a. 9, ad 4; II Sent., d. 17, q. 2, a. 2.
  37. Cfr. Summa Theologiae, I, q. 76, a. 5.
  38. Cfr. II Sent., d. 17, q. 2, in c. e ad 4.
  39. Cfr. Summa contra Gentiles, II, c. 44.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni