Polittico di San Luca (Andrea Mantegna)
Andrea Mantegna, Polittico di San Luca (1453 - 1454), tempera su tavola | |
Polittico di San Luca | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Regione | Lombardia |
Regione ecclesiastica | Lombardia |
Provincia | Milano |
Comune | |
Diocesi | Milano |
Ubicazione specifica | Pinacoteca di Brera, sala VI |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Padova |
Luogo di provenienza | Basilica di Santa Giustina, Cappella di San Luca |
Oggetto | polittico |
Soggetto | San Luca evangelista tra santa Scolastica, san Prosdocimo, san Benedetto da Norcia e Santa Giustina; Gesù Cristo in pietà tra la Madonna addolorata, san Giovanni evangelista, san Daniele, san Girolamo, san Massimo e san Giuliano |
Datazione | 1453 - 1454 |
Ambito culturale | Ambito veneto |
Autore | |
Materia e tecnica | tempera su tavola |
Misure | h. 177 cm; l. 230 cm |
Iscrizioni | OPUS / ANDREAE / MANTEGNA |
Note opera firmata | |
Il Polittico di San Luca è un dipinto, eseguito tra il 1453 e il 1454, a tempera su tavola da Andrea Mantegna (1431 ca.-1506), proveniente dalla Cappella di San Luca nella Basilica di Santa Giustina a Padova e attualmente conservato presso la Pinacoteca di Brera a Milano.
Descrizione
Il polittico è composto da dodici scomparti, organizzati su due registri, nove dei quali dedicati a Santi particolarmente venerati nella chiesa padovana.
Registro inferiore
Negli scomparti del registro inferiore compaiono:
- al centro, San Luca evangelista, seduto su uno scranno marmoreo, che sembra un trono (con delfini scolpiti sui braccioli, marmi policromi, medaglioni, ecc.), è concentrato nella scrittura del Vangelo, che è appoggiato su un piano inclinato ligneo a sua volta retto da un tavolo marmoreo circolare su un'alta colonnina. Tra il piano dello scrittoio e la base si trova una natura morta con due libri e una coppia di calamai infilati in buchi nel legno, contenenti inchiostro rosso e nero. Evidente è qui lo scorcio dal basso verso l'alto e molto curata è la raffigurazione dei marmi policromi, derivata dall'esempio del suo maestro Francesco Squarcione (1397 - 1448). La scelta di raffigurare san Luca come un amanuense, con un'estrema cura nella descrizione degli strumenti del mestiere, è legata senz'altro anche alla presenza nel monastero di un importante scriptorium. Un altro particolare significativo è rilevabile nei piedi del Santo, sfalsati su due gradini diversi, a scapito dell'anatomia accurata e della costruzione prospettica tipicamente rinascimentali, ricorda la posa analoga di immagini mariane gotiche, quasi a voler sottolineare il carattere devozionale del dipinto.
- a sinistra:
- Santa Scolastica, sorella di san Benedetto da Norcia, con l'abito nero di monaca benedettina e con in mano il libro della Regola;
- San Prosdocimo di Padova, in abiti vescovili, con il baculo pastorale e la brocca, simbolo del Battesimo;
- a destra:
- San Benedetto da Norcia, in abito scuro, con il libro della Regola e un fascio di verghe che indicano le norme contenute nella stessa;
- Santa Giustina di Padova, battezzata da san Prosdocimo, tiene in la palma del martirio e un pugnale nel cuore, variazione della spada che la decapitò.
La loro disposizione crea una preziosa alternanza cromatica tra gli abiti neri dei religiosi benedettini e gli abiti chiari e rosati dei due patroni di Padova:
Registro superiore
Negli scomparti del registro superiore sono presenti:
- al centro: Gesù Cristo in pietà tra la Madonna addolorata e San Giovanni evangelista: nello scomparto, con funzione di cimasa, si nota come il pittore risente della lezione artistica di Donatello, anche se Andrea Mantegna non raggiunge la drammaticità profondamente umana dello scultore fiorentino: le ferite di Gesù Cristo, infatti, non sembrano scalfire il suo corpo, quasi pietrificato e la sua sofferenza è esaltata solo in virtù dei gesti delle due figure dolenti della Madonna addolorata e San Giovanni evangelista ai lati.
- a sinistra:
- San Daniele di Padova, diacono e martire, patrono di Padova;
- San Girolamo, con il manto rosso da cardinale e una pietra in mano, con cui si percuoteva il petto in segno di penitenza;
- a destra:
- San Massimo, vescovo di Padova, con mitria e baculo pastorale:[1]
- San Giuliano l'ospitaliere con la spada e la palma del martirio.[2]
Cornice
La cornice lignea originale è andata perduta, ma come nella Pala di San Zeno (1456 - 1460), doveva essere stata disegnata dall'artista stesso e doveva raccordare unitariamente i vari scomparti del polittico. I documenti testimoniano la sua esecuzione da parte di maestro Guglielmo, con rifiniture pittoriche in oro e blu d'Alemagna, pagate ad un tale maestro Guzon nel 1455.
Secondo la tradizione la cornice originale andò distrutta nel 1749 da un fulmine che colpì la Basilica nel corso di un violento temporale, tuttavia nessuna traccia di tale evento è stata verificata nel corso dell'ultimo restauro.
Note stilistiche, iconografiche e iconologiche
- Nel polittico si trovano fusi elementi arcaici, come il fondo oro e le diverse proporzioni tra le figure, ed elementi innovativi come l'unificazione spaziale prospettica nel gradino in marmi policromi che fanno da base ai santi del registro inferiore e la veduta scorciata dal basso dei personaggi del registro superiore, estremamente soldi e monumentali, che con la cornice originale dovevano dare l'idea di affacciarsi da una loggia ad arcate, posta in alto rispetto al punto di vista dello spettatore. Le figure hanno contorni nitidi, evidenziati dalla brillantezza quasi metallica dei colori.
- L'opera apparentemente devozionale è in realtà rinascimentale e contiene già alcune soluzioni espressive che verranno poi sviluppate in pieno nella celebre Pala di San Zeno. I colori energici, sapientemente modulati da suggestivi effetti di luce e ombra e sviluppati in una gamma ricca e armoniosa risentono degli studi condotti a fianco dei Bellini. I dettagli del San Luca, come la natura morta sotto il banco su cui l'evangelista scrive, i piviali dei vescovi o i panneggi delle figure, sono resi con finissimi passaggi di tono e si mescolano con una luce calda piena di riflessi e ombre attenuate. Tutti elementi che trasmettono a chi guarda la sensazione di un'atmosfera perfetta, molto suggestiva, piena di energia e calore umano in cui sembrano vivere i personaggi dipinti. In totale accordo con la composizione cromatica, l'impianto prospettico è saldo e pieno di forza. Osservando le linee delle pareti di fondo e dei pavimenti dei singoli scomparti, si nota che la prospettiva segue un'impostazione unitaria per l'intero polittico, facendo convergere i raggi prospettici di tutti gli scomparti nel punto di fuga centrale corrispondente alla figura di San Luca.
- La potente resa dello spazio, caratteristica dello stile personale di Mantegna, è dovuta oltre che alla rigorosa costruzione prospettica e agli effetti dei colori e delle luci, anche al dinamismo dei personaggi. I santi del polittico sembrano padroni del loro spazio, l'artista ha dato loro atteggiamenti e gesti insieme solenni e naturali che comunicano un'intensa vitalità interiore, come se il loro agire fosse governato dalla propria energia spirituale. Il punto di vista ribassato, inoltre, è un espediente che Mantegna usa spesso e rende con grande efficacia l'effetto monumentale, "eroico" dei personaggi, rendendoli esempi di un'umanità "superiore". Grande attenzione è riservata agli aspetti psicologici e alla resa espressiva dei personaggi, come si può notare dai volti ora sofferenti, ora assorti, concentrati o distratti dei singoli santi.
- Le differenze di scala rispondono anch'esse ad un principio prospettico: la figura più vicina è senz'altro quella dell'evangelista Luca, mentre le altre si allontanano gradualmente, costruite su diversi piani di profondità. Seguono i quattro santi del registro superiore, visti di sotto in su, a un secondo livello di profondità. Ancora più indietro si trovano i quattro santi degli scomparti laterali. La cimasa, in alto, composta dai tre più piccoli scomparti, corrisponde al livello più lontano nella costruzione prospettica d'insieme. Ma la spazialità complessiva con cui l'artista ha organizzato i diversi scomparti del polittico deriva dal suo soggiorno a Ferrara del 1449, dal cui ricco ambiente culturale ebbe l'occasione di assimilare importanti influenze per lo sviluppo del suo stile. Un effetto simile di dislocazione di piani di profondità in rapporto alle scale dimensionali si ritrova, infatti, nel Polittico Griffoni (1472 - 1473), realizzato dal ferrarese Francesco del Cossa (1436–1478) per la Basilica di San Petronio a Bologna. Altra traccia della sua esperienza ferrarese è rappresentata dall'impostazione del trono di San Luca con i caratteristici braccioli a forma di delfini.
- La scelta dei santi è strettamente legata alla storia dell'Ordine benedettino e a quella dell'Abbazia, in particolare alle leggende sul culto delle reliquie presenti fin dalle origini nel monastero. Essi, a parte san Benedetto da Norcia, fondatore dell'Ordine, si trovano tutti citati in una miscellanea di manoscritti del XV secolo, conservati nella biblioteca dello stesso monastero, copia di un più antico testo del XII, intitolato Passio beatae Iustinae virginis, vita sancti Prosdocimi, legende sanctorum monasterii Sanctae Iustinae. In esso vi si trovano, infatti, capitoli dedicati all'omelia di san Girolamo su Luca evangelista e alla storie del rinvenimento delle reliquie dei san Massimo e santa Giustina di Padova.[3]
Iscrizione
L'opera è firmata in caratteri capitali sulla colonna che sorregge il leggio di san Luca, al centro:
« | OPUS / ANDREAE / MANTEGNA » |
Notizie storico-critiche
Lo stesso anno del suo matrimonio con Nicolosia, figlia dell'artista Jacopo Bellini (1396-1470) e sorella di Giovanni (1427/1430 ca.-1516), Andrea Mantegna ricevette l'incarico per il Polittico di san Luca. La commissione è documentata da un contratto di allogazione, datato 10 agosto 1453, da parte dell'abate benedettino Mauro, al secolo Sigismondo de' Folperti da Pavia, per essere collocata nella Cappella di San Luca, all'interno della Cappella di San Luca nella Basilica di Santa Giustina a Padova. Nel documento relativo alla commissione si legge anche che l'artista avrebbe ricevuto per il dipinto un compenso di 50 ducati veneziani. La precisa richiesta di un polittico fatta dal Folperti indica che l'opera doveva essere collocata sull'altare e che il committente voleva riagganciarsi ad una particolare tipologia di tavola elaborata in età bizantina,[4] che, oltre ad indicare la sua funzione liturgica e devozionale, rappresenta anche un legame di continuità con una tradizione figurativa e religiosa molto consolidata che risale fino alle icone dei primi secoli del cristianesimo.
L'opera fu completata entro la fine del 1454, mentre l'artista era contemporaneamente impegnato ad affrescare le Storie di san Giacomo e di san Cristoforo (1454 - 1457) nella Cappella Ovetari nella Chiesa degli Eremitani a Padova.
Il polittico rimase in situ fino al 1797, quando con le soppressioni napoleoniche fu destinata all'Accademia di Brera a Milano, dove giunse nel 1811.
Note | |
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Bibliografia | |
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