Basilica di Santa Maria in Via Lata (Roma)
Basilica di Santa Maria in Via Lata | |
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Roma, Basilica di Santa Maria in Via Lata | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Via del Corso, 306 00186 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 83396276; +39 06 6780926 |
Posta elettronica | cryptavialata@mclink.it romavialata@figliedellachiesa.org |
Sito web | |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto (Stato Italiano) |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | Maria Vergine |
Fondatore | papa Sergio I |
Data fondazione | VII secolo, fine |
Architetti |
Martino Longhi il Vecchio (campanile) |
Stile architettonico | barocco |
Inizio della costruzione | 1491 |
Completamento | 1863 |
Titolo | Santa Maria in Via Lata (diaconia) |
Strutture preesistenti | Portico con botteghe e magazzini (horrea) |
Pianta | basilicale |
Iscrizioni | DEIPARAE VIRGINI SEMPER IMMACULATAE MDCLXII |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Basilica di Santa Maria in Via Lata è una chiesa di Roma, adiacente al Palazzo Doria Pamphilj, situata nel centro storico della città, nel rione Pigna.
Storia
Dalle origini al Medioevo
La Basilica di Santa Maria in Via Lata[1] (attuale via del Corso) deve il suo nome alla strada che costituiva, in epoca romana, il primo tratto urbano della via Flaminia; essa si sviluppa sopra i resti di un grande edificio pubblico (probabilmente un porticus) risalente alla prima età imperiale. Al principio del III secolo in questo edificio furono ricavati una serie di botteghe e magazzini (horrea),[2] sei dei quali, di pianta quadrata, furono poi trasformati in diaconia; l'epoca di questa trasformazione si fa risalire per tradizione a papa Sergio I (687-701). Per adattare gli horrea alla nuova funzione, fu tuttavia necessario effettuare alcune modifiche strutturali dei sei vani: vennero dapprima eliminati i mezzanini lignei (di cui restano tracce), si misero in comunicazione i sei ambienti, creando tre navate disposte lungo l'asse ovest-est.
Il Liber Pontificalis ricorda che Leone III (795-816) e Gregorio IV (827-844) ne furono munifici benefattori e riferisce pure che durante i pontificati di Sergio II (844-847), Benedetto III (855-858) e Niccolò III (858-867) il Tevere si alzò così tanto che a volte l'accesso alla chiesa finì completamente sommerso. Fu probabilmente proprio per far fronte ai continui allagamenti che nel 1049 papa Leone IX (1049-1054) volle che la chiesa fosse completamente ricostruita, sopraelevandola. Il nuovo edificio aveva l'orientamento opposto a quello attuale e si appoggiava a un arco romano (l'Arcus Novus), eretto nel 303-304 da Diocleziano (244-313) che scavalcava la via Lata. Nel consacrare il nuovo edificio, Leone IX collocò alcune reliquie nell'altare maggiore.
La chiesa dovette avere notevole importanza nel Basso Medioevo: il Cencio Camerario,[3] infatti, ci informa che alla fine del XII secolo le erano attribuite generose donazioni, segno della considerazione di cui godeva.
Nel 1433 Eugenio IV (1431-1447) la fece restaurare e la unì al vicino Monastero dei Santi Ciriaco e Nicola, oggi scomparso.
Nel 1491, per iniziativa di papa Innocenzo VIII (1484-1492) e del cardinale titolare Rodrigo Borgia (futuro Alessandro VI) si dette avvio a una profonda modificazione dell'edificio, che, pur conservando la pianta basilicale della chiesa precedente, con le tre navate divise da dodici colonne antiche in marmo cipollino, fu ampliato e rialzato di circa un metro. Nello stesso tempo venne disposta la demolizione dell'adiacente Chiesa di San Ciriaco, per la costruzione della nuova abside e dell'attiguo Arcus Novus che impediva, per la sua posizione, la realizzazione della facciata.
Dal Cinquecento a oggi
Nel 1639, la nobildonna Olimpia Aldobrandini (1623-1681), che possedeva il palazzo omonimo (poi Doria Pamphilj), nel quale la chiesa era inserita, concesse ai presbiteri che la officiavano una porzione della sua proprietà per realizzare una nuova abside.
L'interno, infatti, venne rinnovato in occasione dell'Anno Santo del 1650 da Cosimo Fanzago (1591-1678) con importanti opere eseguite nel 1647-1648, grazie al contributo di Francesco d'Aste, che abitava nel vicino palazzo al termine della via Lata, acquistato nel 1818 da Letizia Ramolino (1750-1836), madre di Napoleone Bonaparte. Inoltre, tra il 1642 e il 1650 furono eseguiti, vari lavori e migliorie all'apparato decorativo a cura di Giacinto Brandi (1621-1691), in parte andato perduto.
Nel 1658 Pietro da Cortona (1596-1669), su incarico di Alessandro VII (1655-1667), progettò la monumentale facciata con il portico antistante, i cui lavori furono terminati nel 1662.
Nel 1863 Pio IX (1846-1878) dispose un complessivo restauro, diretto da Salvatore Bianchi (1821-1884) e nell'occasione venne rifatto il soffitto ligneo seicentesco a riquadri dipinti.
Nel 1905 il diacono Francesco Canavari intraprese importanti lavori di scavo archeologico ritrovando nel sottosuolo della basilica i resti del portico con magazzini e botteghe e quelli della chiesa originaria con dipinti murali del IX e XII secolo.
Nel 1969, presso la basilica nasceva il Centro Eucaristico Ecumenico, istituito dalla venerabile Maria Oliva Bonaldo (1893-1976), che accogliendo l'espresso invito di papa Paolo VI (1963-1978), volle aprire una casa interamente dedita all'attività ecumenica, che chiamò Mater Unitatis per sostenere con l'adorazione del Santissimo Sacramento l'unità dei cristiani. Dal 1974 la Comunità collabora anche con il Centro di Cultura Mariana, sorto all'interno della stessa chiesa, di cui è direttore e iniziatore il padre servita Ermanno Maria Toniolo.[4]
La chiesa attualmente è luogo sussidiario di culto della parrocchia dei Santi Dodici Apostoli.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santa Maria in Via Lata, istituito intorno al 250 da papa Fabiano: il titolo attualmente (2021) è vacante.
Descrizione
Esterno
Facciata
La splendida facciata, costruita fra il 1658 e il 1662 da Pietro da Cortona, è suddivisa in due ordini da una cornice marcapiano: l'inferiore, che immette in un portico a pianta ovale, è articolato da quattro colonne corinzie tra lesene e finestre; il superiore, ha un'ampia loggia colonnata con capitelli compositi in forma di serliana tra due nicchie; un grande timpano triangolare, sormontato da una croce e decorato con vasi fiammeggianti, conclude il prospetto.
Nella cornice marcapiano si legge l'iscrizione dedicatoria:
« | DEIPARAE VIRGINI SEMPER IMMACULATAE MDCLXII » |
Campanile
Arretrato sulla sinistra della basilica, si erge l'elegante campanile, progettato nel 1580 da Martino Longhi il Vecchio, con campane databili al 1465 e 1615: notevole la soluzione della cella, con lesene a mensola con capitelli ionici e timpano curvo su ogni lato, sormontata da un cupolino.
Interno
L'interno della chiesa presenta una pianta basilicale, divisa in tre navate da dodici colonne, originariamente di marmo cipollino ma rivestite dal Fanzago di diaspro siciliano, con capitelli ionici; le navate laterali presentano due altari laterali, volte a crociera e terminano con cappelle che fiancheggiano l'abside semicircolare, inglobata in un'ala del Palazzo Doria Pamphilj.
La navata centrale è coperta da un soffitto ligneo a cassettoni che presenta al centro un dipinto murale:
- Incoronazione di Maria Vergine (1650), olio su tela di Giacinto Brandi.
Lungo la navata sinistra sono posti due altari laterali:
- al primo altare, pala con Madonna con Gesù Bambino in trono tra sant'Antonio da Padova, san Lorenzo, santa Prassede e san Venanzio (primo quarto del XVIII secolo), olio su tela di Pietro de Petri.[5]
- al secondo altare, pala con San Paolo battezza santa Sabina e i suoi figli (1725 ca.), olio su tela di Pier Leone Ghezzi.
Cappella di San Ciriaco
In fondo alla navata sinistra, accanto al presbiterio, è ubicata la cappella, dedicata a san Ciriaco, dove sono collocati:
- all'altare, pala con Madonna con Gesù Bambino tra san Ciriaco e santa Caterina d'Alessandria (1716), olio su tela di Giovanni Odazzi.
- alle pareti laterali,
- Monumento funebre di Giuseppe Luciano Napoleone Bonaparte (1865), in marmo di Andrea Tombini;
- Monumento funebre di Zenaide Bonaparte (1854), in marmo di Pietro Tenerani.
Presbiterio
Sul presbiterio, rialzato di alcuni gradini e delimitato da una balaustra, è posto l'altare maggiore (1636-1643) attribuito a Gian Lorenzo Bernini, dove si può ammirare:
- entro mostra, Madonna avvocata detta anche Haghiosoritissa (fine XIII secolo), tavola del cosiddetto Maestro di Santa Maria in Via Lata.[6]
Cappella del Santissimo Sacramento
In fondo alla navata destra, accanto al presbiterio, è ubicata la cappella, dedicata al Santissimo Sacramento, dove si notano:
- all'altare, Tabernacolo a tempietto, in alabastro e lapislazzuli.
- alle parete sinistra, Monumento a papa Pio IX (1871), in marmo di Ignazio Jacometti.
Lungo la navata destra sono posti due altari laterali:
- al primo altare, dedicato a sant'Andrea apostolo, si nota:
- pala con Crocifissione di sant'Andrea (1685), olio su tela di Giacinto Brandi.[7]
- al secondo altare, dedicato a san Giuseppe, si conserva:
- pala con San Giuseppe con Gesù Bambino, san Nicola di Bari e san Biagio (1686), olio su tela di Giuseppe Ghezzi.[8]
Controfacciata
Sulla controfacciata è collocata:
- Cantoria (1628), in legno intagliato e dorato di Francesco Speranza.
Ambienti sotterranei
Dal porticato si accede, attraverso una scala, agli ambienti sotterranei dove sono visibili i resti dell'antica basilica, costituita da sei vani, cinque dei quali furono recuperati, tra il 1658 e il 1662, da Pietro da Cortona, che li restaurò e decorò. La sistemazione seicentesca (purtroppo irrimediabilmente guastata dagli scavi del 1905 e del 1964) salvaguardò una serie di dipinti murali ad affresco di straordinaria importanza per lo studio dell'arte romana altomedioevale; tuttavia, a causa della grande umidità degli ambienti, nel 1960 l'Istituto Centrale del Restauro procedette al definitivo distacco degli affreschi, oggi esposti - dopo un lungo restauro - nel Museo Nazionale Romano - Crypta Balbi di Roma.
I vano
Nell'ambiente è ancora visibile la colonna di granito (alta metri 2.30) con base e capitello corinzio, connessa alla memoria della prigionia di san Paolo, che secondo una tradizione avrebbe dimorato proprio qui; verso l'angolo settentrionale è posto il pozzo ottagonale da cui sarebbe scaturita l'acqua prodigiosa in seguito alle preghiere dell'Apostolo.
II vano
Nell'ambiente è conservato ancora un altare in muratura, collocato al centro della parete settentrionale, alto circa un metro e di forma cubica, presenta un'apertura collocata sul piano della mensa (per contenere le reliquie) e la fenestella confessionis al centro della superficie anteriore. Alcuni dipinti murali decorano le facce visibili: l'anteriore presenta piccole croci bianche su fondo scuro, le laterali una croce rossa dai cui angoli nascono palmette. Dal confronto con altari analoghi (come quello di San Nicola de' Cesarini), può essere attribuito alla fase originaria della diaconia paleocristiana. Nell'ambiente è, inoltre, visibile:
- Testa di santa (1049), affresco appartenente alla decorazione absidale riferibile al tempo dei lavori intrapresi nella chiesa da Leone IX: essa mostra una vivacità compositiva che lo accomuna ai dipinti murali della Chiesa di Santa Maria Immacolata in Ceri.
III vano
Da questo ambiente, provengono alcuni dipinti murali, attualmente esposti al Museo Nazionale Romano - Crypta Balbi, raffiguranti:
- Orazione di Gesù Cristo nell'orto di Gethsemani (prima metà del VII secolo), affreschi di ambito forse non romano dotato di notevoli capacità espressive;[9]
- Tre teste di santi (VIII secolo), affreschi di ambito romano dalla decisa impostazione plastica e una vigorosa espressività che li collega ai dipinti più antichi di San Crisogono.
IV vano
L'ambiente presenta nella parete occidentale un antico accesso, tamponato dalle strutture di fondazione della chiesa del XI secolo, dove nell'arco che divide questo ambiente dal I vano era raffigurata una ghirlanda di rose e ai lati, scendendo lungo i pilastri, un tempietto e figure di santi. Anche le altre pareti erano decorate con pregevoli dipinti murali, che andarono rovinati con la costruzione delle fondazioni della superiore chiesa medioevale, ma che ancora sono parzialmente identificabili:
- sul lato sud, Mosè;
- sul lato nord, Porta in prospettiva;
- sul lato ovest, Alcune figure, che dovevano far parte di un Giudizio di Salomone.
Mentre sul lato orientale erano collocati preziosi dipinti murali, attualmente al Museo Nazionale Romano - Crypta Balbi, raffiguranti:
- nel registro superiore, Storie della vita di sant'Erasmo (seconda metà dell'VIII secolo), affreschi staccati di ambito romano: il ciclo per il suo intento narrativo, presenta delle immagini, in parte sproporzionate, che sembrano seguire un filone di arte popolare che si riscontra in analoghi dipinti contemporanei.[10]
- nel registro inferiore, Storie dei Sette Dormienti e due committenti (seconda metà dell'VIII secolo), affreschi staccati di ambito romano: nell'opera, seppur frammentaria, i due committenti sono individuati da altrettante iscrizioni:
« | Benedicta mulier » |
« | Ego Silbester mon[achus] » |
V vano
L'ambiente ha conservato notevoli tracce di dipinti murali raffiguranti:
- Santi Giovanni e Paolo (seconda metà dell'IX secolo), affreschi di ambito romano:[11] le due figure monumentali, alte m. 1.25, poste a ornamento degli stipiti interni del passaggio aperto tra il IV e il V vano, sono identificabili grazie alle iscrizioni che le corredano:
« | Paulus e [Johan]nes. » |
VI vano
L'ambiente presenta una porta colmata da un poderoso muro di fondazione relativo alla ricostruzione della chiesa a un livello più alto avvenuta nell'XI secolo. Al centro del vano è posto:
- Altare (XII secolo): esso fu realizzato riutilizzando un antico cippo nelle cui facce a vista fu inserita una decorazione cosmatesca, formata da frammenti di marmi antichi (porfido, serpentino, basalto).
Note | |
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Bibliografia | |
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