Paolo de Töth

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Francesco Ferdinando Paolo de Töth
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Don Paolo de Töth mentre pronuncia il panegirico di san Pio X la sera del 17 novembre 1953 dall'altare maggiore della Basilica di Santa Prassede a Roma.
Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 84 anni
Nascita Udine
7 marzo 1881
Morte Maiano [1]
25 dicembre 1965
Sepoltura
Appartenenza Diocesi di Spoleto, poi diocesi di Fiesole
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Ordinato diacono
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Ordinazione presbiterale 8 settembre 1906
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Incarichi ricoperti
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Francesco Ferdinando Paolo de Töth (Udine, 7 marzo 1881; † Maiano [1], 25 dicembre 1965) è stato un presbitero, testimone e giornalista italiano.

Biografia

Nacque a Udine il 7 marzo 1881 dal barone Francesco de Töth, la cui famiglia era stata espulsa dall'Ungheria in seguito alla rivoluzione del 1848, e da Eleonora Vannini; fu battezzato il giorno stesso con i nomi di Francesco Ferdinando Paolo, sebbene fosse solito firmarsi solo con l'ultimo dei tre. Fece una breve esperienza nell'Ordine carmelitano, dal quale in seguito uscì[2], sebbene lo spirito carmelitano sia rimasto fortemente presente nella sua vita interiore.

Fu ordinato sacerdote l'8 settembre 1906 dall'Arcivescovo di Spoleto Domenico Serafini. Ebbe una formazione filosofica e teologica di orientamento tomista|tomista, sotto la guida del gesuita Guido Mattiussi (1852-1925), l'autore delle celebri XXIV tesi tomistiche .

Giornalista e polemista

Nello stesso anno 1906, all'età di venticinque anni, diede inizio alla propria attività giornalistica, trasformando un foglio di devozione locale, Le meraviglie di Dio in Santa Chiara da Montefalco, in un battagliero quindicinale antimodernista, Le Armonie della Fede. Diresse questa rivista fino al 1914, prima a Montefalco, poi a Siena e infine a Firenze.

Due anni dopo, nel marzo 1908, fu chiamato dal Papa, san Pio X, alla direzione del più importante quotidiano intransigente dell'epoca, L'Unità Cattolica, pubblicato a Firenze. Lo stesso Pontefice nell'agosto 1909 lo allontanò dalla direzione del quotidiano in seguito ad alcune polemiche con autorità ecclesiastiche, provocate dal carattere focoso di don de Töth[3].

Fede e Ragione

Dopo l'allontamento dalla direzione de L'Unità Cattolica, don de Töth fu accolto da Giovanni Fossà (1853-1936), vescovo di Fiesole, nella cui diocesi fu incardinato il 17 marzo 1913[4]. Lo stesso mons. Fossà protesse don de Töth anche dai molti attacchi che subì negli anni seguenti come direttore del settimanale Fede e Ragione, fondato dallo stesso sacerdote nel 1919.

In questa testata pubblicò saggi teologici, filosofici e storici di carattere formativo e, al contempo, commentò i principali avvenimenti dell'epoca. La rivista era avversa al Partito Popolare Italiano e al modernismo; inoltre attaccò il movimento fascista, denunciandone l'ideologia, nonché la presenza tra i fondatori di numerosi massoni. Dopo l'attenuazione degli aspetti anticattolici del regime, cambiò atteggiamento, nella speranza che potesse essere trasformato fino ad assomigliare a uno Stato cattolico[5].

La rivista cessò le pubblicazioni nel 1929, dopo la stipula dei Patti Lateranensi, senza ragione evidente, forse perché vista con avversione sia dal regime fascista sia dalla Santa Sede e in particolare dal segretario di Stato, il cardinale Pietro Gasparri (1852-1934)[6].

Parroco e biografo

A partire da quel momento, e fino alla fine della sua vita, don de Töth fu parroco nella parrocchia di San Martino a Maiano, frazione di Fiesole. Oltre all'attività pastorale, si dedicò alla stesura della vita del conte bergamasco Stanislao Medolago Albani (1851-1921), suo amico. L'opera non è soltanto un'accurata biografia, ma anche una monumentale storia del movimento cattolico dal 1874 al 1902, cioè dalla fondazione dell'Opera dei Congressi all'elezione a presidente di quest'ultima del conte Giovanni Grosoli Pironi (1859-1937)[7].

Il lavoro è diviso in tre parti: nella prima viene descritta l'infanzia di Medolago Albani, segnata dalla precoce perdita dei genitori; nella seconda vengono presentate le importanti vicende politiche e sociali del movimento cattolico bergamasco, con particolare attenzione agli scontri elettorali della seconda metà del XIX secolo; nella terza si affrontano le vicende nazionali del movimento cattolico. Tutta la ricerca è corredata da moltissimi documenti inediti.

Don de Töth morì a Maiano il 25 dicembre 1965, poche settimane dopo la conclusione dei lavori del Concilio Vaticano II.

Giudizi

Un bilancio sulla figura di don de Töth ha dato Marco Invernizzi, storico del movimento cattolico in Italia:

« Nel corso di tutta la vita [...] ha indubbiamente suscitato tanto forti simpatie quanto profonde avversioni, anche a causa del suo carattere immediato e sanguigno e dello stile giornalistico dell'epoca [...]. Molti potranno anche scandalizzarsi leggendo, per esempio, le violente polemiche, che coinvolgono anche alcune autorità ecclesiastiche, fra Fede e Ragione e L'Unità Cattolica dopo le dimissioni di don de Töth. Ma [...] l'intensità della polemica antimodernista di don de Töth [...] apparirà giustificata proprio dall'esplosione del modernismo negli ultimi anni della [sua] vita [...].

Tuttavia, alcune persone che hanno conosciuto e frequentato don de Töth – in primis il conte Antonio Medolago (1908-1982), che ne ha ereditato e custodito la biblioteca, e la figlia di questi Luisa Maddalena -, se sono state testimoni delle manifestazioni del suo carattere focoso, hanno anche potuto verificare la sua mancanza di rancore verso chiunque come pure la sua limpidezza di fondo, che gli impediva di tacere quanto pensava, anche quando questo tratto andava contro i suoi interessi. »

Note
  1. Frazione del comune di Fiesole, in provincia di Firenze.
  2. In una comunicazione al vescovo di Spoleto il medesimo de Töth scrisse che ciò era stato motivato dall'"assoluta mancanza di spirito religioso ch'è in quell'ordine e particolarmente dal fatto della vita privata che ivi si pratica" (citato in Invernizzi 1997).
  3. Lo stesso interessato, in una lettera scritta molti anni dopo, il 4 aprile 1950, e indirizzata al postulatore della causa di beatificazione di san Pio X: "avendo io travalicato i limiti, che un giusto riserbo e doveroso riguardo imponeva, mi allontanò dalla direzione del giornale, cui mi aveva messo a capo". In ogni caso, don de Töth conservò per papa Sarto una grande devozione, come testimonia la deposizione rilasciata nel corso del processo di beatidicazione: "ogni volta che mi accostai a lui, ebbi la sensazione di avvicinare un santo" (entrambe le citazioni sono ricavate da Invernizzi 1997)
  4. Cfr. Vannoni 1975, p. 11.
  5. Cfr. Invernizzi 1997.
  6. Secondo quanto scritto dal vescovo di diocesi di Fiesole, mons. Giovanni Fossà (1853-1936), a Papa Pio XI (1922-1939) il 4 febbraio 1923, la Segreteria di Stato voleva la rivista "soppressa a ogni costo" (citato in Invernizzi 1997).
  7. Cfr. Invernizzi 1997.
Bibliografia
Voci correlate