Basilica di Santa Prassede all'Esquilino (Roma)
Basilica di Santa Prassede all'Esquilino | |
Roma, Basilica di Santa Prassede all'Esquilino | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Via Santa Prassede 9/A 00184 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 4882456 |
Fax | +39 06 4819059 |
Proprietà | Congregazione Vallombrosana; Fondo Edifici di Culto (Stato Italiano) |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | Santa Prassede di Roma |
Sigla Ordine qualificante | O.S.B. Vall. |
Sigla Ordine reggente | O.S.B. Vall. |
Data fondazione | V secolo, fine |
Architetti |
Martino Longhi il Vecchio (restauro del XVI secolo) Francesco Ferrari (presbiterio e cripta) Antonio Muñoz (restauro del XX secolo) |
Stile architettonico | paleocristiano, barocco |
Inizio della costruzione | V secolo, fine |
Completamento | 1937-1938 |
Pianta | basilicale |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Basilica di Santa Prassede all'Esquilino è una chiesa di Roma, situata nel centro storico della città, nel rione Monti.
Storia
Dalle origini al Medioevo
Nell'area della Basilica di Santa Maria Maggiore sorsero molte chiese, tra cui, come attesta un epitaffio del 491, un titulus Praxedis. Questo fa riferimento a santa Prassede (II secolo), sorella di santa Pudenziana e figlia del senatore romano Pudente, membro della potente famiglia degli Acilii Glabriones, convertitosi al cristianesimo. Secondo alcune Passio, composte nel V - VI secolo, le due sorelle sarebbero state uccise perché dedite alla sepoltura dei martiri delle persecuzioni di Antonino Pio (86-161) nei pozzi situati in un ampio terreno, adiacente alla domus paterna,[1] che si estendeva dal Vicus Patricius (oggi Via Urbana) fino alla zona di San Martino ai Monti.
Le fonti storiche attestano che la chiesa fu arricchita e rinnovata da papa Adriano I (772-795), intorno al 780 e successivamente da Leone III (802-806).
Pasquale I (817-824), temendo un crollo dell'edificio originario, riedificò completamente la chiesa affiancandole anche un monastero affidato a monaci greci.
A metà del XII secolo la chiesa fu affidata ai canonici regolari, i quali però trascurarono l'intero complesso, così che papa Celestino III (1191-1198), alla fine del secolo, si vide costretto a togliergli la gestione, e il suo successore, Innocenzo III (1198-1216), ad assegnarla, nel 1198, ai monaci della Congregazione Vallombrosana, che ancora oggi ne hanno la custodia. È in questo periodo che si realizzano i tre arconi trasversali, portati da sei pilastri che inglobano altrettante colonne, per consolidare la struttura.
Nel XIII secolo venne costruito il campanile elevandolo direttamente sui muri perimetrali del braccio sinistro del transetto e chiudendolo con un quarto lato. Per cancellare forse la conseguente dissimmetria, pochi anni dopo fu creata in quello destro la Cappella del Crocifisso.
Dal Cinquecento a oggi
Nel secoli successivi, la basilica fu sottoposta a ulteriori lavori di ristrutturazione commissionati dai cardinali titolari che ne alterarono alquanto il carattere originario: il cardinale Antonio Pallavicini Gentili (1441-1507) fece restaurare l'area presbiteriale; san Carlo Borromeo (1538-1584), che tra il 1583 e il 1586, affidò a Martino Longhi il Vecchio (1534-1591) la sistemazione della scalinata d'accesso, del portale centrale, della sacrestia e della copertura a volte delle navate laterali, e l'apertura delle otto grandi finestre della navata mediana; Alessandro de' Medici, il futuro Leone X (1475-1521), commissionò l'apparato decorativo della navata centrale; il cardinale Lodovico Pico della Mirandola (1668-1743) che, tra il 1728 e il 1734, su indicazione del sinodo romano del 1725, fece cercare le reliquie antiche e questo creò l'occasione per una nuova sistemazione della zona presbiteriale e il rifacimento della cripta, progettati da Francesco Ferrari (1703-1744).
Nel 1824 con la bolla Super Universam papa Leone XII (1823-1829), nell'ambito di un piano di riforma delle parrocchie romane, già elaborato al tempo di Pio VII, sopprimeva quella di Santa Prassede.
Nel 1873 la chiesa fu espropriata e incamerata dal demanio del Regno d'Italia,[2] successivamente passò in quello della Repubblica italiana, che ancora oggi la gestisce attraverso il Fondo Edifici di Culto (FEC).
Infine nel corso del XIX e XX secolo diversi interventi mirarono al recupero delle strutture medievali attraverso la distruzione delle aggiunte successive: nel 1918 Benedetto XV (1914-1922) affidò i lavori ad Antonio Muñoz (1884-1960), al quale si deve anche il pavimento moderno in stile cosmatesco; nel 1937-1938 il medesimo architetto rimosse l'intonaco della facciata per ripristinare l'antico prospetto.
La basilica attualmente è luogo sussidiario di culto della parrocchia di Santa Maria Maggiore in San Vito.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santa Prassede istituito nel 112 da papa Evaristo: l'attuale titolare è il cardinale Paul Poupard.
Descrizione
Esterno
Protiro e cortile
L'ingresso principale è preceduto da un protiro romanico (1), composto da una volta a botte impostata su mensole marmoree sostenute da due colonne in granito con capitelli ionici e basi costituite da capitelli tuscanici rovesciati, sormontato da una sobria loggetta realizzata nel XVIII secolo.
Dal protiro, tramite una scala a doppia rampa rielaborata nel 1575, si entra nel cortile quadrangolare (2) delimitato da una serie di edifici residenziali, costruiti nel corso del tempo sull'originario quadriportico paleocristiano.
Facciata
Sul cortile prospetta la facciata a capanna, in laterizi a vista, frutto dei restauri del 1938: nel corso di questo intervento sono state recuperate anche due delle tre finestre celate dall'intonaco. La facciata, che nella parte alta era ornata a mosaico (alcuni frammenti sono visibili nella prima finestra a sinistra), è aperta nella parte superiore da tre monofore a doppia ghiera di mattoni e, in quella inferiore, dal portale barocco con timpano marmoreo e un cornicione riccamente decorato.
Campanile
Lo splendido campanile, che sorge all'estremità meridionale del braccio sinistro del transetto della chiesa, fu costruito tra la fine dell'XII e l'inizio del XIII secolo. La torre campanaria, a pianta rettangolare (9), s'innalza con un solo piano scandito da una coppia di bifore poggianti su colonnine marmoree e capitelli a stampella: all'interno sono inserite due campane del 1621.
Interno
L'interno, a pianta basilicale, era costituito da tre navate divise originariamente da 12 colonne di granito a trabeazione rettilinea; quindi sei di queste furono ridotte a pilastri, ai quali si appoggiano archi trasversali di rinforzo nelle navate minori.
La navata centrale (3), risistemata tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, è coperta da un pregevole soffitto a cassettoni e presenta al centro del pavimento cosmatesco, rifatto nel 1918, un disco di porfido che copre uno dei pozzi nei quali santa Prassede e la sorella santa Pudenziana raccoglievano i resti dei martiri: si parla di diverse migliaia e proprio per questo la chiesa è una delle più venerate di Roma.
Lungo la navata centrale si conservano:
- alla pareti laterali, ciclo di otto dipinti murali con Storie della passione di Gesù Cristo (1594-1596), affreschi di Giovanni Balducci, Paris Nogari, Girolamo Massei, Agostino Ciampelli e Baldassarre Croce.
- al nono pilastro destro,
- Monumento funebre del vescovo Giovanni Battista Santoni (1613 - 1616 ca.), in marmo di Gian Lorenzo Bernini (15).[3]
- Crocifissione di Gesù Cristo (fine XIII secolo), affresco di ambito romano.
Lungo la navata sinistra si aprono quattro splendide cappelle:
- nella prima cappella, dedicata a san Pietro apostolo (4), edificata nel 1721 e ristrutturata nel 1735, si conserva:
- all'altare, pala con Visita di san Pietro alla casa del senatore Pudente (XVIII secolo), olio su tela di ambito romano;
- alle pareti laterali, San Giovanni Battista indica Gesù Cristo come l'Agnello di Dio e Sant'Emerenziana prega sulla tomba di sant'Agnese (1721), olio su tela di Giuseppe Severoni.
- nella seconda cappella, dedicata a san Carlo Borromeo (5), ristrutturata nel 1735, si conserva:
- all'altare, pala con San Carlo Borromeo prega il Crocifisso per la cessazione della peste di Milano del 1576 (1739), olio su tela di Etienne Parrocel.
- alle pareti laterali, Meditazione di san Carlo Borromeo sulla passione di Gesù Cristo e San Carlo Borromeo in estasi (1741), olio su tela di Ludovico Stern.
- la terza cappella, dedicata a santa Veronica, detta anche Cappella Olgiati (6), fu costruita da Martino Longhi il Vecchio tra il 1583 e il 1586 e commissionata dalla famiglia Olgiati, banchieri comaschi, che ebbero vari incarichi nella Camera Apostolica. All'interno si notano:
- all'altare, Gesù Cristo incontra santa Veronica (1595), olio su lavagna di Federico Zuccari.[4]
- sulla volta, Ascensione di Gesù Cristo, Profeti e Sibille con angeli, Dottori della Chiesa, Storie della passione di Gesù Cristo (1593-1595), affreschi di Giuseppe Cesari detto il Cavalier d'Arpino.[5]
- la quarta cappella, dedicata a san Giovanni Gualberto (7), edificata nella prima metà del XIX secolo, venne completamente ristrutturata nel 1933 da Ernesto Leschiutta e decorata con dipinti murali ad affresco e mosaici eseguiti nel medesimo periodo da Giulio Bargellini.
Presbiterio e abside
L'arco trionfale, che separa la navata dal presbiterio, e il catino absidale presentano una splendida decorazione musica raffigurante:
- nell'arco trionfale Gerusalemme celeste (817-824), mosaico di maestranze romane:[6] l'opera, che fa riferimento all'Apocalisse (21,1-27), è articolata su due registri:
- nel registro superiore, al centro, entro una città stilizzata (Gerusalemme), sono presentati 21 personaggi: Gesù Cristo con tunica rossa, affiancato da due angeli; al di sotto di questi, a sinistra Maria e san Giovanni Battista, a destra santa Prassede. Seguono i dodici apostoli, sei per lato. Alle estremità si trovano: a sinistra Mosè che tiene in mano una tavola con l'iscrizione Lege (legge); a destra il profeta Elia, che tende le braccia verso Cristo, con accanto un angelo, con in mano un libro, simbolo dell'Antico Testamento e una canna. La città ha due porte aperte, a destra e a sinistra, entrambe custodite da un angelo. All'esterno, su due ordini, sono rappresentati gli eletti di cui parla l'Apocalisse (7,4 e 14,1), che suddivisi in due gruppi, a destra e a sinistra, entrambi guidati da un angelo che indica loro l'entrata: si possono riconoscere san Pietro e san Paolo (a destra), vescovi (con casula e pallio), martiri (con la corona), donne riccamente vestite, soldati (con la clamide).
- nel registro inferiore, Altri eletti con rami di palma: figure parzialmente distrutte dalla costruzione nel 1583-1586 di due edicole per la conservazione dei reliquiari.
- nel catino absidale, Gesù Cristo benedicente tra santi e papa Pasquale I e Agnello di Dio tra dodici pecore convergenti (817-824), mosaico di maestranze romane.[7][8] L'opera divisa in tre registri presenta:
- nel registro superiore, al centro Gesù Cristo, al quale la mano di Dio Padre porge la corona; a sinistra, san Paolo e santa Prassede che presenta Pasquale I con il nimbo quadrato dei personaggi viventi e il modello della chiesa; a destra, san Pietro, santa Pudenziana e un santo diacono, forse san Zenone; due palme (simbolo del Paradiso) fiancheggiano la composizione.
- nel registro centrale, due teorie di sei pecore che escono dalle città gemmate di Betlemme (a sinistra) e di Gerusalemme (a destra) per dirigersi verso l'Agnello di Dio al centro e che vanno probabilmente identificati con gli Apostoli. ;
- nel registro inferiore, iscrizione in esametri, nella quale si legge:
(LA) | (IT) | ||||
« | EMICAT AULA PIAE VARIIS DECORATA METALLIS / PRAXEDIS D(omi)NO SUPER AETHRA PLACENTIS HONORE / PONTIFICIS SUMMI STUDIO PASCHALIS ALUMNI / SEDIS APOSTOLICAE PASSIM QUI CORPORA CONDENS / PLURIMA S(an)C(t)ORUM SUBTER HAEC MOENIA PONIT / FRETUS UT HIS LIMEN MEREATUR ADIRE POLORUM. » | « | Sfavilla decorata con vari metalli (preziosi) l'aula della santa / Prassede che piacque al signore nel cielo / per lo zelo del sommo pontefice Pasquale / innalzato al seggio apostolico, che ha raccolto ovunque i corpi / di numerosi santi e li ha posti sotto queste mura / fiducioso che il suo servizio gli abbia meritato di venire alla soglia del cielo. » |
- nell'arco absidale, Agnello di Dio tra i simboli degli evangelisti, Ventiquattro vegliardi dell'Apocalisse (817-824), mosaico di maestranze romane:[9] l'opera, che fa riferimento all'Apocalisse (4,1-5,14), presenta al centro la figura dell'Agnello di Dio, entro un clipeo blu, seduto su un trono, ai cui lati si vedono simmettricamente disposti e su due registri:
- nel registro superiore,
- Sette candelabri;
- Quattro angeli, in piedi, sopra delle piccole nubi;
- Quattro esseri viventi sono identificati con gli Evangelisti: ciascuno, infatti, porta un libro, il Vangelo. A sinistra un uomo (Matteo) e il leone (Marco); a destra c'è l'aquila (Giovanni) e il toro (Luca);
- nel registro inferiore, Ventiquattro vegliardi, dodici per parte, suddivisi in tre file di quattro personaggi, vestiti di bianco e con le mani velate offrono a Gesù Cristo delle corone d'oro.
- nel registro superiore,
Il presbiterio (10), ristrutturato per volontà del cardinale Ludovico Pico della Mirandola tra il 1728 e il 1734 da Francesco Ferrari, presenta tre rampe di scale: una centrale di accesso alla cripta, mentre le laterali conducono alla zona presbiterale rialzata di alcuni gradini, dove sono collocati:
- nella parete dell'absidale, dietro all'altare maggiore, Santa Prassede raccoglie il sangue dei martiri (1735), olio su tela, di Domenico Maria Muratori.
- al centro, Ciborio (1730), in marmi policromi, di Francesco Ferrari: l'opera, a pianta quadrata, è costituita da quattro colonne di porfido rosso che appartenevano al precedente del IX secolo, su cui si imposta la cupoletta decorata da dipinti murali ad affresco di Antonio Bicchierai e da Angeli in stucco al sommo del fastigio di Giuseppe Rusconi.
- a destra, Assunzione di Maria (1880), olio su tela di Francesco Gai.
- a sinistra, sulla cantoria, Organo a canne (1942), costruito dalla ditta Tamburini, riutilizzando parte del precedente realizzato nel 1884 da Filippo Tronci.[10] Il nuovo strumento, a due tastiere e pedaliera concavo-radiale, è a trasmissione elettrica e ha la seguente disposizione fonica:
I - Grand'Organo | II - Espressivo | Pedale | Unioni e accoppiamenti |
---|---|---|---|
Ripieno 6 file | Voce Corale 8' | Subbasso 16' | I-P |
XV 2' | Oboe 8' | Contrabbasso 16' | Ottava Acuta I-P |
XII 2.2/3' | Concerto di Viole 8' | Bordone 8' | II-I |
Ottava 4' | Voce Celeste 8' | Basso 8' | Ottava Acuta I |
Principale Dolce 8' | Salicionale 8' | Ottava 4' | Ottava Acuta II-I |
Principale Forte 8' | Gamba 8' | Ottava Grave II-I | |
Principale 16' | Eufonio 8' | II-P | |
Dulciana 8' | Bordone 8' | Ottava Acuta II-P | |
Flauto 8' | Flauto Armonico 4' | Ottava Acuta II | |
Flauto Ottavinante 4' | Flauto in XII 2.2/3' | Ottava Grave II | |
Tromba 8' | Tremolo |
Cripta
Per la scala centrale del presbiterio, si scende alla cripta (11), completamente ristrutturata tra il 1728 e il 1734 da Francesco Ferrari che originariamente era semianulare con due ingressi laterali dal transetto. L'apertura di questa camera portò alla luce due sarcofagi contenenti, secondo l'iscrizione, le spoglie di santa Prassede e santa Pudenziana. L'importanza di tale ritrovamento impose la creazione di una cappella, a metà di un corridoio che unisce la parte semianulare con la navata centrale, in fondo al quale è stato collocato un altare decorato con un paliotto cosmatesco, proveniente dall'altare maggiore originario, al di sopra del quale è collocato un dipinto murale raffigurante:
- Madonna tra santa Prassede e santa Pudenziana (XVIII secolo), affresco di ambito romano:[11] l'opera, molto rovinata, è una copia dell'originale della seconda metà del XIII secolo che si trovava nella camera delle reliquie distrutta.
Una seconda scala-porta collega la cripta con la Cappella del Crocifisso.
Cappella del Crocifisso
La cappella, dedicata al Santissimo Crocifisso (12), che occupa il braccio destro del transetto, edificata nel XIII secolo e restaurata nel 1927 da Antonio Muñoz (1884 – 1960), presenta una raccolta dei reperti paleocristiani e medievali rinvenuti durante i lavori del 1918. All'interno si notano:
- all'altare, Gesù Cristo crocifisso (XVI secolo), in legno intagliato policromo, di ambito romano.
- sul lato opposto all'altare, Monumento funebre del cardinale Pantaléon Anchier de Troyes (1286 - 1290 ca.), in marmo e mosaico, attribuita ad Arnolfo di Cambio:[12] l'epigrafe, a caratteri gotici, posta sopra la tomba ricorda la data del 1° novembre 1286, giorno del assassinio del prelato avvenuto proprio in questa cappella.
Ingresso laterale
In fondo alla navata destra, dopo la Cappella del Crocifisso, si apre l'ingresso laterale (13) alla basilica dove è collocato un dipinto murale raffigurante:
- entro edicola marmorea, Madonna con Gesù Bambino benedicente detta Madonna della salute (XIII secolo), affresco di ambito romano.
Lungo la navata destra si aprono quattro pregevoli cappelle.
Cappella della Madonna del Rosario
Nella prima cappella, originariamente dedicata a san Bernardo degli Uberti, oggi dopo la nuova sistemazione effettuata nel 1886 alla Madonna del Rosario (19), si nota:
- all'altare, pala con Miracolo di san Bernardo degli Uberti (1716 - 1717), olio su tela di Filippo Luzi.
Cappella di San Pio X
Nella seconda cappella, dedicata a san Pio X, detta anche Cappella Cesi (18), edificata nel 1595 per volontà dal barone Federico Cesi e intitolata alla Madonna Addolorata, si conservano:
- all'altare, San Pio X (1955), olio su tela di Arnaldo Bartoli.
- alle pareti laterali, Adorazione dei Magi e Santi Gioacchino e Anna ricevono l'annuncio della nascita di Maria (1661 - 1663), olio su tela di Guglielmo Cortese detto il Borgognone.[13]
- nelle lunette, Sant'Elena fa erigere una statua alla Madonna e Assalto a papa Gelasio II (1661 - 1663), affreschi di Ciro Ferri.[14][15]
- nei pennacchi, San Pasquale I, Santa Francesca Romana, San Filippo Neri e Santa Firmina (1661 - 1663), affreschi di Ciro Ferri.[16][17][18][19]
Cappella di San Zenone
Per approfondire, vedi la voce Sacello di San Zenone |
La cappella, dedicata a san Zenone (16), fu eretta nel primo quarto del IX secolo da papa Pasquale I come mausoleo della madre Theodora: questa costituisce un raro esempio altomedioevale di oratorio annesso ad una basilica di Roma.
Si entra nell'ambiente attraverso un portale costituito da materiale di spoglio, al di sopra del quale è posto un lunettone, che circoscrive una finestra centinata con un'urna marmorea di età classica, decorato a mosaico, databile tra l'817 e l'824, opera di maestranze romane, formato da un doppio giro di medaglioni, raffigurante:[20]
- nel giro interno, Madonna con Gesù Bambino in clipeo tra san Valentino, san Zenone, santa Prassede, santa Pudenziana e altre sante vergini;
- nel giro esterno, Gesù Cristo in clipeo e apostoli;
- agli angoli,
- in alto, Mosè ed Elia;
- in basso, Due papi: le due figure forse ritraggono Pasquale I e il suo successore Eugenio II.
L'interno della cappella s'ispira ai mausolei classici nella pianta cruciforme con colonne angolari e volta a crociera: le colonne di granito, i capitelli dorati e i pulvini sono di spoglio, tre basi risalgono al IX secolo; il pavimento è uno dei più antichi esempi di opus sectile a marmi policromi. I mosaici, eseguiti tra l'817 e l'824 da maestranze romane, rappresentano:
- nella volta, Gesù Cristo in clipeo sorretto da quattro angeli;[21]
- nella parete di fondo, sopra l'altare,
- entro lunettone, Madonna e san Giovanni Battista (o Deesis);[22]
- entro lunetta, Trasfigurazione di Gesù Cristo;[23]
- all'altare, entro nicchia, Madonna con Gesù Bambino in trono tra santa Prassede e santa Pudenziana (1223 - 1230 ca.), mosaico di maestranze romane.[24]
- nella parete sinistra,
- entro lunettone, Santa Prassede, santa Pudenziana e sant'Agnese;[25]
- entro lunetta sottostante, Agnello di Dio con i cervi che si dissetano ai quattro fiumi, Madonna tra santa Prassede, santa Pudenziana e Theodora Episcopa, Discesa di Gesù Cristo al limbo;[26]
- nella parete destra:
- entro lunettone, San Giovanni evangelista, sant'Andrea e san Giacomo maggiore;[27]
- entro lunetta sottostante, Gesù Cristo benedicente tra san Valentino e san Zenone;[28]
- nella controfacciata, Trono di Gesù Cristo tra san Pietro e san Paolo.[29]
Dalla cappella di san Zenone si entra, a destra, in un piccolo ambiente, dove entro una nicchia è custodita:
- Colonna dell flagellazione (17), a forma conica, che si restringe a tre quarti per poi riallargarsi nella parte superiore (alta circa 63 cm per un diametro di cm 40 alla base, di cm 20 alla sommità e di cm 13 nel punto più stretto), tradizionalmente si ritiene che sia quella a cui Gesù Cristo fu legato per essere flagellato, portata a Roma da Gerusalemme nel 1223 dal cardinale Giovanni Colonna, titolare della basilica e legato apostolico in Siria durante la quinta crociata. La colonna è inserita all'interno di reliquiario a tempietto, in bronzo, eseguito nel 1898 su disegno di Duilio Cambellotti.
Sacello del cardinale Alain de Coëtivy
La quarta cappella, che ha la funzione di sacello del cardinale Alain de Coëtivy (14), presenta:
- sulla volta e alle pareti laterali, Angeli, motivi a cassettoni, candelabre, motivi geometrici e vegetali (1474 - 1478 ca.), affreschi di ambito romano.[30]
- alla parete di fondo, Monumento funebre del cardinale Alain de Coëtivy (1474), in marmo, attribuito ad Andrea Bregno.[31]
Controfacciata
Nella controfacciata, ai lati del portale d'ingresso, sono collocati due dipinti murali, ad affresco, eseguiti nell'ultimo quarto del XVI secolo da Stefano Pieri, raffiguranti:
- a sinistra, Madonna annunciata;
- a destra, San Gabriele arcangelo annunciante.
Sacrestia e base del campanile
Dalla navata di sinistra si accede alla sacrestia (8), edificata tra il 1583 e il 1586 per volontà di san Carlo Borromeo (suo lo stemma al centro della volta), dove sono conservate alcuni interassanti dipinti raffiguranti:
- all'altare, Perdono di san Giovanni Gualberto (1594), olio su tela di Agostino Ciampelli.[32]
- alla parete sinistra,
- Gesù Cristo in pietà (1595 - 1599), olio su tela di Giovanni De Vecchi.[33]
- Flagellazione di Gesù Cristo (secondo quarto del XVI secolo), olio su tela di Giulio Romano.[34]
- alla parete destra, San Giovanni Gualberto trionfa sull'eresia (1661 - 1663), olio su tela di Guglielmo Cortese detto il Borgognone.[35]
Dalla sacrestia si entra in un ambiente posto alla base del campanile (9), dove nel 1808 sono stati ritrovati alcuni dipinti murali ad affresco di ambito romano (purtroppo oggi piuttosto deteriorati), eseguiti nel 817-824, raffiguranti:
- San Giuliano condotto in carcere;[36]
- Decapitazione dei soldati e dei figli di Celerino, Santa Daria seppellisce Giasone e Mauro;[37]
- Fustigazione di san Giuliano;[38]
- Marciano condanna al martirio i cristiani che rifiutano di adorare gli idoli;[39]
Note | |
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Bibliografia | |
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