Adorazione dei Magi (Albrecht Dürer)
Albrecht Dürer, Adorazione dei Magi (1504), olio su tavola | |
Adorazione dei Magi | |
Opera d'arte | |
Stato | |
Regione | Toscana |
Regione ecclesiastica | Toscana |
Provincia | Firenze |
Comune | |
Diocesi | Firenze |
Ubicazione specifica | Galleria degli Uffizi, sala 20 |
Uso liturgico | nessuno |
Comune di provenienza | Wittenberg (Germania) |
Luogo di provenienza | Castello, cappella |
Oggetto | dipinto |
Soggetto | Viaggio e adorazione dei Magi |
Datazione | 1504 |
Ambito culturale | Scuola danubiana |
Autore |
Albrecht Dürer |
Materia e tecnica | olio su tavola |
Misure | h. 99,5 cm; l. 113,5 cm |
Iscrizioni | 1504 / AD |
Note Opera firmata e datata | |
|
L'Adorazione dei Magi è un dipinto, eseguito nel 1504, ad olio su tavola, dal pittore tedesco Albrecht Dürer (1471 - 1528), proveniente dall'altare della cappella del Castello di Wittenberg (Germania) e ora conservato nella Galleria degli Uffizi di Firenze.
Descrizione
Ambientazione
La scena è ambientata davanti ad un edificio in rovina - che simboleggia la decadenza della civiltà antica, restaurata e rinnovata dalla venuta di Gesù - dove si notano:
- Arco diroccato, attraverso il quale passa il corteo dei Magi: simboleggia la fine dell'età romana con l'avvento di Cristo.
- Stella cometa, il cui splendore si riverbera ancora, in alto, a sinistra
Soggetto
Nel dipinto, in primo piano, su una platea rialzata di qualche gradino compaiono:
- Madonna, di profilo, offre Gesù Bambino all'adorazione dei Magi. Ella è presentata come una giovane donna dalle forme floride con indosso un manto blu, dai riflessi quasi metallici, che le dà un particolare rilievo plastico e un velo bianco, che spicca facendo convergere l'occhio dello spettatore sulla sua figura e su quella del Bambino. Maria accenna un sorriso mite e pudico, mentre il suo sguardo è come sospeso in una meditazione tutta interiore di questo evento straordinario di cui è una umile protagonista.
- Tre Magi, indossano preziose vesti ornate da ricami, pellicce e piume, con molti gioielli i cui riflessi luminosi testimoniano l'assimilazione della lezione fiamminga. Portano doni che sono veri e propri capolavori d'oreficeria, finemente lavorati, che riprendono le forme dei reliquiari e della suppellettile liturgica dell'epoca: oggetti, come anche i gioielli indossati dai Magi, che l'artista ben conosceva per averli visti, fin da bambino, nella bottega di famiglia, essendo il padre, di origine ungherese, uno tra i più apprezzati orafi di Norimberga. Essi come di consueto, rappresentano uomini di etnie diverse e di tre differenti età dell'uomo (gioventù, maturità e vecchiaia):[1]
- Magio giovane, moro africano, ha appena tolto dal capo un sontuoso cappello con pennacchio bianco. Tiene nella mano una splendida pisside contenente la mirra, composta da un'ampia coppa semisferica, chiusa da un singolare coperchio, decorato con un serpente (l'Uroburo). È simbolo della corruzione mortale e, contemporaneamente, della ciclicità della vita e della totalità dell'universo.
- Magio di età virile, di fisionomia nordica, con in mano una pisside contenete l'incenso. L'artista si ritrae nella figura di questo magio con barba e lunghi capelli, con abiti sontuosamente decorati. Si riconosce, infatti, la sua fisionomia, già nota grazie al bellissimo Autoritratto con guanti (1498), conservato al Museo del Prado di Madrid o all'Autoritratto con pelliccia (1500) dell'Alte Pinacotek di Monaco: questo raffigurarsi all'interno del dipinto sta a significare che, a sua volta, l'artista realizzando l'opera porge il suo omaggio a Gesù Bambino.
- Magio anziano, d'etnia caucasica, è prostrato, mentre cerca di incrociare lo sguardo del neonato; è colto nell'atto di sfiorare con la sua mano sinistra quella di Gesù e di donargli l'oro, simbolo di regalità, contenuto in un piccolo scrigno.
In secondo piano, dove i colori delle figure diventano più diafani, si vedono:
- a sinistra:
- Bue e asino ragliante che sporgono dalla piccola capanna alle spalle della Madonna: questi due animali, come sottolineano i padri della Chiesa, rappresentano i popoli che assistono seppur incosapevolmente alla venuta del Redentore.
- a destra:
- in basso, Inserviente vestito alla turca, che fruga in una grande borsa di pelle.
- al centro, Alcuni cavalieri, che ricordano da vicino il gruppo sullo sfondo dell'Adorazione dei Magi (1481 - 1482) di Leonardo da Vinci, tanto che si pensa che Albrecht Dürer dovette studiarne una copia su disegno o su stampa: ad esempio il cavallo che si impenna è quasi identico.
Note stilistiche, iconografiche e iconologiche
- La grande originalità dell'opera risiede in particolare nella commistione, ormai arrivata ad un livello quasi perfetto, tra elementi italiani e nordici, che interessa la produzione del celebre pittore tedesco, dopo il suo rientro dal primo viaggio a Venezia. La centralità delle figure principali, l'orizzonte basso e alcuni dettagli come l'edificio classicheggiante in rovina o le nubi leggere che solcano il cielo azzurro e terso rimandano, infatti, ai modelli italiani, mentre tipicamente nordiche sono l'attenzione al dettaglio e la ricchezza dell'ornato, soprattutto nelle vesti e nei gioielli dei Magi, che però non scavalcano mai il senso armonico generale dell'insieme.
- Caratteristica dell'artista è la cromia che ricorda i toni luminosi e traslucidi dell'acquerello, aggiornata alla ricchezza coloristica veneziana, con una dominante azzurra nel cielo e nel paesaggio che è accostata ai colori più caldi delle figure in primo piano. Sapiente è, quindi, il dosaggio della saturazione dei colori, dalla scura capanna, fino al cielo terso e la straordinaria rocca sul picco di un monte sullo sfondo che appare velata dalla foschia, secondo le regole della prospettiva aerea, che genera un effetto di particolare preziosità e amplifica la profondità spaziale, senza peraltro comprometterne mai l'unitarietà. Le figure si trovano disposte su più piani paralleli, evitando la frontalità rigida e creando sfondi diversificati per accentuare le figure principali. Perfette sono le proporzioni tra figure e ambiente.
- In primo piano, tra frammenti di pietra disconnessi, sono raffigurati con meticolosità, a fronte di veri e propri studi dal vero, una serie di piante e alcuni insetti, come la farfalla bianca, un cervo volante e un grillo. Essi hanno precisi significati simbolici, legati alla salvezza dell'uomo ottenuta tramite il sacrificio di Gesù Cristo.
- Nel dipinto c'è un'assenza significativa, manca infatti la figura di san Giuseppe, come vuole del resto proprio la tradizione iconografia dell'Europa settentrionale, affinché tutta l'attenzione dell'osservatore (fedele) sia concentrata sul manifestarsi di Gesù ai Magi e quindi a tutti i popoli della Terra. Anche se alcune fonti scritte, che ne testimoniano la provenienza dal castello di Wittemberg, documentano anche la presenza della figura di san Giuseppe, descritto in piedi, dietro alla Madonna, accanto all'asino; ma la sua figura non esiste nemmeno nel disegno della Biblioteca Universitaria di Erlangen, eseguito all'inizio del XVI secolo. Certamente Albrecht Dürer non dipinse san Giuseppe, ma è possibile che la sua immagine sia stata inserita nel periodo della Controriforma (fine del XVI - inizio XVII secolo), quando questo Santo assunse un ruolo importante nella liturgia cattolica.
Iscrizione
Nel dipinto si trova un'iscrizione sulla pietra squadrata, in primo piano, dove è riportata la data dell'opera e il monogramma dell'artista:
« | 1504 / AD » |
Notizie storico-critiche
L'opera era probabilmente lo scomparto centrale di un polittico commissionato a Albrecht Dürer da Federico il Saggio (1463 - 1525), principe elettore di Sassonia, per l'altare della cappella del Castello di Wittenberg. Il pittore esegue l'Adorazione dei Magi nel 1504 alla vigilia del suo secondo viaggio in Italia, quando - anche se già era un artista maturo e affermato - intorno al 1505 sentirà l'esigenza di aggiornarsi sulle ultime novità proposte dai grandi maestri del Rinascimento italiano.
Nel 1603, l'opera donata dall'elettore Cristiano II di Sassonia (1583 - 1611) a Rodolfo II d'Asburgo (1552 - 1612), entrò nelle collezioni imperiali, conservate nella Kunstkammer del Castello di Schönbrunn a Vienna.
Il dipinto rimase a Vienna fino al 1793, quando Luigi Antonio Lanzi (1732 - 1810), gesuita, archeologo e storico dell'arte, nonché direttore della Galleria gli Uffizi, desideroso di arricchire organicamente le collezioni del museo fiorentino con un'opera importante che rappresentasse il Rinascimento tedesco, propose e ottenne uno scambio di opere, cedendo agli austriaci in contropartita un'opera di Fra Bartolomeo con la Presentazione di Gesù al Tempio (1516).[2] È da scartare l'ipotesi, formulata da alcuni studiosi, sia che il dipinto fosse conservato nel Castello del Buonconsiglio a Trento, sia che costituisse lo scomparto centrale del Trittico Jabach (1503 - 1504), di cui i laterali sono conservati nei musei di Monaco, Francoforte e Colonia.
Note | |
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Bibliografia | |
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