Basilica di Sant'Apollinare in Classe (Ravenna)
Basilica di Sant'Apollinare in Classe | |
Bene protetto dall'UNESCO | |
Ravenna, Basilica di Sant'Apollinare di Ravenna | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Emilia Romagna |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Emilia Romagna |
Provincia | Ravenna |
Comune | Ravenna |
Località | Classe |
Diocesi | Ravenna-Cervia |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Via Romea Sud, 224 Loc. Classe 48124 Ravenna (RA) |
Telefono | +39 0544 527308 |
Posta elettronica | apollinare.ra@ravennantica.org |
Proprietà | Arcidiocesi di Ravenna-Cervia |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | Sant'Apollinare di Ravenna |
Fondatore | sant'Ursicino vescovo, Giuliano Argentario |
Data fondazione | 533 |
Stile architettonico | Paleocristiano e bizantino |
Inizio della costruzione | 533 |
Completamento | 549 |
Data di consacrazione | 9 maggio 549 |
Consacrato da | san Massimiano di Ravenna |
Pianta | basilicale |
Materiali | laterizi, marmo greco |
Larghezza Massima | 30,30 m. |
Lunghezza Massima | 55,58 m. |
Patrimonio dell'umanità | |
Denominazione principale UNESCO | |
Monumenti paleocristiani di Ravenna Early Christian Monuments of Ravenna | |
Tipologia | Culturali |
Criterio | (i) (ii) (iii) (iv) |
Pericolo | Bene non in pericolo |
Anno | 1996 |
Scheda UNESCO |
inglese francese |
La Basilica di di Sant'Apollinare in Classe è una chiesa situata nel territorio del comune di Ravenna, considerata una delle espressioni più rilevanti della cultura artistica bizantina in Italia, dichiarata dall'UNESCO nel 1996 Patrimonio dell'Umanità.
Toponimo
La denominazione "in Classe" (dal latino, classis ossia "flotta") deriva dal nome dell'antica città romana che qui era sorta insieme al porto costruito nel 27 a.C. da Ottaviano Augusto per poter accogliere l'armata navale imperiale. Il porto, già in declino per l'insabbiamento di canali e fiumi, venne più volte saccheggiato e poi distrutto nell'VIII secolo dai Longobardi.
Storia
La basilica, l'unica sopravvissuta nel territorio classicano, fu eretta nel 533 per volontà di sant'Ursicino (533 - 536), vescovo di Ravenna, grazie al finanziamento del banchiere greco Giuliano l'Argentario (come già era avvenuto per San Vitale), e consacrata il 9 maggio 549 dal primo arcivescovo san Massimiano (546 - 556).
L'edificio sacro fa parte delle cosiddette basiliche cimeteriali, ossia di quegli edifici di culto che sorsero nel luogo di sepoltura di santi e martiri, in questo caso sant'Apollinare, primo vescovo di Ravenna, la cui sepoltura è stata identificata come una tomba a cassa di laterizi rinvenuta insieme ad altre nella necropoli cristiana strettamente adiacente e sottostante la chiesa. Intorno ad essa, divenuta ben presto luogo di culto, fu innalzata una piccola basilica-martyrion.
Originariamente, la chiesa era affacciata sulla strada Reina, un diverticolo della via Popilia che collegava la grande strada romana con Classe, fu successivamente dotata dell'attuale atrio porticato.
Nel corso dei secoli si susseguirono consistenti lavori di restauro e ristrutturazione a partire da quelli del 671-677 quando fu interessata la decorazione musiva dell'arco trionfale o quelli al tetto e al quadriportico nel IX secolo, periodo in cui probabilmente venne edificata la cripta al di sotto del presbiterio.
Nell'VIII secolo, alla chiesa fu affiancato un monastero benedettino, passato nel XII secolo ai camaldolesi che, dopo il saccheggio del 1512, si trasferirono in città nell'edificio oggi sede della Biblioteca Classense.
Nel 1449, per ordine di Sigismondo Malatesta, buona parte del rivestimento marmoreo della basilica venne asportato per decorare il Tempio di San Francesco a Rimini.
Successivamente, durante il XVIII secolo le due scale di collegamento tra la cripta e il presbiterio vennero ridotte a una, e nel XX secolo, grazie all'intervento della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggi di Ravenna, la basilica fu sottoposta ad ulteriori restauri architettonici e musivi.
Il 7 ottobre 1960 papa Giovanni XXIII l'ha elevata alla dignità di Basilica minore.[1]
Descrizione
Esterno
Originariamente la basilica era preceduta da un grande quadriportico (individuato negli scavi archeologici) e da un nartece (atrio porticato) con due torri laterali, delle quali ne rimane solo una. L'atrio odierno, ricostituito interamente con il restauro del 1908-1909, è aperto da un portale con arco a tutto sesto e illuminato da due trifore e altrettante monofore.
La facciata presenta in alto un'ampia trifora; sotto il pronao si trovano i tre portali d'accesso all'aula ecclesiale, di cui il centrale, rialzato, ha gli stipiti e l'architrave in marmo greco.
Sul lato settentrionale della basilica sorge il possente campanile cilindrico (alto 38 m.), edificato tra la fine del IX secolo e gli inizi del X secolo, aperto da finestre che, dal basso verso l’alto, sono dapprima monofore, poi bifore e infine trifore, spartite da colonnine marmoree.
Interno
Aula ecclesiale
Il suggestivo interno, orientato (ossia con l'abside rivolto a Est), presenta una pianta basilicale con presbiterio, rialzato sopra la cripta, ed è diviso in tre navate da due file di dodici colonne, in marmo greco, con capitelli a foglie d'acanto e pulvini con una croce scolpita sul lato della navata centrale.
La navata mediana (con corpo rialzato rispetto alle altre) termina con un abside semicircolare internamente e poligonale esternamente; presenta ai lati due ambienti gemelli della prothesis e del diaconicon[2] e, dotati a loro volta di absidiole semicircolari all'interno e pentagonali all'esterno. La copertura delle navate è a capriate lignee.
Del primitivo pavimento a mosaico, sopraelevato in epoca antica, decorato da motivi geometrici rimangono solo alcuni resti rinvenuti ad una profondità di 30-35 cm, visibili all'inizio della navata destra e in fondo a quella sinistra.
All'interno, tra le opere di maggior rilievo si segnalano:
- al centro della navata mediana, Altare antico, eretto nel IX secolo dall'abate Orso sul luogo del martirio del Santo (il cippo centrale è del VI secolo) e rimaneggiato nel XVIII secolo.
- lungo le pareti delle navate laterali, sono collocate numerose epigrafi e dieci sarcofagi marmorei di ambito ravennate, tra i quali si notano:
- lungo le pareti della navata centrale, Ritratti degli arcivescovi ravennati (XVIII secolo), affreschi.
Decorazione musiva dell'abside
Le pareti sono prive di elementi decorativi, eccetto la zona absidale, ricoperta da splendidi mosaici eseguiti in epoche diverse e da differenti maestranze:
- sulla fronte dell'arco trionfale, articolato su cinque registri si notano:
- Gesù Cristo pantocratore e simboli degli evangelisti (673-679), opera di maestranze romane:[3] su uno sfondo blu notte cosparso di nuvole rosse e azzurre si inserisce al centro un medaglione contenente il busto di Gesù Cristo pantocratore, fiancheggiato dai simboli degli evangelisti: a sinistra l'uomo alato (Matteo) e l'aquila (Giovanni); a destra il leone (Marco) e il vitello (Luca).
- Le città di Gerusalemme e Betlemme con dodici pecore convergenti (673-679), realizzato da maestranze romane:[4] le due città rappresentano una l’ecclesia ex circumcisione e l'altra l’ecclesia ex gentibus, sono quindi la raffigurazione della chiesa degli Ebrei e dei Gentili che separate, solo in Gesù Cristo, con gli Apostoli (simboleggiate dalle pecore) possono riottenere la loro unità.
- Due palme (673-679), eseguito da maestranze romane:[5] le palme, su sfondo azzurro, ricolme di datteri, una a destra e l'altra a sinistra, sono simbolo del martirio.
- San Michele arcangelo e San Gabriele arcangelo (535-549), opera di maestranze ravennati:[6][7] i due Arcangeli, individuati dai propri nomi, sono rappresentati su uno sfondo oro, in posizione frontale, poggiano i piedi su un suppedaneo dorato, vestono una tunica bianca e una clamide purpurea, e con la mano destra sorreggono un labaro su cui sono scritte le parole del trisagion in greco agios, agios, agios. Hanno i volti austeri con grandi occhi spalancati ed assorti resi ancora più splendenti dal proprio nimbo argenteo. Dietro di essi si aprono, simmetricamente, due ali purpuree.
- San Matteo e Santo (prima metà del XII secolo), opera di maestranze veneziane:[8][9] la scelta della figura dell'evangelista è legata alla scena centrale della Trasfigurazione, poiché solo per Matteo questa sarebbe l'annuncio della gloria di Cristo e solo lui nota che il volto di Gesù brillava come il sole (Mt 17,1-6 ). L'altra figura di Santo, su sfondo color blu indaco, nell'atto di reggere un rotolo, era stato erroneamente riconosciuto come san Luca per un'iscrizione dipinta nel 1721, oggi scomparsa, e priva di qualsiasi riferimento storico, mentre per alcuni studiosi sarebbe identificabile con san Giovanni evangelista.
- nel catino absidale, Trasfigurazione di Gesù Cristo (535 - 549), eseguito da maestranze ravennati:[10] nella scena il Redentore è rappresentato simbolicamente per mezzo della croce gemmata, ai lati i busti dei profeti Mosè ed Elia. Sotto di loro, in un prato verde, tre pecore, due a destra ed una a sinstra con il muso rivolto alla croce: queste simboleggiano i tre apostoli che presenziarono all'evento (Pietro, Giacomo e Giovanni). In basso, al centro, l'immagine di sant'Apollinare in preghiera tra dodici pecore, che secondo alcuni studiosi sono gli apostoli mentre per altri sono i fedeli.
Per approfondire, vedi la voce Trasfigurazione di Gesù Cristo (535 - 549) |
- nel registro centrale dell'abside (da sinistra a destra),
- a sinistra, Consegna dei privilegi (673-679), eseguito da maestranze romane:[11] l'opera mostra l'imperatore bizantino, Costantino IV (668-685), insieme ai fratelli Eraclio e Tiberio, mentre conferisce, nel 666, i privilegi per l'autocefalia della Chiesa ravennate a Reparato, un inviato dell'arcivescovo Mauro († 671).
- negli spazi tra le finestre (da sinistra a destra), Ritratti dei vescovi Ecclesio, san Severo, sant'Orso e sant'Ursicino (535-549), opera di maestranze ravennati:[12][13][14][15] i mosaici raffigurano quattro presuli che ressero la diocesi, tra la fine del III e la prima metà del VI secolo, e la cui presenza è connessa all'esaltazione di sant'Apollinare.
- a destra, Sacrifici di Abele, Abramo e Melchisedec (673-679), opera di maestranze romane:[16] la scena presenta i sacrifici di Melchisedec, che offre pane e vino, Abele che sacrifica l'agnello e Abramo il figlio Isacco. Questi atti di fede nei confronti di Dio, vengono fermati dalla dextera Dei che appare tra le nuvole, in alto ai lati della tenda.
Cripta
La cripta, al di sotto del presbiterio, costruita tra il IX e il X secolo, si richiama a modelli romani ad ambulacro circolare. Conserva all'interno:
- Urna, in marmo greco, scolpita nuovamente nel XVI secolo, dove nel 1173 furono collocate le spoglie di sant'Apollinare, ora custodite entro l'altare maggiore.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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