Certosa di San Lorenzo in Padula
Certosa di San Lorenzo in Padula | |
Padula (Salerno), Certosa di San Lorenzo, complesso monastico | |
Altre denominazioni | Certosa di Padula |
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Stato | Italia |
Regione | Campania |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Campania |
Provincia | Salerno |
Comune | Padula |
Diocesi | Teggiano-Policastro |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Viale Certosa, 1 84034 Padula (SA) |
Telefono | +39 0975 77745 |
Fax | +39 0975 77552 |
Posta elettronica | pm-cam.padula.storico@beniculturali.it |
Proprietà | Stato italiano |
Oggetto tipo | Certosa |
Dedicazione | San Lorenzo |
Sigla Ordine fondatore | O.Cart. |
Sigla Ordine qualificante | O.Cart. |
Sigla Ordine reggente | O.Cart. |
Fondatore | Tommaso II Sanseverino |
Data fondazione | 1306 |
Inizio della costruzione | 1306 |
Completamento | XVIII secolo |
Soppressione | 1866 |
Strutture preesistenti | Monastero benedettino di San Lorenzo |
Coordinate geografiche | |
Campania | |
La Certosa di San Lorenzo in Padula, comunemente nota come Certosa di Padula, è un complesso monastico, situato nel territorio del comune omonimo, in provincia di Salerno, che ospitò un monastero certosino.
Storia
Dalla fondazione al Cinquecento
La costruzione della Certosa, fondata per volere di Tommaso II Sanseverino (1255 ca. – 1324), conte di Marsico e signore del Vallo di Diano, iniziò il 28 gennaio 1306 sul sito di un preesistente monastero benedettino, dedicato a san Lorenzo, sotto la supervisione del priore della Certosa di Trisulti. Il 17 aprile dello stesso anno, poi, Carlo II d'Angiò (1254 – 1309), re di Napoli, ne confermò l'erezione. Le motivazioni, che spinsero il Sanseverino alla costruzione del complesso, più che religiose erano politiche, poiché egli voleva ingraziarsi i reali napoletani, gli Angioini: famiglia di origine francese come l'Ordine certosino, che essi favorivano.
L'area in cui il Sanseverino decise di edificare il complesso monastico era sostanzialmente costituita da lotti di terra di sua proprietà, quale ricco e potente feudatario. Il sito risultò sin da subito strategico e cruciale, potendo infatti contare sugli estesi campi fertili circostanti, dove si producevano vino, olio di oliva, frutta e ortaggi utili sia al sostentamento dei monaci che per la commercializzazione con l'esterno, nonché vicino ad importanti vie di comunicazione con le regioni meridionali del Regno di Napoli.
Nel XVI secolo il monastero divenne meta di reali e pellegrini illustri, come Carlo V d'Asburgo (1500 - 1558) che vi soggiornò nel 1535 con il suo esercito[1] di ritorno dalla battaglia di Tunisi. In questo stesso periodo, dopo il Concilio di Trento (1545 - 1563), la struttura trecentesca venne ampliata con la costruzione del chiostro, della foresteria e la facciata nel cortile interno.
A partire dal 1583, la Certosa fu sottoposta a notevoli lavori di ristrutturazione, avviati sotto il priorato di Damiano Festini, e che durarono fino alla seconda metà del XVIII secolo determinandone l'attuale impianto architettonico, quasi esclusivamente barocco. Tra il XVI e XVII secolo, l'attività produttiva e commerciale del monastero crebbe notevolemnet e divenne così importante che fu necessario istituire nei territori vicini, dalla bassa provincia di Salerno fino in Basilicata, grancie e feudi, come a Sala Consilina di 1.500 ettari, o come a Pisticci, dove fu istituita quella di Santa Maria.
Dal Seicento al Settecento
Decaduti i Sanseverino nella metà del XVII secolo con la congiura dei baroni, i loro possedimenti andranno ai monaci certosini di Padula, divenendo così loro stessi proprietari terrieri e disponendo di proventi derivanti dalle tasse che i civili pagavano al priore, oltre che delle ricchezze che la certosa aveva accumulato nel corso dei secoli, tramite donazioni, profitti commerciali e quant'altro. Si avviò così per la Certosa, per tutto il XVII e XVIII secolo, un periodo di grande floridezza e prosperità, che determinò anche la ripresa dei lavori di ristrutturazione e di decorazione del complesso, facendone uno dei principali simboli della cultura barocca nel Regno di Napoli. Durante questi due secoli, il monastero fu ancora una volta ampliato: risultano, infatti, ascrivibili a questo periodo diversi corpi di fabbrica, come il chiostro grande, il refettorio e lo scalone ellittico del retro che, datato 1779, è di fatto l'ultima opera architettonica della Certosa, prima della soppressione dell'Ordine per mano dei francesi.
Dall'Ottocento ad oggi
Nel 1807, durante il regno di Gioacchino Murat (1767 – 1815), l'Ordine certosino fu soppresso, così come tutti gli altri, ed i monaci furono costretti a lasciare il complesso, che invece fu destinato a diventare una caserma, e fu depredato di molte opere d'arte: libri antichi, suppellettile, arredi, statue e dipinti, in particolare dentro la chiesa. Nel 1813, anno in cui avvenne l'ultimo trasferimento di opere del monastero al Museo Reale di Napoli, si registra il trasporto di 172 dipinti.
Passato il periodo napoleonico, con il ripristino del regno borbonico i certosini rientrarono nel monastero che, ormai privo di ogni bene, aveva perso il suo peso politico, l'influenza sul territorio circostante e sulle gerarchie reali. Per ridare lustro al complesso furono commissionati in questo periodo alcuni dipinti in sostituzione di quelli saccheggiati e collocati nel refettorio, di fatto l'unico ambiente artisticamente ripristinato. Tuttavia, nonostante gli sforzi, i religiosi non riuscirono mai più ad assumere il ruolo che avevano ricoperto nei secoli precedenti.
Nel 1866, dopo l'unità d'Italia, l'Ordine fu nuovamente soppresso e, dunque, i monaci dovettero nuovamente lasciare, per l'ultima volta, la Certosa, poi dichiarata monumento nazionale.
Nel XX secolo, durante le due guerre mondiali, essendo l'intero complesso un luogo abbandonato e inutilizzato, fu adoperato come campo di prigionia e di concentramento.
Dal 1957 alcuni ambienti del monastero ospitano il Museo Archeologico della Lucania occidentale, che raccoglie una collezione di reperti provenienti dagli scavi delle necropoli di Sala Consilina e di Padula, dalla preistoria all'età ellenistica.
Attualmente il complesso ha l'assetto conferitogli con l'ampio lavoro di restauro e ristrutturazione, seguito al terremoto del 1980, grazie al quale ha riacquistato il suo pieno splendore ed è diventato, ospitando manifestazioni ed eventi anche a livello internazionale, un importante punto di riferimento della vita culturale del territorio salernitano.
Descrizione
L'impianto dello splendido ed enorme complesso monastico,[2] costituito da vari corpi di fabbrica, secondo alcuni studiosi ricorda la forma della graticola sulla quale venne martirizzato san Lorenzo, al quale la Certosa è dedicata, così come all'Escurial di Madrid (1563): il manico della graticola è raffigurato dalle due braccia che chiudono l'atrio; le celle dei monaci attorno al Chiostro grande rappresentano i ferri della stessa, e una grande scala sporgente a semicerchio e coperta da una cupola rappresenta il coppino dell'untume.
Atrio
L'atrio (1) è chiuso lateralmente (a ovest ed est) da due edifici, nei quali, a pianterreno, sono gli ambienti adibiti a celle dei conversi e sono ospitate gran parte delle attività produttive, quali stalle, farmacia, granaio e officine (2); al piano superiore, sono poste le camere per i pellegrini.
Foresteria
Sul lato settentrionale si innalza la foresteria (3), la cui facciata barocca, edificata nel 1718-1723, funge da prospetto d'accesso all'intero monastero: essa si presenta, rialzata su un podio accessibile con una scalinata, divisa in due ordini da una cornice marcapiano:
- il primo ordine, articolato da lesene a semicolonne doriche, è aperto al centro da un ampio portale ed è decorato, entro nicchie, da quattro statue, eseguite nel 1719 di Domenico Antonio Vaccaro, raffiguranti:
- a sinistra, San Lorenzo e San Pietro;
- a destra, San Paolo e San Bruno di Colonia.
- il secondo ordine, inquadrato da lesene a semicolonne doriche, è aperto da sette finestre rettangolari architravate sormontate da busti della Madonna, Sant'Anna, Evangelisti e loro simboli, coronato da una balaustra che presenta:
- al centro, Madonna e due angeli;
- ai lati, Busti dell'allegoria della Religione e Perseveranza.
Chiostro della foresteria
A destra dell'ingresso si apre il Chiostro della foresteria (4), edificato nel 1561, circondato da un portico con archi a tutto sesto con al centro una fontana marmorea a due bacini digradanti e sormontato da un loggiato dal quale si eleva la torre dell'orologio.
Chiesa di San Lorenzo
Dal Chiostro della foresteria si entra nella chiesa, attraversando un portale con battenti del 1374 e decorata con bassorilievi raffiguranti Storie della vita di san Lorenzo.
L'interno, a pianta ogivale, coperto da volte a crociera, presenta una decorazione barocca e conformemente alla tradizione certosina, è articolato in due parti ben distinte, divise trasversalmente da un tramezzo, una destinata ai conversi e un'altra ai monaci. Di particolare interesse storico-artistico:
- Coro dei conversi (1507), in legno intagliato e intarsiato, di Giovanni Gallo: l'opera è costituita da tre ordini stalli, con dossali raffiguranti Santi in scenari architettonici o naturali.
- Coro dei monaci (1503), in legno intagliato e intarsiato: l'opera, rifatta nel XVIII secolo, che presenta pannelli raffiguranti:
- sugli schienali, Scene dell'Antico Testamento,
- sui sedili, Santi ed eremiti
- sugli inginocchiatoi, Martiri.
- Altare maggiore (seconda metà del XVII secolo), in scagliola e madreperla, di Gian Domenico Vinaccia.
Cappelle e Capitolo dei conversi
Dall'aula liturgica si entra nella sacrestia (5c), posta nel retro dell'altare maggiore, dove si conservano:
- addossati alle pareti, Armadi (1686), in legno intagliato di ambito campano.
- all'altare con pregevole paliotto in scagliola, Tabernacolo monumentale architettonico (seconda metà del XVI secolo), in bronzo attribuito a Jacopo Del Duca.
Dalla sacrestia si accede ad una serie di quattro cappelle laterali (5b) intercomunicanti, rifatte nel XVII secolo, con paliotti di scagliola agli altari, e in un quinto ambiente, il Capitolo dei conversi (5a), nel quale sono collocati:
- Trono del Priore (XVIII secolo), in legno intagliato di ambito campano.
- Busto di Gesù Cristo (XVIII secolo), in marmo di ambito campano.
Sala delle campane e Sala capitolare
Per una porta alla sinistra dell'aula liturgica, si giunge alla Sala delle campane (6), nella quale sulla volta vi sono tre fori che un tempo servivano per il passaggio delle funi delle campane: questa fungeva da Colloquio, ossia un ambiente dove i monaci potevano radunarsi una volta alla settimana e interrompere l'obbligo del silenzio.
Segue la Sala capitolare (7), decorata con stucchi settecenteschi, presenta:
- nella volta, Ciclo di dipinti murali con Miracoli di Gesù Cristo (XVII secolo), affreschi di ambito campano.
- all'altare, Madonna con san Lorenzo e san Bruno di Colonia (inizio del XVII secolo), olio su tela, attribuita a Ippolito Borghese.
Tesoreria e Chiostro del cimitero
Dalla Sala delle campane si entra, in due interessanti ambienti:
- Tesoreria (8), che presenta pregevoli decorazioni in stucco barocche e costituiva una sorta di cassaforte dove probabilmente si conservavano le ricche suppellettili che formavano il tesoro della Certosa, oggi disperso.
- Chiostro del cimitero antico (9), edificato alla prima metà del XVIII secolo, probabilmente da Domenico Vaccaro, quando i lavori di ammodernamento trasformarono l'antico cimitero dei conversi del 1552 in chiostro.
Cappella del fondatore
Dal Chiostro del cimitero si accede alla Cappella del fondatore (10), dove è collocato:
- Monumento funebre di Tommaso Sanseverino (XVI secolo), in marmo, della cerchia di Diego De Siloé: il conte è raffigurato come un guerriero dormiente, sopra il sarcofago, su cui è scolpito in alto lo stemma della famiglia e con attorno una cornice contenente una scultura della Madonna con Gesù Bambino.
Refettorio e Chiostro del refettorio
Dal Chiostro del Cimitero si entra nell'ampio refettorio (11), che fu probabilmente edificato tra il 1738 e 1742, di forma rettangolare e caratterizzato da un pavimento in marmi policromi e coevi arredi lignei, nel quale si notano:
- nella parete di fondo, Nozze di Cana (1749), affresco di Francesco D'Elia.
- alla parete destra, Pulpito sorretto da un'aquila (XVIII secolo), in marmo di ambito campano: l'opera è decorata con due bassorilievi raffiguranti
Nell'ambiente spiccano, inoltre, alle pareti laterali, alcuni spazi bianchi con cornice in stucco che comprovano l'assenza di vari dipinti trafugati durante la soppressione francese.
Adiacente alla sala è il Chiostro del refettorio, piccolo ma prezioso in quanto rappresenta un ulteriore lascito dell'originario impianto trecentesco del complesso. Lungo il porticato la pavimentazione in terracotta è caratterizzata da una "fetta" in maioliche raffiguranti Esculapio nutre il serpente, molto probabilmente proveniente da altro luogo del monastero andato distrutto.
Cucina
Sempre dal Chiostro del Cimitero, infine, si accede alla Cucina (12) dalla quale poi si sviluppano altri ambienti. Il locale fu riadattato a tale destinazione solo nella prima metà del XVIII secolo, in contemporanea con i lavori di adeguamento degli spazi a esso circostanti: questo è testimoniato sia dalla forma architettonica rettangolare della sala con volte a botte, sia per la presenza sulla parete di fondo di uno splendido dipinto murale raffigurante:
- Deposizione di Gesù Cristo dalla croce (1650), affresco, eseguito da un certo "Anellus Maurus".
L'ambiente semplice caratterizzato dall'alternanza, sulle pareti, di piastrelle verdi e gialle, una combinazione di colori che secondo la tradizione serviva a tenere lontani gli insetti. All'interno, spicca la presenza di una grande cappa posta al centro, che sovrasta i fornelli decorati alla base da mattonelle maiolicate, e i tavoli per sfilettare il pesce, in pietra e dotati di un piccolo canale, scavato nella pietra stessa, che raccoglieva e faceva confluire il sangue e le interiora in un piccolo pozzetto a terra.
Alle spalle della cucina, delle scale conducono al seminterrato, dove ci sono le cantine, costituite da due ampi locali a volta, dove e collocato un enorme torchio di quercia e pino, del 1785. Mentre all'esterno, è ubicato un piccolo chiostro con una vasca in pietra al centro usata per far fermentare il vino prodotto dai monaci.
Chiostro dei Procuratori e Biblioteca
Il Chiostro dei Procuratori (13), edificato nel XVIII secolo, presenta al centro una fontana in pietra con un delfino e altri animali, mentre ai piani superiori sono situate le camere in cui vivevano i procuratori della Certosa e la Biblioteca del monastero, alla quale si accede risalendo una piccola, ma splendida scala elicoidale (14) in pietra della metà del XV secolo.
Nel portale d'ingresso della biblioteca figura un’iscrizione nella quale si legge:
(LA) | (IT) | ||||
« | DA SAPIENTI OCCASIONEM ET ADDETUR EI SAPIENTÍA » | « | Offri al saggio l'occasione e la sua sapienza crescerà » |
La Biblioteca, un vasto e splendido ambiente, che conservava fino ai furti avvenuti immediatamente dopo il restauro del regno borbonico del 1811 circa 20.000 volumi tra libri, codici miniati, manoscritti, di cui in Certosa resta oggi solo una piccola parte, circa duemila volumi, il resto è disperso o conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli.
All'interno, si possono ammirare:
- sulla volta, Aurora col suo carro, Giudizio Universale e Allegoria della scienza (1763), olio su tela di Leonardo Olivieri.
- sul piano di calpestio, Pavimento maiolicato (XVIII secolo), opera di Donato e Giuseppe Massa, maestranze già attive al celebre Chiostro di Santa Chiara a Napoli.
Quarto del Priore
Il Quarto del priore (15), ossia la sua cella-appartamento si sviluppa in circa dieci locali nell'ala meridionale del Chiostro grande, la cui porta d'ingresso precede di poco quella della scala elicoidale che conduce alla Biblioteca. Negli ambienti che lo compongono sono conservate alcune testimonianze settecentesche della certosa, come la cappella privata (15b), dedicata a san Michele Arcangelo, decorata da stucchi, mobilia e dipinti murali barocchi dello stesso periodo, tra i quali si nota:
- ciclo di dipinti murali con Storie di san Michele arcangelo (XVIII secolo), affreschi attribuiti ad Alessio D'Elia.
Alcuni ambienti dell'appartamento ospitano il Museo Archeologico Provinciale della Lucania occidentale (15a), istituito nel 1957 per conservare, valorizzare e promuovere la conoscenza del patrimonio archologico proveniente dal territorio.
L'appartamento è dotato anche di un giardino personale del priore (15d), realizzato nel XVIII secolo, che si sviluppa alle spalle di alcune celle dei monaci, sul lato meridionale del Chiostro grande. Ad esso, di forma rettangolare allungata, si accede da un portico (15c), con soffitto ligneo a cassettoni, decorato con dipinti murali raffiguranti:
- Paesaggi (terzo quarto del XVII secolo), affreschi, attribuiti a Domenico Gargiulo.
Chiostro grande
Il Chiostro grande (16), iniziato 1583 e terminato nel XVIII secolo, è un ampio rettangolo (104 × 150 m) circondato da due ordini di portici su 84 pilastri, con volta ad arco a tutto sesto, del 1690, sopra le quali gira una decorazione a bassorilievo raffigurante:
- Fondatori degli ordini religiosi, santi e angeli.
Al piano superiore vi è un camminamento che i monaci utilizzavano settimanalmente quando uscivano dalla clausura, mentre al piano inferiore, si aprono le 26 celle dei monaci (18), costituite ciascuna da tre o quattro ambienti, dall'alcova, da una loggia coperta che si apre su un piccolo orto-giardino con fontana. Accanto alla porta d'ingresso è posto il finestrino attraverso il quale veniva portato il cibo ai religiosi.[3]
Inoltre, sempre lungo il portico del chiostro, sono collocate diverse decorazioni in stucco e una fontana dello scultore Andrea Carrara, in prossimità della porta che conduce alla biblioteca. Al centro è collocata una fontana del 1640.
Sul lato meridionale, delimitato da una balaustra marmorea con simboli della morte, è il Cimitero dei monaci (17), realizzato nel 1729 su un progetto di Cosimo Fanzago, in sostituzione di quello nel Chiostro del cimitero antico (9).
Scala ellittica
Nel lato nord-occidentale del Chiostro grande, in una torre ottagona, è la grande e splendida Scala ellittica (19), costruita nel 1761-1763 da Gaetano Barba, che con due rampe conduce al piano superiore, dove è posto l'ambulacro che gira sopra il chiostro e che serviva come passeggiata per i monaci.
Parco e giardini
I giardini della certosa (20) si sviluppano tutti intorno al complesso monastico, rientranti comunque nei confini delimitati dalle mura esterne. Dietro la scala ellittica, c'è il desertum, giardino all'italiana, realizzato nel XVIII secolo e usato dai monaci nelle loro uscite esterne, consentite solo durante le festività. Nei giardini sono collocate alcune edicole, fontane ed una cappella dedicata a santa Maria Maddalena.
Curiosità
Per il suo fascino e maestosità, la Certosa è stata utilizzata in varie occasioni come set cinematografico. Tra i film qui realizzati sono da citare C'era una volta (1967) di Francesco Rosi con Sophia Loren ed Omar Sharif, ambientato nell'epoca della dominazione spagnola, e Cavalli si nasce (1989) di Sergio Staino con David Riondino e Paolo Hendel, ambientato in età borbonica.
Note | |
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Bibliografia | |
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