Chiesa di Santa Maria della Vittoria (Roma)
Chiesa di Santa Maria della Vittoria | |
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Roma, Chiesa di Santa Maria della Vittoria | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Via XX Settembre, 17 00186 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 42740571 |
Posta elettronica | smariadellavittoria@gmail.com |
Sito web | |
Proprietà | Fondo Edifici di Culto (Stato Italiano) |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | rettoria |
Dedicazione | Maria Vergine |
Sigla Ordine qualificante | O.C.D. |
Fondatore | Ordine dei Carmelitani Scalzi |
Data fondazione | 1608 |
Architetti |
Carlo Maderno (progetto e direzione dei lavori) |
Stile architettonico | Barocco |
Inizio della costruzione | 1608 |
Completamento | 1884 |
Titolo | Santa Maria della Vittoria (titolo cardinalizio) |
Strutture preesistenti | Cappella di San Paolo Apostolo |
Iscrizioni | SCIPIO S.R.E. CARD. BURGHESIUS M. POENITEN. ANNO D. MDCXXVI |
Marcatura | Stemma del cardinale Scipione Borghese |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Chiesa di Santa Maria della Vittoria è un edificio di culto di Roma, situato nel centro storico della città, nel rione Sallustiano, che a "pendant" di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano chiude il lato Nord-Est di piazza San Bernardo.
Storia
Dalla fondazione al Settecento
Nel 1607 i Carmelitani Scalzi acquistarono dalla famiglia Muti un terreno, situato sulla via Pia (oggi via XX Settembre), dove sorgeva una piccola cappella dedicata a san Paolo apostolo, in luogo della quale costruirono una chiesa e un convento secondo il progetto di Carlo Maderno (1556-1629), realizzato in collaborazione con Filippo Breccioli (1574-1667).
La chiesa, iniziata nel 1608 e ultimata nel 1620, venne dapprima intitolata a san Paolo apostolo e subito dopo a Maria Vergine in ringraziamento della vittoria riportata l'8 novembre 1620, durante Guerra dei trent'anni, dall'esercito cattolico del duca Massimiliano di Baviera contro i luterani boemi, nella battaglia della Montagna Bianca presso Praga, attribuita al miracoloso ritrovamento da parte del venerabile Domenico di Gesù Maria (1559-1630), carmelitano scalzo e cappellano militare, tra le rovine del castello di Pilsen di un'immagine sacra raffigurante la Madonna in adorazione di Gesù Bambino.
L'icona solennemente trasportata a Roma, l'8 maggio 1622 fu intronizzata sull'altare maggiore della chiesa, che da allora si chiamò di Santa Maria della Vittoria o semplicemente la Vittoria. Da questo momento considerevoli donazioni da parte delle corti cattoliche europee impreziosirono la chiesa che divenne uno dei più splendidi esempi di barocco nell'Urbe.
Nel 1626 il cardinale Scipione Borghese (1577–1633), inoltre, come ringraziamento per aver ricevuto in dono dai Carmelitani la statua dell'Ermafrodito dormiente (prima metà del II secolo d.C.),[1] rinvenuta durante gli scavi per la costruzione del convento (oggi esposta al Museo del Louvre), fece erigere nel 1624-1626 a sue spese la facciata della chiesa affidandone il progetto e la direzione dei lavori all'architetto Giovanni Battista Soria (1581-1651).
Dall'Ottocento ad oggi
La chiesa, ripetutamente restaurata e arricchita di opere nel corso dei secoli, fu gravemente danneggiata da un incendio scoppiato nella notte del 29 giugno 1833, che coinvolse il presbiterio e l'altare maggiore, distruggendo l'icona mariana di Pilsen che andò così perduta.
Nel 1873 la chiesa fu espropriata e incamerata dal demanio del Regno d'Italia,[2] successivamente passò in quello della Repubblica italiana, che ancora oggi la gestisce attraverso il Fondo Edifici di Culto (FEC).
Tra il 1883 e il 1884, grazie al contributo del principe Alessandro Raffaele Torlonia (1800–1886) e della moglie Teresa Colonna, furono realizzati dall'architetto Carlo Nicola Carnevali (1811–1885) il nuovo altare e il presbiterio. In questa occasione l'immagine mariana venne sostituita da una copia eseguita nel XVII secolo.
Nel 1927 fu edificata, infine, una nuova sacrestia, essendo stati demoliti gli ambienti seicenteschi, annessi alla chiesa, per le esigenze urbanistiche del nuovo rione Sallustiano.
La chiesa, attualmente, è luogo sussidiario di culto della parrocchia di San Camillo de Lellis.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Santa Maria della Vittoria istituito il 23 dicembre 1801 da papa Pio VII: l'attuale titolare è il cardinale Sean Patrick O'Malley.
Descrizione
Esterno
La facciata della chiesa, impostata su un alto podio con una scalinata, è suddivisa in due ordini: l'inferiore, partito da lesene, tra le quali si apre un portale architravato, è sovrastato da un timpano centinato spezzato, ornato da un bassorilievo in marmo, con ai lati due nicchie coronate da timpani triangolari; il superiore, scandito da sei lesene corinzie, è aperto al centro da una grande finestra con timpano curvilineo e volute di raccordo con le aquile borghesiane. A coronamento del prospetto è posto un grande timpano triangolare con, al centro, lo stemma del cardinale Scipione Borghese e sormontato da balaustre con torce marmoree e una croce ferrea.
Una cornice marcapiano molto aggettante, che sostiene un ampio timpano curvilineo, divide i due ordini, sotto alla quale corre una fascia che reca l'iscrizione commemorativa:
(LA) | (IT) | ||||
« | SCIPIO S.R.E. CARD. BURGHESIUS M. POENITEN. ANNO D. MDCXXVI » | « | Il cardinale di Santa Romana Chiesa, Scipione Borghese, penitenziere maggiore, nell'anno del Signore 1626 » |
Interno
L'interno della chiesa presenta una pianta a navata unica, coperta a volta a botte e tre cappelle per lato intercomunicanti; sugli arconi della crociera poggia la cupola priva di tamburo.
La cupola e la volta della navata presentano una splendida decorazione pittorica eseguita, ad affresco, nel terzo quarto del XVII secolo da Giovanni Domenico Cerrini raffigurante:
- sulla volta, Trionfo della Madonna sulle eresie e caduta degli angeli ribelli;[3]
- sulla cupola, Gloria di san Paolo.[4]
Lungo la navata sinistra si aprono tre pregevoli cappelle:
- la prima cappella, dedicata a sant'Andrea apostolo, è decorata sulla volta con rilievi, in stucco dorato, della seconda metà del XVII secolo, di ambito romano, raffiguranti:
- al centro, Crocifissione di sant'Andrea;[5]
- a sinistra, Vocazione di san Pietro e sant'Andrea;[6]
- a destra, Martirio di sant'Andrea.[7]
- nella seconda cappella, dedicata a san Giovanni della Croce, si conservano tre dipinti con Storie della vita di san Giovanni della Croce (1667 ca.), olio su tela di Nicolas François Lorrain, raffiguranti:
- all'altare, pala con San Giovanni della Croce riceve la croce da Gesù Cristo;[8]
- alla parete sinistra, Morte di san Giovanni della Croce;
- alla parete destra, Madonna salva san Giovanni della Croce.
- nella terza cappella, dedicata alla Santissima Trinità, sono collocati:
- all'altare, pala con Trinità (1638), olio su tela di Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino.[9]
- sulla volta, Natività di Gesù, Battesimo di Gesù Cristo, Trasfigurazione, Sant'Agostino e sant'Ambrogio (1639 - 1641), affreschi di Giovanni Francesco Grimaldi.
- alla parete destra, Monumento funebre del cardinale Berlingero Gessi (1641 ca.), in marmi policromi di ambito romano: nell'opera è inserito il Ritratto del defunto eseguito, ad olio su tela, da Guido Reni.
Transetto sinistro
Nel terminale del transetto sinistro è posta la cappella, dedicata a santa Teresa d'Avila, detta anche Cappella Cornaro, realizzata nel 1647-1652 da Gian Lorenzo Bernini su incarico del cardinale Federico Cornaro (1579 - 1653), nella quale si possono ammirare:
- all'altare, entro mostra marmorea mistilinea, gruppo scultoreo con Estasi di santa Teresa d'Avila (1647 - 1652), in marmo di Gian Lorenzo Bernini:[10] dalla volta a cassettoni piove sul celebre capolavoro che presenta la Santa trafitta dall'amore di Dio una luce dorata che crea suggestive e particolari penombre. La scena è rappresentata secondo quanto la mistica spagnola ha lasciato scritto (Libro della vita 29,13):
« | In questa visione piacque al Signore che lo vedessi così: non era grande, ma piccolo e molto bello, con il volto così acceso da sembrare uno degli angeli molto elevati in gerarchia che pare che brucino tutti in ardore divino: credo che siano quelli chiamati cherubini, perché i nomi non me ridicono, ma ben vedo che nel cielo c’è tanta differenza tra angeli e angeli, e tra l'uno e l'altro di essi, che non saprei come esprimermi. Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d'oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avesse un po' di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via, lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio. Il dolore della ferita era così vivo che mi faceva emettere quei gemiti di cui ho parlato, ma era così grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c'era da desiderarne la fine, né l'anima poteva appagarsi d'altro che di Dio. Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po', anzi molto. » |
- alle pareti laterali, entro nicchie a guisa di due palchetti teatrali, Membri della famiglia Cornaro (1647 - 1652), in marmo di Gian Lorenzo Bernini.[11][12]
Presbiterio e coro
Nel presbiterio, rialzato di alcuni gradini e delimitato da una balaustra, edificato nel 1883-1884 da Carlo Nicola Carnevali, si notano:
- nel catino absidale, Madonna della Vittoria entra nella città di Praga con gli eserciti cattolici (1885), affresco di Luigi Serra.
- nel coro dietro l'altare, Rapimento di san Paolo al terzo cielo (1620), olio su tela di Gherardo delle Notti.
Transetto destro
Nel terminale del transetto destro è posta la cappella, dedicata a san Giuseppe, nella quale si conservano:
- all'altare, entro mostra marmorea mistilinea, gruppo scultoreo con Sogno di san Giuseppe (1680 - 1699 ca.), in marmo di Domenico Guidi.[13]
- alle pareti laterali, rilievi con Natività di Gesù e Fuga in Egitto (1699), in marmo di Pierre Étienne Monnot.
Lungo la navata destra si aprono tre pregevoli cappelle:
- la prima cappella, dedicata dal 1926 a santa Teresa di Lisieux, ma in precedenza intitolata a santa Maria Maddalena, detta anche Cappella Giustiniani, è decorata sulla volta da rilievi, in stucco dorato, della seconda metà del XVII secolo, di ambito romano, raffiguranti:
- al centro, Assunzione di santa Maria Maddalena;[14]
- a sinistra, Noli me tangere;[15]
- a destra, Santa Maria Maddalena nel deserto.[16]
- nella seconda cappella, dedicata a san Francesco d'Assisi, detta anche Cappella Merenda, si conservano:
- all'altare, pala con San Francesco d'Assisi riceve Gesù Bambino dalla Madonna (1629 - 1630), olio su tela di Domenico Zampieri detto il Domenichino;[17]
- alle pareti laterali, San Francesco d'Assisi riceve le stimmate e San Francesco d'Assisi in estasi (1629 - 1630), olio su tela di Domenico Zampieri detto il Domenichino;
- sulla volta, rilievi con Gloria di san Francesco d'Assisi, Predica di san Francesco d'Assisi e Cacciata dei diavoli da Arezzo (seconda metà del XVII secolo), in stucco dorato, di ambito romano.[18][19][20]
- nella terza cappella, dedicata alla Madonna del Carmine, detta anche Cappella Vidoni, sono collocati:
- all'altare, entro mostra, gruppo scultoreo con Maria Vergine porge lo scapolare a san Simone Stock (1860), in marmo di di Alfonso Balzico;
- sulla volta, rilievi con San Giovanni evangelista in Patmos e San Girolamo penitente nel deserto (seconda metà del XVII secolo), in stucco dorato, di ambito romano;[21][22]
Controfacciata
Nella controfacciata, sopra il portale d'ingresso, è collocato:
- Organo a canne con scenografica cantoria barocca (1680), opera di Mattia De Rossi.
Sacrestia
Nella sacrestia, costruita nel 1927, si conservano bandiere, insegne e cimeli relativi alla battaglia del 1620 e a quella degli eserciti cristiani contro i turchi, sotto le mura di Vienna nel 1683. Inoltre, vi sono esposti alcuni pregevoli dipinti, fra i quali si evidenziano:
- San Paolo apostolo (prima metà del XVII secolo), olio su tela, attribuito a Guido Reni.[23]
- Massimiliano di Baviera dona il cavallo al venerabile Domenico di Gesù Maria (1730 - 1740), olio su tela di Sebastiano Conca.
Note | |
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Bibliografia | |
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