Risurrezione del figlio della vedova di Nain
Risurrezione del figlio della vedova di Nain | |
Mario Minniti, Gesù Cristo resuscita il figlio della vedova di Naim (1640 ca.), olio su tela; Messina, Museo Regionale | |
Passo biblico | Lc 7,11-17 |
Luca | |
Miracolo precedente | Guarigione del servo del centurione |
Miracolo successiva | La tempesta sedata |
Insegnamento - Messaggio teologico | |
Mette in evidenza la compassione di Gesù di fronte ad una situazione tragica, insieme alla sua delicata attenzione nei confronti di una donna. Gesù non compie questo miracolo in risposta ad una richiesta esplicita, né richiede in nessuno degli interessati una fede esplicita. | |
Il testo | ||||||
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La Risurrezione del figlio della vedova di Nain è un miracolo di Gesù narrato in Lc 7,11-17 e suo proprio: non si trova negli altri Vangeli.
È un miracolo straordinario, nel quale viene sottolineata l'apparizione in Gesù della grazia salvifica di Dio, che visita il suo popolo con l'azione del suo Inviato in favore degli infermi dei piccoli e dei peccatori[1].
Contesto
A livello dell'Antico Testamento il racconto ha strette analogie con le resurrezioni operate da Elia (1Re 17,8-24 ) e da Eliseo (2Re 4,18-37 ) nei riguardi di figli unici di due vedove: le coincidenze non sono solo verbali, ma anche contenutistiche.
L'episodio ha degli agganci letterari con quello precedente della guarigione del servo del centurione (7,1-10): in quel racconto il servo era caro al suo padrone (7,2), nella risurrezione del figlio della vedova il ragazzo morto era l'unico figlia di sua madre.
Ugualmente, il racconto fa da preparazione al quesito seguente del Battista (7,20), al quale Gesù risponde, tra l'altro, che "i morti risuscitano" (7,22)[2].
Il villaggio di Nain si trovava a due-tre ore di cammino a sud-est di Nazareth e a circa otto-nove ore a sud-ovest di Cafarnao.
Caratteristiche letterarie
"Il racconto ha il fascino, il colore e il pathos di una narrazione eccellente"[3], come mettono in evidenza alcuni particolari:
- l'incontro delle due grandi folle, quella dei discepoli di Gesù e quella del corteo funebre, avvicinandosi da direzioni opposte (7,11.12);
- il silenzio nel quale Gesù tocca il feretro e ferma la processione funebre (7,14);
- la parola, che Gesù pronuncia nella massima calma e che riporta in vita il ragazzo morto (ibid.).
La mano dell'evangelista Luca è evidente nel vocabolario, tutto suo in modo inconfondibile.
Il verbo che indica l'azione di mettersi a sedere da parte del ragazzo (ἀνεκάθισεν, anekáthisen, "si mise a sedere", v. 15) ricorre soltanto qui e in At 9,40 : è alla forma intransitiva, molto rara nel greco non biblico eccetto che presso scrittori medici.
La diffusione della notizia del prodigio (v. 17) rientra negli elementi del genere letterario dei miracoli. La menzione della Giudea vuole indicare tutta la [[Palestina, come anche in altri passi di Luca (1,5; 4,14; 6,17; 23,5).
Messaggio teologico
L'episodio mette in evidenza la compassione di Gesù di fronte a una situazione tragica, insieme alla sua delicata attenzione nei confronti di una donna[4]. Gesù non compie questo miracolo in risposta ad una richiesta esplicita, caratteristica che si ritrova anche nel racconto della guarigione dell'uomo dalla mano inaridita (Lc 6,6-11 ), né richiede in nessuno degli interessati una fede esplicita (cfr. Mt 13,58 ).
Se Luca pone Gesù sulla scia di Elia ed Eliseo (vedi sopra), quale profeta della fine dei tempi, tuttavia considera inadeguato per lui il titolo di "profeta" (v. 16): al v. 13 chiama Gesù "il Signore": il titolo è usato qui per la prima (se si eccettuano i Vangeli dell'Infanzia: Lc 2,11 ) delle tante volte che lo è nel terzo Vangelo (cfr. 10,1.41; 11,39; 12,42; 13,15), ed è il termine che i LXX usano per tradurre il nome divino di YHWH; i commentatori[5] rilevano che è usato qui in modo assai appropriato: "Gesù appare rivestito di quel potere sopra la vita e la morte col quale egli diventa l'oggetto della fede e dell'adorazione della sua Chiesa"[6].
L'azione di risuscitare il ragazzo avviene con un semplice tocco della bara e con un comando categorico (v. 14): Gesù agisce con autorità propria, e non ricorre a preghiere prolungate come facevano gli altri guaritori del suo tempo.
Il gesto dei portatori, che si fermano, può essere spiegato con la sorpresa che Gesù non temesse di incorrere nell'impurità rituale in cui incorreva chi toccava un cadavere (Nm 19,16 ).
Le parole "lo restituì a sua madre" (v. 15) sono identiche a quelle che appaiono nel racconto di Elia in 1Re 17,23 : come già detto, Luca vuole presentare Gesù come Elia ed Eliseo redivivi (cfr. anche 2Re 4,17-22.32-37 ).
L'esclamazione della folla sul "grande profeta" (v. 16) testimonia una modalità dell'attesa messianica nel giudaismo palestinese del I secolo.
La seguente parola di lode, "Dio ha visitato il suo popolo" (ibid.) è la chiave di lettura di tutto il c. 7, e rieccheggia il Benedictus di Zaccaria (Lc 1,68.78 ), nel quale la menzione delle "viscere di misericordia" di Dio" può essere accostata alla compassione che Gesù dimostra in questo miracolo.
Uso liturgico
Nella liturgia romana il brano viene letto nel Tempo Ordinario:
- la X domenica, nell'Anno C; la corrispondente prima lettura, che prepara il brano evangelico, è 1Re 17,17-24 , dove si narra la risurrezione del figlio della vedova da parte di Elia;
- il martedì della XXIV settimana.
Nella liturgia ambrosiana il brano è letto il mercoledì nella settimana della IV domenica Dopo Pentecoste.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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