Tetramorfo
Tetramorfo | |
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Tetramorfo nel foglio 10 dell'Apocalisse di Bamberga (Reichenau, 1020) | |
Tipologia | Immagine |
Etimologia | Dal greco tetra (quattro) e morfos (forma), ossia "quadriforme". |
Origini | Deriva dall'antica immagine dei serafini e da elementi iconografici assiro-babilonesi. |
Significato | Rappresenta in forma antropomorfica il concetto di ordine ed universalità di Dio. |
Personaggi biblici | Evangelisti |
Fonti bibliche e cristiane |
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Il tetramorfo (dal greco τετρα, tetra, "quattro", e μορφη, morfé, "forma") è un motivo iconografico di origine orientale, frequente nell'arte bizantina, costituito dall'insieme dei simboli dei quattro Evangelisti raccolti in un'unica raffigurazione, in cui compaiono i capi nimbati dell'aquila, del leone, del toro, dell'angelo, fasciati da quattro, sei, oppure otto ali.
Nella Bibbia
Antico Testamento
L'uso di rappresentare gli Evangelisti con animali e personaggi alati risale al profeta Ezechiele, che visse tra fine del VII secolo a.C. e l'inizio del successivo: questi, deportato in Babilonia, ebbe l'occasione di osservare spesso raffigurazioni di esseri misteriosi nei palazzi e nei templi mesopotamici. Il profeta parla, nelle sue visioni (1,5-14), di quattro creature, con le sembianze di uomo, leone, bue e aquila, che così descrive:
« | Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze d'uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d'aquila. Le loro ali erano spiegate verso l'alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo. » | |
Ezechiele, continua riferendo che fra le creature risplende con vivo bagliore un fuoco. Sotto ciascuna di esse il profeta scorge una specie di ruota che ne contiene un'altra; le due ruote sono munite di occhi e sono in grado di dirigersi verso i quattro punti cardinali. Abbiamo qui dunque al descrizione di una sorta di carro divino capace di spostarsi in tutte le direzioni. Si tratta del seggio che trasporta il Dio d'Israele, svelandone la sua universalità.
Le quattro entità di Ezechiele traggono origine derivano dall'immagine dei serafini di Isaia (6,1-3), dove sono descritti questi esseri, con volto, piedi, mani e sei ali che circondano il trono di Dio e che cantano il Trisàghion di lode:
« | Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. Proclamavano l'uno all'altro: «Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria». » |
Nella sua visione Ezechiele semplifica la descrizione riducendo il numero delle ali, infatti, ne attribuisce a ciascuno degli esseri quattro, due raccolte in alto e due piegate verso il basso, completamente ricoperte di occhi; da sotto di queste spuntano delle mani, mentre le gambe sono di vitello. Tuttavia la coincidenza di ali, mani e piedi con i serafini e il modo molto simile in cui i due profeti illustrano la posizione delle ali, rende possibile l'identificazione tra le due rappresentazioni. Il sostantivo sĕrāphīm che ricorre in Isaia (6,1-3) solo al plurale, sembra derivare dall'aggettivo sāraph (ardere, bruciare). Quando si trova al singolare, il nome designa delle specie di serpenti mandati da Dio per punire gli ebrei.
Le entità descritte sono menzionate spesso nella Bibbia come kĕrūbhīm. Questo nome è di etimologia incerta, ma è forse collegabile all'accadico Karabu, cioè benedire. Esse trovano, quindi, riscontro nelle immagini dei Kâribu assiri, gli animali mitici dalla testa umana, il corpo di leone, le zampe di toro e le ali di aquila, le cui statue erano poste a custodia dei palazzi babilonesi.
Per comprendere l'origine degli esseri antropomorfi di cui parla Ezechiele ci si deve riferire al modo arcaico di concepire il mondo. Secondo le antiche cosmogonie, infatti, il firmamento era una volta solida, posta sopra al mare, che poggiava sui quattro punti cardinali, rappresentati solitamente da quattro costellazioni: il toro, il leone, l'aquila e l'uomo (ossia il sagittario, l'arciere) collocate ai quattro punti cardinali dello zodiaco.
Nuovo Testamento
Nel Nuovo Testamento non c'è altra teofania che in Cristo, ossia che Dio si rivela pienamente solo attraverso Gesù, visto come compimento delle profezie messianiche presenti nell’Antico Testamento. Convinzione teologica che ispira anche l’autore dell’Apocalisse (4,6-8), che descrive un'apparizione di Dio ispirandosi alle due fonti profetiche:
« | Davanti al trono vi era come un mare trasparente simile a cristallo. In mezzo al trono e intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d'occhi davanti e di dietro. Il primo vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente aveva l'aspetto di un vitello, il terzo vivente aveva l'aspetto d'uomo, il quarto vivente era simile a un'aquila mentre vola. I quattro esseri viventi hanno ciascuno sei ali, intorno e dentro sono costellati di occhi; giorno e notte non cessano di ripetere: Santo, santo, santo, il Signore Dio, l'Onnipotente, Colui che era, che è e che viene! » |
L’Apocalisse, composta alla fine del I secolo d.C., riflette la cosmologia ebraica del suo tempo, collegando gli esseri viventi (che il testo riporta come zôdia, mentre in latino è tradotto come animalia) agli angeli che sorreggono il mondo; il numero quattro è, inoltre, un numero cosmico (i punti cardinali, i venti, le stagioni, ecc.). Questi esseri viventi rappresentano, quindi, la totalità della creazione e accompagnano sempre, emblematicamente, il manifestarsi della divinità.
Nei Padri della Chiesa
I Padri della Chiesa, ad iniziare dal II secolo, riconosceranno nel tetramorfo le figure degli Evangelisti, anche se l'attribuzione di una particolare immagine simbolica a ciascuno per lungo tempo una questione aperta.
Sant'Ireneo di Lione
Sant'Ireneo di Lione (130 – 202 ca.), nell’Adversus Haereses, fu il primo a dare una definizione di un Vangelo tetramorfo in collegamento con i quattro Esseri Viventi dell’Apocalisse, parlando un "vangelo quadriforme" costituito da altrettanti testi canonici ed a riconoscere la rivelazione universale di Dio agli uomini attraverso gli scritti evangelici. Infatti, per sant'Ireneo, il Vangelo è unico, ma tetramorfo, proprio facendo riferimento alla visione del carro divino di Ezechiele nella quale il profeta riconosce l'immagine di quattro Esseri Animati, che richiamano i serafini di Isaia e che rappresentano i vertici delle gerarchie angeliche. I Vangeli, quindi, sono considerati come i pilastri spirituali sui quali si sorregge il mondo. Essi riflettono un quadruplice messaggio nonché un aspetto di Cristo:
- l’uomo la sua Incarnazione,
- il leone la sua potenza vincente (la Resurrezione),
- il vitello il suo sacrificio (la Passione);
- l’aquila, l’effusione dello Spirito Santo (la Pentecoste).
Sant'Ireneo, inoltre, per assegnare ad ogni Evangelista un suo simbolo specifico, fa ricorso all’Apocalisse (4,6-8), dove le quattro figure che reggono il trono, sono rappresentate indipendenti tra loro. I Vangeli, quindi, rispecchiano le qualità specifiche di Cristo che ha, come gli animali simbolici, quadruplice carattere. L'interpretazione di sant'Ireneo mette in relazione il prologo di ogni Vangelo, perché ritiene che proprio dall'inizio di ciascuno di essi è possibile trarre il simbolo.
L'associazione degli Evangelisti con i quattro Esseri Viventi sarà, però, per alcuni secoli una questione che impegnerà diversi esegeti perché, da sant’Ireneo in poi, gli autori cristiani che tratteranno questo argomento proporranno delle varianti determinanti per la sequenza simbolica, che diverrà tradizionale in Occidente, soprattutto grazie al contributo dell’iconografia.
San Girolamo
Sarà però grazie all'opera di san Girolamo (347 ca. -420) che, alla fine del IV secolo, verrà attribuito in modo definitivo ad ogni evangelista un animale simbolico. Nei suoi scritti, riprendendo ed approfondendo le profezie di Ezechiele con la figura dei quattro esseri animati e le visioni dell’Apocalisse assicurare a ciascuno Vangelo la propria immagine simbolica, che, da questo momento in poi, che si diffonderà nella cultura cristiana e le coppie che derivano dalla sua interpretazione saranno le seguenti:
- San Matteo - uomo;
- San Marco - leone;
- San Luca - vitello;
- San Giovanni - aquila.
San Gregorio Magno
Sebbene fino a questo momento tutti gli studi teologici abbiano fatto riferimento, anche se non sempre esplicito, ad una interpretazione cristologica dei quattro esseri viventi, bisognerà arrivare al VI secolo, con san Gregorio Magno (540 ca. - 604), per vedere affermata questa interpretazione. Infatti, il pontefice nei suoi scritti, torna a vedere nei simboli degli Evangelisti, come già aveva fatto sant'Ireneo, l'emanazione della divinità di Cristo che attraverso questi quattro testimoni si rivela agli uomini e seguendo la linea interpretativa, stabilita da san Girolamo, ribadisce l'assegnazione di questi ai Vangeli tenendo conto delle introduzioni di ciascuno. La sua attribuzione è, inoltre, rafforzata dall'assegnazione a questi simboli dei quattro eventi salvifici del Nuovo Testamento:
- Incarnazione - uomo;
- Passione - bue;
- Resurrezione - leone;
- Ascensione - aquila.
Iconografia
Nell'arte figurativa cristiana vengono accostate ai quattro evangelisti le immagini simboliche, seguendo la distribuzione degli attributi, che come già detto risale ai padri della Chiesa, in relazione agli incipit dei rispettivi Vangeli:
- Matteo è raffigurato come uomo (o angelo), perché il suo Vangelo esordisce con la genealogia di Gesù e, in seguito, narra l'infanzia del "Figlio dell'Uomo", sottolineandone quindi la dimensione umana.
- Marco è raffigurato come leone, poiché il suo Vangelo inizia con la predicazione di san Giovanni Battista, la cui "Voce di uno che grida nel deserto" (1,3) si eleva simile ad un ruggito di leone.
- Luca è raffigurato come vitello (o toro o bue), perché il suo Vangelo inizia con il sacerdote Zaccaria ed il suo rito sacrificatore
- Giovanni è raffigurato come un'aquila, perché il suo Vangelo parla della divinità del Logos ed egli si eleva nelle regioni più alte e sublimi della conoscenza, come l'aquila si innalza in volo verso il sole, unico animale che può guardare direttamente la sua luce.
La raffigurazione di questa simbologia non comincia prima del IV secolo; infatti, nei dipinti murali delle catacombe, sui rilievi dei sarcofagi e sui vetri con fondo dorato non ritroviamo mai questo motivo iconografico. I primi esempi storicamente noti sono:
- Decorazione musiva del catino absidale con Gesù Cristo in trono tra gli apostoli e simboli degli evangelisti (402 - 417), mosaico, opera di maestranze romane, ubicato nella Basilica di Santa Pudenziana a Roma.[1]
- Pannello della porta con Gesù Cristo redentore e simboli degli evangelisti (422 - 432), in legno intagliato, ubicato nella Basilica di Santa Sabina a Roma.
- Decorazione musiva della cupola con Croce con simboli dei quattro evangelisti nel cielo stellato (425 - 450), mosaico, opera di maestranze bizantine, ubicato nel Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna.[2]
La prima opera, però, dove i simboli sono esplicitamente associati a ciascun evangelista è nel mosaico presbiteriale della Basilica di San Vitale a Ravenna, realizzato nel VI secolo:
- Decorazione musiva parietale con Evangelisti e simboli (540 - 547 ca.): questi hanno tra le mani il testo che li identifica e, sopra il loro capo, appaiono i quattro simboli, secondo l'interpretazione di san Girolamo.[3][4][5][6]
Maestranze ravennati, Evangelisti e simboli (540 - 547 ca.), mosaico; Ravenna, Basilica di San Vitale
Splendide e famose raffigurazioni del tetramorfo si trovano anche nella Basilica di San Marco, a Monreale, sul portale di Moissac e sul portale regio di Chartres, ma anche in molte miniature, come nell’Apocalisse carolingia di Treviri (IX secolo). Vi sono, inoltre, dipinti murali che presentano gli evangelisti durante il lavoro di scrittura ispirata a cui vengono aggiunti i quattro esseri viventi, per lo più alati.
L'immagine del tetramorfo ha un ruolo fondamentale anche nelle raffigurazioni di Gesù Cristo pantocratore in molte chiese romaniche e gotiche; spesso questa iconografia accompagna la figura di Gesù Cristo seduto in trono, entro la mandorla, che regge un libro ed è circondato dagli evangelisti a mezzo busto o dagli animali simbolici che li rappresentano. Talvolta il leone, il bue e l'aquila poggiano le zampe sul rispettivo Vangelo, mentre la figura umana lo tiene tra le mani.
Molto più raramente gli evangelisti sono raffigurati da entità ibride, con corpo umano e testa animale, come si può vedere ad Aquileia, dove la loro testa è quella dell’animale del tetramorfo, e in molti Evangeliari.
Una tipologia molto diffusa in Umbria dagli inizi del XIII secolo, ma presente anche altrove, come per esempio nella cattedrale di Brema, è quella che vede i Simboli degli evangelisti sulla facciata della chiesa, disposti ai quattro angoli dell'ideale quadrato in cui si iscrive il rosone. La disposizione più comune colloca:
- in alto, San Matteo e San Giovanni, gli apostoli;
- in basso, San Marco e San Luca, i discepoli.
È evidente che esso sviluppa un programma iconografico preciso: il rosone è, per la sua forma circolare, un elemento teofanico, esplicitato qualche volta anche dalla presenza al centro della figura di Gesù Cristo o dall'immagine dell’Agnello di Dio, e gli evangelisti che formano il quadrato, segno della terra, ponendosi al limite fra realtà terrestre e mondo celeste, indicano il diffondersi della parola di Dio in tutto il mondo, che viene così salvato e santificato, come si vede nel rosone del Duomo di Spoleto, dove la decorazione cosmatesca evidenzia il quadrato ed è identica a quella che si trova nelle volute e nel centro del rosone.
Note | |
Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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