Discepoli di Emmaus
Discepoli di Emmaus | |
Caravaggio, Cena in Emmaus (1601), olio su tela; Londra, National Gallery | |
Passi biblici | Lc 24,13-35 |
Insegnamento - Messaggio teologico | |
Gesù è vivo. Passaggio di Gesù dalla morte alla gloria come affermano i due angeli alle donne: Perché cercate tra i morti colui che è vivo? |
La pericope dei discepoli di Emmaus si trova in Lc 24,13-35 , ed è propria del terzo evangelista. È un racconto di apparizione pasquale di Cristo risorto e attinge il nome con cui comunemente è riferita dal villaggio di Emmaus, distante pochi chilometri da Gerusalemme.
La narrazione presenta "con arte meravigliosa il nascere della fede nel cuore di due discepoli", e il racconto "passa così dalla descrizione di una fede collettiva a quella di un'esperienza personale del credente, vista dal di dentro"[1].
I due discepoli
Il testo non chiarisce l'identità dei due discepoli. Solo di uno viene presentato il nome, Clèopa (Κλεόπας, Kleópas, Lc 24,18 ), mentre l'altro è lasciato anonimo. Il personaggio nominato non ricorre altrove, né in Luca né in altri passi del Nuovo Testamento. Tuttavia in Gv 19,25 è presentata una Maria di Clèopa (Κλωπᾶς, Klopâs), "sorella" della Madonna, e Egesippo cita un Clopa (Κλωπᾶς) fratello di san Giuseppe[2]. Data l'estrema rarità del nome Cleopa-Clopa nella Palestina dell'epoca (0,2%),[3] è verosimile che questi tre personaggi debbano essere identificati: il discepolo di Emmaus di nome Clèopa era forse lo zio di Gesù, marito di Maria di Clopa "sorella" (cognata) della Madonna, genitori degli evangelici "fratelli" (cugini) di Gesù.
Sul nome e l'identità del secondo discepolo lasciato anonimo non si può dire nulla di certo. Il fatto che la pericope si concluda col riconoscimento degli apostoli: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!" (Lc 24,34 ), e che Cleopa-Clopa era padre di un Simone-Simeone cugino di Gesù, può portare a pensare che questo sia il secondo discepolo (così p.es. Origene[4]), e dunque Gesù sarebbe apparso a zio e cugino. D'altro canto il brano di Luca non lascia intendere al lettore che questo sia il nome dell'altro discepolo, e gli esegeti contemporanei sono concordi nell'identificare il Simone citato con Pietro, al quale Gesù si manifestò privatamente (cfr. 1Cor 15,5 ).
Contesto
La pericope è collegata a ciò che la precede:
- la formula "ed ecco" (καὶ ἰδού, kaì idoú, v. 13) è un tipico elemento di collegamento;
- il fatto che il racconto inizi menzionando due dei discepoli di cui si era parlato prima (v. 13);
- è presente un riassunto della visita al sepolcro delle donne (22-23) e di alcuni discepoli (24): il riferimento è ai vv. 1-6.12;
- si accenna agli Undici e a coloro che erano riuniti con loro (33), come si era detto al v. 9;
Al termine della pericope, l'affermazione sicura dell'apparizione a Pietro (v. 34) contrasta invece con la sorpresa e il dubbio che riscontriamo nella scena seguente (37.38-41)
Lo schema letterario della pericope è simile a quello del racconto battesimale della conversione dell'etiope sulla via di Gaza (At 8,26-39 )[5]. Non mancano poi affinità con l'apparizione di Gesù risorto alla Maddalena (Gv 20,11-18 )[6].
Sottofondo veterotestamentario
Il sottofondo del racconto può essere riscontrato in vari racconti dell'Antico Testamento nei quali "un personaggio divino assume forma umana per conversare con gli uomini senza essere riconosciuto e scompare nel momento in cui la sua identità si rivela"[7]:
- YHWH che appare ad Abramo e cammina con lui con sembianze umane (Gen 18 );
- L'angelo Raffaele che accompagna Tobia senza essere riconosciuto da lui (Tb 5,4 ), finché improvvisamente si rende invisibile (12,1)[8].
Analisi letteraria
Nella distinzione, usuale tra gli esegeti, tra apparizioni di riconoscimento e apparizioni di missione, la pericope appartiene al primo gruppo.
Ipotesi redazionali
Sembra che Luca si rifaccia a diverse tradizioni autonome e che le abbia riunificate in questa composizione, carica di motivi teologici.
Tra gli esegeti c'è chi ha ipotizzato un racconto precedente al testo lucano[9]:
- il racconto originario sarebbe stato composto dai vv. 24,13.15b.16.28-31 (Paul Schubert[10]);
- ovvero sarebbe consistito nei vv. 24,13-15.18.28-31.33, che sarebbero stati attinti a fonti diverse (Joseph Schmitt[11]).
Struttura
Il racconto può essere così articolato:
- allontanamento dei due discepoli da Gerusalemme (vv. 13-24);
- riconoscimento di Gesù allo spezzare il pane (25-35).
Uno studio più accurato[12] mostra che il racconto ha la struttura di un grande chiasmo centrato attorno all'affermazione che Gesù è vivo del v. 23c:
v. 13 - I discepoli lasciano Gerusalemme | I discepoli ritornano a Gerusalemme - v. 33 |
v. 14 - Conversano | Conversano - v. 32 |
v. 15 - Gesù si unisce a loro | Gesù scompare - v. 31b |
v. 16 - I loro occhi sono impediti | i loro occhi si aprono - v. 31a |
di riconoscerlo |
ed essi lo riconoscono - v. 30 allo spezzare il pane |
v. 17 - iniziativa di Gesù | iniziativa dei discepoli - v. 29 |
vv. 18-21: | vv. 25-27: |
v. 18 - Tu non sai | Voi ignorate - v. 25 |
v. 19 - profeta | profeti - v. 25c |
v. 20 - messo a morte | morte e gloria - v. 26 |
v. 21 - speranza delusa | profeti - v. 27 |
v. 22-23b - esse non hanno trovato | essi non hanno trovato - v. 24 |
v. 23c - È vivo |
Anche se alcune opposizioni sono solo formali, altre sono altamente significative:
- tutto il racconto è incorniciato dal doppio accenno a Gerusalemme (vv. 13.33)
- i vv. 20.26 affermano il fatto della crocifissione, motivo di tristezza, e il mistero della gloria, fonte di speranza;
- è rilevante anche la menzione della frazione del pane dei vv. 16.30, che si rafforza nel suo significato di elemento che permette di passare dal non-riconoscimento al riconoscimento
Messaggio
Punto focale: Gesù è vivo
Il racconto si muove intorno all'affermazione che Gesù è vivo, come mette ben in evidenza l'analisi della struttura del racconto delineata sopra. Il passaggio di Gesù dalla morte alla gloria si muove attorno al fulcro di quell'affermazione, che richiama il messaggio fondamentale dei due angeli alle donne: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?" (v. 5).
Il riconoscimento nella fede
La pericope ha un punto secondario focale nel tema del riconoscimento. Mc 16,12 , che riassume l'episodio, riferisce che Gesù appare "sotto altre sembianze" (en heterai morphèi): sarebbe stato preso per un viandante, alla stessa maniera che, in Gv 20,15 , la Maddalena lo scambia per il giardiniere; qualcuno[13] ha interpretato che Gesù avrebbe assunto un altro aspetto che lo rendeva irriconoscibile.
In realtà il racconto non lascia supporre niente del genere[14]: a subire una trasformazione radicale sono i due discepoli, i cui occhi prima "sono impediti di riconoscere Gesù" e poi "si aprono" (24,16.31).
D'altronde, l'itinerario percorso dai due discepoli è interamente contrassegnato da annotazioni psicologiche:
- i discepoli hanno il volto triste (v. 17);
- si stupiscono dell'ignoranza del viandante che sta loro parlando (v. 18);
- insistono per trattenerlo riferendosi ai colori del tramonto (v. 29).
L'insistenza finale nasce forse da una speranza ancora confusa nel loro cuore; rivivono come in un flash-back l'emozione che li ha assaliti nel cammino. L'evangelista fa così comprendere al lettore il grande attaccamento che li legava a Gesù.
Attraverso questa dinamica Luca presenta con delicatezza il tema teologico del divenire della fede.
L'unità tra parola e spezzare il pane
Il racconto avvicina l'interpretazione che Gesù dà dei fatti con il gesto dello spezzare il pane, momento del riconoscimento. Il gesto di Gesù ha una sua simbologia umana e storica. La partecipazione del medesimo pane è più dell'ospitalità, che pur i due avevano offerto al misterioso viandante: la condivisione della mensa rende veramente fratelli, è come una cerimonia di alleanza.
L'evangelista, al cogliere la parola di Gesù "spezzò il pane"[15], ha in mente l'Eucaristia: vuole rilevare che Gesù, ormai Risorto e vivo, si dona ai due nell'Eucaristia.
Apparizioni pasquali e pasti sono associati in Lc 24,41-43 ; Gv 21,10-13 ; At 1,4; 10,41 .
Il deve/doveva
Il Cristo risorto insiste sul fatto che egli doveva soffrire per entrare nella sua gloria; questo è un tema ricorrente nel terzo Vangelo[16]. Nel greco dei Vangeli ciò si esprime nell'uso della forma δεῖ, dei, "bisogna".
Alla necessità della passione corrisponde la necessità che si compiano le scritture (cfr. Lc 18,31; 24,44 ); difatti Gesù spiega in tutte le scritture quello che si riferiva a lui (v. 27)[17]. Il compimento delle scritture è il compimento della volontà di Dio.
Storicità
Tra gli studiosi viene discussa la storicità della pericope. In effetti essa riflette il linguaggio e l'ottica tipica del Vangelo secondo Luca. L'evangelista vi redige una sintesi dei temi più caratteristici di tutta la sua opera, sottolineando la presenza misteriosa di Gesù risorto, attraverso la testimonianza delle Scritture e nella celebrazione dell'Eucaristia.
Ciò nulla toglie alla credibilità dei fatti, desunti nella loro sostanza dalla tradizione antica. L'evangelista li avrebbe rielaborati per una sintesi dottrinale propria, alla luce delle celebrazioni del banchetto del Signore che avvenivano nella primitiva comunità nata dalla Pasqua.
L'uso nella Liturgia
Nella liturgia di Rito Romano la pericope è letta nel giorno festivo della III Domenica del Tempo di Pasqua dell'Anno A e nel feriale di mercoledì fra l'Ottava di Pasqua.
Anche nel Rito Ambrosiano si inserisce nel Tempo di Pasqua, durante la celebrazione della Domenica dopo Ascensione, ovvero la VII Domenica Anno A. È letta, inoltre, nel giorno feriale Mercoledì in Albis ossia il IV giorno dell'Ottava di Pasqua che corrisponde al mercoledì di Rito Romano.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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