Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane (Roma)

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Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio
alle Tre Fontane
Tre Fontane 01778 chiesa abbaziale.JPG
Roma, Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane
Stato bandiera Italia
Regione bandiera Lazio
Regione ecclesiastica
Regione ecclesiastica Lazio
Provincia Roma
Comune Stemma Roma
Diocesi Roma
Vicariatus Urbis
Religione Cattolica
Indirizzo Via di Acque Salvie, 1
00142 Roma (RM)
Telefono +39 06 5401655
Sito web Sito ufficiale
Oggetto tipo Chiesa
Dedicazione San Vincenzo di Saragozza
Sant'Anastasio
Sigla Ordine qualificante O.C.S.O.
Sigla Ordine reggente O.C.S.O.
Fondatore papa Innocenzo II
Data fondazione 1140
Stile architettonico romanico
Inizio della costruzione 1140
Data di consacrazione 1221
Consacrato da papa Onorio III
Strutture preesistenti Chiesa paleocristiana di Sant'Anastasio
Pianta croce latina
Materiali laterizi, marmo
Larghezza Massima 22,57 m
Lunghezza Massima 66,45 m
Coordinate geografiche
41°50′04″N 12°29′01″E / 41.834457, 12.483501 Stemma Roma
Mappa di localizzazione New: Roma
Chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio
Chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio
Basilica di S. Pietro
Basilica di S. Pietro
Basilica di S. Giovanni in Laterano
Basilica di S. Giovanni in Laterano

La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane è un edificio di culto di Roma, annesso all'omonima Abbazia, situata nella periferia meridionale della città, nel rione Europa.

Storia

Periodo paleocristiano e precistercense

La chiesa sorge in località "ad Aquas Salvias" dove, secondo la tradizione risalente al V secolo, san Paolo fu decapitato e la sua testa, rimbalzando tre volte, fece scaturire altrettante sorgenti dalle quali il sito prese il nuovo nome delle "Tre Fontane".

Nel 625, papa Onorio I (625 - 638) fece edificare sul luogo una chiesa con un annesso monastero, dove i monaci greci, ai quali era stata affidata, vi trasferirono le reliquie di sant'Anastasio, monaco persiano, al quale si aggiunsero, solo nel 1370, quelle di san Vincenzo di Saragozza, diacono spagnolo, che fu associato al primo nella dedica della chiesa.

Il complesso monastico andò a fuoco sotto Adriano I (772 - 795): allo spegnimento partecipò lo stesso pontefice, il quale fece ricostruire e restaurare la chiesa e la sacrestia.

Nell'805 il monastero e la chiesa ricevettero cospicue donazione da parte dell'imperatore Carlo Magno (742814) e del papa Leone III (795 - 816).

Dai Cistercensi ai trappisti

Nel 1138 Innocenzo II (1130 - 1143) concesse il complesso ai monaci cistercensi che costruirono nel 1140 una nuova chiesa e un monastero, secondo le regole indicate dal fondatore del proprio Ordine, san Bernardo di Chiaravalle (1090 - 1153), che proprio in questo luogo ebbe la visione della Scala Coeli. I lavori di edificazione giunsero a compimento nel 1221 con la consacrazione della chiesa da parte di papa Onorio III (1216 - 1227).[1]

Nel 1418 papa Martino V (1417 - 1431) affidò l'abbazia in commenda con i conseguenti diritti reddituali.

Nel 1600, in vista dell'Anno Santo, l'intero complesso fu restaurato, ma poi fu in parte abbandonato a cau­sa dell'imperversare della malaria nella zona.

Nel 1809, durante l'occupazione francese di Roma, i cistercensi furono estromessi dal complesso che, nel 1826, fu concesso ai francescani conventuali e, infine, nel 1868 Pio IX (1846 - 1878) lo affidò ai monaci trappisti, che provvidero alla bonifica della zona mediante la piantagione di eucalipti - alberi che all'epoca si riteneva fossero di ostacolo al diffondersi del morbo - e ai lavori di restauro degli edifici. Fu in questa occasione che il pavimento della chiesa, così come il portico e l'area circostante, furono ribassati: operazione attestata anche dalle colonne del portico che presentano un doppio basamento.

La chiesa è oggi luogo sussidiario di culto della parrocchia di San Gregorio Barbarigo.

Descrizione

La chiesa si presenta attualmente nelle forme dell'inizio del XIII secolo.

Esterno

Portico

La facciata è preceduto da un portico (nartece) tetrastilo in laterizi. Il mezzo timpano triangolare che risulta sul fianco è adorno dalla fascia a mensole e denti di sega, tra cui corre un fregio a mattoncini disposti obliquamente per coltello. L'architrave laterizio, in cui sono inserite ceramiche del XIII secolo, ha l'epistilio marmoreo retto da quattro colonne di granito bigio con capitelli ionici di spoglio, mentre nei pilastri angolari e sui fianchi la funzione dei capitelli è svolta da mensole ricavate dal taglio di un architrave romano riccamente decorato. Sull'epistilio marmoreo è incisa un'iscrizione commemorativa, in lettere capitali, del XV secolo - che probabilmente ne riproduce una più antica - nella quale si legge:[2]

« INNOCENTIUS II PONT[ifex] MAX[imus], EX FAMILIA ANICIA PAPIA ET PAPARESCA, NUNC MATTAEIA S[ancti] BERNARDI OPERA, SUBLATO ANACLETO SCHISMATE, EIDEM AC SUIS CISTERCIENSIBUS HOC A SE RESTAURATUM MONASTERIUM DONO DEDIT, ANNO DOMINI MCXL. »

Poiché il pavimento del portico era più basso di quattro gradini rispetto al terreno circostante, nei restauri del 1868 è stato abbassato il livello del piano di calpestio intorno alla chiesa e muniti i pilastri di alti basamenti che alterano le proporzioni originarie dell'edificio. Il tetto del portico ad unica falda è probabilmente del XV-XVI secolo, ma conserva ancora le mensole lignee intagliate originali; esso si sviluppa per tutta la lunghezza delle tre navate, in modo analogo a quello della Basilica di San Lorenzo fuori le Mura.

Facciata

La facciata, alta e stretta, in laterizi a vista, con tetto a capanna, è aperta con disegno euritmico da due file di tre finestre, un oculo tra due monofore, simmetricamente sovrastanti tre monofore disposte ad triangulum.

Interno

Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane (interno)

L'interno, austero e semplice - secondo le forme tipiche dell’architettura cistercense che non prevedeva edifici sontuosi né tantomeno decorazioni scultoree o pittoriche - presenta una pianta a croce latina, con abside quadrata e cappelle laterali, suddivisa in tre navate da nove possenti pilastri (nudi parallelepipedi con capitelli formati da una cornice lineare costituita da quattro listelli) che si affacciano sulla navata centrale attraverso archi a tutto sesto. Infine, volte a sesto acuto costituiscono la copertura delle quattro cappelle del transetto. La luce si diffonde nell'aula liturgica attraverso finestre monofore a doppia strombatura liscia, decorate con vetrate di epoca recente e dal fronte della navata centrale attraverso un oculo e cinque finestre monofore.

Nel centro della crociera, al posto della cupola, le navate si incontrano attraverso tre archi a tutto sesto, che danno accesso al presbiterio e alla navata trasversa.

Le navate sono decorate con dipinti murali ad affresco, databili alla seconda metà del XVI secolo, di scuola raffaellesca raffiguranti:

Sulla parete della navata sinistra è visibile la lapide che ricorda la consacrazione della chiesa avvenuta nel 1221 sotto Onorio III. Essa fu dedicata a sant'Anastasio, come la preesistente, e solo nel 1370 fu detta "dei santi Anastasio e Vincenzo", quando alcune reliquie di quest'ultimo, martire spagnolo, giunsero al monastero delle Tre Fontane.

Note
  1. Nello stesso periodo l'Ordine cistercense edificò nel territorio laziale imponenti abbazie, come quelle di Casamari e Fossanova.
  2. L'iscrizione ricorda il restauro dell'abbazia e l'insediamento dei cistercensi su iniziativa di Innocenzo II, come riconoscenza del pontefice per il sostegno e l'opera prestata da san Bernardo di Chiaravalle durante lo scisma di Anacleto II.
Bibliografia
  • Ferruccio Lombardi, Roma. Chiese conventi chiostri. Progetto per un inventario, 313-1925, Edil Stampa, Roma, 1993, p. 428
  • Claudio Rendina, Le Chiese di Roma. Storia e segreti, col. "Tradizioni italiane", Newton & Compton, Roma, 2017, p. 369-370, ISBN 9788854188358
  • Touring Club Italiano (a cura di), Roma, col. "Guide Rosse", Touring, Milano, 2005, pp. 862-864, ISBN 9770390107016
Voci correlate
Collegamenti esterni
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Il contenuto di questa voce è stato firmato il giorno 20 maggio 2021 da Teresa Morettoni, esperta in museologia, archeologia e storia dell'arte.

Il firmatario ne garantisce la correttezza, la scientificità, l'equilibrio delle sue parti.