Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane (Roma)
Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane | |
Roma, Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Via di Acque Salvie, 1 00142 Roma (RM) |
Telefono | +39 06 5401655 |
Sito web | Sito ufficiale |
Oggetto tipo | Chiesa |
Dedicazione |
San Vincenzo di Saragozza Sant'Anastasio |
Sigla Ordine qualificante | O.C.S.O. |
Sigla Ordine reggente | O.C.S.O. |
Fondatore | papa Innocenzo II |
Data fondazione | 1140 |
Stile architettonico | romanico |
Inizio della costruzione | 1140 |
Data di consacrazione | 1221 |
Consacrato da | papa Onorio III |
Strutture preesistenti | Chiesa paleocristiana di Sant'Anastasio |
Pianta | croce latina |
Materiali | laterizi, marmo |
Larghezza Massima | 22,57 m |
Lunghezza Massima | 66,45 m |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio alle Tre Fontane è un edificio di culto di Roma, annesso all'omonima Abbazia, situata nella periferia meridionale della città, nel rione Europa.
Storia
Periodo paleocristiano e precistercense
La chiesa sorge in località "ad Aquas Salvias" dove, secondo la tradizione risalente al V secolo, san Paolo fu decapitato e la sua testa, rimbalzando tre volte, fece scaturire altrettante sorgenti dalle quali il sito prese il nuovo nome delle "Tre Fontane".
Nel 625, papa Onorio I (625 - 638) fece edificare sul luogo una chiesa con un annesso monastero, dove i monaci greci, ai quali era stata affidata, vi trasferirono le reliquie di sant'Anastasio, monaco persiano, al quale si aggiunsero, solo nel 1370, quelle di san Vincenzo di Saragozza, diacono spagnolo, che fu associato al primo nella dedica della chiesa.
Il complesso monastico andò a fuoco sotto Adriano I (772 - 795): allo spegnimento partecipò lo stesso pontefice, il quale fece ricostruire e restaurare la chiesa e la sacrestia.
Nell'805 il monastero e la chiesa ricevettero cospicue donazione da parte dell'imperatore Carlo Magno (742 – 814) e del papa Leone III (795 - 816).
Dai Cistercensi ai trappisti
Nel 1138 Innocenzo II (1130 - 1143) concesse il complesso ai monaci cistercensi che costruirono nel 1140 una nuova chiesa e un monastero, secondo le regole indicate dal fondatore del proprio Ordine, san Bernardo di Chiaravalle (1090 - 1153), che proprio in questo luogo ebbe la visione della Scala Coeli. I lavori di edificazione giunsero a compimento nel 1221 con la consacrazione della chiesa da parte di papa Onorio III (1216 - 1227).[1]
Nel 1418 papa Martino V (1417 - 1431) affidò l'abbazia in commenda con i conseguenti diritti reddituali.
Nel 1600, in vista dell'Anno Santo, l'intero complesso fu restaurato, ma poi fu in parte abbandonato a causa dell'imperversare della malaria nella zona.
Nel 1809, durante l'occupazione francese di Roma, i cistercensi furono estromessi dal complesso che, nel 1826, fu concesso ai francescani conventuali e, infine, nel 1868 Pio IX (1846 - 1878) lo affidò ai monaci trappisti, che provvidero alla bonifica della zona mediante la piantagione di eucalipti - alberi che all'epoca si riteneva fossero di ostacolo al diffondersi del morbo - e ai lavori di restauro degli edifici. Fu in questa occasione che il pavimento della chiesa, così come il portico e l'area circostante, furono ribassati: operazione attestata anche dalle colonne del portico che presentano un doppio basamento.
La chiesa è oggi luogo sussidiario di culto della parrocchia di San Gregorio Barbarigo.
Descrizione
La chiesa si presenta attualmente nelle forme dell'inizio del XIII secolo.
Esterno
Portico
La facciata è preceduto da un portico (nartece) tetrastilo in laterizi. Il mezzo timpano triangolare che risulta sul fianco è adorno dalla fascia a mensole e denti di sega, tra cui corre un fregio a mattoncini disposti obliquamente per coltello. L'architrave laterizio, in cui sono inserite ceramiche del XIII secolo, ha l'epistilio marmoreo retto da quattro colonne di granito bigio con capitelli ionici di spoglio, mentre nei pilastri angolari e sui fianchi la funzione dei capitelli è svolta da mensole ricavate dal taglio di un architrave romano riccamente decorato. Sull'epistilio marmoreo è incisa un'iscrizione commemorativa, in lettere capitali, del XV secolo - che probabilmente ne riproduce una più antica - nella quale si legge:[2]
« | INNOCENTIUS II PONT[ifex] MAX[imus], EX FAMILIA ANICIA PAPIA ET PAPARESCA, NUNC MATTAEIA S[ancti] BERNARDI OPERA, SUBLATO ANACLETO SCHISMATE, EIDEM AC SUIS CISTERCIENSIBUS HOC A SE RESTAURATUM MONASTERIUM DONO DEDIT, ANNO DOMINI MCXL. » |
Poiché il pavimento del portico era più basso di quattro gradini rispetto al terreno circostante, nei restauri del 1868 è stato abbassato il livello del piano di calpestio intorno alla chiesa e muniti i pilastri di alti basamenti che alterano le proporzioni originarie dell'edificio. Il tetto del portico ad unica falda è probabilmente del XV-XVI secolo, ma conserva ancora le mensole lignee intagliate originali; esso si sviluppa per tutta la lunghezza delle tre navate, in modo analogo a quello della Basilica di San Lorenzo fuori le Mura.
Facciata
La facciata, alta e stretta, in laterizi a vista, con tetto a capanna, è aperta con disegno euritmico da due file di tre finestre, un oculo tra due monofore, simmetricamente sovrastanti tre monofore disposte ad triangulum.
Interno
L'interno, austero e semplice - secondo le forme tipiche dell’architettura cistercense che non prevedeva edifici sontuosi né tantomeno decorazioni scultoree o pittoriche - presenta una pianta a croce latina, con abside quadrata e cappelle laterali, suddivisa in tre navate da nove possenti pilastri (nudi parallelepipedi con capitelli formati da una cornice lineare costituita da quattro listelli) che si affacciano sulla navata centrale attraverso archi a tutto sesto. Infine, volte a sesto acuto costituiscono la copertura delle quattro cappelle del transetto. La luce si diffonde nell'aula liturgica attraverso finestre monofore a doppia strombatura liscia, decorate con vetrate di epoca recente e dal fronte della navata centrale attraverso un oculo e cinque finestre monofore.
Nel centro della crociera, al posto della cupola, le navate si incontrano attraverso tre archi a tutto sesto, che danno accesso al presbiterio e alla navata trasversa.
Le navate sono decorate con dipinti murali ad affresco, databili alla seconda metà del XVI secolo, di scuola raffaellesca raffiguranti:
- sui pilastri, Dodici apostoli
- a sinistra, San Paolo, San Giovanni, San Filippo, San Bartolomeo, San Matteo e San Giuda Taddeo;
- a destra, San Pietro, San Giacomo Maggiore, Sant'Andrea, San Tommaso, San Mattia e San Simone.
- accanto all'altare,
- a sinistra, Noli me tangere;
- a destra, Battesimo di Gesù Cristo.
Sulla parete della navata sinistra è visibile la lapide che ricorda la consacrazione della chiesa avvenuta nel 1221 sotto Onorio III. Essa fu dedicata a sant'Anastasio, come la preesistente, e solo nel 1370 fu detta "dei santi Anastasio e Vincenzo", quando alcune reliquie di quest'ultimo, martire spagnolo, giunsero al monastero delle Tre Fontane.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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