La Civiltà Cattolica
La Civiltà Cattolica è una rivista quindicinale di cultura fondata a Napoli nel 1850 ed edita dai gesuiti italiani.
La rivista attraversò un panorama storico complesso, come lo fu quello italiano fra il Risorgimento e l'inizio del III millennio, superando tutte le tensioni interne ed esterne alla Chiesa, i mutamenti politici e di costume.
La rivista ha mantenuto tutto il tempo le stesse dimensioni (236x161 mm) e la stessa grafica.
La sede si trova in Via di Porta Pinciana, 1.
Storia
Il progetto
La Civiltà Cattolica ha dalla sua un autentico progetto, nato da un serrato confronto e da una lunga preparazione all'interno della stessa Compagnia di Gesù, come testimonia una consistente documentazione archivistica.
Di un giornale o di una rivista redatta dai gesuiti si parla già nel 1846, come prova la fitta corrispondenza intercorsa fra i padri italiani, le gerarchie della Compagnia, in particolare il Padre Generale Johannes Philippe Roothan (1783-1853), e la Santa Sede, anch'essa interessata a disporre di una voce ufficiosa ma autorevole, con la quale diffondere le proprie tesi dinanzi alla Rivoluzione nazionalista che di lì a poco avrebbe sconvolto gli equilibri degli Stati europei, compreso quello pontificio. La situazione del tempo vedeva la crescita di varie ideologie, dal razionalismo illuministico settecentesco al marxismo, a tutte le filosofie e discipline che mettevano in secondo piano la visione religiosa del mondo.
Si può dire che a volere la rivista fu soprattutto Papa Pio IX (in quel momento esule a Gaeta), la cui intenzione era di disporre di uno strumento adatto a difendere il pensiero cattolico. Il Papa, del resto, aveva appena pubblicato un Motu proprio allo scopo di incoraggiare l'apostolato per mezzo della stampa. Un giovane gesuita, padre Curci (1809-1891), che avrebbe fondato la rivista, definì il progetto e lo presentò, attraverso il cardinale Giacomo Antonelli, al Papa. Curci sosteneva che il giornalismo dell'epoca era figlio della Rivoluzione Francese, e diffondeva le nuove idee liberali, agnostiche e antireligiose; bisognava quindi combattere il nemico con le stesse armi, contrapponendo giornale a giornale, periodico a periodico.
Il padre generale dei gesuiti, Roothaan, non era entusiasta dell'iniziativa, per timore che, se, la rivista fosse entrata in questioni politiche, la Compagnia potesse esserne danneggiata. Roothaan andò dal Papa a Gaeta per esporgli le sue ragioni: una simile pubblicazione non avrebbe potuto rimanere estranea al dibattito politico, violando così le Costituzioni della Compagnia; secondo Roothaan era meglio pubblicare una rivista in latino per eruditi, e il gesuita pensava di darle il significativo titolo Acta eruditorum[1].
Pio IX appoggiò il progetto del Curci e Roothaan, a malincuore, dovette cedere. Il Papa anticipò immediatamente le spese del primo numero, milleduecentocinquanta ducati.
I redattori della rivista adottarono perciò fin dal principio una metodologia a loro cara, e che può essere sintetizzata nella formula ignaziana agere contra ("agire contro")[2], mutuata dagli Esercizi Spirituali del fondatore della Compagnia. In ambito politico, la metodologia trova attuazione nel rivendicare un ruolo alla Chiesa, in qualità di anima della società temporale[3].
Lo stile della rivista, pur nella contrapposizione delle ignaziane "bandiere", contemplò però sempre lo sforzo di salvare nella misura del possibile l'affermazione dell'interlocutore e, in ogni caso, di considerare quanto può ridurne la responsabilità, come scriveva padre Taparelli d'Azeglio nel 1847:
« | I compilatori nel combattere gli errori abbiano presente fin dove essi si accostino al vero, e così accordino agli erranti quello che veramente a loro si compete affinché riesca loro meno amaro riconoscersi convinti del falso. » |
Scopo della nuova rivista sarebbe stato difendere "la civiltà cattolica", come allora la si concepiva, minacciata dai nemici della Chiesa, in particolare dai liberali e dai massoni, che andavano ispirando molte linee portanti dell'Italia nata dal Risorgimento. Di qui il carattere polemico e combattivo che la rivista assunse sin dall'inizio, e che mantenne poi per lungo tempo. Era del resto lo stile tipico dell'Ottocento, e gli avversari della Chiesa e del cattolicesimo non erano certo più teneri e moderati nei loro attacchi.
La nascita
Il primo fascicolo della rivista uscì a Napoli il 6 aprile 1850. Il Curci, che ne scrisse l'articolo programmatico, era coadiuvato dai migliori scrittori della Compagnia di Gesù del tempo:
- Luigi Taparelli D'Azeglio (1793-1862), filosofo del diritto;
- Matteo Liberatore (1810-1892), cultore della filosofia tomista;
- Antonio Bresciani (1798-1862), letterato;
- Giovanni Battista Pianciani (1784-1862), studioso di scienze naturali,
Collaborarono anche Carlo Piccirillo (1821-1888) e Giuseppe Oreglia di Santo Stefano (1823-1895), all'epoca ancora studenti.
Molti dei collaboratori della prima ora fecero parte del primo Collegio degli Scrittori[4], costituito "perpetuamente" il 12 febbraio 1866 con il breve pontificio Gravissimum Supremi di Papa Pio IX (1846-1878). Fino al 1933 gli autori conservavano l'anonimato. A partire da quell'anno gli articoli furono firmati.
La rivista ebbe un notevole successo, legato anche all'efficiente sistema di distribuzione: del primo volume, stampato in 4.200 copie, si fecero ben sette successive edizioni. Alla fine del primo trimestre la rivista raggiungeva già 6.307 indirizzi. Dopo quattro anni la tiratura salì a 13.000 copie: numero notevole per l'epoca, tanto che il tipografo dovette acquistare in Inghilterra una "macchina celere»" in sostituzione di quella per la stampa a mano.
Un altro motivo del successo fu dovuto alla diffusione capillare tramite le case ed i collegi dei gesuiti. In ogni casa vi era un corrispondente che mandava notizie di prima mano alla redazione centrale sulla situazione locale.
Non ultima ragione del successo derivò dai romanzi del Bresciani, pubblicati a puntate in ogni numero della rivista, tra cui L'ebreo di Verona: racconto storico dall'anno 1846 al 1849[5], Lionello o il zuavo pontificio (sequel del precedente) ed altri[6], stampati poi come volumi a parte.
La rivista diventò la prima pubblicazione italiana a diffusione nazionale. La causa maggiore del successo fu il fatto che i cattolici avvertirono subito nella nuova rivista una voce franca e battagliera in difesa della fede e del Papato; tanto più che, dopo il passaggio della redazione da Napoli a Roma, La Civiltà Cattolica assunse sempre più il carattere dì interprete fedele del pensiero e delle direttive della Santa Sede.
Lo scopo dichiarato della rivista era così formulato dal padre Curci: "Condurre l'idea e il movimento della civiltà a quel concetto cattolico da cui sembra da tre secoli avere fatto divorzio".
I primi passi
Nei primi mesi di vita La Civiltà Cattolica incontrò serie difficoltà nel Regno delle Due Sicilie: fu prima perseguitata da consiglieri e da ministri massoni imbevuti di spirito anticurialista, poi censurata dalla polizia[7], così che, nel settembre 1850, la redazione si dovette trasferire a Roma[8], dove sarebbe rimasta sempre, salvo una breve sospensione delle pubblicazioni nel 1870 a causa della conquista della città da parte delle truppe del Regno d'Italia[9]. Tra il 1871 e il 1887, poi, gli scrittori risiedettero a Firenze.
Vi furono difficoltà anche con altri governi liberali del tempo, soprattutto con il Piemonte: Luigi Carlo Farini diede vita alla rivista torinese Il Cimento (1852-1856) come antidopo all'influenza de La Civiltà Cattolica: Bertrando Spaventa vi confutava le sue dottrine, e Francesco De Sanctis vi pubblicò una celebre stroncatura del romanzo del Bresciani[10].
La storia della rivista fu sempre strettamente legata alla vita religiosa, politica e sociale italiana e internazionale, perché essa non rimase estranea a nessuno dei grandi avvenimenti di ognuna delle epoche in cui fu pubblicata. Fu protagonista del dibattito culturale che si svolse in Italia e nella Chiesa nella seconda metà del XIX secolo, portò un contributo decisivo al Sillabo, al Concilio Vaticano I (1869-1870) e, soprattutto, all'opera di restaurazione della filosofia tomista, che avrà il suo coronamento durante il pontificato di Leone XIII[11] (1878-1903).
Nelle vicende politiche italiane ed europee
La Civiltà Cattolica svolse un ruolo di primo piano anche sulla scena politica, seguendo con attenzione le vicende che portarono all'unificazione politica dell'Italia e alla nascita, dopo la breccia di Porta Pia (1870), della Questione Romana, fungendo sempre da pietra d'inciampo per la classe politica liberale, minoritaria nel paese.
Il mondo culturale laicista reagì alla nascita de La Civiltà Cattolica con la fondazione, a Torino, della rivista Il Cimento, uscita dal 1852 al 1856; su di essa Bertrando Spaventa (1817-1883), filosofo d'ispirazione hegeliana, e Francesco De Sanctis (1817-1883), storico della letteratura, cercarono sempre di confutare gli articoli della rivista cattolica.
Scopo de La Civiltà Cattolica fu sempre la preparazione di una classe dirigente preparata ad affrontare il futuro, soprattutto in vista del graduale venir meno del non expedit[12]. Lo stesso avvenne durante il fascismo, nel tentativo di dar vita a un'élite, formando figure di rilievo nel movimento cattolico. Nel 1930, nell'ambito dello scontro fra Stato e Chiesa verificatosi dopo il Concordato del 1929, venne scoperto addirittura un legame fra il gruppo antifascista d'ispirazione monarchico-cattolica Alleanza Nazionale e padre Enrico Rosa (1870-1938), direttore della rivista.
Nel 1936 la rivista affrontò, con la penna di padre Antonio Messineo (1897-1968), la questione della liceità delle annessioni coloniali, in un frangente delicato come quello della conquista italiana dell'Etiopia e del conseguente scontro fra l'Italia e la Società delle Nazioni.
Nel 1937 La Civiltà Cattolica pubblicò la lettera, peraltro ignorata anche da L'Osservatore Romano, con cui i Vescovi spagnoli prendevano posizione sulla guerra civile a sostegno del movimento nazionale. Le pagine della rivista denunciarono altresì tutti i totalitarismi che insanguinarono il XX secolo.
Fu significativa, fra le altre cose, l'opera di padre Robert Graham, che si dedicò alacremente a smentire le teorie storiche sul preteso "silenzio" di Pio XII (1939-1958) a proposito dei campi di sterminio nazisti.
Il dopoguerra
Nel secondo dopoguerra la rivista pubblicò articoli di fuoco, come quelli firmati da padre Riccardo Lombardi (1908-1979), richiamando il mondo cattolico alla necessità di organizzarsi per combattere le sinistre nella campagna elettorale del 1948. All'epoca si era verificato un dissidio interno al Collegio degli Scrittori sull'opportunità dei cattolici di allearsi con schieramenti diversi:
- il direttore della rivista, padre Giacomo Martegani (1902-1981), vedeva con favore un "asse" di destra fra Uomo Qualunque, Movimento Sociale Italiano e parte della Democrazia Cristiana e, insieme al vescovo di Pompei, mons. Roberto Ronca (1901-1978), favorì la costituzione del movimento Civiltà Italica;
- padre Antonio Messineo (1897-1978) e padre Salvatore Lener (1907-1983) indicavano invece una linea più vicina, pur se critica, alle strategie di Alcide De Gasperi (1881-1954).
La rivista diede un'amplissima informazione sul Concilio Vaticano II, al quale alcuni suoi scrittori parteciparono anche in qualità di periti.
All'epoca del "compromesso storico" la rivista portò avanti un costante appello all'unità politica e partitica dei cattolici, che sfociò in un pressante e perdurante richiamo a "rifondare" la Democrazia Cristiana.
Il lungo pontificato di Giovanni Paolo II influì inevitabilmente anche sulle scelte della Compagnia di Gesù e sulla rivista, favorendo una ritrovata missionarietà e la ripresa di articoli apologetici.
Periodicità
La Civiltà Cattolica esce il primo e il terzo sabato del mese.
Il cammino della rivista ha sempre accompagnato da vicino quello della Chiesa e del Paese, mantenendo immutata la periodicità quindicinale[13]. Tale periodicità le consente di avere una maggiore tempestività di quella consentita a una rivista mensile e un maggiore distacco dai fatti, e dunque un giudizio più informato e più sereno, di quello consentito a un settimanale.
Redazione
La rivista è scritta soltanto da gesuiti[14], e segue dalla fondazione lo stesso metodo redazionale, che prevede l'opera non di singoli scrittori, ma di un gruppo di gesuiti, che si occupano in maniera esclusiva del lavoro di direzione e di redazione della rivista.
Ciò corrisponde al fatto che tutti i redattori della rivista, insieme col direttore, che è designato dal Superiore Generale della Compagnia col beneplacito della Santa Sede, sono corresponsabili in solidum di tutto ciò che si pubblica in essa. Il lavoro della rivista dunque è collegiale, e la responsabilità dei singoli articoli, oggi tutti, escluso l'editoriale, firmati[15], è dell'intero Collegio degli Scrittori.
Attualmente (2010) il Collegio degli Scrittori è composto da undici gesuiti. Altri collaborano come emeriti[16].
I direttori
Tutti i direttori della rivista dalla sua fondazione[17]:
- Carlo Maria Curci (1850-1853)[18]
- Giuseppe Calvetti (24 ottobre 1853-1855)
- Giuseppe Paria (2 gennaio 1855-1856)
- Carlo Maria Curci (14 settembre 1856-1861)
- Matteo Liberatore (16 marzo 1861-1865)
- Giuseppe Oreglia di Santo Stefano (1865-1868)
- Carlo Piccirillo (1868-1874)
- Francesco Berardinelli (1874-1891)
- Ruggero Freddi (13 settembre 1891-1892)
- Alessandro Gallerani (15 dicembre 1892-1905)
- Salvatore Brandi (3 dicembre 1905-1913)
- Giuseppe Chiaudiano (5 ottobre 1913-1915)
- Enrico Rosa (21 aprile 1915-1931)
- Felice Rinaldi (3 agosto 1931-1939)
- Giacomo Martegnani (15 luglio 1939-1955)
- Calogero Gliozzo (25 marzo 1955-1959)
- Roberto Tucci (24 luglio 1959-1973)
- Bartolomeo Sorge (25 settembre 1973-1985)
- Gianpaolo Salvini (31 luglio 1985-2012)
- Antonio Spadaro (1º ottobre 2011-14 settembre 2023 nominato sottosegretario del Dicastero per la cultura e l'educazione)
- Nuno da Silva Gonçalves, dal 14 settembre 2023
Struttura del quaderno
Tutti i quaderni sono divisi in quattro parti.
Nella prima parte abbiamo:
- L'editoriale, che affronta problemi significativi per la vita dell'uomo, della società e della Chiesa.
- Articoli di formazione e riflessione teologica, filosofica, morale, sociale, politica, in genere con riferimento all'attualità.
La seconda parte è formata da rubriche come rassegne, riviste della stampa e rubrica dello spettacolo: note e commenti che ne presentano una lettura cattolica.
La terza parte è dedicata alla Cronaca contemporanea. La Civiltà Cattolica ha sempre dato e dà ancora grande importanza all'informazione. La terza parte occupa infatti un terzo di ogni fascicolo (circa 30 pagine), ed ha lo scopo di tenere informato il lettore di quanto avviene in campo religioso, sociale e politico, e di aiutarlo a compiere una valutazione critica degli avvenimenti[19]. È divisa in tre sezioni:
La quarta parte, in genere di almeno 14 pagine, è dedicata alla recensioni bibliografiche e a una scheda di film o di una rappresentazione teatrale.
Il rapporto con la Santa Sede
Un carattere specifico della rivista è il suo particolare rapporto con la Santa Sede. Quando il fascicolo della rivista è ancora in bozze viene inviato alla Segreteria di Stato per l'approvazione definitiva. Il giudizio riguarda essenzialmente tre punti:
- La conformità degli articoli pubblicati sulla rivista con l'insegnamento ufficiale della Chiesa in materia di fede e di morale; per tale motivo alcuni articoli di particolare rilievo teologico e morale sono rivisti anche dalla Congregazione per la Dottrina della Fede o da altri Dicasteri competenti della Curia Romana.
- La conformità o almeno la non sostanziale difformità con gli indirizzi seguiti dalla Santa Sede nei confronti degli Stati; per comprensibili motivi, una particolare attenzione è riservata a quanto la rivista scrive sulle vicende politiche italiane.
- L'opportunità o meno di pubblicare taluni articoli in particolari situazioni.
Il lunedì che precede il primo e il terzo sabato del mese[20] il direttore della rivista è ricevuto in udienza in Segreteria di Stato: gli vengono comunicate le osservazioni fatte sul fascicolo, e queste sono discusse per decidere quali devono essere necessariamente inserite nella rivista e quali invece sono lasciate al giudizio e alla prudenza del direttore.
L'interazione con la Santa Sede non è in contrasto con il fatto che la rivista esca sotto la responsabilità dei gesuiti che fanno parte del Collegio degli Scrittori e per loro iniziativa circa gli argomenti trattati. Tale interazione non comporta che La Civiltà Cattolica sia un organo ufficiale e neppure ufficioso della Santa Sede; significa soltanto che quanto è pubblicato sulla rivista non è in contrasto con gli indirizzi della Santa Sede sui vari problemi.
La Civiltà Cattolica si sente legata alla Santa Sede dal rapporto di fiducia che quest'ultima ha nei confronti della rivista; la rivista, dal canto suo, vuole svolgere un servizio alla Chiesa, in particolare al Papa nel suo Magistero ecclesiale universale, nello spirito di obbedienza al Vicario di Cristo che caratterizza la Compagnia.
La Civiltà Cattolica non riceve finanziamenti dalla Santa Sede, né i membri del Collegio sono stati mai gratificati con nomine ecclesiastiche.
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