Canonici Regolari di Sant'Antonio di Vienne

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Canonici Regolari di Sant'Antonio di Vienne
in latino Eleemosyna Sancti Antonii
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Istituto di vita consacrata
Ordine di canonici regolari di diritto pontificio soppresso

Altri nomi
*Cavalieri del tau

  • Antoniani
Fondatore Gaston de Valloire
Data fondazione 1070
Luogo fondazione La Motte aux Bois
sigla C.R.S. Ant.
Approvato da Urbano II
Data di approvazione 1095
Motto '
Santo patrono Sant'Antonio abate
Soppresso da Pio VI
Collegamenti esterni

I Canonici Regolari di Sant'Antonio di Vienne, detti anche Antoniani (sigla C.R.S. Ant. o O.C.R.S.A.), furono il primo ordine ospedaliero medievale.

I membri di questo ordine erano nobili signori che si dedicavano a curare gli ammalati di fuoco di sant'Antonio, vestiti di un abito e di un mantello neri, con una croce azzurra a tre braccia cucita sopra il cuore.

Origini dell'ordine

Fin dal VI secolo tra la Francia meridionale e le confinanti zone della Liguria, del Piemonte e dell'attuale Svizzera apparvero figure di monaci guaritori: provenivano dal deserto egiziano della Tebaide, dove avevano abbracciato una vita di ascesi ricalcando la vita e l'insegnamento di Sant'Antonio abate.

Spesso percorrevano il territorio conducendo una vita itinerante, a volte vivevano come anacoreti a volte costituivano piccole comunità, prendendo esempio da quelle di Sant'Agostino d'Ippona nell'Africa settentrionale e dal loro modello di povertà, preghiera e studio.

Nei secoli successivi, a causa dell'espansione dell'Islam, divenne più frequente la diaspora dei monaci del deserto verso l'Occidente, in particolare verso la Provenza[1].

Erano uomini di profonde conoscenze tecniche, nel campo dell'agricoltura e dell'artigianato, ma soprattutto nel campo delle cure mediche, essendo legati alla tradizione che voleva Sant'Antonio il guaritore dalla malattia chiamata appunto fuoco di Sant'Antonio[2].

La Legenda aurea di Jacopo da Varagine e le storie popolari, in allora molto conosciute anche dalle masse analfabete[3], raccontavano di Sant'Antonio abate come guaritore e come conquistatore del fuoco.

Si narravano infatti le storie di Antonio che, mentre viveva eremita nel deserto della Tebaide tenendo con sé solo un maialino, riusciva a vincere con l'astuzia il diavolo che tutti i giorni lo tentava in mille modi. Poiché gli uomini avevano bisogno del fuoco, che il diavolo teneva per sé per barattarlo con le anime, il Santo andò a bussare alle porte dell'Inferno, ma i diavoli gli chiusero il portone in faccia bestemmiando; non riuscirono tuttavia ad evitare che si intrufolasse dentro il maialino, il quale correndo ovunque mise a soqquadro tutto l'Inferno. Allora il diavolo fu costretto a chiedere a Sant'Antonio di andare a riprendersi la bestiola: ma il Santo, andato, nel tornare indietro fece astutamente prendere fuoco al suo bastone a forma di tau, portando così fuori una preziosa fiammella.

I primi ospedali intorno al Mille

Ambito piemontese, Traslazione delle spoglie di sant'Antonio abate (XVI secolo), affresco; Buttigliera Alta, Abbazia di Sant'Antonio Abate di Ranverso

Verso la fine del XI secolo dalla Francia meridionale si diffuse in tutta l'Europa una epidemia di ergotismo, una malattia cutanea tipica delle popolazioni povere[4].

Questa malattia, di cui all'epoca era del tutto sconosciuta la natura, si aggiunse al fuoco di Sant'Antonio, di natura virale ma con sintomi similari, che in quegli anni affliggeva gli strati più poveri della popolazione, per la scarsità dell'alimentazione e delle condizioni igieniche.

Curate con le minime conoscenze mediche del tempo, le due patologie provocavano affezioni dolorosissime, che conducevano spesso a cancrene e ad amputazioni degli arti.

Ritenute un' unico morbo, furono chiamate genericamente fuoco, oppure fuoco sacro, fuoco divino, fuoco infernale, male degli ardenti, per via delle altissime febbri che rendevano gli ammalati come arsi dalle fiamme.

Dunque i monaci, che non erano membri del clero, si dedicarono alle cure degli ammalati. La maggior parte di essi nel corso degli anni furono i rampolli di nobili famiglie della regione, riuniti in piccole comunità spontanee, come delle Confraternite laiche.

Numerosi ricoveri sorsero per lo più accanto a chiese e monasteri già esistenti, come per esempio presso la Chiesa di San Michele in Oliveto a Ventimiglia dove dalla metà del X secolo funzionava un hospitalis per i pellegrini e i marinai affetti dal fuoco di Sant'Antonio, grazie alle donazioni di Guidone del nobile casato dei conti Ventimiglia.

I conti Ventimiglia vantavano fra i loro antenati nientemeno che lo stesso Sant'Antonio abate, di cui conservavano la culla infantile nella cappella privata, e per di più si dichiaravano essi stessi in possesso delle facoltà di guaritori del sacro fuoco.

Fondazione dell'ordine

Canonico regolare di Sant'Antonio di Vienne
Matthias Grünewald, Altare di Issenheim, Colmar, Musée d'Unterlinden
Pieter Bruegel il Giovane, Gli storpi, Parigi, Museo del Louvre

Nella scia di questa tradizione, negli ultimi anni del primo millennio (viene solitamente indicata la data del 997) Jocelin[5], figlio di Guglielmo e conte di Chateau Neuf d'Albon, uomo pio che aveva frequenti visioni mistiche, andò in pellegrinaggio in Terra Santa e nel tornare passò da Costantinopoli dove l'Imperatore gli fece dono delle spoglie di Sant'Antonio abate.

Egli le portò con sé nel Delfinato[6] e le custodì seppellendole in un villaggio nel pressi di Vienne, La Motte aux Bois, da dove queste reliquie dal potere taumaturgico venivano riesumate per seguire i cavalieri della famiglia nelle loro spedizioni militari al fine guarirli dalle ferite di guerra.

Nel 1070 un suo discendente, Guigue di Didier[7], fece costruire una chiesa per meglio conservare le preziose reliquie, e qui esse divennero oggetto di devozione popolare e di pellegrinaggio soprattutto, si capisce, per la guarigione dal fuoco di sant'Antonio. La chiesa venne consacrata dall'arcivescovo di Vienne, Guy de Bourgogne futuro Papa Callisto II, e il villaggio mutò nome in La Motte Saint Didier (attuale Saint Antoine l'Abbaye).

Anche qui si formò il gruppo dei monaci guaritori: Gaston de Valloire, un nobile locale, dopo la guarigione del figlio Guerin dal fuoco avvenuta pregando sulle reliquie, decise insieme al figlio e ad altri cavalieri nobili del luogo[8] di fondare una Confraternita riferita a Sant'Antonio abate e dedita presso un hospitium all'assistenza dei malati che accorrevano in pellegrinaggio.

Naturalmente, presto il flusso dei visitatori divenne sempre più imponente; e poiché come detto i monaci guaritori erano una Confraternita di laici, nel 1083 il sito fu posto sotto la supervisione dei Benedettini dell'Abbazia di Montmajur che vennero incaricati dell'assistenza religiosa ai pellegrini.

Nel 1095 la Confraternita laica sorta a La Motte St. Didier per interessamento di Gastone de Valloire ottenne l'approvazione di Papa Urbano II durante il Concilio di Clermont: l'Ordine dei Canonici regolari di Sant'Antonio di Vienne era dunque costituito ufficialmente, formato da infermieri e frati laici, già da molti secoli attivi, ma che ora avevano come superiori religiosi i Benedettini.

La denominazione fa intendere che il neonato Ordine si atteneva alla Regola dei Canonici regolari dettata da Sant'Agostino, che prescriveva una condotta di vita caratterizzata da povertà, castità ed obbedienza. Non sono chiari del tutto i rapporti con i Benedettini: di certo vi fu una qualche sottomissione, se non ufficialmente alla Regola di San Benedetto, perlomeno allo stile benedettino, a partire dal colore nero della veste.

Erano un gruppo di religiosi retti da un magister (trad. maestro), provenivano dalle classi nobili, aiutati nei servizi più umili da conversi e da donne pie; portavano sulla veste nera, cucito sul petto dalla parte del cuore, un Tau di panno celeste, e per questo venivano chiamati i Cavalieri del tau. Avevano nozioni infermieristiche e mediche, ma anche capacità militari.

Fu costruita una chiesa consacrata nel 1119 da Papa Callisto II, dedicata alla Santissima Trinità, alla Vergine Maria e naturalmente a Sant'Antonio Abate, e vi furono riposte le reliquie.

L'istituto, che viveva esclusivamente di donazioni e di carità, venne chiamato comunemente Eleemosyna Sancti Antonii o più popolarmente Eleemosyna (in francese, Aumone).

I monaci davano ospizio ai viandanti ma soprattutto assistenza ai malati e in specie crearono un centro di cura per coloro che erano affetti dal fuoco di Sant'Antonio. L'Ordine Antoniano si era ovviamente specializzato nella cura di questo male, per la cui terapia i monaci usavano soprattutto il grasso di maiale come emolliente per le piaghe[9].

Grazie al permesso speciale del papa, essi allevavano i maiali che simbolicamente vennero poi raffigurati ovunque nelle chiese dell'Ordine e nell'iconografia del Santo: gli animali, che portavano un campanellino all'orecchio per essere riconoscibili, potevano razzolare liberamente nelle strade, mangiando i rifiuti e gli avanzi delle case.

Nella seconda metà del XII secolo i monaci cominciarono a fondare nuovi centri, a volte ex novo, a volte prestando la loro opera presso case di cura già esistenti.

Venne infine la conferma definitiva nel 1218 quando Onorio III con bolla papale istituì l'Ordine Ospedaliero dei Canonici regolari di Sant'Agostino di Sant'Antonio abate, detto comunemente degli Antoniani, e concesse loro di pronunciare i voti religiosi (rimanendo tuttavia sempre un priorato benedettino).

Espansione

Genova, vico Sant'Antonio, La porta dell'antico Ospedale

L'Ordine fu molto ben strutturato: dalla casa madre, dove il maestro era divenuto Gran Maestro, dipendevano le case figlie, rette da un precettore (donde il nome di precettoria)[10].

Le prime nacquero sulle grandi vie dei pellegrinaggi medievali, ma presto si diffusero capillarmente un po' dappertutto. In esse l'architettura prevedeva sempre una chiesa, con annesso ospedale e cascinali per l'allevamento dei suini; le decorazioni erano dense di riferimenti al culto antoniano: il colore rosso delle dipinture dei muri, che richiamava le fiamme (ma anche il sangue delle ferite ed il vino consacrato in cui le reliquie venivano immerse), il simbolo del tau impresso ovunque; nelle chiese gotiche le ghimberghe in cotto rosso che, in omaggio al gusto gotico, rappresentavano anche le fiamme del fuoco (i malati per entrare in chiesa e guarire dovevano passare simbolicamente entro le fiamme purificatrici).

Anche le precettorie non erano solo luoghi di cura, ma anche hospitia per i pellegrini, spesso cinti da mura e fortificati a difesa contro i briganti.

Nei secoli XII e XIII l'Ordine crebbe assai velocemente, e precettorie con annessi ospedali e allevamenti di maialini furono fondate in tutta Europa ed anche – in piena epoca delle Crociate - nelle terre di Oltremare: Germania, Italia, Spagna, Inghilterra, Scozia, Ungheria, Lorena, Savoia, Piemonte, Cipro, Peloponneso, Eubea, Grecia, San Giovanni d'Acri, Costantinopoli, Etiopia[11]; nella sola Francia agli inizi del Duecento si contavano circa duemila ospedali[12].

Abbazia di Sant'Antonio Abate di Ranverso, Stadera per la pesa dei maiali

In Italia la prima precettoria fu quella di [Abbazia di Sant'Antonio Abate di Ranverso (Buttigliera Alta)|Sant'Antonio di Ranverso]] in val Susa (Piemonte), ma subito ne sorsero altre a Roma, Sarno, Barletta, Bari; e nel 1253 gli Antoniani di Vienne costituirono una vera e propria unità medica mobile che doveva seguire ovunque la corte papale.

Nello stesso tempo sorsero e cominciarono inevitabilmente ad acuirsi i contrasti con l'abbazia di Montmajur. Già nel 1254 gli Antoniani convocarono un proprio Capitolo Generale, denunciando così di ritenersi non un priorato dipendete dai benedettini, ma un istituto religioso autonomo.

Verso la fine del XIII secolo divenne Gran Maestro Aimone de Montigny, il quale si mise in aperta opposizione con i Benedettini quando l'abate Etienne, dopo avergli concesso pro bono pacis il possesso della chiesa di Saint Antoine, glielo revocò in favore di un discendente di Jocelin, Graton de Chateau Neuf, benedettino di nobile lignaggio.

Lo scontro diventò aperto: il fratello di Graton, Ainard, prese le armi contro gli Antoniani, i quali chiesero a loro volta sostegno difensivo al conte di Puy-Richard: alla fine la questione fu risolta per mezzo di una pace sottoscritta nel 1297 nella vicina città di Romans-sur-Isère grazie ai buoni uffici di Umberto I de la Tour-du-Pin, Delfino del Viennois: Ainard vendette ad Aimone i diritti sulla terra e sull'Abbazia, in cambio di una somma (quinze mille livres) e di un vitalizio per Graton (trois cens livres).

Grazie all'appoggio di papa Bonifacio VIII, il 10 giugno dello stesso anno il monastero divenne Abbazia e il gran Maestro di conseguenza divenne abate; il papa trasformò i monaci di Vienne in un ordine religioso di canonici regolari retti dalla regola di sant'Agostino e concesse loro le esenzioni dalla giurisdizione del vescovo[13]. Il Capitolo generale del 1298 approvò la nuova Regola, redasse il primo statuto e cambiò il proprio nome in Ordine dei Canonici Regolari di Sant'Antonio di Vienne, trasformandosi così da militare-ospitaliero in un ordine strettamente religioso con funzioni ospitaliere.

Di fatto l'Ordine, svicolatosi dai Benedettini, divenne un ordine religioso dipendente da Roma: entro pochi anni (1312) tutte le precettorie accolsero la nuova Regola.

Il Trecento fu il secolo d'oro per la fioritura dell'Ordine, che fondò centinaia e centinaia di precettorie in tutta Europa ed acquisì privilegi, donazioni e il priorato su parecchie abbazie. La fortuna economica lo rese anche oggetto di critiche e satira: ricordiamo infatti l'asprezza di Dante nel Paradiso: Di questo ingrassa il porco sant' Antonio[14] e l'arguzia degli sberleffi di Boccaccio nel ritratto di frate Cipolla, questuante furbo e ciarliero[15].

Per tutto il Quattrocento e fino alla metà del Cinquecento l'Ordine proseguì la sua solida attività, come attestato dalle cronache del tempo: nel 1534 per le stampe di un editore lionese fu compilato perfino un compendio di Storie Antoniane[16].

Declino e fine

Dalla seconda meta del Cinquecento le sorti cambiarono, dapprima per una serie di assalti alle floride precettorie francesi, sia per rapina sia per motivi religiosi (erano gli anni della guerra con gli Ugonotti).

Tuttavia la crisi dell'Ordine era dovuta a ragioni più profonde ed interne:

  • gli ordini ospitalieri sul modello degli Antoniani di Vienne erano nati numerosi, e nel XVII secolo i loro ospedali cominciarono ad essere accorpati, per una più razionale distribuzione delle forze e anche a volte per ragioni politiche;
  • non secondarie furono anche le condizioni di vita in Europa: l'ultima grande peste generale fu quella del 1630, dopo la quale il flagello non scomparve ma divenne più limitato nel territorio; le colture migliorarono, e molte epidemie di origine alimentare si attenuarono (anche se alcuni storici ritengono che, per esempio, all'accensione della scintilla della Rivoluzione Francese non fu estranea una ennesima epidemia di ergotismo[17])
  • la crescita dell'Ordine aveva portato scontri di potere; annosi processi coinvolsero l'abbazia in liti contro i vicini ma anche contro altri monasteri o contro gli stessi appartenenti all'Ordine, e ciò ne aveva inevitabilmente minato le fondamenta, portando ad una vera e propria decadenza.

Dai documenti del Fondo dell'Ordine di Sant'Antonio in Viennois si ricava che il 1774 fu un anno cruciale: l'Ordine perse molte delle sue proprietà e delle rendite di cui godeva, ed il Capitolo Generale fu costretto a deliberare l'unione con l'Ordine di Malta[18], ordine con la stessa vocazione ospitaliera.

L'abolizione ufficiale venne con la bolla Rerum humanarum condicio emessa il 17 dicembre 1776 da Papa Pio VI; cessarono le decime pagate al re di Francia, e monaci e beni passarono all'Ordine di Malta.

Analoga sorte toccò alle precettorie sparse fuori dal territorio francese; quasi tutte passarono all'Ordine di Malta. In particolare in Italia, dove la situazione geopolitica era molto suddivisa, i passaggi furono più variegati. Nel Regno di Napoli il beneficiario fu il borbonico Ordine Costantiniano di San Giorgio. Nel resto della penisola, i monaci passarono all'Ordine di Malta, mentre i beni furono donati talvolta a quest'ultimo talvolta ad altri Ordini presenti sul territorio e legati ai Signori locali (vedi il caso per esempio di Sant'Antonio di Ranverso, dove i diritti di proprietà sui beni mobili e immobili passarono all'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (attuale Ordine Mauriziano), molto vicino alla famiglia Savoia.

Note
  1. Per la medesima ragione nel VII secolo, intorno al 635 le stesse spoglie di Sant'Antonio abate furono traslate da Alessandria d'Egitto a Costantinopoli
  2. Il nome scientifico del fuoco di Sant'Antonio è herpes zoster ed è una malattia di origine virale.
  3. Spesso nelle chiese specie di campagna gli affreschi raccontavano anche le leggende popolari delle vite dei Santi
  4. L'ergotismo è una intossicazione alimentare da ingestione di ergot, un fungo allucinogeno parassita delle graminacee detto comunemente segale cornuta
  5. Nei manoscritti antichi viene indicato anche come Gozzelin, Josselin, Jacelin, Geilin.
  6. Antica provincia francese corrispondente circa agli attuali dipartimenti dell'Isère, della Drôme, delle Hautes-Alpes e all'alta Val Susa in Italia
  7. Ghigo (Guigue) fu il nome di cinque signori di Albon, di cui tre viventi in quell'anno: Ghigo I il Vecchio (circa 10001070); Ghigo II, il Grasso (circa 10201079); Ghigo III, il Conte (circa 1050-1133), primo conte d'Albon. Non sappiamo se Guigue di Didier fosse uno di questi tre ed eventualmente quale.
  8. Si tramanda che i fondatori iniziali della Confraternita fossero sette cavalieri.
  9. Così descrisse l'operato degli Antoniani di Vienne Joahnnes Alzog nella Storia universale della Chiesa, op.cit. : essi si assunsero il difficile incarico della cura di questi abbandonati infermi, che erano il più delle volte schifosi anche solo a mirarli. Per amore di Cristo soffrivano facendo violenza a se stessi pel sudiciume ed il fetore, molestie così insopportabili, che nessuna maniera di penitenza che loro venisse imposta, si sarebbe potuta paragonare a questo santo e prezioso martirio agli occhi di Dio. Son queste le identiche parole del contemporaneo Giacomo Vitriaco...
  10. Il titolo di Gran Maestro ed il termine precettoria furono usati anche da altri ordini del tempo, fra cui i Templari
  11. Hyppolite Helyot op.cit.
  12. Gaetano Baluffi op.cit.
  13. MS 1592 del Fondo dell'Ordine di Sant'Antonio in Viennois
  14. Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso, XXIX, 124.
  15. Giovanni Boccaccio, Decameron, Sesta giornata, Novella decima, Frate Cipolla promette a certi contadini di mostrar loro la penna dell'agnolo Gabriello; in luogo della quale trovando carboni, quegli dice esser di quegli che arrostirono san Lorenzo
  16. Antonianae Historiae Compendium ex variis iisdemque ecclesiasticis scriptoribus necnon rerum gestarum monumentis collectum, una cum externis rebus quae plurimis scitu memoratuque dignissimis, Editore Theobaldus Payen, Lugduni (Lione), 1534
  17. Mary Kilbourne Matossian, Poisons of the Past: Molds, Epidemics, and History, Yale University Press, 1991
  18. Documento conservato all'Archivio nazionale di Parigi
Bibliografia
  • (LT) Antonianae Historiae Compendium ex variis iisdemque ecclesiasticis scriptoribus necnon rerum gestarum monumentis collectum, una cum externis rebus quae plurimis scitu memoratuque dignissimis, Editore Theobaldus Payen, Lugduni (Lione), 1534
  • (FR) Nicolas Chorier, Histoire Generale du Dauphiné, Charvys Editeur, 1661
  • (FR) François Eudes de Mézeray, Abrégé chronologique de l'histoire de France, Lione, 1687
  • (FR) Hippolyte Hélyot, Mémoire historique sur l'ordre de Saint Antoine de Viennois. Avec une consultation touchant la réunion de cet ordre à celui de Malthe, Parigi, 1714
  • Gaetano Baluffi, La Chiesa Romana riconosciuta alla sua carità verso il prossimo per la vera chiesa di Gesù Cristo, Imola, 1854
  • Joahnnes Alzog, Storia universale della Chiesa, Giannini, Napoli, 1856
  • (FR) Congregazione di San Mauro, Histoire Littéraire de la France – Tome XII, Parigi, Paulin Editeur, 1869
  • Italo Ruffino, Ricerche sulla diffusione dell'Ordine Ospedaliero di S. Antonio di Vienna, Centro Italiano di Storia Ospitaliera, Atti del Primo Congresso di Storia Ospitaliera, Reggio Emilia, 1960
  • Italo Ruffino, Le prime fondazioni ospitaliere antoniane in Alta Italia,Relazioni e comunicazioni al XXXII Congresso storico subalpino, Pinerolo, 1964
  • Andreina Griseri, Le vie dei pellegrinaggi e il segno degli antoniani, Ed. Deputazione subalpina di storia patria, 1988
  • Italo Ruffino, Storia ospedaliera antoniana – studi e ricerche sugli antichi ospedali di sant'Antonio abate, Effatà editrice, 2006
  • Laura Fenelli, Dall'eremo alla stalla:storia di Sant'Antonio abate e del suo culto, Laterza, 2011
Voci correlate
Collegamenti esterni