Bestemmia

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Gérard Hoet, Abraham de Blois, Il bestemmiatore lapidato, in Immagini della Bible, P. de Hondt editore, L'Aja, 1728

La bestemmia o blasfemia è una locuzione con contenuti dissacranti e svalutanti verso Dio, verso i santi, o più in generale verso quanto appartiene al mondo di Dio.

Nel linguaggio comune italiano la bestemmia è per lo più intesa come ingiuria triviale verso il sacro; tuttavia, nel significato proprio del termine, la bestemmia può consistere in espressioni oltraggiose e volgari, discorsi o ragionamenti che neghino le verità di fede[1].

Etimologia

La parola "blasfemia" viene dal latino blasphemia, a sua volta derivato dal greco βλασφημία, blasphemía, vocabolo composto dal verbo βλάπτειν, bláptein, "ingiuriare" e dal sostantivo φήμη/φάμα, phéme/pháma[2], "reputazione".

Il significato etimologico è quindi "diffamazione".

Occorre quindi anzitutto prendere coscienza che, se anche la lingua italiana conosce, nell'uso pratico odierno, una sola accezione di bestemmia, cioè quella di ingiuria esplicita verso la divinità o verso soggetti ad essa correlati, il significato della parola può indicare anche un'affermazione che offende una verità religiosa accettata come tale dai fedeli.

Nell'antichità

Presso i popoli primitivi esisteva la convinzione che la parola possedesse una forza magica, cioè che fosse in grado di rendere magico l'oggetto interessato, di modificarlo. La funzione antica della bestemmia, così come dell'invettiva e della calunnia, va compresa alla luce di tale mentalità.

Negli scritti greci profani possono essere indicate come bestemmie le false presentazioni della divinità, per esempio le forme antropomorfiche[3], come pure il dubbio circa la potenza della divinità.

Nella Bibbia

Nell'Antico Testamento

Nell'Antico Testamento greco il verbo βλασφημέω, blaspheméo esprime sempre riferimento, diretto o indiretto, contro la maestà divina, e, con poche eccezioni, indica sempre l'ingiura a Dio dei popoli nemici di Israele.

Alcuni esempi:

Dato che per i pagani il Dio d'Israele non è fonte di speranza, essi sono in genere indicati come bestemmiatori di Dio (Dn 3,96 LXX).

Il Levitico pronuncia la condanna a morte dei bestemmiatori:

« Chi bestemmia il nome del Signore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare»

Ciò perché anche solo menzionare il nome di YHWH è una bestemmia, dal momento che tale nome non deve essere assolutamente pronunciato (Es 20,7 ). Viene comminata la morte non soltanto agli israeliti che bestemmino, ma anche ai pagani (2Re 19,7 ; 2Mac 9,28 ; ecc.)

La bestemmia è vista come sfogo dell'ira:

« La collera non ti trasporti alla bestemmia, l'abbondanza dell'espiazione non ti faccia fuorviare. »

Il giudaismo conserva in genere la valenza dei testi esaminati della LXX.

Vi sono poi alcuni pochi passi in cui il significato è un altro: Is 66,3 ; Sap 1,6 ; Sir 3,16 .

Nel Nuovo Testamento

I termini legati alla radice di βλασφημέω (blasphemeo), compaiono nel Nuovo Testamento 56 volte, di cui 34 nella forma di verbo, senza che ci sia alcun libro nel quale tali voci siano più attestate che in altri. Si tratta sempre di un uso religioso, cioè in riferimento diretto o indiretto a Dio (eccetto Gd 9 ): bestemmie contro Dio sono le parole e gli atteggiamenti che offendono la gloria e la santità di Dio[4].

In particolare, i significati attestati nel Nuovo Testamento sono i seguenti:

La condotta cattiva dei discepoli può essere occasione di bestemmia contro Dio o contro la sua Parola (1Tim 6,1 ; Tt 2,5 ). La vocazione dei discepoli è quella di contribuire alla glorificazione del Padre (Mt 5,16 ). In questa linea vanno compresi anche i cataloghi dei vizi in cui si trova sempre la condanna della bestemmia (Ef 4,31 ; Col 3,8 ; 1Tim 6,4 ; 2Tim 3,2 ). La bestemmia è presentata quale caratteristica specifica dei pagani e dei cristiani apostati.

In Gd 9 si parla di una bestemmia "contro esseri gloriosi". L'espressione, non chiara, si riferirebbe a propagatori di false dottrine dalla vita libertina, che con la loro immoralità contravvenivano a determinate esigenze rituali e ascetiche delle potenze angeliche (δὸξας, dòxas), bestemmiando così questi esseri gloriosi[5].

La bestemmia contro lo Spirito Santo

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Bestemmia contro lo Spirito Santo

Il peccato della bestemmia può essere perdonato (Mc 3,28 ; Mt 12,31 ), ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non può essere perdonata (Mc 3,29 ).

Tale loghion, di carattere enigmatico, intende come "bestemmia contro lo Spirito Santo" il non riconoscere l'azione dello Spirito nell'attività benefica di Gesù; il loghion mette in guardia, con profonda serietà, dalla possibilità, di carattere demoniaco, di dichiarare guerra a Dio, non in debolezza e in dubbio, ma dopo essere stato sopraffatto dallo Spirito Santo, sapendo quindi con precisione a chi dichiara guerra[6].

Questo bestemmiatore diventa pienamente consapevole nell'incontro con Dio. "Perciò colui che bestemmia lo Spirito impreca non più un Dio lontano del quale si è fatta un'idea ridicola, ma un Dio che gli ha manifestato la sua opera di grazia convalidata dal segno della rivelazione. Per cui dovrebbe rivolgersi a lui con un atteggiamento di riconoscenza, non di bestemmia"[7].

Nella storia del Cristianesimo

L'insegnamento morale della Chiesa applica il secondo comandamento Non pronunciare il nome di Dio invano alle bestemmie; anzi, vede nella bestemmia un gesto ancora più grave di quello stigmatizzato dal secondo comandamento.

I padri della Chiesa, tra essi come Sant'Agostino e San Girolamo e molti autorevoli teologi e predicatori, come San Tommaso d'Aquino, San Bernardo, San Bernardino da Siena, hanno ritenuto la bestemmia come il peccato più grave tra tutti i peccati mortali.

San Giovanni Crisostomo afferma:

« Per la bestemmia vengono sulla Terra le guerre, le carestie, i terremoti, le pestilenze. Il bestemmiatore attira il castigo di Dio su se stesso, sulla sua famiglia e sulla società: Dio, per la bestemmia, spesso punisce gli uomini in generale, ma a volte punisce anche il singolo in particolare. Pur se nel corso della vita ci sono dei bestemmiatori che non vengono puniti dalla giustizia di Dio, alla fine della vita nessuno sfuggirà alla sua sentenza. »
(Annali)

San Pio da Pietrelcina espresse chiaramente la gravità della bestemmia:

« La bestemmia attira la maledizione di Dio sulla tua casa ed è la via più sicura per andare all'inferno»
(Epistolario)

Papa Giovanni Paolo II, parlando del disprezzo rivolto contro il "nome di Dio", elenca, oltre la bestemmia, gli "spettacoli dissacranti" e le "pubblicazioni altamente offensive del sentimento religioso"[8].

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica

Il Catechismo della Chiesa Cattolica tratta della bestemmia dove spiega il secondo comandamento del decalogo, al n. 2148:

« La bestemmia si oppone direttamente al secondo comandamento. Consiste nel proferire contro Dio - interiormente o esteriormente - parole di odio, di rimprovero, di sfida, nel parlare male di Dio, nel mancare di rispetto verso di lui nei propositi, nell'abusare del nome di Dio. San Giacomo disapprova coloro "che bestemmiano il bel nome [di Gesù] che è stato invocato" sopra di loro (Gc 2,7 ). La proibizione della bestemmia si estende alle parole contro la Chiesa di Cristo, i santi, le cose sacre. È blasfemo anche ricorrere al nome di Dio per mascherare pratiche criminali, ridurre popoli in schiavitù, torturare o mettere a morte. L'abuso del nome di Dio per commettere un crimine provoca il rigetto della religione»
« La bestemmia è contraria al rispetto dovuto a Dio e al suo santo nome. Per sua natura è un peccato grave[9]»
Note
  1. Lemma "Bestemmia" nel Dizionario della Lingua Italiana di Niccolò Tommaseo.
  2. La seconda parola appartiene al dialetto doriano.
  3. Platone, Resp. II, 381; Vettio Valente, I, 22; II, 2)
  4. Hans Währisch, in Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento, EDB, Bologna, 1976, p. 181
  5. Hans Währisch, βλασφημέω, in Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento, cit., p. 182.
  6. Eduard Schweitzer, Il vangelo di Marco, Paideia, 1971, ISBN 8839405798, p. 94.
  7. Adolf Schlatter, Erläuterungen zum NT, ISBN 3766801899, Mt Mt 12,32
  8. 21 marzo 1993.
  9. Cfr. CIC, can. 1369.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni