Concilio di Clermont (1095)

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Clermont (Claromontanum)
CouncilofClermont.jpg
Miniatura con Papa Urbano II al Concilio di Clermont (dal Livre des Passages d'Outre-mer), 1490 ca.; Bibliothèque National
Concili non ecumenici della Chiesa cattolica
Località Clermont
Data 19-28 novembre 1095
Presieduto da Urbano II
Partecipanti Ca. 300
Argomenti Vari, prima crociata
Documenti 32 canoni

Il Concilio di Clermont (Concilium Claromontanum) è un sinodo locale che si è tenuto a Clermont (Francia) dal 19 al 28 novembre 1095, con la partecipazione di circa 300 tra vescovi e abati presieduti da papa Urbano II.

Nei 32 canoni promulgati sono inclusi vari provvedimenti: la scomunica del re Filippo I; la giurisdizione di Tours sulla Bretagna; la "tregua di Dio" (armistizio imposto in periodi dell'anno); il divieto di ordinazione episcopale di laici; la gratuità dei funerali; il divieto di coabitazione di donne con chierici (cf. celibato); l'astinenza da carne in quaresima; impone la comunione sotto le due specie; vieta l'imprigionamento di vescovi.

Il concilio è noto soprattutto per il discorso o appello tenuto dal papa in vista della liberazione della Terra Santa e in aiuto ai cristiani d'oriente, che ebbe come conseguenza la prima crociata.

La storiografia tradizionale

Papa Urbano II tenne il 27 novembre del 1095 un discorso al Concilio di Clermont-Ferrand, in cui riprese i progetti di Gregorio VII, incitando il popolo francese alla crociata per strappare la Terra Santa dalle mani dei Turchi. La Francia, disse, era già sovraffollata e le terre sante di Canaan erano stracolme di latte e miele. Urbano II chiese ai francesi di volgere le loro spade a favore del servizio di Dio, e l'assemblea replicò Dieu le veult! ("Dio lo vuole!").

La situazione politica dopo il 1075 era peggiorata, con la caduta di Antiochia nel 1085, e l'arrivo dei Turchi al Mar Egeo. Urbano aveva ricevuto una richiesta d'aiuto da parte dell'imperatore Alessio, nel marzo del 1095, durante il Concilio di Piacenza (1095), dove la crociata venne probabilmente decisa. Era rimasto anche profondamente turbato dai racconti allarmistici dei pellegrini e dei rifugiati cristiani, che erano stati allontanati per via della guerra, perdendo i loro beni.

Le tendenze della moderna storiografia

In realtà, l'importanza di questo discorso è stata fortemente ridimensionata dalla storiografia più recente, che ha cercato di inserirlo nel più ampio contesto della situazione europea del XI secolo.

Un evento di tale impatto sulla "lunga durata" della storia come le Crociate ha senz'altro cause meno immediate e contingenti: al primo posto vi è l'impetuoso slancio di crescita demografica, economica e sociale che l'Occidente stava attraversando da almeno due secoli, e che lo portavano a cercare nuovi sbocchi e nuove terre da conquistare.

Lo stesso discorso di Urbano è stato tramandato solo da cronisti che scrivevano a distanza di anni e conoscendo già, quindi, gli sviluppi futuri: possibile dunque che abbiano colorato le loro versioni di intenti bellici che in origine non erano presenti. Sembra infatti che l'intento principale del pontefice fosse un invito alla pace e alla cessazione degli innumerevoli micro-conflitti che vedevano protagonista la nobiltà feudale del periodo, sul modello dei coevi movimenti delle "paci di Dio" promosse dagli uomini di Chiesa. Come penitenza per il sangue versato, Urbano II invitava ad un pellegrinaggio di espiazione verso la Terrasanta (e questo termine, peregrinatio, iter, sarà infatti quello usato in origine per indicare il fenomeno: la parola latina cruciata comparirà solo molto più tardi, nel XIII secolo, quando ormai la Chiesa si sarà impadronita del fenomeno e del suo apparato simbolico per sfruttarlo a scopi diversi).

Inoltre, in particolare, è problematica la collocazione di una presunta lettera dell'imperatore bizantino Alessio I Comneno al papa per richiedere aiuto in favore dei Cristiani d'Oriente (e giunta mentre il papa celebrava il Concilio di Piacenza del 1095). La veridicità della stessa è storiograficamente contrastata, quanto quella della precedente missiva inviata dallo stesso imperatore, per le medesime ragioni, al Conte di Fiandra[1].

In realtà, con i vari regni musulmani posti ai suoi confini Bisanzio aveva, da tempo, trovato un accettabile modus vivendi. Aveva invece ben più da temere dai Franchi: solo pochi anni prima, infatti, aveva dovuto fronteggiare un tentativo massiccio di invasione da parte dei Normanni di Roberto il Guiscardo; difficile, dunque, che i vertici dell'impero auspicassero un passaggio in massa di truppe occidentali attraverso il loro territorio. Più probabile, invece, che questa sia stata una giustificazione trovata a posteriori dai sostenitori della spedizione.

Note
  1. Tra i sostenitori della veridicità di quest'ultima vi è l'Accademico di Francia Jean Richard, in La Grande storia delle crociate, Newton & Compton, 1999, p. 45.
Bibliografia
  • (EN) Edward H. Landon, A Manual of Councils of the Holy Catholic Church, John Grant, Edimburgo 1909, vol. 1, p. 157-158, online
  • Christopher Tyerman, L'invenzione delle crociate, Einaudi, 2000, ISBN 88-06-15274-2
Voci correlate
Collegamenti esterni