Federigo Fregoso

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Federigo Fregoso
Cardinale
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Titolo cardinalizio
Incarichi attuali
Età alla morte 61 anni
Nascita Genova
1480
Morte Gubbio
11 novembre 1541 [1]
Sepoltura
Appartenenza
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Professione religiosa [[]]
Ordinato diacono
Ordinazione presbiterale prima del 1507, nessun'altra informazione
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Creazione
a Cardinale
19 dicembre 1539 da Paolo III (vedi)
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Cardinale per 1 anno, 10 mesi e 23 giorni
Cardinale elettore
Incarichi ricoperti
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° vescovo di Roma
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Federigo Fregoso (Genova, 1480; † Gubbio, 11 novembre 1541[1]) è stato un cardinale e arcivescovo italiano.

Cenni biografici

Nacque a Genova intorno al 1480 da Agostino, all'epoca capitano generale della Repubblica, e da Gentile da Montefeltro, figlia naturale di Federico, duca d'Urbino.

Dopo la morte del padre nel 1487 la madre si trasferì alla corte d'Urbino. Qui Federico e il fratello Ottaviano si formarono a contatto con il ricchissimo ambiente culturale.

Tra il 1504 e il 1506 fu reggente del Ducato, durante la campagna militare del duca Guidubaldo da Montefeltro in appoggio a papa Giulio II. Poco dopo il Fregoso fu avviato alla carriera ecclesiastica: già rettore della chiesa di san Michele a Mantova, fu creato arcivescovo di Salerno nel 1507 da Giulio II, su richiesta del duca Guidubaldo. Non poté però godere delle rendite della diocesi per l'opposizione manifestata da Ferdinando il Cattolico, re di Napoli.

Ai doveri pastorali il Fregoso alternò un'intensa attività politico militare. Dal gennaio 1509 passò alla difesa di Bologna, minacciata dalle vicende della guerra contro Venezia; quindi, nel corso del 1510, collaborò ai falliti tentativi del fratello Ottaviano di sottrarre Genova al dominio di Luigi XII re di Francia.

Nel 1510 a Genova vi furono scontri tra fazioni rivali che videro la vittoria della famiglia Adorno: anche Federigo, come il resto della famiglia, fu esiliato e si rifugiò a Roma. Tre anni più tardi, sconfitti nuovamente gli Adorno, i Fregoso tornarono a Genova. Ottaviano divenne doge e Federigo, divenuto suo consigliere, fu posto a capo dell'esercito. Quando nel 1515 il doge Ottaviano decise di porre la città sotto la tutela del re di Francia Francesco I, disperando di poterla difendere, il Federico aderì lealmente alla svolta, ricevendo dal re di Francia cospicue pensioni.

Il mutamento di campo genovese aveva irritò gli antichi alleati cioè la Spagna, il duca di Milano e Leone X. La solida posizione del Fregoso alla corte di Roma gli permise nondimeno di superare l'ostilità del pontefice e gli valse, nell'estate 1516, il comando di una spedizione navale contro il pirata Cortogoli.[2]

Questa impresa ne accrebbe il prestigio in patria. Fu vicegovernatore, sostituendo spesso Ottaviano malato. La ripresa delle lotte per il predominio in Italia, seguita all'elezione imperiale di Carlo V, diede un primo scossone alla fortuna politica dei Fregoso. Infatti, nel giugno 1521, dopo la stipulazione di una lega tra il papa e l'imperatore, gli Spagnoli tentarono di sorprendere la città dal mare. Federico assunse il comando della flotta e, affrontati i nemici di fronte a Chiavari, li respinse. Come ritorsione l'arcivescovo perse, nell'agosto 1521, le rendite della diocesi salernitana, che aveva goduto a partire dal 1513.

Nel 1522 l'imperatore assediò Genova e Federigo Fregoso rimase ferito nei combattimenti. Quando gli spagnoli occuparono la città, imprigionando il fratello Ottaviano, Federigo fu costretto alla fuga su una nave francese. Dopo alterni successi legati al controllo di Genova da parte dell'impero e dei francesi, che videro protagonista il Fregoso, la riconquista della città nel 1528, per parte imperiale, di Andrea Doria, che dichiarò il bando delle antiche fazioni, deluse definitivamente le attese del Fregoso.

Tornato in Francia, il rifiuto per la vita politica prese le forme di una vera e propria conversione religiosa. Come abate commendatario del monastero di St-Bénigne riprese seriamente gli studi, dedicandosi con crescente fervore all'esegesi biblica e all'approfondimento delle lingue latina, greca, ebraica. Ma seppe anche ben governare l'abbazia, in spiritualibus e in temporalibus.

Alla morte della madre nel 1529 Fregoso ritornò in Italia presso la corte urbinate. Nel febbraio del 1530 partecipò a Bologna all'incoronazione del Carlo V, riuscendo probabilmente in questa occasione a riguadagnare le entrate relative alla diocesi salernitana. Tornato in Francia nel 1531 fu a Venezia dove fu proposto dalle autorità veneziane come mediatore tra la Repubblica e la casa d'Austria per questioni territoriali.

Rientrato per un'ultima volta nell'abbazia digionese, dal 1532 ritornò definitivamente in Italia. Da prima soggiornò presso la corte pesarese di Eleonora Gonzaga, duchessa d'Urbino, rinunciando, nel febbraio 1533, all'arcivescovato di Salerno, per assumere la guida della diocesi di Gubbio e la commenda del vicino monastero di Fonte Avellana. Fece quindi edificare vicino Gubbio un eremo dedicato a santa Brigida e vi si ritirò, dedicandosi non solo alle cure pastorali, ma anche alla difesa della propria giurisdizione ecclesiastica.

La fama di prelato zelante conquistata dal Fregoso ne provocò il diretto coinvolgimento nei progetti di riforma della Chiesa e della Curia romana patrocinati da Paolo III, soprattutto a partire dalla nomina di Gasparo Contarini a cardinale nel maggio 1535. Nel luglio 1536, richiamato nella Santa Sede, fu eletto membro della commissione incaricata di preparare un programma da sottoporre al futuro concilio di Mantova. Le riunioni, protrattesi per tutto l'inverno 1536-37, sfociarono nel Consilium de emendanda Ecclesia[3], documento dai toni aspri che richiamava la necessità di una riforma della Curia, presentato a Paolo III il 9 marzo 1537 quando il Fregoso era già rientrato in sede.

L'arcivescovo divenne uomo di punta del movimento "spirituale" e su di lui, oltre che sul Contarini, si concentravano le attese di alcune frange del mondo riformato che ritenevano ancora possibile un accordo con la Sede apostolica.

Fu creato cardinale nel concistoro del 19 dicembre 1539, carica che aveva rifiutato tre anni prima. Il 4 febbraio 1541 ricevette il titolo di cardinale presbitero dei Santi Giovanni e Paolo.

Alla dieta di Ratisbona il legato pontificio Contarini riuscì a mediare con i protestanti un accordo sul tema della giustificazione, senza peraltro che ciò comportasse un significativo passo avanti sui punti dottrinali e politici più cari al pontefice. Ma il Collegio dei cardinali mostrò ben presto l'intenzione di sconfessare l'accordo. Il solo Fregorio si trovò a difendere, durante due convulse sedute del concistoro tenutesi il 27 e 28 maggio 1541, l'operato del legato. Così, dopo un aspro diverbio con il cardinale Dionisio Laurerio, prese congedo per tornare in diocesi. Sulla via del ritorno, a Orvieto, il Fregorio compì un'ultima visita a sua cugina, Vittoria Colonna, intrattenendola sulla situazione politico-religiosa aperta dal fallimento dei colloqui ratisbonesi. Morì pochi mesi dopo a Gubbio, l'11 novembre 1541 e fu sepolto nel duomo.

Opere

La posizione teologica del Fegoso, come le tesi del cosiddetto "evangelismo" italiano, non superò il vaglio dell'Inquisizione, reintrodotta nel 1542, e alcune misure post mortem furono prese contro le sue opere:

  • il Trattato dell'oratione
  • Della giustificatione, della fede e delle opere (stampato forse a Venezia nel 1543, poi perduto e recentemente reperito in manoscritto)
  • la Prefatione del reverendiss. cardinal di Santa Chiesa m. Federico Fregoso nella Pistola di San Paolo à Romani, Venezia 1545 (riconosciuta da Silvana Seidel Menchi come spuria traduzione della Praefatio metodica totius scripturae in Epistolam Pauli ad Romanos, e vernacula Martini Luteri in latinum versa per Iustum Ionam, Wittenberg 1524).

Questi scritti furono messi all'indice e il Fregorio stesso fu dichiarato suspectus de fide.

Egli scrisse anche:

  • la Parafrasi del "Pater Noster", in Parnaso italiano, XII, Venezia 1851, coll. 609-611
  • le Meditazioni sui Salmi 129 e 145 attribuitegli da Adriano Prosperi.
  • lettere in latino a Pietro Bembo e Jacopo Sadoleto e ad altri prelati.

Successione degli incarichi

Predecessore: Arcivescovo di Salerno Successore: BishopCoA PioM.svg
Juan de Vera 5 maggio 1507 - 1529 Niccolò Ridolfi I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Juan de Vera {{{data}}} Niccolò Ridolfi
Predecessore: Arcivescovo di Gubbio
Titolo personale
Successore: BishopCoA PioM.svg
Antonio Ferrero 28 luglio 1508 - 11 novembre 1541 Pietro Bembo, O.S.Io.Hieros. I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Antonio Ferrero {{{data}}} Pietro Bembo, O.S.Io.Hieros.
Predecessore: Cardinale presbitero dei Santi Giovanni e Paolo Successore: CardinalCoA PioM.svg
Pedro Fernández Manrique 4 febbraio 1541 - 11 novembre 1541 Pierre de La Baume I
II
III
IV
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VII
VIII
IX
X
con
con
Pedro Fernández Manrique {{{data}}} Pierre de La Baume
Predecessore: Abate commendatario di Saint-Bénigne a Digione Successore: Prepozyt.png
René de Bresche 1º gennaio 1525 - 11 novembre 1541 Nicolas Jeannin I
II
III
IV
V
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VII
VIII
IX
X
con
con
René de Bresche {{{data}}} Nicolas Jeannin
Note
  1. secondo altre fonti morì il 22 luglio 1541
  2. Cortogoli era il nome con il quale era chiamato in Europa il corsaro ottomano Kurtoğlu Muslihiddin Reis, che aveva ripetutamente saccheggiato i centri costieri della Liguria, della Toscana, del Lazio e della Puglia e sequestrato numerose navi, depredandone i carichi e uccidendo o riducendo in schiavitù gli equipaggi.
  3. Il Consilium de emendanda ecclesia è il documento stilato dall'apposita commissione nominata nel 1536 da papa Paolo III per riflettere sugli abusi e sulla corruzione della Chiesa del tempo ed elaborare proposte di riforma. La commissione era presieduta dal cardinal Gasparo Contarini e composta da Girolamo Aleandro, Tommaso Badia, Gian Pietro Carafa, Gregorio Cortese, Federico Fregoso, Gianmatteo Giberti, Reginald Pole e Jacopo Sadoleto. Il testo venne presentato a Paolo III nel concistoro del 9 marzo 1537. Consilium de Emendanda Ecclesia, Roma, 1538
Bibliografia
  • Giampiero Brunelli, Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 50 (1998) online
  • Lorenzo Cardella, Memorie storiche de' cardinali della Santa Romana Chiesa. Roma : Stamperia Pagliarini, 1793, vol. 4, p. 216 ss., online