Giovanni Berardi
Giovanni Berardi Cardinale | |
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Età alla morte | circa 69 anni |
Nascita | Corcumello 1380 ca. |
Morte | Roma 21 gennaio 1449 |
Sepoltura | Cappella di San Nicola di Tolentino nella Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio (Roma) |
Ordinazione presbiterale | solo ordini minori |
Nominato arcivescovo | 20 ottobre 1421 da papa Martino V |
Consacrazione vescovile | in data sconosciuta |
Creato Cardinale |
18 dicembre 1439 da Eugenio IV (vedi) |
Cardinale per | 9 anni, 1 mese e 3 giorni |
Incarichi ricoperti |
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Collegamenti esterni | |
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Giovanni Berardi, o anche Conti Marsi di Tagliacozzo, o De Ponte (Corcumello, 1380 ca.; † Roma, 21 gennaio 1449), è stato un arcivescovo e cardinale italiano.
Cenni biografici
Detto il Cardinal Tarentino, nacque dalla famiglia già feudataria nella contea di Tagliacozzo, figlio di Alessandro De Ponte[1] e zio del vescovo Giovanni Battista De Ponte.
Della sua giovinezza e degli inizi della sua carriera ecclesiastica non è tramandato niente di preciso, ma, a quanto pare, si distinse presto per erudizione: il Biondo lo ricordò come philosophiae litterarumque sacrarum doctrina clarissimus [2], e Enea Silvio Piccolomini lo definì summa philosophia preditus sacrarumque litterarum peritissimu[3].
Episcopato
Nel 1421 fu eletto arcivescovo di Taranto, sede che tenne fino alla nomina cardinalizia.
Sotto il successore di Martino V, Eugenio IV, al Berardi furono affidate varie importanti missioni diplomatiche dal 1432 in poi per difendere gli interessi della Curia presso il concilio di Basilea. I rapporti fra Eugenio IV e il concilio, che Martino V aveva convocato, furono tesi sin dall'inizio. Il papa, già il 18 dicembre 1431, sciolse il concilio appena iniziato, trasferendolo a Bologna, dove avrebbe dovuto riunirsi diciotto mesi dopo sotto la sua presidenza e il suo più diretto controllo. Il concilio però si oppose a tale sospensione, rinnovò il decreto di Costanza sulla sua superiorità sopra il papa e sollecitò questo a giustificarsi personalmente o attraverso suoi rappresentanti davanti al concilio stesso.
Al concilio di Basilea
In questa situazione Eugenio IV decise di mandare un'ambasceria a Basilea, incaricandone il Berardi, l'arcivescovo di Rodi Andrea de Constantinopoli[4], O.P. , il vescovo di Maguelone Bertrand Robert[5] e l'auditore del Sacro Palazzo Antonio di San Vito.
Giunti a Basilea in giugno, la delegazione ottenne, il 21 agosto 1432, udienza dall'assemblea, dove il Berardi trasmise i saluti del papa e ne presentò le lettere, che suscitarono le prime proteste, perché l'indirizzo non accennava alla superiorità del concilio sul papa. Il 23 agosto, il Berardi tenne davanti all'assemblea generale un lungo e dotto discorso e concludendo con l'invito di accondiscendere al desiderio del pontefice di trasferire il concilio in una città italiana. Il concilio gli rispose 3 settembre, rifiutando decisamente di trasferirsi in Italia. Ulteriori trattative non portarono a nessun risultato. Tre giorni dopo il concilio rinnovò l'accusa contro il papa e i cardinali riluttanti, respingendo anche le proteste degli ambasciatori papali che non godevano dei pieni poteri necessari per trattare col concilio. Non riuscendo a ottenere neanche la proroga del loro salvacondotto, gli ambasciatori papali lasciarono Basilea il 10 settembre.
La seconda missione del prelato in Germania, svoltasi nel luglio dell'anno seguente, si concluse ugualmente senza alcun successo. Giunse per la seconda volta a Basilea, insieme all'arcivescovo di Spalato, Bartolomeo Zabarella [6]; si presentarono davanti al concilio il 10 luglio, chiedendo invano di rimandare fino all'arrivo degli ambasciatori imperiali tutte le decisioni e in particolare quelle concernenti il processo contro Eugenio. Il 13 luglio, nonostante le violente proteste degli ambasciatori papali, il concilio pronunciò la minaccia della sospensione del papa, se questi entro due mesi non avesse revocato tutte le sue misure contro il concilio. Dopo questa seduta tumultuosa il Berardi ritornò subito a Roma.
Già all'inizio dell'anno seguente, quando papa Eugenio IV, per la sempre crescente autorità del concilio e certe opposizioni sorte contro di lui nella stessa Curia, si era visto costretto a ritirare le sue misure contro il concilio e a riconoscerne la legittimità, l'arcivescovo di Taranto fu mandato nuovamente in Germania.
Giunse a Basilea, insieme col vescovo di Cervia, Cristoforo di San Marcello[7], il 31 gennaio 1434. Il 4 febbraio presentò all'assemblea generale la bolla credenziale e quella dell'adesione del papa al concilio. Ma quando, il 15 febbraio, il Berardi insieme con il vescovo di Padova, Pietro Donato[8], e l'abate Ludovico Barbo, O.S.B., di Santa Giustina di Padova, trasmise al concilio tre bolle del dicembre precedente, contenenti l'autorizzazione a presiedere in nome di Eugenio l'assemblea, sorsero nuovi contrasti e con l'intervento imperiale si raggiunse finalmente un accordo, e il 24 aprile il Bardo, dopo aver giurato di osservare il decreto di Costanza sulla superiorità del concilio sul papa, fu incorporato nel concilio insieme con il vescovo e l'abate di Padova, e cominciò ad esercitare la sua presidenza, che secondo gli accordi non gli concedeva però alcuna giurisdizione sopra il concilio.
Nel corso degli anni seguenti si mostrò un inflessibile e spesso intrattabile rappresentante dell'estrema fazione curiale che sosteneva ad oltranza le posizioni dei papa contro il concilio. Protestò - senza successo - nel dicembre 1434 contro l'istituzione di una cancelleria conciliare che potesse concedere benefici, e nel febbraio 1435 contro la decisione delle deputazioni che attribuiva al concilio il diritto di concedere indulgenze.
Le correnti sempre più radicali del concilio da una parte, e la durezza del papa e dei suoi rappresentanti dall'altra col passare del tempo avevano reso inevitabile una definitiva rottura, occasionata dalla questione secondaria della sede da scegliere per celebrare il futuro concilio d'unione con i Greci. Il 7 maggio 1437, in una seduta che si svolse tumultuosamente, la maggioranza decise per Basilea, Avignone o una città savoiarda, mentre una minoranza, la fazione curiale con alla testa il Bardo, votò per Udine, Forlì o Firenze. Ognuna delle due parti emanò il suo decreto, ma fu sigillato solo quello della maggioranza. In questa situazione, corrompendo i guardasigilli, il Bardo si impadronì del sigillo del concilio, lo appose al decreto della minoranza, che, insieme con lettere, mandò immediatamente al papa e all'imperatore bizantino.
L'imbroglio fu però scoperto il Berardi fu arrestato e impedito di lasciare Basilea senza il consenso del concilio. Ma prima ancora che la commissione inquirente, subito riunita, avesse finito le sue indagini, egli riuscì a fuggire. Tornò in Italia, e Eugenio IV confermò il decreto della minoranza il 18 settembre 1437 e inaugurò il concilio d'unione l'8 gennaio 1438 a Ferrara. Il processo di Basilea emanò la sentenza il 27 febbraio seguente, lo giudicò colpevole di falsificazione, di falso giuramento e di infamia, e lo privò quindi dell'arcivescovato di Taranto e degli altri benefici ecclesiastici.
Legato pontificio in Germania
Malgrado questo processo, Eugenio IV chiamò il Berardi, nel settembre 1438, a far parte della legazione pontificia, che, sotto la direzione del cardinale Niccolò Albergati, si doveva recare alla dieta di Norimberga, indetta per l'ottobre, per avviare trattative con i principi elettori tedeschi, che in occasione dell'elezione del nuovo re dei Romani, Alberto II, si erano dichiarati neutrali nella lotta tra papa e concilio.
I legati chiesero alla dieta l'approvazione della politica pontificia nei confronti del concilio e dei principi tedeschi, e il riconoscimento della buona disponibilità del papa ad ulteriori trattative. La dieta, nella quale non mancava una forte animosità anticuriale, rifiutò però nettamente di fare tale dichiarazione, rinviando i legati alla prossima assemblea, convocata per il marzo 1439 a Francoforte. Il cardinale Albergati, dopo questo insuccesso, tornò subito in Italia, lasciando alla testa dell'ambasceria pontificia il Berardi.
Il Berardi era ancora a Norimberga, quando nel marzo del 1439 la nuova dieta, che per la partecipazione di ambasciatori francesi, castigliani, portoghesi e milanesi aveva assunto un carattere internazionale, si riunì a Magonza. Il 27 febbraio il concilio di Basilea aveva pronunciato la sentenza contro di lui, e probabilmente per tale motivo non osò lasciare Norimberga, pensando forse inoltre di non avere a Magonza alcuna concreta possibilità di successo. Il 12 marzo tuttavia chiese agli arcivescovi di Magonza e di Colonia il salvacondotto per recarsi a Magonza che ottenne il 18 marzo.
Il 20 aprile Eugenio IV aveva conferito nuovamente al Berardi i pieni poteri per trattare al congresso di Lublau, progettato per il 14 maggio, la pace fra Alberto II e Ladislao di Polonia. Gli ambasciatori papali vi riuscirono a negoziare un armistizio fino al settembre, con la riserva che i due re dovessero incontrarsi personalmente di lì a poco per ulteriori trattative. Il legato pontificio si recò poi alla corte reale di Vienna col proposito di sfruttare il successo della diplomazia pontificia a Lublau con richieste di concessioni nella questione conciliare. A quanto pare però Alberto non volle fare concessioni, cosicché lasciò Vienna il 30 maggio e proseguì per Budapest, dove sperava di poter ottenere presso la regina e la corte ungherese quelle concessioni che non aveva avuto a Vienna.
Malgrado le reiterate promesse del legato di adoperarsi per la fine della guerra boema e di procurare al re l'aiuto di Venezia, se questi riusciva ad indurre il clero e i cittadini di Basilea ad espellere il concilio dalla città, Alberto II si attenne alle decisioni prese a Magonza.
Cardinalato
Restò ancora in Germania fino all'inizio dell'anno seguente e tornò a Firenze, nuova sede del concilio d'unione, il 26 marzo 1440, dove, creato già nel concistoro del 18 dicembre 1439 papa Eugenio IV cardinale, fu accolto con grandi onori.
L'8 gennaio 1440 ricevette il titolo dei Santi Nereo e Achilleo. Nel marzo di quell'anno ritornò dalla Germania a Firenze, dove risiedeva il papa, e fu nominato legato a latere per trattare la pace fra Renato d'Angiò e Alfonso V d'Aragona, da più di cinque anni in lotta per l'eredità del Regno di Sicilia.
D'allora in poi l'attività del Berardi, della quale conosciamo però solo pochi particolari, si svolse esclusivamente nell'ambito della Curia. Tornò a Roma con Eugenio IV il 28 settembre 1443. Nel 1444 optò per l'ordine dei cardinali vescovi ed ebbe la sede suburbicaria di Palestrina, tenendo il titolo presbiterale in commendam. Alla fine di quell'anno fu nominato penitenziere maggiore e l'anno seguente divenne cardinale decano.
Fu nominato protettore dell'Ordine dei frati minori il 27 aprile 1445 e ricevette in commenda, il 31 maggio seguente, il monastero cistercense di Santi Pietro e Stefano di Valvisciolo.
Quando nel 1447 papa Eugenio IV morì a Firenze, il Berardi fu menzionato fra i papabili, ma non avendo la sua candidatura serie possibilità di successo, egli stesso promosse l'elezione di Tommaso Parentucelli, che fu consacrato papa il 19 marzo di quell'anno col nome di Niccolò V.
Morì a Roma e fu sepolto nella Basilica di Sant'Agostino.
Successione degli incarichi
Predecessore: | Arcivescovo metropolita di Taranto | Successore: | |
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Rinaldo Brancaccio (amministratore apostolico) |
20 ottobre 1421 – 8 gennaio 1440 | Giuliano Cesarini (amministratore apostolico) |
Predecessore: | Amministratore apostolico di Sessa Aurunca | Successore: | |
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Gentile Maccafani (vescovo) |
1º gennaio 1425 – 30 agosto 1426 | Giacomo Martini (vescovo) |
Predecessore: | Cardinale presbitero dei Santi Nereo e Achilleo | Successore: | |
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Philip Repyngdon, C.R.S.A. | 8 gennaio 1440 – 21 gennaio 1449 Titolo presbiterale in commendam dal 7 marzo 1444 |
Jean d'Arces |
Predecessore: | Camerlengo del Collegio Cardinalizio | Successore: | |
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Niccolò d'Acciapaccio | 31 maggio 1443 – 4 ottobre 1444 | Alberto Alberti |
Predecessore: | Cardinale vescovo di Palestrina | Successore: | |
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Ugo di Lusignano | 7 marzo 1444 – 21 gennaio 1449 | Giorgio Fieschi |
Predecessore: | Penitenziere Maggiore | Successore: | |
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Giuliano Cesarini | 10 novembre 1444 – 21 gennaio 1449 | Domenico Capranica |
Predecessore: | Decano del Collegio Cardinalizio | Successore: | |
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Antonio Correr | 19 gennaio 1445 – 21 gennaio 1449 | Amedeo di Savoia |
Predecessore: | Abate commendatario di San Salvatore Maggiore | Successore: | |
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Francesco Carbone | 1447 - 1449 | Latino Orsini |
Note | |
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Bibliografia | |
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- Vescovi di Taranto
- Amministratori apostolici di Sessa Aurunca
- Cardinali presbiteri dei Santi Nereo e Achilleo
- Cardinali Camerlenghi
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- Penitenzieri Maggiori della Penitenzieria Apostolica
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