Pericope dell'adultera
Pericope dell'adultera | |
Tiziano, Gesù Cristo e l'adultera (1512 - 1515); Vienna, Kunsthistorisches Museum | |
Passi biblici | Gv 8,1-11 |
Insegnamento - Messaggio teologico | |
La pericope manifesta la misericordia di Gesù, che restituisce dignità alla donna adultera senza approvare la sua condotta di peccato. | |
La Pericope dell'adultera è una pericope presente in Giovanni 8,1-11 . In essa una donna colta in flagrante adulterio viene portata dinanzi a Gesù da scribi e Farisei perché si esprima sulla condanna a morte prescritta dalla legge di Mosè per quei peccati.
L'episodio è considerato una perla di bellezza e profondità dottrinale incomparabili, ed ha fecondato non poco la vita della Chiesa di tutti i secoli. Sono diventate proverbiali le parole di Gesù: Chi è senza peccato, scagli la prima pietra (Gv 8,7 ).
Sant'Agostino, riferendosi al momento in cui i giudei se ne sono andati, esprime con una frase scultorea la presenza di Cristo accanto alla peccatrice:
(LA) | (IT) | ||||
« | Relicti sunt duo, misera et misericordia. » | « | Sono rimasti due, la misera e la misericordia. » | ||
(In Jo. 33,5: PL 35,1650 )
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Esegesi
Passi evangelici simili
Il confronto con Lc 21,37-38 , passo che chiude, in Luca, la vita pubblica, ci permette di collocarlo verso la fine del ministero pubblici; ciò è confermato anche dalla propensione ad accusarlo da parte degli avversari[1]. Lo stesso passo di Luca ci informa che Gesù di giorno insegnava nel Tempio, e trascorreva la notte sul Monte degli Ulivi; il testo lucano è peraltro molto vicino all'inizio di questa pericope.
La pericope è affine all'episodio lucano della peccatrice (7,37-50), e richiama la storia di Susanna (Dn 13 ). È affine anche il racconto della controversia sul tributo da pagare al Cesare (Mc 12,13-17 ; Mt 22,15-22 ).
Il tranello degli scribi e farisei
La donna che viene portata a Gesù è una donna sposata, poiché l'adulterio, nella Legge, riguardava l'infedeltà da parte della moglie, e non le relazioni tra mariti e donne non sposate[2].
Il fatto di sottoporgli un delitto flagrante e conducendogli la stessa donna colpevole è una maniera per mettere Gesù con le spalle al muro: dovrà necessariamente pronunciarsi.
Per l'adulterio la legge di Mosè prevedeva la condanna a morte: si può vedere Lev 20,10 , che non specifica la maniera di eseguire la pena di morte, e Dt 22,22-29 , che specifica la lapidazione solo per la mancanza di castità da parte di una donna che sia promessa sposa[3]. Ez 16,38-40 mostra che la lapidazione era la forma normale della pena di morte per tutti i tipi di adulterio.
La donna viene posta in piedi, "nel mezzo" (v. 3), come si usava per un interrogatorio giudiziario (cfr. At 4,7 ). Questa posizione la isola e al contempo evoca attorno a lei il cerchio degli accusatori minacciosi. Nonostante la situazione sia di tipo processuale, non è la donna ad essere interrogata[4], ma Gesù.
L'accenno al metterlo alla prova (v. 6) si riferisce al tranello teso a Gesù:
- se Gesù avesse assolto la donna si sarebbe posto contro la legge di Mosè;
- se l'avesse condannata si sarebbe alienato la simpatia del popolo, e si sarebbe compromesso con l'autorità romana che aveva avocato a sé la pena di morte.
La risposta di Gesù
La prima risposta di Gesù consiste nello scrivere[5] per terra con il dito ((v. 6)). Tale dettaglio è spiegato in maniera diversa dagli esegeti:
- per alcuni è un semplice atteggiamento di dignitosa imperturbabilità da parte di Gesù: egli si sarebbe messo a scrivere per terra per non rispondere e per far riflettere gli accusatori;
- per altri sarebbe un richiamo di Ger 17,13 , dove si dice che i nomi dei peccatori sono scritti sulla polvere anziché nel libro della vita, perché hanno abbandonato la fonte d'acqua viva, JHWH.
La doppia successione delle azioni di chinarsi e rialzarsi (vv. 6.7.8.10), tra loro contrari, ha una valenza simbolica e cristologica: il gesto rappresenta l'abbassamento ed elevazione attraverso cui Gesù sta per riconciliare con Dio l'umanità prigioniera della sua condizione peccatrice.[6]
L'invito a scagliare la prima pietra, chi è senza peccato (v. 7) è forse un'allusione a Deuteronomio 17,7 , dove si comandava ai testimoni di scagliare la prima pietra contro il trasgressore della legge che avevano accusato in tribunale.
La pericope precisa che i primi ad allontanarsi sono i più vecchi (v. 9); ciò perché più capaci di intendere la lezione di Gesù, o forse, secondo altri, perché invecchiando avevano commesso più peccati.
Le parole alla donna
Le parole finali alla donna: Neanch’io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più (v. 11; cfr. Ez 33,11 ), sono il punto culminante del racconto. Esse non sono di perdono, a differenza di quel che accade in Lc 7,48 [7]: Gesù rimane sul piano giuridico[8], quel piano su cui avevano impostato la questione gli scribi e i farisei. Il motivo per cui Gesù non condanna non è lo stesso per cui non l'hanno condannata gli altri, perché lui è senza peccato[9] (cfr. Gv 8,46 ). piuttosto, con il suo atteggiamento paradossale Gesù vuol significare due cose:
- si rifiuta di criticare la legge che condanna l'adulterio;
- al tempo stesso manifesta che la sua missione è quella di salvare, non di condannare.
Le parole alla donna rappresentano quindi un appello alla sua conversione. Anch'ella, come gli scribi e i farisei, è rimandata alla sua coscienza e a una rinnovata responsabilità: dovrà vivere in conformità con la liberazione che ha ricevuto. Con la sua bontà Gesù porta l'adultera al ricuperare la sua dignità e la indirizza sulla via dell'onestà, raccomandandole di non più peccare.
La pericope finisce in maniera aperta, alla stessa maniera della Parabola del Padre misericordioso (Lc 15,32 ), per chiamare in causa il lettore: non sei stato giudicato, ora cosa fai?[10]
Critica testuale
Il brano non compare nei manoscritti più antichi e affidabili del quarto Vangelo[11], e questo ha portato la quasi unanimità dell'esegesi moderna a considerarlo un'inserzione posteriore[12]. La pericope
« | non presenta infatti il caratteristico stile giovanneo e rompe i discorsi tenuti da Gesù durante la festa delle capanne. Lo stile e la sensibilità che presenta la farebbero avvicinare a Luca (in alcuni codici importanti viene infatti inserita subito dopo Lc 21,28 , anche se non sembra sia sua (Becker). » | |
(Giuseppe Segalla, 1991, p. 641)
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Anche la collocazione è incerta: alcuni codici la pongono dopo il capitolo 7,36 del Vangelo di Giovanni, altri dopo il 21,24, oppure dopo 21,38. L'inserimento dopo il capitolo 7,53 sembra legato al detto di Gesù: Io non giudico nessuno (Gv 8,15 )[13].
Paternità della pericope
La pericope non sembra di paternità giovannea per lo stile, per il vocabolario e per il contenuto.
- A livello di vocabolario, alcune espressioni ricorrono comunemente nei sinottici, in particolare in Luca, ma non in Giovanni: "Monte degli Ulivi"[14], "Scribi e farisei"[15], "Maestro"[16]. Anche "all'alba", in greco orthrou, ricorre nel resto del Nuovo Testamento solo in Luca e in Atti.
- A livello di contenuto, Luca è riconosciuto come l'evangelista della misericordia di Gesù.
Per tutte queste ragioni molti esegeti considerano la pericope un racconto lucano.
Storicità e canonicità
Testimonianze letterarie antiche
San Papia di Ierapoli riferisce, intorno al 125, di una storia di Gesù e di una donna "accusata di molti peccati" contenuta nel Vangelo degli Ebrei; forse si tratta di un riferimento a questo brano.
Un riferimento più certo alla pericope è invece contenuto nella Didascalia apostolorum, un'opera in lingua siriaca del III secolo, che lo cita per esortare i vescovi alla clemenza verso i peccatori[17]; la Didascalia però non indica se il brano proveniva da un Vangelo né, eventualmente, da quale.
In un'opera ritrovata nel 1941 e composta da Didimo il Cieco (seconda metà del IV secolo), si fa riferimento alla pericope adulterae, affermando che si trova in "molti vangeli". Oggi si ritiene che il brano fosse presente in un numero ristretto di manoscritti greci del IV secolo copiati ad Alessandria d'Egitto: a favore di questa ricostruzione è anche la presenza di un segno alla fine del capitolo 7 del quarto Vangelo del Codex Vaticanus, copiato in Egitto, che indica che una versione alternativa in quel punto era nota allo scriba.
San Girolamo racconta che la pericope era presente in molti manoscritti greci e latini, alla fine del IV secolo; le sue parole sono confermate da Sant'Ambrogio e Sant'Agostino; quest'ultimo riferisce che il brano sarebbe stato rimosso volontariamente da alcune copie per evitare l'impressione che Gesù avesse giustificato l'adulterio[18].
Le ragioni dell'ostracismo
Gli esegeti sono d'accordo nel pensare che la pericope creava difficoltà alla Chiesa antica, perché l'adulterio, già condannato in Israele, rientrava tra i peccati ritenuti incompatibili con la condizione del battezzato e comportava l'esclusione dalla comunità, se non dalla misericordia di Dio[19]. Soltanto a poco a poco l'istituzione di pratiche penitenziali ha permesso di reintegrare i peccatori pubblici nella comunione ecclesiale. Il fatto che alla fine la pericope sia stata accolta nel canone confermerebbe la sua autenticità: non si poteva eliminare una tradizione solida.[20]
Conclusione
Si può quindi affermare che
« | sulla storicità (della pericope) la risposta è in genere positiva: l'episodio corrisponde perfettamente alla persona di Gesù come la conosciamo dai sinottici; infatti questo racconto ha i caratteri della tradizione sinottica. » | |
(Giuseppe Segalla (1991), p. 642)
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Pertanto:
« | La storicità e la canonicità non devono essere messe in discussione. Non c'è niente che impedisca di riconoscere nel racconto un fatto storico, che la Chiesa ha accettato e sempre utilizzato. Fose è stato omesso per lungo tempo, perché l'atteggiamento buono e tollerante di Gesù non si conciliava con la disciplina rigida delle comunità cristiane primitive. » | |
(Angelico Poppi (1990), p. 478-479)
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Nella liturgia
Nella liturgia di Rito Romano la pericope dell'adultera è proclamata nella V domenica di Quaresima Anno C; mentre nel Rito Ambrosiano si inserisce nella penultima domenica Dopo Epifania Anno A e nel sabato nella settimana della VII domenica dopo Pentecoste Anno II.
Nell'arte
La pericope della donna adultera non ha una struttura compositiva "ufficiale" nella storia dell'arte, ma è stata di volta in volta interpretata in modo libero e molteplice, mettendo in evidenza diversi momenti ed aspetti:
- la scampata lapidazione;
- l'atteggiamento di Gesù Cristo;
- la coralità della scena.
La diffusione dell'immagine comincia a partire dal XV secolo e perdura fino al XVIII secolo. Tra le opere più significative si ricordano:
- Gesù Cristo e l'adultera (1511 ca.) di Tiziano, esposta alla Art Gallery and Museum di Glasgow.
- Gesù Cristo e l'adultera (1545 - 1550 circa), olio su tavola, di Lucas Cranach, custodita al Metropolitan Museum di New York.
- Gesù Cristo e l'adultera (1620 ca.), olio su tela, di Valentin de Boulogne, conservata presso il J. Paul Getty Museum di Los Angeles.
- Gesù Cristo e l'adultera (1640), di Nicolas Poussin esposta al Museo del Louvre di Parigi.
- Gesù Cristo e l'adultera (1644) di Rembrandt, olio su tavola, esposta alla National Gallery di Londra.
Note | |
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Bibliografia | |
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