San Pio da Pietrelcina

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San Pio da Pietrelcina, O.F.M. Cap.
Presbitero
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al secolo Francesco Forgione
battezzato
Santo
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Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 81 anni
Nascita Pietrelcina
25 maggio 1887
Morte San Giovanni Rotondo
23 settembre 1968
Sepoltura San Giovanni Rotondo, Chiesa di Santa Maria delle Grazie
Appartenenza
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Vestizione Morcone, 22 gennaio 1903
Professione religiosa Morcone, 22 gennaio 1907
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Ordinazione presbiterale Benevento, 10 agosto 1910 da mons. Paolo Schinosi
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Extra Anni di pontificato


Cardinali creazioni
Proclamazioni
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Eventi

Iter verso la canonizzazione

Venerato da Chiesa cattolica
Venerabile il 21 gennaio 1990, da Giovanni Paolo II
Beatificazione 2 maggio 1999, da Giovanni Paolo II
Canonizzazione 16 giugno 2002, da Giovanni Paolo II
Ricorrenza 23 settembre
Altre ricorrenze
Santuario principale Chiesa di San Pio da Pietrelcina, San Giovanni Rotondo
Attributi Saio, guanti, calice con Eucaristia
Devozioni particolari {{{devozioni}}}
Patrono di
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Incoronazione
Investitura
Predecessore
Erede
Successore
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Onorificenze
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Nomi postumi
Altri titoli
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Madre {{{madre}}}
Coniuge

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Consorte

Consorte di

Figli
Religione {{{religione}}}
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Collegamenti esterni
Biografia su vatican.va
Scheda su santiebeati.it
Scheda nel sito della diocesi o congregazione
Invito all'ascolto
Firma autografa
[[File:{{{FirmaAutografa}}}|250px]]
Tutti-i-santi.jpgNel Martirologio Romano, 23 settembre:
« San Pio da Pietrelcina (Francesco Forgione), sacerdote dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che nel convento di San Giovanni Rotondo in Puglia si impegnò molto nella direzione spirituale dei fedeli e nella riconciliazione dei penitenti ed ebbe tanta provvidente cura verso i bisognosi e i poveri da concludere in questo giorno il suo pellegrinaggio terreno pienamente configurato a Cristo crocifisso. »

San Pio da Pietrelcina, al secolo Francesco Forgione, comunemente noto come Padre Pio (Pietrelcina, 25 maggio 1887; † San Giovanni Rotondo, 23 settembre 1968), è stato un presbitero e mistico italiano.

Religioso dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, nel 2002 fu proclamato santo da papa Giovanni Paolo II: la sua memoria liturgica viene celebrata il 23 settembre, anniversario della morte. Fu destinatario, ancora in vita, di una venerazione popolare di imponenti proporzioni, anche in seguito alla fama di taumaturgo e per il dono delle stigmate. Fu anche fatto oggetto di forti critiche e di sospetti in ambienti ecclesiastici e non, fino a vera e propria persecuzione.

Il frate scelse il nome religioso di Pio per onorare il santo martire venerato nell'attuale chiesa di Sant'Anna in Pietrelcina, anche se, in seguito, il suo onomastico sarà celebrato nella memoria di san Pio V.

Biografia

I primi anni (1887-1918)

Francesco Forgione nacque il 25 maggio 1887 a Pietrelcina, un piccolo comune alle porte di Benevento.

Fu battezzato il giorno successivo nella chiesa di Sant'Anna. Gli venne dato il nome Francesco per desiderio della madre, devota a san Francesco d'Assisi[1].

Il 27 settembre 1899 ricevette la comunione e la cresima dall'allora arcivescovo di Benevento Donato Maria dell'Olio.

La madre era una donna molto credente e le sue convinzioni ebbero una grande influenza sulla formazione spirituale del futuro frate[2].

Secondo le testimonianze del tempo[2], il giovane Francesco Forgione cresceva tranquillo e sereno e mostrava indole obbediente.

Il giovane non frequentò le scuole in maniera regolare perché doveva rendersi utile in famiglia lavorando la terra. Solo quando ebbe dodici anni cominciò a studiare con metodo, sotto la guida del sacerdote Domenico Tizzani che, in un biennio, gli fece svolgere tutto il programma delle elementari. Subito dopo Francesco passò alla scuola per gli studi ginnasiali.

Il desiderio di diventare sacerdote si manifestò molto presto e fu sollecitato dalla conoscenza di un frate del convento di Morcone, Fra Camillo da Sant'Elia a Pianisi, che periodicamente passava per Pietrelcina a raccogliere offerte. Le pratiche per l'entrata in convento furono iniziate nella primavera del 1902, quando Francesco aveva 14 anni, ma la sua prima domanda ebbe esito negativo. Solo nell'autunno del 1902 arrivò l'assenso.

Francesco disse di aver avuto una visione, il 1º gennaio 1903 dopo la comunione, che gli preannunciava una continua lotta con Satana[3].

La notte del 5 gennaio, l'ultima che passava con la sua famiglia, disse di aver avuto un'altra visione in cui Dio e Maria lo incoraggiavano assicurandogli la loro predilezione[4]. Il 22 gennaio dello stesso anno, a 15 anni, Francesco vestì i panni di probazione del novizio cappuccino e diventò Pio.

Concluso l'anno del noviziato, Pio emise la professione dei voti semplici (povertà, castità e obbedienza) il 22 gennaio 1904. Tre giorni dopo si recò a Sant'Elia a Pianisi (CB) per intraprendervi gli studi ginnasiali.

Il 27 gennaio 1907 professò i voti solenni.

Seguì gli studi classici e di filosofia e nel novembre 1908 raggiunse Montefusco, dove proseguì i suoi studi di teologia.

Il 18 luglio 1909 ricevette l'ordine del diaconato, nel noviziato di Morcone.

Fu ordinato presbitero il 10 agosto 1910 nel Duomo di Benevento, da mons. Paolo Schinosi; benché ancora ventitreenne e contrariamente alle disposizioni del diritto canonico, che all'epoca prevedevano un'età minima per l'ordinazione di 24 anni, in ragione delle gravi condizioni di salute di Forgione il vescovo stabilì un'eccezione e ordinò il giovane[5].

In tale periodo gli agiografi iniziano a parlare della comparsa sulle sue mani delle stimmate. Pio ne diede comunicazione per la prima volta l'8 settembre 1911, in una lettera indirizzata al padre spirituale di San Marco in Lamis: qui il frate racconta che il fenomeno andava ripetendosi da quasi un anno e che aveva taciuto perché vinto "sempre da quella maledetta vergogna"[6]. Il 7 dicembre 1911 fece ritorno a Pietrelcina per ragioni di salute, restandovi, salvo qualche breve interruzione, sino al 17 febbraio 1916[7].

Ritratto di Padre Pio disegnato da Roberto Dughetti.

Il 10 ottobre dello stesso anno Pio rispose alle domande perentorie, rivoltegli da padre Agostino da San Marco in Lamis, affermando di aver ricevuto le stimmate, "visibili, specie in una mano" e che, pregando il Signore, il fenomeno era scomparso, ma non il dolore che rimaneva "acutissimo"[8]; disse inoltre di subìre quasi ogni settimana, da alcuni anni, la coronazione di spine e la flagellazione[8].

Sempre nel 1915, il 6 novembre, fu chiamato alle armi e si presentò al distretto militare di Benevento[9]. Il 6 dicembre fu assegnato alla decima compagnia sanità di Napoli. Svolse il servizio con molte licenze per motivi di salute sino a essere definitivamente riformato tre anni più tardi, a causa di una "broncoalveolite doppia", il 16 marzo 1918, dall'ospedale principale di Napoli[10].

Il 17 febbraio 1916 Pio giunse a Foggia, restandovi sette mesi circa e dimorando nel convento di Sant'Anna.

La sera del 28 luglio, accompagnato da padre Paolino da Casacalenda, Pio arrivò per la prima volta a San Giovanni Rotondo. Pur sentendosi meglio in tale luogo, dopo una settimana circa scese di nuovo a respirare l'aria afosa di Foggia, poiché il permesso chiesto al padre provinciale, anche se non necessario, tardava a venire[11].

In ragione di ciò il 13 agosto Pio scrisse al provinciale, chiedendo di poter "passare un po' di tempo a San Giovanni Rotondo" anche perché, a suo dire, Gesù gli assicurava che là sarebbe stato meglio[12]. Pio venne infine lasciato in tale convento, con l'ufficio di direttore spirituale del seminario serafico[13].

La comparsa delle stigmate (1918-1920)

Da questo crocifisso Padre Pio avrebbe ricevuto le stimmate nel 1918.

Nell'agosto 1918 Pio affermò di avere le prime visioni di un personaggio che lo trafiggeva con una lancia, lasciandogli una ferita costantemente aperta (transverberazione). Poco tempo dopo, in seguito a una ulteriore visione, Pio affermò di aver ricevuto le stigmate.

L'inizio del manifestarsi delle stigmate risale al 1910, quando per la sua malattia il religioso aveva avuto il permesso di lasciare il convento e di vivere nella sua casa natale a Pietrelcina. Non distante dal paese, tutti i giorni dopo aver celebrato la Messa, si recava in una località detta Piana Romana, dove il fratello Michele aveva costruito per lui una capanna e dove aveva la possibilità di pregare e meditare all'aria aperta, che giovava molto ai suoi polmoni malati. Il fenomeno delle stigmate, come poi rivelò al suo confessore, cominciò a manifestarsi proprio in quel luogo, nel pomeriggio del 7 settembre 1910 e si manifestò con maggior intensità un anno dopo nel settembre 1911 e in quell'occasione il frate scrisse al suo direttore spirituale:

« In mezzo al palmo delle mani è apparso un po' di rosso, grande quanto la forma di un centesimo, accompagnato da un forte e acuto dolore. Questo dolore è più sensibile alla mano sinistra. Anche sotto i piedi avverto un po' di dolore. »

Nello stesso periodo cominciarono a circolare voci secondo le quali[14] la sua persona aveva cominciato a emanare un inspiegabile profumo di gelsomino.

La notizia della comparsa delle stigmate fece il giro del mondo e repentinamente San Giovanni Rotondo fu meta di pellegrinaggio da parte di persone che speravano di ottenere grazie. Il merito di alcune conversioni e guarigioni inaspettate fu attribuito dai pellegrini all'intercessione del frate presso Dio. La popolarità di padre Pio e di San Giovanni Rotondo crebbe ancora grazie al passa-parola e la località dovette cominciare ad attrezzarsi per l'accoglienza di un numero di visitatori sempre maggiore.

La situazione divenne imbarazzante per alcuni ambienti della Chiesa cattolica[15]: il Vaticano infatti non aveva notizie precise su cosa stesse realmente accadendo. Un primo rapporto fu stilato dal Padre Generale dei cappuccini, il quale a sua volta aveva inviato il dottor Giorgio Festa, che propese per la soprannaturalità del fenomeno. Si commissionarono in seguito ulteriori indagini, molte delle quali condotte in incognito.

Le indagini (1919-1923)

Il primo medico a studiare le stigmate di Padre Pio fu il professore Luigi Romanelli, primario dell'ospedale civile di Barletta, per ordine del padre superiore Provinciale, nei giorni 15 e 16 maggio 1919. Nella sua relazione fra le altre cose scrisse:

« Le lesioni che presenta alle mani sono ricoperte da una membrana di colore rosso bruno, senza alcun punto sanguinante, niente edema e niente reazione infiammatoria nei tessuti circostanti. Ho la certezza che quelle ferite non sono superficiali perché, applicando il pollice nel palmo della mano e l'indice sul dorso e facendo pressione, si ha la percezione esatta del vuoto esistente. »

Due mesi dopo, il 26 luglio, arrivò a San Giovanni Rotondo il professore Amico Bignami, ordinario di patologia medica all'Università di Roma. Le sue considerazioni mediche non si discostarono da quelle del prof. Romanelli, in più però affermò che secondo lui quelle stigmate erano cominciate come prodotti patologici (necrosi neurotonica multipla della cute) ed erano state completate, forse inconsciamente per un fenomeno di suggestione, o con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio[16].

Nel 1920 padre Agostino Gemelli, medico, psicologo e consulente del Sant'Uffizio, fu incaricato dal cardinale Merry Del Val di visitare padre Pio ed eseguire "un esame clinico delle ferite". Il Segretario del Sant'Uffizio scelse il Gemelli, è dato supporre, sia per le sue conoscenze scientifiche di altissimo livello, sia per i suoi studi specialistici sui "fenomeni mistici", che aveva condotti sin dal 1913.

"Perciò - pur essendosi recato nel Gargano di propria iniziativa, senza che alcuna autorità ecclesiastica glielo avesse chiesto - Gemelli non esitò a fare della sua lettera privata al Sant'Uffizio una sorta di perizia ufficiosa su padre Pio"[17]

Il Gemelli volle invece esprimersi compiutamente in merito e volle incontrare il frate, nonostante una malcelata ritrosia di questi. Padre Pio, infatti, mostrò nei confronti del nuovo investigatore un atteggiamento di netta chiusura, non alleviando le polemiche, nonostante l'approccio iniziale del messo vaticano fosse stato di buona apertura sul piano personale.

Il frate rifiutò la visita adducendo che mancava l'autorizzazione scritta del Sant'Uffizio. Furono vane le proteste di padre Gemelli che, incaricato dal Sant'Uffizio e inviato di persona dal cardinal Merry Del Val riteneva di avere il diritto di effettuare un esame medico delle stigmate. Il frate, sostenuto dai suoi superiori, condizionò l'esame a un permesso da richiedersi per via gerarchica, disconoscendo le credenziali di padre Agostino Gemelli, che comunque era in missione ufficiale. Questi abbandonò dunque il convento, irritato e offeso.

Padre Gemelli espresse quindi un parere negativo, attribuendo le stigmate a una patologia di tipo isterico; i suoi giudizi, che come si è visto non potevano contare su un esame clinico rifiutatogli, avrebbero pur tuttavia pesantemente condizionato per l'autorevolezza della fonte la vicenda del frate.

Come risultato di questa vicenda, il 31 maggio 1923, arrivò un decreto vero e proprio in cui si pronunciava la condanna esplicita. Il Sant'Uffizio dichiarava il non constat de supernaturalitate circa i fatti legati alla vita di padre Pio, ed esortava i fedeli a non credere e a non andare a San Giovanni Rotondo. La formula specifica utilizzata, nel linguaggio ecclesiastico, equivale ad asserire che al momento non sono stati evidenziati elementi sufficienti ad affermare la soprannaturalità dei fenomeni e perciò non esclude che possano esserlo in futuro[18]. Il decreto venne pubblicato dall'Osservatore Romano, organo di stampa del Vaticano, il 5 luglio successivo e subito ripreso dai giornali di tutto il mondo.

Il 15 dicembre 1924 il dottor Giorgio Festa, chiese alle autorità ecclesiastiche l'autorizzazione a sottoporre il Padre a un nuovo esame clinico per uno studio ulteriore e più aggiornato, ma non l'ottenne.

L'inchiesta sul frate si chiuse con l'arrivo del quinto e definitivo decreto di condanna (23 maggio 1931) con l'invito ai fedeli di non considerare come sovrannaturali le manifestazioni psichiatriche certificate dal Gemelli, ma i più fedeli sostenitori di Padre Pio non considerano il divieto di Roma vincolante. A Padre Pio venne vietata la celebrazione della messa in pubblico e l'esercizio della confessione.

La revoca delle restrizioni e le ulteriori indagini (1933-1968)

Padre Pio mentre celebra la Messa.

Nel 1933 papa Pio XI revocò le restrizioni precedentemente imposte a padre Pio. C'è però chi sostiene che, formalmente, il decreto ufficiale di sconfessione di padre Pio non sarebbe mai stato revocato. Infatti il Sant'Uffizio non ritrattò i suoi decreti e, ufficialmente, padre Pio continuò a essere condannato dalla Chiesa. A San Giovanni Rotondo accorrevano comunque gente comune, ma anche personaggi famosi. Nel 1938 arrivò Maria José di Savoia che volle farsi fotografare accanto a padre Pio. Giunsero i reali di Spagna, la regina del Portogallo in esilio, Maria Antonia di Borbone, Zita di Borbone-Parma, Giovanna di Savoia Ludovico di Borbone Parma, Eugenio di Savoia e tanti altri.

Nel 1950 il numero di persone, in particolare donne, che si volevano confessare era talmente imponente, che venne organizzato un sistema di prenotazioni. Il 9 gennaio 1940 iniziò la costruzione del grande ospedale Casa Sollievo della Sofferenza con le offerte dei fedeli provenienti da tutto il mondo.[19]

Casa Sollievo della Sofferenza

Papa Giovanni XXIII ordinò ulteriori indagini su padre Pio, inviando monsignor Carlo Maccari: nello spirito del Concilio Vaticano II si voleva intervenire con decisione verso forme di fede popolare considerate arcaiche. All'inizio dell'estate 1960, papa Giovanni fu informato da monsignor Pietro Parente, assessore del Sant'Uffizio, del contenuto di alcune bobine audio registrate a San Giovanni Rotondo. Da mesi Roncalli assumeva informazioni sulla cerchia delle donne intorno a Padre Pio, si era appuntato i nomi di tre fedelissime: Cleonice Morcaldi, Tina Bellone e Olga Ieci", più una misteriosa contessa. Il Papa annota il 25 giugno 1960, su quattro foglietti rimasti inediti fino al 2007 e rivelati da Sergio Luzzatto[20]:

« Stamane da mgr. Parente, informazioni gravissime circa P.P. e quanto lo concerne a S. Giovanni Rotondo. L'informatore aveva la faccia e il cuore distrutto. »
« Con la grazia del Signore io mi sento calmo e quasi indifferente come innanzi a una dolorosa e vastissima infatuazione religiosa il cui fenomeno preoccupante si avvia a una soluzione provvidenziale. Mi dispiace di P.P. che ha pur un'anima da salvare e per cui prego intensamente »
« L'accaduto-cioè la scoperta per mezzo di filmine, si vera sunt quae referentur [se sono vere le cose riferite], dei suoi rapporti intimi e scorretti con le femmine che costituiscono la sua guardia pretoriana sin qui infrangibile intorno alla sua persona- fa pensare a un vastissimo disastro di anime, diabolicamente preparato, a discredito della S. Chiesa nel mondo e qui in Italia specialmente. Nella calma del mio spirito, io umilmente persisto a ritenere che il Signore faciat cum tentatione provandum e dall'immenso inganno verrà un insegnamento a chiarezza e a salute di molti. »
« Motivo di tranquillità spirituale per me e grazia e privilegio inestimabile è il sentirmi personalmente puro da questa contaminazione che da ben 40 anni circa ha intaccato centinaia di migliaia di anime istupidite e sconvolte in proporzioni inverosimili. »

I sospetti di papa Giovanni XXIII, che non aveva ascoltato le bobine (si vera sunt quae referentur), vennero comunque fugati l'anno seguente dall'arcivescovo di Manfredonia, monsignor Andrea Cesarano:[21]

« "Che mi racconti di Padre Pio?" "Santità..." "Non chiamarmi santità - lo interruppe - "chiamami don Angelo come hai sempre fatto. Dimmi di lui!" "Padre Pio è sempre l'uomo di Dio che ho conosciuto all'inizio del mio trasferimento a Manfredonia. È un apostolo che fa alle anime un bene immenso". "Don Andrea, adesso si dice tanto male di Padre Pio". "Ma per carità, don Angelo. Sono tutte calunnie. Padre Pio lo conosco sin dal 1933 e t'assicuro che è sempre un uomo di Dio. Un santo". "Don Andrea, sono i suoi fratelli che l'accusano. E poi... quelle donne, quelle registrazioni... Hanno perfino inciso i baci". Poi il Santo Padre tacque per l'angustia e il turbamento. Monsignor Cesarano, con un fremito che gli attraversava l'anima e il corpo, tentò di spiegare: "Per carità, non si tratta di baci peccaminosi. Posso spiegarti cosa succede quando accompagno mia sorella da Padre Pio?" "Dimmi". E monsignor Cesarano raccontò al Santo Padre che quando sua sorella incontrava Padre Pio e riusciva a prendergli la mano, gliela baciava e ribaciava, tenendola ben stretta, malgrado le vive rimostranze nel timore di sentire un ulteriore male per via delle stigmate. Il buon Papa Giovanni alzò lo sguardo al cielo ed esclamò: "Sia lodato Dio! Che conforto che mi hai dato. Che sollievo! »

In quel periodo il superiore locale di padre Pio era padre Rosario da Aliminusa (al secolo Francesco Pasquale, 1914-1983), che ricopriva l'incarico di guardiano della comunità di san Giovanni Rotondo; Aliminusa, fermo custode delle regole dell'ordine[22], in diversi scritti testimoniò che padre Pio non venne mai meno ai suoi doveri d'obbedienza[22]; ne mise inoltre in risalto il rigore teologico[22].

Nel 1964, il nuovo Papa Paolo VI concesse personalmente ma ufficiosamente a Padre Pio da Pietrelcina l'Indulto (reintegro) per continuare a celebrare, anche pubblicamente, la Santa Messa secondo il rito di San Pio V, sebbene, dalla Quaresima del 1965 fosse in attuazione la riforma liturgica. Contemporaneamente, molteplici attività finanziare gestite da Padre Pio passarono in gestione alla Santa Sede.

L'Aliminusa, inoltre, in relazione alla nomina - da parte della Santa Sede - di padre Clemente da Santa Maria in Punta quale amministratore apostolico destinato a gestire la situazione giuridico-economica dei beni della Casa Sollievo della Sofferenza, fu nominato procuratore generale dell'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, una delle massime cariche dell'ordine, incaricato, per la funzione, di mantenere i rapporti tra l'Ordine e la Santa Sede, cosa questa che favorì una ricomposizione della frizione che stava insorgendo in relazione alla gestione dei beni e delle donazioni: padre Pio istituì nel suo testamento la Santa Sede quale legataria di tutti i beni della Casa Sollievo della Sofferenza[23].

Il 23 settembre 1968 Padre Pio morì all'età di 81 anni.

Ai suoi funerali parteciparono più di centomila persone giunte da ogni parte d'Italia[24].

Culto

la Chiesa di San Pio da Pietrelcina a San Giovanni Rotondo progettata da Renzo Piano

Le pratiche giuridiche preliminari del processo di beatificazione iniziarono un anno dopo la morte del Padre, nel 1969, ma incontrarono molti ostacoli, da parte di coloro che erano stati nemici dichiarati di Padre Pio. Furono ascoltati decine di testimoni e raccolti 104 volumi di disposizioni e documenti e nel 1979 tutto il materiale fu inviato a Roma al vaglio degli esperti del Papa. Il procedimento che portò alla canonizzazione ebbe inizio con il nihil obstat del 29 novembre 1982.

Il 20 marzo 1983 iniziò il processo diocesano per la sua canonizzazione. Il 21 gennaio 1990 Padre Pio venne proclamato venerabile, fu beatificato il 2 maggio 1999 e proclamato santo il 16 giugno 2002 in piazza San Pietro da papa Giovanni Paolo II come san Pio da Pietrelcina. La sua festa liturgica viene celebrata il 23 settembre.

Tra i segni miracolosi che gli vengono attribuiti troviamo le "stigmate" che portò per 50 anni (20 settembre 1918 - 23 settembre 1968), il dono della bilocazione e della capacità di leggere nei cuori e nella mente delle persone. Tra i molti miracoli che gli vengono attribuiti c'è quello della guarigione del piccolo Matteo Pio Colella di San Giovanni Rotondo, sul quale è stato celebrato il processo canonico che ha portato poi alla elevazione agli altari di San Pio.

Tra i racconti di bilocazione che lo avrebbero visto protagonista c'è quello fornito da San Luigi Orione, secondo il quale nel 1925, mentre si trovava in piazza San Pietro per i festeggiamenti in onore di Santa Teresa di Lisieux, gli sarebbe apparso inaspettatamente Padre Pio da Pietrelcina, che in realtà non si mosse mai dal convento che lo ospitava dal 1918 sino alla morte.

Il miracolo per la canonizzazione

In generale, ai fini della canonizzazione, la Chiesa cattolica ritiene necessario un secondo miracolo, dopo quello richiesto per la beatificazione: nel caso di Padre Pio, ha ritenuto miracolosa la guarigione di Matteo Pio Colella, un bambino di sette anni nato a San Giovanni Rotondo.

Il 20 gennaio 2000, mentre era a scuola, Matteo si sentì male: fu portato a casa, ma nella serata la situazione precipitò e il padre, urologo dell'ospedale "Casa Sollievo della Sofferenza", lo accompagnò al pronto soccorso dello stesso ospedale, dove fu diagnosticata una meningite fulminante.

Ricoverato in rianimazione, il 21 gennaio Matteo ebbe un edema polmonare e non si riusciva più a rilevare la pressione arteriosa; successivamente collassarono nove organi; i medici emisero una diagnosi infausta, non essendo compatibile con la vita la compromissione di più di cinque organi, secondo la casistica riportata nella letteratura medica internazionale[25].

In favore del bambino si sviluppò una catena di preghiere rivolte a Padre Pio, a cominciare dai genitori, devoti del frate. La madre riferì di aver avuto una visione di Padre Pio e la stessa cosa riferì Matteo una volta uscito dal coma. Contrariamente alle previsioni, il bambino cominciò a migliorare e il 25 febbraio fu dimesso. Dopo un altro mese di terapie riabilitative potè riprendere la scuola, con un successivo completo recupero psico-fisico.

La Consulta medica della Congregazione per le Cause dei Santi, il 22 novembre 2001, dichiarò che "La guarigione, rapida, completa e duratura, senza postumi, era scientificamente inspiegabile"[26]. Il decreto sul miracolo fu promulgato il 20 dicembre 2001 alla presenza di Giovanni Paolo II, che procedette alla canonizzazione il 16 giugno 2002.

La ricognizione canonica

San Pio esposto alla pubblica venerazione

Il 6 gennaio 2008 il vescovo Domenico D'Ambrosio annunciò, durante la Messa nel santuario di Santa Maria delle Grazie, che nel mese di aprile 2008 il corpo di Padre Pio sarebbe stato riesumato per una ricognizione canonica, con l'esposizione alla pubblica venerazione sino al mese di settembre 2009, in vista del quarantesimo anniversario della morte.

Nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2008 è stata riaperta la bara che contiene il cadavere di san Pio.

Secondo le dichiarazioni dei presenti le unghie e il mento sono ben conservati, pur essendo trascorsi quarant'anni dalla morte[28].

L'esposizione della salma

Il 24 aprile 2008 è stato esposto a San Giovanni Rotondo il corpo di Padre Pio, all'interno di una teca di cristallo costruita appositamente, ed è rimasto visibile fino al settembre 2009.

La salma del santo in realtà è poco visibile: il volto, conservato solo nella parte inferiore, è ricoperto da una maschera di silicone che ne riproduce esattamente le sembianze.

La salma poggia su un piano di plexiglass forato e rivestito di tessuto. Al di sotto ci sono due contenitori in pvc pieni di gel di silice per la regolazione dell'umidità.

Nella teca è stato immesso azoto per evitare ulteriori decomposizioni[29][30][31].

Aspetti discussi

La vicenda di Padre Pio fu sempre accompagnata da un lato da manifestazioni di fede popolare ineguagliate per la loro intensità e dall'altro da sospetti anche di alte personalità della Chiesa.

Riguardo alle stigmate, alcuni rapporti medici indicarono una possibile causa non soprannaturale: il medico napoletano Vincenzo Tangaro, che incontrò Padre Pio ed ebbe cura di osservarne le mani, scrisse in un articolo pubblicato dal Il Mattino:

« Le stigmate sono superficiali e presentano un alone dal colore caratteristico della tintura di iodio»

Altri medici, osservando il fenomeno, non furono in grado di determinarne la causa con certezza, ma parlarono in ogni caso di un possibile fenomeno artificiale e/o patologico. A titolo d'esempio, il professor Amico Bignami, inviato dal Sant'Uffizio a esaminare le stigmate, scrisse nella sua relazione:

« Le [stigmate]...rappresentano un prodotto patologico, sulla cui genesi sono possibili le seguenti ipotesi: a)...determinate artificialmente o volontariamente; b)... manifestazione di uno stato morboso; c)... in parte il prodotto di uno stato morboso e in parte artificiale... Possiamo... pensare che... siano state mantenute artificialmente con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio. Ho notato... una pigmentazione bruna dovuta alla tintura di iodio. È noto che la tintura di iodio vecchia... diventa fortemente irritante e caustica. »

Nuovi dubbi sull'origine soprannaturale delle stigmate vengono dal libro dello storico Sergio Luzzatto, in cui si riporta la testimonianza del 1919 di un farmacista a cui Padre Pio ordinò dell'acido fenico, adatto per la sua causticità a procurare lacerazioni nella pelle simili alle stigmate[32].

Lo psichiatra Luigi Cancrini (Università La Sapienza di Roma), più recentemente, ha tentato di classificare Padre Pio secondo il DSM-IV (edizione aggiornata del manuale internazionale dei disturbi mentali). Secondo questa teoria le stigmate sarebbero quindi particolari sintomi di "conversione somatica" (vedi bibliografia), ovvero la moderna definizione dei disturbi somatici generati da una patologia psichiatrica di tipo isterico.

Critiche

Secondo quanto successivamente riportato da un biografo, lo stesso professor Bignami, che negava la soprannaturalità delle stigmate, diede in seguito ordine "di fasciare e suggellare le ferite alla presenza di due testimoni e di controllare i suggelli delle stesse alla presenza degli stessi testimoni, per otto giorni, affinché si potesse avere la certezza che le ferite non erano state affatto toccate... L'ottavo giorno in cui furono definitivamente tolte le fasce al Padre Pio, mentre Egli celebrava la Messa, colava tanto sangue dalle mani che fummo costretti a mandare dei fazzoletti perché il Padre potesse asciugarlo"[33].

Il professor Ezio Fulcheri, docente di anatomia patologica all'università di Genova e di paleopatologia all'università di Torino, ha recentemente dichiarato che le stigmate di Padre Pio, rimaste aperte più di 50 anni senza che si infettassero, non sono, alla luce delle attuali conoscenze mediche, scientificamente spiegabili[34].

Dalle biografie[35] che riportano le testimonianze di persone che ebbero modo di assistere di persona alla preparazione del corpo per la sepoltura, si apprende che sulla salma di Padre Pio non ci sarebbe stata più alcuna traccia delle stigmate, neanche una cicatrice. Anche questo, secondo il dott. Fulcheri, è inspiegabile.[36]

Secondo Giulio Tarro, dottore in Medicina e chirurgia e ricercatore del CNR dal 1966 al 1975 (congedato come ricercatore capo) ha escluso che si tratti di un fenomeno angiovascolare capace di provocare vistose ecchimosi e piaghe.[37]

Le malattie

Nel diario di padre Agostino da San Marco in Lamis, direttore spirituale di padre Pio, si legge che nel 1892, quando il giovane Francesco Forgione aveva solo 5 anni, era affetto da diverse malattie. A 6 anni venne colpito da una grave enterite, che lo costrinse al letto per un lungo periodo. A 10 anni si ammalò di febbre tifoidea.

Nel 1904 Pio venne inviato, con gli altri giovani che insieme a lui avevano superato l'anno di prova di noviziato, a Sant'Elia a Pianisi in provincia di Campobasso, per iniziare il periodo di formazione. Ma quasi subito cominciò a star male accusando inappetenza, insonnia, spossatezza, svenimenti improvvisi e terribili emicranie. Vomitava spesso e riusciva a nutrirsi soltanto con del latte.

Proprio in quel periodo, insieme ai malanni fisici, cominciarono a manifestarsi fenomeni inspiegabili: di notte, nella sua stanza, si udivano rumori sospetti, a volte urli o ruggiti. Qualche confratello disse addirittura di averlo visto in estasi, sollevato da terra[38]. Nel giugno 1905 la salute del frate era talmente compromessa che i superiori decisero di mandarlo in un convento di montagna, nella speranza che il cambiamento d'aria gli facesse bene. Le condizioni di salute però, peggioravano e allora i medici consigliarono di farlo tornare nel suo paese. Anche qui però il suo stato di salute peggiorò.

Negli anni giovanili padre Pio fu anche colpito da "bronchite asmatica", di cui continuò a soffrire fino alla morte. Aveva anche una calcolosi renale grave, con coliche frequenti. Un'altra malattia molto dolorosa fu una specie di gastrite cronica, che poi si trasformò in ulcera. Soffrì di infiammazioni dell'occhio, del naso, dell'orecchio e della gola e infine di rinite e otite croniche.

Nell'estate del 1915, il religioso dovette lasciare Pietrelcina per adempiere al servizio militare. Aveva fatto la visita di leva nel 1907 ed era stato dichiarato abile ma, lasciato a casa con un congedo illimitato, fu però richiamato e il 6 novembre 1915 si presentò al distretto militare di Benevento e venne assegnato alla Decima compagnia sanità di Napoli con il numero di matricola 2094/25. Ma dopo circa un mese, a causa di continui disturbi cui andava soggetto, venne mandato in licenza per 30 giorni. Tornato in servizio fu sottoposto ad altre visite mediche e rimandato ancora in licenza a per 6 mesi. Trascorse questo periodo di licenza in un convento di Foggia. Ma anche lì il religioso stava male. Si decise quindi di spostarlo a San Giovanni Rotondo, un paesino sul Gargano a 600 m di altezza, dove anche nei mesi caldi faceva relativamente fresco. Arrivò in questo convento il 28 luglio 1916.

A dicembre riprese il servizio militare, ma fu rimandato a casa per altri 2 mesi. Al rientro venne giudicato idoneo e destinato alla caserma di Sales in Napoli, dove rimase fino al marzo 1917 quando, dopo una visita all'ospedale di Napoli, gli fu diagnosticata una "tubercolosi polmonare" accertata dall'esame radiologico e mandato a casa con un congedo definitivo. Nel 1925 fu operato per un ernia inguinale e un po' dopo sul collo si formò una grossa cisti che dovette essere asportata.

Un terzo intervento lo subì all'orecchio: si era formato un epitelioma, l'esame istologico eseguito a Roma disse che si trattava di una forma tumorale maligna. Dopo l'operazione padre Pio fu sottoposto a terapia radiologica, che ebbe successo, sembra, in sole due sedute[39]. Nel 1956 fu colpito da una grave "pleurite essudativa": la malattia venne accertata radiologicamente dal professore Cataldo Cassano, che estrasse personalmente il liquido sieroso dal corpo del Padre. Rimase a letto per 4 mesi consecutivi. Negli anni della vecchiaia il Padre fu tormentato dall'artrite e dall'artrosi.

Le ipertermie

Un fenomeno misterioso che si manifestò nel corpo di Padre Pio furono le febbri alte. Tale evento sconcertò i medici che si erano interessati alla sua salute[40]. I primi a osservarle furono i medici dell'ospedale militare di Napoli durante una visita di controllo. La febbre era così alta che il termometro clinico non era in grado di misurarla in quanto fuori scala[41].

Il primo a misurare con esattezza il grado di temperatura della febbre di padre Pio fu un medico di Foggia, quando il frate era ospite di un convento del luogo e continuava a stare male. Il medico ricorse a un termometro da bagno che registrò una temperatura di 48º[42].

Lo studio scientifico di quelle febbri altissime fu ripreso dal dott. Giorgio Festa nel 1920. Questi aveva sentito parlare di tale anomalia e riteneva il fenomeno impossibile. Iniziò pertanto a misurargli la temperatura con metodo, due volte al giorno e diede ordine ai superiori del convento di fare altrettanto in sua assenza. A giorni in cui la temperatura oscillava tra i 36,2 e i 36.5° C si alternavano altri in cui si evidenziavano picchi di temperatura a 48 - 48,5° C.

Quando veniva colto da tali temperature elevate il frate appariva molto sofferente e agitato sul suo letto, ma senza delirio e senza i tipici disturbi che accompagnavano alterazioni febbrili notevoli. Il Padre Lorenzo da San Marco in Lamis, superiore dei Cappuccini di San Giovanni Rotondo, interrogato il 16 giugno 1921 dal Visitatore Apostolico, dichiarò di avere verificato a più riprese la temperatura di Padre Pio, alla presenza del dottor Francesco Antonio Gina e del dottor Angelo Merla, riscontrando successivamente 43°C, 45°C e 48ºC[43]. Dopo uno o due giorni tutto rientrava nella norma e al terzo giorno lo si vedeva nuovamente nel confessionale[42].

Da un punto di vista medico-scientifico si tratta di un fenomeno inspiegabile, in quanto temperature talmente elevate dovrebbero condurre in breve tempo alla morte: in generale, infatti, "la temperatura corporea più elevata considerata ancora compatibile con la vita è 42°C anche se, per brevi periodi, è possibile sopravvivere a temperature più elevate, sino a 43ºC"[44]. Tuttavia viene riportato che dopo tali attacchi febbrili il frate era in grado di tornare ai suoi compiti senza apparente danno[45].

Per quanto riguarda l'interpretazione del fenomeno, questo si verificava in particolari condizioni spirituali: Padre Pio parlava di un male più morale che fisico, legato anche a qualche rappresentazione del Signore. Sotto l'effetto della febbre altissima, è testimoniato che il frate non rimaneva abbattuto, si alzava, si muoveva, faceva tutto. Il Visitatore Apostolico, Fr. Raphael C., vescovo di Volterra, nella relazione del 4 ottobre 1921, osserva: "Se il fatto, oltreché eccezionale, sia anche miracoloso, lo manifesterà il Signore quando lo crederà"[46]

Filmografia

  • Padre Pio - Tra Cielo e Terra (2000) regia Giulio Base
  • Padre Pio - Un santo tra noi (2000) regia di Carlo Carlei
  • Padre Pio genere animazione (2006) regia di Orlando Corradi e Jang Chol Su
  • Padre Pio da Pietrelcina- Il crocifisso senza croce (2007) documentario regia Massimo My
  • Padre Pio. La storia di un Santo (2008) documentario della serie "La grande storia" andato in onda su Rai Tre, a cura di Luigi Bizzarri.
Note
  1. Renzo Allegri I miracoli di Padre Pio, p. 15.
  2. 2,0 2,1 Renzo Allegri op. cit., p. 16
  3. Epistolario I, 1283s.
  4. Epistolario I, 1284
  5. Renzo Allegri op. cit., p. 23
  6. Epistolario I, 234.
  7. Diario A, 255.
  8. 8,0 8,1 Epistolario I, 669.
  9. Epistolario I, 684-686.
  10. Epistolario I, 1005.
  11. Epistolario I, 796s.
  12. Epistolario I, 798.
  13. Epistolario I, 815ss.
  14. Renzo Allegri op. cit., p. 83
  15. Renzo Allegri op. cit., p. 28
  16. Renzo Allegri op. cit., pp. 60*61
  17. Sergio Luzzatto, Padre Pio, p. 60.
  18. (EN) Risposta di Colin Donovan circa le apparizioni e rivelazioni private su ewtn.com. URL consultato il 11-01-2019
  19. I cappuccini chiesero denaro a padre Pio per ristrutturare i conventi distrutti durante la seconda guerra mondiale. Il frate rifiutò dicendo che quei soldi "sono dei poveri non dei frati". I cappuccini allora chiesero e ottennero nuove indagini su padre Pio.
  20. Aldo Cazzullo op. cit.
  21. Padre Carmelo da Sessano, Padre Pio, Uomo santo di Dio, Edizioni Pugliesi 2002, p. 177-179.
  22. 22,0 22,1 22,2 p. Pellegrino Funicelli, Padre Pio e la gerarchia della Chiesa su archiviopadrepio.it (DOC). URL consultato il 22-8-2009
  23. «La sesta persecuzione». URL consultato in data 22-8-2009.
  24. Renzo Allegri op. cit., p. 9
  25. Joseph Varon e Paul E. Marik, 1999, citato da Saverio Gaeta, Miracoli. Quando la scienza si arrende, Edizioni Piemme, 2004, p. 84
  26. Saverio Gaeta, Opera citata, p. 81-90
  27. AAS 94 (2002): 491-93.
  28. Luigi Accattoli. «Padre Pio, tomba riaperta dopo 40 anni». Il Corriere della Sera, 3-3-2008. URL consultato in data 3-3-2008.
  29. «Vi racconto com'è il corpo di Padre Pio». il Giornale, 23-4-2008. URL consultato in data 21-7-2009.
  30. «Folla per l'ostensione di Padre Pio. In migliaia per il frate di Pietrelcina». la Repubblica, 24-4-2008. URL consultato in data 21-7-2009.
  31. «Padre Pio, ostensione in diretta mondiale». il Corriere della Sera, 25-4-2008. URL consultato in data 21-4-2009.
  32. Articolo di Sergio Luzzatto sul Corriere della Sera del 24-10/2007: "Padre Pio, il giallo delle stigmate"
  33. Padre Paolino da Casacalenda, Le mie memorie intorno a Padre Pio a cura di P. Gerardo Di Flumeri, Edizioni Padre Pio da Pietrelcina 1978, p. 170 e segg
  34. Intervista al dott. Fulcheri
  35. Rino Cammilleri, Vita di Padre Pio, Ed. Piemme
  36. Intervista al dott. Fulcheri
  37. Giulio Tarro op. cit.
  38. Renzo Allegri op. cit., p. 21
  39. Renzo Allegri op. cit., p. 141
  40. Renzo Allegri op. cit., p. 142
  41. Renzo Allegri op. cit., p. 143
  42. 42,0 42,1 Renzo Allegri op. cit., p. 144
  43. Padre Pio sotto inchiesta, Francesco Castelli, Edizioni Ares, 2008, p. 175-176.
  44. Francesco Mazzeo, Trattato di clinica e terapia chirurgica, Volume I, Casa Editrice Piccin, Padova, 2001, p. 55
  45. Renzo Allegri op. cit., pp. 145-146
  46. Francesco Castelli, Opera citata, pp. 150.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni