Chiesa di Sant'Agnese in Agone (Roma)
Chiesa di Sant'Agnese in Agone | |
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Roma, Chiesa di Sant'Agnese in Agone (1652-1672) | |
Stato | Italia |
Regione | Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi | Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo | Piazza Navona 00186 Roma |
Telefono | +39 06 68192134 |
Posta elettronica | info@santagneseinagone.org |
Sito web | |
Proprietà | Diocesi di Roma |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | rettoria |
Dedicazione | Sant'Agnese di Roma |
Fondatore | papa Callisto II |
Data fondazione | XII secolo, primo quarto |
Architetti |
Girolamo Rainaldi (primo progettista ed esecutore) |
Stile architettonico | barocco |
Inizio della costruzione | XII secolo, primo quarto |
Completamento | 1672 |
Data di consacrazione | 28 gennaio 1123 |
Consacrato da | papa Callisto II |
Titolo | Sant'Agnese in Agone (diaconia) |
Strutture preesistenti | Stadio di Domiziano, oratorio di Sant'Agnese |
Pianta | croce greca |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Chiesa di Sant'Agnese in Agone (latino: Sanctis Agnetis in Agone) è un edificio di culto di Roma, situato nel centro storico della città, nel Rione Parione, sul lato occidentale della celebre piazza Navona.
Storia
Dalle origini al Cinquecento
La piazza, dove sorge la chiesa è uno splendido complesso urbanistico della Roma barocca, ha la forma e le dimensioni che derivano dallo Stadio di Domiziano, inaugurato nell'86 d.C. e considerato una delle più importanti strutture ludiche dell'epoca romana, che fu utilizzato probabilmente fino al V secolo, quando iniziò anche la decadenza della città. Tra i fornici in rovina sorse fin dall'VIII secolo un oratorio dedicato a sant'Agnese, giovane donna che, secondo la tradizione, subì il martirio in questo luogo. L'edificio, ricordato nell'Itinerario di Einsiedeln (fine dell'VIII secolo), era officiato dai monaci basiliani e in seguito dai benedettini di Farfa possessori, dal X secolo, del Campus Agonis.
L'oratorio fu ampliato e trasformato da papa Callisto II (1119 - 1124) in una chiesa a tre navate con portico, affacciata sull'odierna Via dell'Anima (anticamente detta proprio Via di Sant'Agnese) e con l'abside verso il Campus Agonis, l'area di gara dello Stadio di Domiziano. La nuova chiesa fu consacrata dallo stesso pontefice 28 gennaio 1123.
Il toponimo "Agone" rimase a denominazione del sito. Urbano III (1185 - 1187), in una bolla spedita da Verona nel 1186, annovera Sancta Agnes de Cryptis Agonis fra le filiali della Basilica di San Lorenzo in Damaso. Inoltre, il Catalogo di Torino[1] del 1320, ricorda che l'Ecclesia sancte Agnetis de Agone habet I sacerdotem.
Durante tutto il Medioevo, il Campo continuò a ospitare giostre, corse e tornei cavallereschi, mentre le famiglie nobili si andavano concentrando sui lati meridionale e occidentale della piazza.
Nella metà del XV secolo, alcuni membri dei Pamphilj, trasferitasi da Gubbio a Roma acquistarono una piccola residenza su Via dell'Anima alla quale furono successivamente accorpati alcuni edifici limitrofi al fine di costruire un importante palazzo di rappresentanza.
Un disegno di Pompeo Ugonio della fine del XVI secolo tramanda l'aspetto originario della chiesa: dalla strada si scendeva per alcuni gradini nel portico - ricavato dall'ambulacro esterno dello stadio - e da questo nella navata, che occupava gli ambulacri più interni; dietro l'altare maggiore alcuni gradini scendevano ancora al sacellum infimum.
Nel 1597, la chiesa venne affidata ai Chierici Regolari Minori, che la restaurarono e la dotarono di un grande convento.
Dal Seicento al Settecento
Nel 1651 Giovanni Battista Pamphilj, divenuto papa nel 1644 con il nome di Innocenzo X, dopo aver intrapreso la costruzione dell'imponente palazzo di famiglia e adornata la piazza con la splendida Fontana dei quattro fiumi (1648-1651) a opera di Gian Lorenzo Bernini,[2] decise di erigere una nuova chiesa, in luogo dell'antica, contigua al palazzo Pamphilj, come cappella di famiglia, sulla quale doveva esercitare lo ius patronatus il suo casato e dove sarebbe stato sepolto lo stesso pontefice.
L'incarico per la costruzione del nuovo edificio venne affidato a Girolamo Rainaldi (1570-1655). I lavori furono avviati il 15 agosto 1652 e il successivo 3 settembre iniziò la demolizione dell'antica chiesa di Sant'Agnese. L'architetto romano, che eseguì i lavori in collaborazione con il figlio Carlo (1611-1691), progettò un edificio a pianta centrale a croce greca con cupola senza tamburo, preceduta da un portico e grandi nicchie nei pilastri all'incrocio dei bracci e la facciata rettilinea, con due torri campanarie laterali, collegata alla piazza da un ampia gradinata.
Nel 1653 il papa sollevò i Rainaldi dall'incarico dei lavori, già in fase avanzata di esecuzione, affidandoli a Francesco Borromini (1599-1667), il quale nel 1654 previde nel progetto: l'eliminazione del portico; una cupola sostenuta da un alto tamburo e sormontata da una lanterna circondata da sedici colonne; la costruzione ai lati della facciata di due più bassi campanili e maggiormente distanziati tra loro, in modo da agevolare la vista della cupola; l'impostazione concava della facciata.
Alla morte di Innocenzo X (7 gennaio 1655), il suo successore Alessandro VII (1655-1667) costituì una commissione che indagasse sugli eventuali errori strutturali del Borromini, incrinando così i rapporti tra l'architetto e la committenza che divennero sempre più difficili fino a provocarne l'abbandono dei lavori. All'epoca era già stata probabilmente portata a termine la zona centrale della facciata assieme alla trabeazione, mentre mancava il frontone centrale con la lunetta, la lanterna della cupola e i campanili erano stati impostati solo fino all'altezza dello zoccolo. Il cantiere venne affidato, per l'ultimazione dell'edificio, prima ad un collegio di sei architetti diretti da Carlo Rainaldi e poi nel, nel 1660, a Giovanni Maria Baratta (1627–1680) e Antonio Del Grande (1607-1679).
Nel 1667 Olimpia Maidalchini (1591-1657), vedova di Pamphilio Pamphilj, fratello di Innocenzo X, incaricò Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) dei lavori di finitura generale dell'interno.
Nel 1672 fu richiamato a portare a termine i lavori, Carlo Rainaldi che alterò il progetto borrominiano, apportando significative modifiche alla facciata, alla lanterna e ai campanili, eliminando così tutta l'impronta creativa espressa dall'architetto ticinese. Il 17 gennaio del medesimo anno la chiesa venne consacrata e affidata al Collegio dei Cappellani Pamphiliani.
Dall'Ottocento a oggi
Nel XIX secolo, la chiesa di Sant'Agnese in Agone si presentava piuttosto degradata con le pareti ricche di marmi e di dorature annerite e la pavimentazione sconnessa, per cui si ravvisò la necessità di ulteriori interventi.
Tra il 1852 e il 1855 furono eseguiti lavori di restauro dell'edificio, diretti da Andrea Busiri Vici (1818 - 1911), durante i quali vennero realizzati otto grandi finestre in ferro e posta in opera, all'inizio della scalinata d'accesso, una lunga cancellata, opera del Celsi.
Nel 1992 la chiesa è stata donata dalla famiglia Pamphilj alla Diocesi di Roma.
La chiesa è luogo sussidiario di culto della parrocchia di San Lorenzo in Damaso.
Titolo cardinalizio
La chiesa è sede del titolo cardinalizio di Sant'Agnese in Agone, istituito da papa Leone X, il 6 luglio 1517: l'attuale titolare è il cardinale Gerhard Ludwig Müller.
Descrizione
Esterno
La chiesa, preceduta da una scalinata eseguita da Giuseppe Baratta, ha una facciata - considerata capolavoro di Francesco Borromini - che si presenta ad un solo ordine, segnato da coppie di pilastri e colonne, che asseconda, con la sua curva, il movimento ellittico della piazza. Nella parte inferiore, concava, si apre, su di un corpo aggettante coronato da un timpano trianagolare, il portale centrale con un timpano curvilineo; ai lati, sono poste quattro porte minori. L'attico, coronato da una calibrata balaustra, è sormontato da due campanili gemelli e dalla cupola posta con grande originalità quasi in facciata, poggiata su di una sequenza di doppi pilastri intercalati da finestrelle.
Interno
L'interno ha una pianta a croce greca, con il braccio trasversale più lungo di quello longitudinale e propone al centro della chiesa un ottagono che presenta sugli assi principali l'ingresso, l'abside e due cappelle laterali. Nei quattro lati diagonali rispetto agli assi, tra coppie di colonne di marmo rosso di Cottanello, si aprono quattro nicchie in cui sono ubicati altrettanti altari con preziosi paliotti e rilievi marmorei. Questi e i catini, che li sormontano, furono realizzati secondo il progetto decorativo al quale partecipò anche Alessandro Algardi, che non poté terminare l'incarico a causa della sua morte avvenuta nel 1654 e pertanto l'opera fu proseguita da due sue allievi, Ercole Ferrata e Domenico Guidi.
La cupola sorretta da otto colonne di marmo rosso, è decorata con dipinti murali raffiguranti:
- sulla calotta, Gloria del Paradiso (1689), affresco di Ciro Ferri;
- sui pennacchi, Virtù cardinali (1666-1672), affreschi di Giovan Battista Gaulli detto il Baciccia: questi soggetti furono forse ispirati dal Bernini, subentrato nella supervisione della finitura dell'apparato decorativo interno.
Lato destro
Nel lato destro o settentrionale si notano:
- al primo altare, dedicato a Sant'Alessio, rilievo con Ritrovamento del corpo di sant'Alessio (1660-1664), in marmo di Giovanni Francesco Rossi.[3]
- nel braccio settentrionale, è posta la Cappella di Sant'Agnese, poiché in seguito alla modifica del progetto architettonico della chiesa decisa alla morte del papa Innocenzo X, si ritenne opportuno dedicare alla Santa titolare non più l'altare maggiore, bensì una cappella ritenuta più consona perché più vicina al luogo del martirio. All'altare, entro una nicchia con una falsa prospettiva per dare l'illusione della profondità, è collocata:
- Statua di sant'Agnese tra le fiamme (post 1660), in marmo di Ercole Ferrata.
- al secondo altare, dedicato a Sant'Emerenziana, rilievo con Sant'Emerenziana lapidata mentre prega sulla tomba di sant'Agnese (1660 post - 1709 ca.), in marmo di Ercole Ferrata e di Leonardo Reti:[4] alla morte del Ferrata era stata realizzata solo la parte inferiore, il Reti completò l'opera. La scena rivela una chiarezza narrativa di derivazione classica che richiama lo stile dell'Algardi di cui Ferrata è ritenuto il suo più importante seguace.
Altare maggiore
All'altare maggiore, entro una mostra d'altare, costituita da quattro colonne di verde antico di epoca romana sulle quali poggia un timpano sovrastato da Angeli che recano la colomba con la palma simbolo del martirio, è collocato:
- Rilievo con Sacra Famiglia tra angeli con san Giovannino, santa Elisabetta e san Zaccaria (1676-1688), in marmo di Domenico Guidi,[5] anche lui allievo dell'Algardi.
Lato sinistro
Nel lato sinistro o meridionale si notano:
- al primo altare, dedicato a Sant'Eustachio, rilievo con Sant'Eustachio tra le belve (1660 - 1669 ca.), in marmo di Melchiorre Cafà,[6] il quale morì a lavoro appena iniziato, per questo l'opera fu proseguita dal Ferrata, coadiuvato da Giovanni Francesco Rossi.
- nel braccio meridionale, è situata la Cappella di San Sebastiano, simmetrica a quella di Sant'Agnese con identica impostazione architettonica e decorativa, dove all'altare si conserva:
- Statua di san Sebastiano (1717-1719), in marmo di Pietro Paolo Campi.[7]
- al secondo altare, dedicato a Santa Cecilia, rilievo con Martirio di santa Cecilia (1662-1665), in marmo di Ercole Antonio Raggi detto il Lombardo,[8] collaboratore sia dell'Algardi che di Gian Lorenzo Bernini: l'opera raffigura la Santa morente che viene assistita da papa Urbano I, sant'Ippolito e san Valeriano, suo sposo, mentre in alto gli angeli recano la palma del martirio.
Controfacciata
Sulla controfacciata, sopra il portale d'ingresso, è ubicato:
- Monumento funebre di papa Innocenzo X (1730 ca.), in marmo di Giovanni Battista Maini:[9] l'opera è decorata con alcuni interessanti elementi statuari raffiguranti:
- al centro, Ritratto di papa Innocenzo X;
- ai lati, Allegoria della Fede, Allegoria della Giustizia e Quattro angeli.
Cripta
La Cripta, o Sacellum Infimum, è l'unica parte superstite della primitiva chiesa costruita sul luogo del martirio di sant'Agnese. Vi si accede dalla cappella omonima, attraverso la scala posta sulla destra dell'altare. All'interno si notano:
- Resti dello stadio di Domiziano
- Pavimento romano a mosaico
- Altare con rilievo raffigurante Sant'Agnese condotta al martirio (1662-1663), in marmo di Alessandro Algardi e Giovanni Buratti:[10][11] l'opera raffigura la santa, tra due soldati, che esposta nuda alla gogna viene ricoperta dai suoi capelli scioltisi per miracolo.
Cappella di San Filippo Neri e cripta dei Pamphilij
Per una porta che si apre sulla parete destra della Cappella di San Sebastiano, attraversato un breve corridoio, si accede alla Cappella di San Filippo Neri, il quale ebbe forti legami con la famiglia Pamphilj e per questo fu deciso di dedicargliene una all'interno dell'edificio. La cappella venne restaurata nel 1859 su progetto dell'architetto Andrea Busiri Vici. All'interno si notano:
- sulla volta, Maria Vergine accoglie in cielo san Filippo Neri (metà del XVII secolo), affresco di Francesco Allegrini.
- all'altare, Tabernacolo architettonico a tempietto del teschio di sant'Agnese (inizio XX secolo), nel quale papa Pio X fece sistemare la preziosa reliquia che fino a quel momento era custodita nel Sancta Sanctorum.
Nel corridoio che immette nella cappella si trova anche l'accesso alla cripta monumentale dove sono collocate le tombe dei Pamphilij. L'ambiente è stato costruito da Andrea Busiri Vici nel 1864.
Sacrestia
La sacrestia fu edificata tra il 1658 e il 1666 su disegno di Francesco Borromini che l'aveva progettata con tre assi di raccordo fra la chiesa e il Collegio Innocenziano, inserita nella struttura di quest'ultimo palazzo. Dopo l'allontanamento dell'architetto ticinese, fu portata a termine da Andrea Baratta. Vi si accede da un corridoio che da Via dell'Anima immette nel braccio settentrionale della chiesa.
Si tratta di un ambiente rettangolare con angoli convessi, noto come "sacrestia d'estate" che propone un impianto destinato alle funzioni private della famiglia Pamphilij e presenta la tipica quadripartizione dell antiche chiese paleocristiane:
- Vano d'ingresso
- Nartece, con la nicchia per il lavamano in marmo realizzato dal Andrea Baratta è collegato alla navata da un grande arcone.
- Aula ecclesiale con un impianto ottagonale, con i quattro angoli convessi aperti da nicchie sovrastate da coretti e con la volta decorata da dipinti e stucchi dorati.
- Presbiterio, costituito da un piccolo ambiente rettangolare (meno profondo di quello inizialmente previsto) con volta a botte, decorato con dipinti murali raffiguranti:
- Storie della vita di Maria Vergine (1660), affreschi di Francesco Allegrini.
Note | |
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