Diocesi di Vittorio Veneto

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Diocesi di Vittorio Veneto
Dioecesis Victoriensis Venetorum
Chiesa latina
4502VittorioVenetoCattedrale.jpg
sede vacante
Vittorio Veneto
Regione ecclesiastica Triveneto

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Mappa della diocesi
Roman Catholic Diocese of Vittorio Veneto in Italy.svg
Collocazione della diocesi
Provincia ecclesiastica
Provincia ecclesiastica della diocesi
Nazione bandiera Italia
Parrocchie 162 (12 vicariati )
Sacerdoti 218 di cui 152 secolari e 66 regolari
1.495 battezzati per sacerdote
79 religiosi 276 religiose 36 diaconi
376.000 abitanti in 1.420 km²
326.000 battezzati (86,7% del totale)
Eretta VI secolo
Rito romano
Cattedrale Santa Maria Assunta
Santi patroni San Tiziano
Indirizzo
Via Lorenzo Da Ponte 116, 31029 Vittorio Veneto, Italia
Collegamenti esterni
Sito ufficiale
Dati online 2023 (gc ch)
Dati dal sito web della CEI
Collegamenti interni
Chiesa cattolica in Italia
Tutte le diocesi della Chiesa cattolica


La Diocesi di Vittorio Veneto (latino: Dioecesis Victoriensis Venetorum) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea del patriarcato di Venezia e appartenente alla regione ecclesiastica Triveneto.

Territorio

La diocesi comprende la parte meridionale della Valbelluna tra il Piave e Belluno, la provincia di Treviso a est del Piave (anche se il confine, in corrispondenza del comune di Valdobbiadene e dopo le grave di Papadopoli, retrocede notevolmente rispetto al corso d'acqua), un lembo dell'ex provincia di Pordenone sino al Livenza e, infine, la parte orientale della città metropolitana di Venezia compresa tra il Livenza e il canale Grassaga. Nel complesso si estende su 1420 km² delimitati a est e a ovest all'incirca dal corso dei fiumi Piave e Livenza.

Sede vescovile è la città di Vittorio Veneto, dove si trova la cattedrale di Santa Maria Assunta. Nel territorio diocesano sorgono due basiliche minori: la basilica dell'abbazia di Santa Maria a Follina e la basilica della Madonna dei Miracoli a Motta di Livenza.

Storia

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi le voci Diocesi di Oderzo e Diocesi di Eraclea
Il chiostro dell'abbazia di Santa Maria di Follina.

La diocesi si estende sulla maggior parte dell'antico territorio di Opitergium, l'attuale Oderzo. Importante municipium romano, con l'avvento del cristianesimo divenne sede vescovile. Dei cinque vescovi conosciuti della diocesi di Oderzo tre sono venerati come santi: Tiziano, Magno e Floriano. Il primo è l'attuale patrono della diocesi e si festeggia il 16 gennaio.

Tra il V e il VII secolo, con le invasioni barbariche, Oderzo fu più volte saccheggiata e distrutta. L'ultima grave distruzione fu quella operata nel 636 dal re longobardo Rotari. Il vescovo Magno allora, con il clero e i fedeli, fuggì trasferendo la sede vescovile a Eraclea, centro della Laguna di Venezia sotto l'influenza bizantina. Oderzo fu definitivamente distrutta e rasa al suolo da Grimoaldo nel 669.

Con l'arrivo dei Longobardi l'abitato di Ceneda acquisì sempre più importanza e divenne il capoluogo del ducato longobardo omonimo. Il territorio dell'antica diocesi di Oderzo venne diviso tra Eraclea, Treviso e la nuova diocesi di Ceneda, istituita dai Longobardi verso la fine del VII secolo o all'inizio dell'VIII. Inizialmente la sede, come suffraganea del patriarcato di Aquileia, aderiva allo scisma tricapitolino.

Incerta è l'origine della cronotassi di Ceneda, sulla quale gli autori non sono unanimi. Il primo vescovo, Ursino, che avrebbe partecipato al Concilio di Roma (680), è escluso dalla cronotassi da Arnosti, il quale argomenta che essendo tricapitolino il vescovo di Ceneda non poteva essere presente a Roma dove è accertato che erano presenti solo vescovi cattolici.[1] I vescovi Valentiniano e Massimo sono menzionati in un praeceptum di Liutprando del 743, il quale tuttavia sembra essere palesemente spurio o almeno dubbio.[2] Il vescovo Dolcissimo è menzionato in un diploma di Carlo Magno del 794, testo che tuttavia ha subito nel tempo molte interpolazioni e manipolazioni.[3] Secondo Lanzoni, primo vescovo certo di Ceneda è Emmo (o Emmone), che partecipò al Concilio di Mantova (827).

Nella seconda metà del X secolo l'imperatore Ottone I investì il vescovo Sicardo del titolo di conte.[4] Da questo momento i vescovi esercitarono sul territorio anche il potere temporale. Nel XIV secolo la loro influenza si estese anche sulla contea di Tarzo. Questa situazione, sebbene molto ridimensionata, rimase anche dopo la conquista della Serenissima ma nel 1768 Venezia aboliva la contea vescovile e insediava a Ceneda un podestà.

Nel XIII secolo alcune potenti famiglie locali tentarono, inutilmente, di trasferire la sede vescovile a Conegliano.

Nel 1587 fu eretto il seminario diocesano.

Da sempre parte della provincia ecclesiastica di Aquileia, con la soppressione di quest'ultima, il 19 gennaio 1753, in forza della bolla Suprema dispositione di papa Benedetto XIV, la diocesi di Ceneda divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Udine, nuova sede metropolitana per quella parte dell'antico patriarcato che si trovava nel territorio della Serenissima.[5]

Il 1º maggio 1818 la bolla De salute Dominici gregis di papa Pio VII coinvolse anche il territorio di Ceneda: la diocesi acquisì le sei parrocchie del cosiddetto Compardo, un'exclave del patriarcato di Venezia nei dintorni di Conegliano (Bibano, Pianzano, San Vendemiano, San Fior di Sopra, San Fior di Sotto, Zoppè)[6] e altre otto parrocchie dell'arcidiocesi di Udine (San Polo di Piave, Rugolo, Sarmede, Godega, Orsago, Pinidello, Caneva, Stevenà).[7] Contestualmente Ceneda passò nella provincia ecclesiastica di Venezia.[8]

Alla fine del XIX secolo, per motivi storico-culturali, fu bocciata l'idea di unire la diocesi con quella vicina di Treviso.

L'ultima importante variazione territoriale è del 16 aprile 1926 quando con il decreto Quo melius' le parrocchie del Sacilese, già exclave dell'arcidiocesi di Udine, furono aggregate alla diocesi di Ceneda.[9]

Il 13 maggio 1939, in seguito alla fusione di Serravalle e Ceneda che portò alla nascita del comune di Vittorio Veneto nel 1866, la diocesi assunse l'attuale denominazione in forza del decreto Quum episcopalis civitas della Congregazione Concistoriale. Tale notevole "ritardo" (oltre 70 anni dopo l'unione dei due centri urbani) fu dovuta a ragioni storiche (di rispetto delle due differenti storie civiche), ma anche ai difficili rapporti tra l'Italia e la Chiesa: il governo sabaudo nel 1866 non aveva ancora occupato Roma ma nel 1860 aveva annesso la Romagna, l'Umbria e le Marche, perciò la Curia non volle "omaggiare" il nuovo nome della città che onorava Vittorio Emanuele II.[10]

Tra il 1958 e il 1969 la cattedra vescovile è stata di Albino Luciani, che in seguito fu eletto papa con il nome di Giovanni Paolo I.

Cronotassi dei vescovi

Il vescovo Pietro Marcello (a destra).
Il cardinale Domenico Grimani
Il cardinale Marco Antonio Bragadin
Il cardinale Jacopo Monico
Mons. Eugenio Beccegato
Papa Giovanni Paolo I fu vescovo di Vittorio Veneto
Mons. Corrado Pizziolo, vescovo di Vittorio Veneto dal 2007

Statistiche

Note
  1. Arnosti conclude perciò che l'Ursino presente a Roma non poteva essere vescovo di Ceneda (op. cit., p. 73). Lo stesso discorso è applicabile, secondo il medesimo autore, anche a Vindemio, che la maggior parte degli studiosi (eccetto Cappelletti e Gams) ritengono sia stato vescovo di Cissa e non di Oderzo.
  2. Arnosti, pp. 77 e 101.
  3. Kehr, op. cit., p. 82.
  4. Il diploma imperiale è riportato da Cappelletti, op. cit., pp. 239-240.
  5. Giuseppe Cappelletti, Le Chiese d'Italia della loro origine sino ai nostri giorni, vol. VIII, Venezia, 1851, pp. 842-858.
  6. La visita pastorale di Giovanni Ladislao Pyrker nella diocesi di Venezia (1821), Bruno Bertoli, Silvio Tramontin (a cura di), Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, 1971, pp. IX, XIII
  7. Filiberto Agostini, Istituzioni ecclesiastiche e potere politico in area veneta (1754-1866), Marsilio, Milano, 2002, p. 25
  8. (LA) Bolla De salute Dominici gregis, in: Bullarii romani continuatio, Tomo XV, Romae, 1853, pp. 36–40, in particolare i paragrafi 12, 16 e 17.
  9. Testo del decreto in AAS 19 (1927), pp. 19-20.
  10. Lo sostiene Alessandro Novo, autore di Mons Bellati, una vita per Ceneda , Trieste (?), 1891 (a p. 187 vi è una citazione di una lettera di monsignor Bellati, vescovo di Ceneda nel 1866, a Pio IX, dove si "stigmatizza" il nuovo nome della città)
  11. Processato da papa Gregorio IX nel 1235; si veda: Julien Théry-Astruc, Luxure cléricale, gouvernement de l'Église et royauté capétienne au temps de la "Bible de saint Louis", in Revue Mabillon, 25, 2014, p. p. 172.
  12. Partecipò al Concilio di Trento.
  13. Ha battezzato e dato il proprio nome a Emanuele Conegliano, paroliere di Wolfgang Amadeus Mozart.
  14. Il 27 marzo 1885 fu nominato arcivescovo titolare di Adana.
  15. Non prese mai possesso dell'arcidiocesi ligure per l'opposizione del governo italiano, e il 22 gennaio 1915 fu nominato arcivescovo titolare di Calcedonia.
  16. Contestualmente nominato arcivescovo titolare di Tiro.
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni