Leonardo Marini

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Leonardo Marini
Vescovo
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battezzato
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Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 64 anni
Nascita Chio
1509
Morte Roma
11 giugno 1573
Sepoltura Basilica di Santa Maria sopra Minerva di Roma
Conversione
Appartenenza
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Ordinato diacono
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Leonardo Marini (Chio, 1509; † Roma, 11 giugno 1573) è stato un vescovo e nunzio apostolico italiano.

Cenni biografici

Leonardo nacque nell'isola egea di Chio nel 1509, figlio di Battista, nobile genovese.

Entrò tra i domenicani del convento di san Domenico di Chio e compì gli studi a Bologna dove, conseguiti i gradi accademici, si distinse per l'abilità nell'insegnamento e nella gestione di diversi incarichi all'interno dell'Ordine. Si trasferì a Genova e fra il 1547 e il 1549 fu priore di santa Maria di Castello.

Suffraganeo

Papa Giulio III lo nominò vescovo di Laodicea in partibus infidelium e suffraganeo a Mantova nel 1550 su espressa richiesta di Ercole Gonzaga, titolare di quella diocesi, del tutto assorbito, suo malgrado, dagli impegni della corte ducale. Il Gonzaga nutriva grande stima per Marini e lo considerava dotato delle qualità necessarie per svolgere il ministero pastorale e intrattenere relazioni con avveduta disinvoltura con i notabili del Ducato mantovano.

Il 29 ottobre 1552 giunse a Milano come visitatore apostolico della giovane Congregazione dei chierici regolari di san Paolo, guardati con sospetto da Roma per le simpatie alle dottrine di fra Battista da Crema O.P. (Battista Carioni[1]) e alle pratiche spiritualistiche di Paola Antonia Negri A.S.P..[2] Dopo aver visitato le due case di S. Paolo Decollato e S. Paolo Converso, nel capitolo generale del 17 novembre riferì gli ordini di Roma, intimandone la stretta osservanza. La docilità mostrata dai barnabiti nell'accogliere le prescrizioni mutò l'iniziale diffidenza del Marini verso la Congregazione in un sentimento di cordiale amicizia e stima.

Negli anni del ministero pastorale a Mantova, su incarico del cardinale Gonzaga pose mano al Catecismo, ovvero Instruttioni delle cose pertinenti alla salute delle anime. Nuovi incarichi obbligarono il Marini a partire dalla diocesi e a lasciare il Catecismo che, completato dal suo successore mons. Bartolomeo Ghisellino,[3][4] fu pubblicato nel 1555 a Mantova da V. Ruffinelli. Fu nominato nunzio apostolico presso la corte di Madrid da Giulio III, con bolla del 23 marzo 1553.

Nunzio apostolico

Sede diplomatica di primissimo rilievo, la Nunziatura apostolica a Madrid richiedeva particolare abilità nel fronteggiare le continue e pesanti ingerenze di Carlo V nella giurisdizione ecclesiastica. Particolarmente aspro era il dissidio suscitato dal decreto della VI sessione del concilio di Trento, relativo al diritto dei vescovi di visitare i capitoli esenti di cattedrali e collegiate delle rispettive diocesi. Il Regno di Spagna era favorevole alla rigorosa applicazione del decreto, che sottraeva all'influsso vaticano la Chiesa nazionale per legarla maggiormente agli episcopati locali; per opposte ragioni, Roma si ergeva a difesa dell'inviolabilità della giurisdizione dei capitoli esenti. Il nunzio, con breve del 27 febbraio 1554, fu incaricato di avviare un'istruttoria, ponendosi come intermediario fra i capitoli e i vescovi e rendendo conto di tutto a Roma.

Fu confermato dal successore Marcello II che volle indirizzargli una lettera, che non fu mai spedita a causa della morte del pontefice. La riconoscenza della Sede apostolica pervenne al Marini allora dai cardinali riuniti in conclave che gli inviarono un documento di approvazione per il suo operato il 6 maggio 1555. Anche Paolo IV, con breve dell'8 luglio seguente lo riconfermò. Sotto quel pontificato tuttavia il Marini conobbe momenti di particolare difficoltà. Consapevole del proprio ruolo di rappresentante della Santa Sede e collettore dei benefici di quel regno, non volle cedere alle ingerenze della corte di Spagna, soprattutto in materia di spogli ecclesiastici e giunse a chiudere per più di un anno il tribunale della Nunziatura. Ancora agli inizi del 1558 giungevano al Papa le lamentele di Filippo II di Spagna sul Marini, accusato di abusare delle proprie facoltà e di lì a poco fu richiamato a Roma.

Episcopato

Sul finire del 1559 Filippo II propose il Marini alla sede vescovile di Lanciano in Abruzzo, alla quale fu assegnato agli inizi del 1560. Preso possesso della sede, Marini dovette affrontare gli attriti particolarmente accesi con la confinante arcidiocesi di Chieti, a cui Lanciano era stata soggetta come suffraganea prima che Leone X, la creasse sede autonoma nel 1515, incontrando l'intransigente opposizione dell'allora arcivescovo di Chieti Marcantonio Maffei.

Il 29 novembre 1561 partì alla volta di Napoli per conferire con Filippo II, a cui spettava il patronato della chiesa di Lanciano, ed esporgli il suo progetto: ottenere dal Papa l'erezione della propria sede in arcidiocesi, guadagnandone così de facto l'esenzione dalla giurisdizione di Chieti. Ottenuta l'approvazione del re di Spagna, si recò quindi alla corte papale dove Pio IV acconsentì alla speciale concessione. Lanciano fu così eretta in arcidiocesi il 26 febbraio 1562.

Teologo a Trento

Alla ripresa del concilio di Trento, per volontà del cardinale Ercole Gonzaga, cui Pio IV aveva affidato la direzione dell'assise, il Marini fu tra i teologi del Regno di Napoli inviati al concilio. Giunse a Trento il 26 marzo 1562 e vi trovò un clima teso, soprattutto all'interno del collegio dei legati e in particolare fra il cardinale Gonzaga e il cardinale Ludovico Simonetta. Si preparava l'apertura della diciannovesima sessione e le questioni in discussione riguardavano il sacrificio della messa, il sacramento dell'ordine e il problema della residenza dei vescovi, in un periodo dove spesso i vescovi non risiedevano nelle sedi assegnate e non si preoccupavano della cura del proprio popolo. Quest'ultimo tema creava attriti di interpretazione tra il Gonzaga e il Simonetta.

Nell'intento di fare chiarezza si decise di inviare il Marini a Roma. Nel cordiale incontro avuto con Pio IV egli ne apprese le vere intenzioni: il pontefice non intendeva sciogliere il concilio, bensì portarlo a conclusione e ratificarne i decreti. Pio IV inoltre non mostrò un aperto disappunto per l'iniziativa del Gonzaga, volta a legare il tema dell'obbligo di residenza alla discussione sul sacramento dell'ordine, ma istruì verbalmente il Marini in merito alle precauzioni da prendere nella definizione dell'obbligo della residenza, che si sarebbe dovuta approvare all'unanimità o almeno con larghissima maggioranza. Ritornò a Trento il 10 luglio e nei giorni seguenti rassicurò i legati e i padri tutti sulle intenzioni del pontefice in merito ai lavori conciliari che, superata la crisi, potevano riprendere in un clima più sereno.

Nell'autunno del 1562 fu affrontata la questione del sacramento dell'Ordine. Dopo lunghe discussioni si approvò una redazione del decreto sulla residenza già presentata dal Gonzaga, a cui si vollero però aggiungere alcuni emendamenti: tale compito fu affidato al Marini e ad altri quattro padri.

In merito alla dottrina eucaristica si oppose al riconoscimento del valore sacrificale dell'Ultima Cena. Si dichiarò invece a favore della concessione della comunione sotto le due specie ai laici, schierandosi con una qualificata minoranza di teologi. Con il domenicano Pedro Guerrero,[5] arcivescovo di Granada, aveva presentato il 6 agosto 1562 un progetto dottrinale sull'eucaristia, sottoposto poi a lunghe discussioni. Alla fine, nel settembre, si produsse un nuovo schema di nove capitoli dottrinali e nove canoni, rapidamente approvato.

Dopo la chiusura del concilio il Marini si affrettò a far ritorno alla sua diocesi, dove fin dall'inizio del 1564 riprese il ministero pastorale, sebbene fosse più volte chiamato a Roma dal Papa. Fece parte della commissione per la revisione dell'Indice e di quella deputata alla riforma liturgica. Nella sua Informazione per la correttione del Missale espresse la proposta, già presentata da altri in sede conciliare, di armonizzare le feste del Messale con quelle del Breviario. A questo spirito si conforma il Missale Romanum, compilato dal Marini e dai suoi colleghi e approvato con la bolla di Pio V Quo primum tempore del 14 luglio 1570.

La morte di Pio IV fece sfumare definitivamente la porpora per il Marini che decise di lasciare l'arcidiocesi di Lanciano per ritirarsi a vita privata. Non restò lontano dagli incarichi ufficiali che pochi mesi. Pio V nel 1566 lo assegnò alla difficile diocesi di Alba, in cui lo stato del culto e della dottrina cattolica versava in gravi condizioni e con breve del 24 ottobre fu nominato visitatore apostolico nell'Italia settentrionale e centrale, con l'incarico di visitare ben 23 diocesi.

L'avanzare dell'età, e le fatiche affrontate negli anni precedenti, cominciavano a fiaccare le energie del Marini che si vide rimproverare da Pio V, con breve del 19 agosto 1568, il mancato completamento della visita pastorale nella sua diocesi. D'altra parte, nel dicembre 1568 il Milani doveva essere ancora impegnato nella visita pastorale, se il cardinale Borromeo, in una sua lettera, si rammaricò che, proprio per tale ragione, il vescovo di Alba non avrebbe potuto comporre l'omiliario a uso dei curati della diocesi di Milano commissionatogli nell'aprile 1567.

Nel 1572 Gregorio XIII lo chiamò a Roma e il Marini rinunciò alla diocesi di Alba in favore del nipote Vincenzo. All'inizio di novembre il timore della dissoluzione della Lega contro i Turchi spinse il Papa a inviarlo presso Filippo II di Spagna in appoggio al nunzio residente a Madrid, Niccolò Ormaneto, con l'incarico di sollecitare il sovrano a continuare al fianco della Santa Sede la guerra contro i Turchi, inviando sue flotte per una nuova spedizione. Giunse a Madrid il 6 gennaio 1573 ed ebbe due udienza insieme al nunzio, ottenendo dal re la promessa di una pronta risposta alle richieste del Papa.

Partì da Madrid l'11 febbraio per incontrare ad Évora il re del Portogallo Sebastiano I che non si mostrò condiscendente quanto Filippo II, impegnandosi tuttavia a fornire un contributo di 40.000 scudi. Con tale promessa ripartì per Madrid il 16 marzo, per tentare di ottenere qualche concessione in più dal re di Spagna, senza però ricevere risposte certe.

Papa Gregorio XIII aveva intenzione di crearlo finalmente cardinale e di inviarlo in Germania presso Massimiliano II, un incarico a cui già Pio V aveva pensato di destinarlo. Ma giunto a Roma, Marini vi morì l'11 giugno 1573. Il suo corpo fu sepolto nella basilica di santa Maria sopra Minerva di fronte all'altare maggiore.

Opere

Successione degli incarichi

Predecessore: Vescovo titolare di Laodicea in Frigia Successore: Bishopcoa.png
Andrzej Spotch, O.Cist. 5 marzo 1550-26 gennaio 1560 Stanisław Słomowski ch I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Andrzej Spotch, O.Cist. {{{data}}} Stanisław Słomowski ch
Predecessore: Nunzio apostolico per la Spagna Successore: Emblem Holy See.svg
Giovanni Poggio 24 marzo 1552 - 1558 Ottaviano Raverta I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Giovanni Poggio {{{data}}} Ottaviano Raverta
Predecessore: Arcivescovo di Lanciano Successore: ArchbishopPallium PioM.svg
Pompeo Piccolomini de Aragonach 26 gennaio 1560-7 ottobre 1566 Ettore Piscicellich I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Pompeo Piccolomini de Aragonach {{{data}}} Ettore Piscicellich
Predecessore: Arcivescovo a titolo personale di Alba Successore: Bishopcoa.png
Marco Gerolamo Vidach, C.R.L. 7 ottobre 1566 - 1572 Vincenzo Castaneola Marinoch I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
con
con
Marco Gerolamo Vidach, C.R.L. {{{data}}} Vincenzo Castaneola Marinoch
Note
  1. Sosio Pezzella, CARIONI, Battista su treccani.it, Treccani Dizionario Biografico degli Italiani, 1977
  2. Paola Antonia Negri, al secolo Virginia Negri (Castellanza, 1508 - Milano, 4 aprile 1555), è stata una religiosa appartenente alla congregazione delle suore angeliche di San Paolo, indagata dall'Inquisizione. Entrata in contatto con fra Battista Carioni, Antonio Maria Zaccaria e Ludovica Torelli, contessa di Guastalla, prese l'abito delle suore angeliche di S. Paolo (il ramo femminile dei barnabiti) il 27 febbraio 1536. Dotata di eccezionale carisma, divenne in breve tempo il capo riconosciuto della propria congregazione, pur non rivestendo mai formalmente la carica di priora e acquistò fama di "divina madre". La sua congregazione si espanse in particolar modo in territorio veneziano ma ne fu espulsa nel 1551. Nel 1552 la Negri incappò quindi nelle maglie dell'Inquisizione romana, nell'ambito della persecuzione contro i seguaci delle dottrine di Battista da Crema. Fu condannata alla clausura nel monastero di Ssanta Chiara, dal quale poté uscire nel dicembre 1554 per problemi di salute, morendo il 4 aprile dell'anno successivo.
  3. cfr. Bishop Bartolomeo Gisselino Mirandola † su catholic-hierarchy.org. URL consultato il 05-03-2021
  4. Bartolomeo Ghisellini della Mirandola è stato un predicatore e vescovo del XVI secolo. Le sue prediche modenesi tra il 1539 e il 1541 e il tenore dei suoi corsi in qualità di lettore di filosofia e teologia presso il convento modenese di San Domenico gli attirarono sospetti di eresia, appartenente all'ordine domenicano e sospettato di eresia. Protetto da Gregorio Cortese, nel 1545 riparò nel Regno di Napoli e, nominato nel 1553 da Giulio III vescovo titolare della Dioecesis Citrensis (in Macedonia), resse come suffraganeo la diocesi di Mantova, di cui era titolare il cardinale Ercole Gonzaga. Morì nel 1564.
  5. cfr. (ES) Pedro Guerrero (obispo) su es.wikipedia.org. URL consultato il 05-03-2021
Bibliografia