Cristianesimo e Islam
Il Cristianesimo e l'Islam sono due religioni molto diverse tra loro, per quanto accomunate dal comune monoteismo. Pur non essendo credo monolitici e presentando diversi orientamenti di pensiero al loro interno, è comunque possibile individuare tendenze generali che le caratterizzano e le differenziano.
Cenni storici
I rapporti tra Islam e Cristianesimo sono stati prevalentemente all'insegna del conflitto armato. La prima ondata di espansione militare (VII-VIII sec.) ha visto la conquista da parte delle tribù arabe di territori con una forte e viva tradizione cristiana: Palestina, Siria, Egitto, Africa del nord. In questi territori le ricorrenti persecuzioni anticristiane, unite allo statuto sociale della "protezione", che impone ai non musulmani una condizione fortemente deficitaria sotto diversi punti di vista (sociale, politico, economico, religioso), hanno portato i cristiani a diventare una sparuta minoranza. Anche una volta arginata l'avanzata della prima ondata, la cristianità europea ha subìto secoli di razzie e saccheggi da parte di flotte e truppe musulmane ("saraceni"). Un breve periodo caratterizzato da un certo riscatto e contrattacco si è avuto a partire dall'inizio del II millennio con la "reconquista" spagnola, le crociate e l'ascesa delle repubbliche marinare. L'aggressione militare alla cristianità ha sperimentato una nuova virulenza con la seconda ondata, in particolare in seguito alla conquista di Cosantinopoli nel 1453, ad opera delle truppe e flotte ottomane.
La tradizione cristiana ha dunque sperimentato l'Islam come un fenomeno religioso, culturale e sociale prevalentemente negativo.[1] Dal punto di vista teologico l'Islam è stato variamente considerato come una religione pagana, oppure eretica (in particolare di derivazione ariana), oppure scismatica, complice anche la scarsa e superficiale conoscenza della dottrina musulmana. I successi militari dell'Islam erano interpretati in chiave apocalittica, con Maometto inteso come l'anticristo o il suo precursore, oppure in chiave morale, come punizione divina per i peccati dei cristiani. Diversi scrittori cristiani produssero inoltre opere apologetiche col fine di mantenere salda la fede dei cristiani nei territori islamici.
Interpretazioni sull'invasione islamica
I più antichi accenni di cristiani bizantini relativi all'Islam e agli arabi li descrivono in una luce fortemente negativa e "demoniaca". Non devono essere intesi come frutto di un odio razziale e dogmatico su base religiosa, ma vanno contestualizzati tenendo conto dell'effettiva violenza della jihad araba.
Massimo il Confessore in una lettera scritta ad Alessandria tra il 634-640, mentre esorta a tornare a Dio nei momenti di difficoltà, accenna implicitamente all'invasione islamica, descrivendo il popolo arabo come empio, rozzo e violento. Confida comunque nella vittoria finale garantita da Dio.
« | Quali mali stanno accadendo al mondo? [...] Vediamo un popolo del deserto e barbaro che ha invaso la terra altrui come se fosse la propria, bestie selvagge e feroci che hanno solo una parvenza di forma umana, e devastano la nostra civiltà. Un popolo giudaico [semita], che gioisce del sangue umano, e pensano di adorare il solo dio fabbricando morte. E per questo, con molto furore, minacciano tutti i mali nella grandezza della loro malvagità, e fanno accadere cose ancora peggiori. Costoro si attirano l'odio di Dio, mentre pensano di adorare Dio. È il solo popolo infedelissimo tra tutti quelli della terra, orientatissimo all'attuazione della forza avversa. Avanzando in ogni direzione e in ogni modo fanno abitare il male, e tramite loro si prepara la venuta dell'anticristo, poiché la [venuta] del vero salvatore disconoscono. [Conoscono] l'ostilità e l'illegalità, l'odio agli uomini e l'odio a Dio, e per questo odio a Dio ancor più [è l'] odio agli uomini, e contro i santi gioscono quando li incontrano e si vergognano. Poiché è vicina la vendetta, affinché [ci sia] con punizione più giusta la sua [del popolo arabo] uccisione tramite le perfette azioni della sovranità di Dio e del suo elevarsi. [Dio è] vendicatore della falsità del popolo che è autore dell'uccisione e nemico della verità, amaro persecutore della mia fede tramite la quale è sciolto l'errore politeista e sono messe in fuga le armate dei demoni » (Lettera 14[2]) |
Sofronio di Gerusalemme (m. 639), patriarca all'epoca dell'invasione musulmana (terminata con battaglia dello Yarmuk, 636), in alcune occasioni accenna all'Islam. Esorta i cristiani alla preghiera contro il violento assalto saraceno, visto come punizione divina per i peccati dei cristiani.
« | [Tramite le preghiere a Dio i cristiani possono chiedere] che dia vittorie e trionfi in particolare contro i barbari, e coroni i figli dei figli, e li circondi di pace divina, e conceda potenti scettri futuri, e distrugga l'arroganza di tutti i barbari, massimamente dei saraceni, i quali inaspettatamente a causa dei nostri peccati ora sono insorti contro di noi, e saccheggiano con modo crudele e bestiale e con volontà empia e atea » (Lettera conciliare (634)[3]) |
« | Noi, a causa di peccati sconfinati e di gravi mancanze, siamo indegni della vista di queste cose [Betlemme] e di andarvi. Pur non volendo, dobbiamo rimanere nelle case, non trattenuti da catene materiali ma per paura dei saraceni [...][4] [...] così anche noi oggi potremmo stare nella vicina Betlemme che ha accolto Dio, non vedenti la spada roteante e fiammeggiante saracena e bestiale e barbara e realmente piena di ogni diabolicità, che suscita paura e riflette massacri, che scaccia dai nostri volti la felicità, e ci dispone a rimanere a casa non permettendoci di andare oltre [a Betlemme] [...][5] |
« | Perché sono combattute guerre contro noi? Perché aumentano gli attacchi dei barbari? Perché le falangi dei saraceni ci attaccano? Perché avviene tale rovina e devastazione? Perché avvengono incessanti versamenti di sangue umano? Perché i cadaveri degli uomini sono mangiati dagli uccelli del cielo? Perché le chiese sono demolite? Perché la croce è oltraggiata? Perché Crito, il dispensatore di ogni bene e della nostra gioia, è bestemmiato da bocche pagane? Grida verso noi: "A causa vostra il mio nome è bestemmiato dai pagani", e questa è la peggiore tra tutte le cose terribili che ci accadono.
I saraceni, distruttori e odiatori di Dio, lo stesso abominio della desolazione preannunciato a noi dai profeti, arrivano in luoghi che non appartengono loro, saccheggiano le città, devastano le campagne, incendiano i villaggi, bruciano le sante chiese, distruggono i sacri monasteri, contrastano le truppe romee [bizantine], innalzano i loro trofei e raccolgono vittoria su vittoria. Inoltre sono insorti più volte contro noi e aumentano la loro bestemmia contro Cristo e la Chiesa, e con somma malvagità bestemmiano Dio. Questi avversari di Dio si vantano di prevalere su tutti, imitando il diavolo, il loro capo, in maniera assidua e sfrenata, emulando la sua vanità per la quale è stato espulso dal cielo ed è stato posto nella tetra oscurità [...]. In verità siamo noi stessi responsabili per tutte queste cose, e nessuna parola può essere portata in nostra difesa. Che parola può esserci data in difesa quando abbiamo ricevuto questi doni [il battesimo e la fede] da lui [Dio] e li abbiamo disprezzati e denigrati con le nostre vili azioni? » (Omelia sull'Epifania (637)[9]) |
La Dottrina di Jacob (Doctrina Jacobi nuper baptizati, Insegnamento di Jacob appena battezzato), uno scritto apologetico cristiano di autore ignoto redatto attorno al 640, presenta fittiziamente un dialogo tra un ebreo convertito al cristianesimo, Jacob, e altri ebrei, collocandolo nella Cartagine del 634.[10] In esso viene tra l'altro riferito il parere di un rabbino di Cesarea di Palestina circa Maometto (lasciato anonimo), ritenuto un falso profeta per la violenza del suo operato. Il testo attribuisce a Maometto l'annuncio del messia che deve venire, ma deve trattarsi verosimilmente di una errata comprensione della dottrina islamica, e Maometto viene anche anacronisticamente presentato come vivente all'epoca dell'invasione della Palestina.
« | [I giudei di Cesarea] dicevano che tra i saraceni era apparso un profeta, che proclamava l'avvento dell'unto, il cristo [messia] che deve venire. Arrivato a Sykamina [attuale Shiqmona] chiesi a un anziano, preparato sulle scritture: "Cosa mi puoi dire sul profeta apparso tra i saraceni?". Mi rispose, gemendo profondamente: "È un impostore, i profeti non vengono con spade e carro da guerra. In realtà [i saraceni] sono il prodotto dell'anarchia che regna oggi e temo che il primo cristo, quello adorato dai cristiani, fosse quello mandato da Dio, mentre ora ci prepariamo a ricevere l'anticristo. Isaia disse che i giudei avrebbero mantenuto un cuore perverso e indurito finché tutta la terra fosse devastata. Ma tu vai, Abramo, e informati sul profeta che è apparso". Così io, Abramo, andai e ascoltai da coloro che lo incontrarono che non c'era nessuna verità da trovare nel cosiddetto profeta, solo spargimento di sangue umano. Disse anche che di avere le chiavi del paradiso, che è incredibile » ([11]) |
Una riflessione relativamente più matura ed evoluta si trova nella Cronaca del vescovo egiziano monofisita Giovanni di Nikiu,[12] redatta poco dopo al 640, fonte preziosa per l'invasione araba dell'Egitto. Oltre a descrivere battaglie, assedi, saccheggi, massacri e riduzione in schiavitù dei cristiani, l'autore attribuisce le cause dell'invasione e della sconfitta alla debolezza politica e sociale dell'impero bizantino: in particolare, l'Egitto era segnato dall'attrito tra la locale fede monofisita e quella calcedoniana, ufficiale nell'impero (donde l'epiteto siriaco melkita, "del re") e nel resto della cristianità. Giovanni accenna anche alla pesanti tasse che i musulmani imposero ai cristiani (jizya), lasciando implicito il nesso causale tra questa persecuzione economica e le conversioni all'islam.
« | 121.1. E l'abba Beniamino, patriarca [monofisita] degli egiziani, ritornò nella città di Alessandria nel tredicesimo anno dopo la sua fuga dai romei, e venne nelle chiese e le ispezionò tutte. 2. E ognuno disse: "L'espulsione [dei romei] e la vittoria dei musulmani è dovuta alla debolezza dell'imperatore Eraclio e alla sua persecuzione degli ortodossi [monofisiti] operata dal patriarca [calcedoniano] Ciro. Questa è stata la causa della rovina dei romei e della sottomissione dell'Egitto da parte dei musulmani.
3. E Amr [ibn al-As, condottiero degli arabi] divenne ogni giorno più forte in ogni ambito. Impose delle tasse ma non prese nulla di proprietà delle chiese, non commise atti di spoliazione e saccheggio [nelle chiese di Alessandria] e le preservò in tutti i suoi giorni. Quando catturò la città di Alessandria, drenò il canale secondo le istruzioni dell'apostata Teodoro. 4. Aumentò le tasse fino alla cifra di 22 batr di oro, al punto che le persone si nascosero a causa del valore elevato del tributo [...]. 7. Nessuno può narrare il pianto e il lamento che ci fu in città: gli abitanti arrivarono a vendere i loro figli per la grande somma che dovevano pagare mensilmente. Nessuno li aiutava, Dio aveva distrutto le loro speranze e consegnato i cristiani nelle mani dei loro nemici [...]. 10. E molti degli egiziani che erano falsi cristiani negarono la santa fede ortodossa e il battesimo che dà vita e abbracciarono la religione dei musulmani, i nemici di Dio, e accettarono la dottrina della bestia, cioè Maometto, ed errarono assieme a quegli idolatri, e impugnarono le armi e combatterono contro i cristiani. 11. E uno di questi, di nome Giovanni, calcedoniano del convento del Sinai, abbracciò la fede dell'Islam, e abbandonato l'abito da monaco impugnò la spada e perseguitò i cristiani che erano fedeli al nostro signore Gesù Cristo » |
In occidente, la Cronaca del franco Fredegario (circa 642, successivamente ampliata da altri autori)[13] contiene alcuni riferimenti all'invasione islamica. Le informazioni appaiono in alcuni punti inesatte, p.es. circa la provenienza geografica degli arabi, l'esagerato numero dei contingenti e lo svolgimento della battaglia di Yarmuk, il monotelismo di Eraclio confuso col monofisismo. Le interpretazioni sulle cause della sconfitta sono ancora di ordine soprannaturale, essendo vista come punizione attiva di Dio verso l'eretico e incestuoso imperatore, inquadrata in un'ottica apocalittica con gli arabi implicitamente identificati con Gog e Magog.
« | 66. Gli agareni, che sono i saraceni, come attesta Orosio sono un popolo circonciso, già da tempo residente in una terra chiamata Ercolia, tra il Caucaso e il mar Caspio [una delle proposte di localizzazione di Gog e Magog]. Poiché sono molto cresciuti di numero hanno preso le armi e fatto irruzione nelle province dell'imperatore [bizantino] Eraclio. Eraclio ha inviato armate contro essi per contrastarli. Quando la battaglia [di Yarmuk, 636] iniziò i soldati saraceni prevalsero e fecero grandi massacri con la loro spada. Si narra che in quella battaglia siano stati uccisi dai saraceni 150.000 soldati. I saraceni tramite una delegazione offrirono a Eraclio di raccogliere le spoglie [dei soldati uccisi]. Eraclio, che desiderava vendetta sui saraceni, non volle ricevere nulla da loro. [In precedenza], dopo aver raccolto una grande moltitudine di soldati da tutte le parti delle province dell'impero, Eraclio aveva inviato messaggeri alle bronzee porte del Caspio [presso l'attuale passo di Chawar], che aveva eretto il macedone Alessandro Magno, e aveva ordinato di chiuderle, a causa dell'invasione di gente ferocissima che abitavano oltre le vette dei monti del Caucaso. Eraclio [poi] ordinò di aprire quelle porte per inviare alla battaglia contro i saraceni 150.000 combattenti. I saraceni avevano due capi ed erano 200.000.
Avevano posto l'accampamento non lontano dall'esercito [romeo] così da iniziare presto ad affrontarsi in battaglia l'indomani. Quella stessa notte l'esercito di Eraclio era stato percosso dalla spada di Dio [con la peste]. Nell'accampamento furono uccisi nel sonno 52.000 dei soldati di Eraclio. Quando l'indomani dovevano uscire per la battaglia, la maggior parte era stata uccisa dal giudizio divino e non avevano l'ardire di iniziare lo scontro contro i saraceni. Tutto l'esercito di Eraclio tornò alle proprie sedi e i saraceni, come avevano iniziato, proseguirono incessantemente a devastare le province dell'imperatore Eraclio. Quando già si erano avvicinati a Gerusalemme, vedendo Eraclio che non poteva resistere alla loro violenza, con grande amarezza e preso dal dolore, ancora seguendo l'infelice eresia di Eutiche [il monofisismo], avendo abbandonato il culto di Cristo, avendo come moglie la figlia di sua sorella, terminò la sua vita crudelmente vessato dalla febbre. A lui successe come imperatore suo figlio Costantino [III], nel cui tempio il regno fu grandemente devastato dai saraceni [...]. |
Nella Storia di Eraclio[14] (c.a 670) attribuita al vescovo armeno Sebeo ma forse pseudoepigrafa, viene tra l'altro descritta l'invasione islamica della Mesopotamia settentrionale, presentata come conseguenza di un'alleanza militare tra ebrei (figli d'Israele) ed arabi (figli d'Ismaele), che si consideravano eredi della promessa fatta ad Abramo. La cronaca prosegue con l'incrinarsi dell'alleanza ebreo-islamica e con la costruzione a Gerusalemme del luogo di culto islamico dove poi sorgerà la moschea della roccia.
« | 30. [...] Dodici uomini [rappresentanti] tutte le tribù degli Ebrei si trovarono nella città di Edessa. Poiché l'esercito persiano si era ritirato lasciando in pace la città, chiusero le porte e si fortificarono, non lasciando entrare le truppe romee. Allora Eraclio, l'imperatore romeo, diede ordine di assediarla. [Gli Ebrei] capirono che non potevano resistere e promisero la pace, aprirono le porte e si presentarono a lui [Eraclio], e ordinò di andare e restare ai loro posti. Ma loro partirono e andarono in Arabia dai figli di Ismaele. [Gli Ebrei] li chiamarono in loro aiuto e dissero loro che erano parenti, con la parentela descritta nel [vecchio] testamento. Sebbene fossero convinti di questa parentela reciproca [gli Ebrei] non poterono convincere quel popolo numeroso poiché erano divisi dalla religione. In quel tempo ci fu uno dei figli d'Ismaele, di nome Maometto, un mercante [o un uomo famoso]. Fece loro un discorso circa la via della verità e conobbero il Dio di Abramo, e conosceva molto la storia di Mosè. Poiché il comando veniva dall'alto si allearono insieme con un'unica fede Abbandonarono il culto delle vanità e tornarono al Dio vivo che era apparso ad Abramo, loro padre. Maometto ordinò loro di non mangiare carogne, di non bere vino, non mentire e non commettere adulterio. Disse: "Dio ha promesso con giuramento questo paese ad Abramo e ai suoi figli dopo lui per sempre, e ha adempiuto questa promessa poiché amava Israele. E voi siete i figli di Abramo e Dio adempie in voi la promessa fatta ad Abramo e ai suoi figli. Amate solo il Dio di Abramo, e impossessatevi della terra che Dio ha dato al vostro padre Abramo. Nessuno vi resisterà in guerra poiché Dio è con voi" [...]. 31. Ora parlerò del progetto degli Ebrei ribelli che, avendo avuto il supporto degli agareni [arabi] per un breve tempo progettarono di ricostruire il tempio di Salomone. Scoprirono il luogo chiamato santo dei santi e costruirono un edificio con le fondamenta per la preghiera. Gli ismaeliti li invidiarono, li espulsero da quel luogo e dissero che quel luogo era il luogo della loro preghiera. [Gli Ebrei] costruirono vicino al tempio un altro luogo di preghiera. Proposero un progetto malvagio: volevano riempire di sangue Gerusalemme da un'estremità all'altra e uccidere tutti i cristiani. [Secondo il racconto tre ebrei uccisero un maiale nel luogo di culto islamico incolpando i cristiani ma il complotto fu scoperto e i colpevoli puniti] » (Storia di Eraclio, 30-31) |
Il calcedoniano Anastasio sinaita (m. ca. 700), nella sua terza Omelia, riconduce le cause dell'invasione islamica e della sconfitta e devastazione subite dai bizantini alle persecuzioni inflitte al papa di Roma dall'imperatore monotelita. Similmente attribuisce la stasi dell'avanzata islamica all'accordo dottrinale trovato nel terzo concilio di Costantinopoli (680-681).[15]
« | Quando morì Eraclio, Martino fu esiliato dal nipote di Eraclio (Costante II) e immediatamente sorse nel deserto la rosa di Amalek per colpire noi, il popolo di Cristo. Fu la prima sconfitta, fatale e terribile, dell'esercito romeo. Parlo dello spargimento di sangue a Gabitha, Yarmuk e Dathemon, dopo le quali avvenne la cattura e incendio delle città della Palestina, anche Cesarea e Gerusalemme. Quindi ci fu la distruzione dell'Egitto, seguita dalla schiavitù e dalla devastazione fatale delle terre e isole del mediterraneo di tutto l'impero romeo. Ma i capi e i signori dei romei non tennero in conto di questre cose. Piuttosto convocarono il concilio romeo e, come avvertimento, tagliarono lingue e mani. Cosa poi? La ricompensa di Dio per noi per queste cose fu la quasi completa sconfitta di esercito e flotta romea in Fenicia e la prostrazione del popolo cristiano e la desolazione dei luoghi. Questo non finì finché il persecutore di Martino morì di spada in Sicilia. Ma il figlio di quest'uomo, il pio Costantino (IV), riunì la santa Chiesa con un concilio ecumenico (Concilio di Costantinopoli III). [...] Questo santo concilio [...] per 20 anni fermò lo sterminio del nostro popolo, rivolse la spada dei nemici contro loro stessi, diede riposo alle terre, placò i mari, fermò gli spargimenti di sangue e fece in tutta la romania (impero romeo) riposo, consolazione, e pace senza misura » |
Riflessioni teologiche
Giovanni Damasceno nella sua Sulle eresie (circa 743) ne elenca 103, dedicando quasi sempre a ognuna di essa poche righe. Alla 101esima eresia, l'islam, viene però dedicata una trattazione più ampia.[16]
« | 101. C'è poi la superstizione degli ismaeliti, prevalente fino ad oggi e traviante il popolo, precedente la venuta dell'anticristo. Sono discendenti di Ismaele, partorito da Agar ad Abramo, e per questo sono chiamati sia agareni sia ismaeliti. Sono detti anche saraceni, da "Sara kenùs" (vuotezza di Sara), poiché Agar rispose all'angelo: "Sara mi lasciò vuota" (Gen 16,8 ). Questi erano idolatri e si prostravano alla stella del mattino, cioè Afrodite (Venere), che nella loro lingua chiamano Kabàr, che significa "grande".[17] E fino ai tempi di Eraclio sono stati famosi idolatri. Da quel tempo ad ora è sorto tra loro uno pseudoprofeta chiamato Mamèd (Maometto), il quale ha ideato la propria eresia essendo incappato nell'antico e nuovo testamento e - sembra - avendo discusso con un monaco ariano.[18] Fu adottato dal suo popolo essendosi presentato come devoto di Dio, affermò di avere un libro proveniente dal cielo. Avendo inciso nel suo libro alcune disposizioni degne di riso, le trasmise a loro come devozione.
Dice esserci un unico Dio creatore che non ha generato né è stato generato (Corano 112). Dice essere Cristo il logos di Dio e il suo spirito, ma creato e servo (di Allah, Corano 19,30), generato senza seme da Maria, sorella di Mosè e Aronne. Dice essere entrato il logos di Dio e lo spirito in Maria, e generò Gesù che era profeta e servo di Dio. E i Giudei, facendo ingiustizia, volevano crocifiggerlo, e avendo afferrato la sua ombra la crocifissero ma -dice- lui, il Cristo, non fu crocifisso né morì: infatti Dio lo prese a se stesso in cielo, poiché lo amava (Corano 4,157-8). E dice che Cristo salì in cielo e Dio lo interrogò dicendo: "O Gesù, dicesti: Sono figlio di Dio e Dio?". E -dice- Gesù rispose: "Signore, sii misericordioso. Tu sai che non lo dissi, né disprezzai essere tuo servo. Uomini iniqui scrissero che dissi questo, e mentirono su di me e sono in errore". e Dio rispose e gli disse: "So che tu non hai detto questo". Ancora noi chiediamo: "Com'è che [Maometto] ci comanda nella vostra scrittura di non fare [qualcosa] o accettare [qualcosa] senza testimone, non gli chiedete: Prima mostra la testimonianza che sei un profeta e che vieni da Dio, e quale scrittura testimonia di te?". Tacciono vergognandosi. Ancora [chiediamo]: "Non vi è lecito sposare una donna senza testimone, né commerciare, né acquistare, né possedete un asino o una bestia senza testimone. Avete però donne, e possedimenti, e asini, e le altre cose tramite la testimonianza, ma solo la fede e la scrittura avete senza testimonianza. Colui che vi ha trasmesso questa [scrittura] non ha nessuna [garanzia di] certezza, né c'è qualcuno che ha testimoniato di lui prima di lui, ma [anzi] ha ricevuto questa nel sonno". Poi ci chiamano "associatori", poiché -dicono- introduciamo associazione a Dio, dicendo essere il Cristo figlio di Dio e Dio. A loro diciamo: "Questo lo hanno tramandato i profeti e la scrittura, e voi accettate fermamente i profeti. Se dunque, malvagiamente, diciamo diciamo il Cristo [essere] figlio di Dio, anche loro lo insegnano e tramandano a noi". E alcuni di loro dicono che noi abbiamo frainteso tali cose dei profeti, altri dicono che gli Ebrei, odianti noi, ci fecero errare avendo scritto [queste cose] come [se fossero] dai profeti, così da farci perire. Ancora poi diciamo a loro: "Voi dite che Cristo è parola di Dio e spirito, come potete accusarci [di essere] associatori? Infatti la parola e lo spirito è inseparabile da colui in cui è prodotta. Se dunque è in Dio la sua parola, ovviamente è anche Dio. Se poi è esterno a Dio, Dio è senza parola e senza spirito. Rifuggendo l'associazione Dio [a Cristo] lo avete mutilato. Sarebbe meglio per voi dire che ha associazione, piuttosto che mutilarlo, come se trattassimo di una pietra, o un legno, o qualcosa di insensibile. Come voi falsamente dite noi [essere] associatori, così noi accusiamo voi [essere] mutilanti Dio". Accusano poi noi, adoranti la croce, come idolatri, la quale anche disprezzano. E diciamo a loro: "Com'è dunque che voi vi prostrate verso la pietra nella vostra Kaba [lett. Kabathà] e, baciandola, amate la pietra?". E alcuni di loro dicono che su quel [luogo] Abramo si unì ad Agar, altri poi [dicono] che su quel [luogo] legò il cammello mentre stava per sacrificare Isacco. E a loro rispondiamo: "La scrittura dice che il monte era boscoso e c'erano alberi, da i quali Abramo tagliò rami e pose su essi Isacco, e lasciò gli asini con i servi. Perché dunque siete stolti? Là infatti non c'è legna di alberi né passano gli asini". Allora si imbarazzano. [Ma ancora] similmente dicono la pietra essere di Abramo. Allora noi diciamo: "Sia di Abramo, come voi delirate. Non vi vergognate dunque baciando questa [pietra] solo poiché su essa Abramo si unì a una donna, o poiché legò un cammello, ma ci disprezzate poiché adoriamo la croce di Cristo, grazie alla quale la forza dei demoni e l'errore del diavolo è stato distrutto?". Questa poi, che chiamano pietra, è la testa di Afrodite, la quale adorano, la quale chiamano Kabèr, e su essa sono oggi visibili deboli graffiti [rappresentanti il volto della dèa] agli osservatori attenti. Come detto, questo Mamed [Maometto], avendo scritto molti deliri, pose un titolo a ciascuno di essi [le sure del Corano]. Come lo scritto delle donne [sura 4], e in esso notoriamente legittima il prendere 4 mogli e -se può- 1000 concubine oltre alle 4 mogli, per le quali la mano di lui [dell'uomo] ha risorse [per mantenerle]. Allo stesso modo legittima che, se vuole [l'uomo], possa ripudiare [una moglie], o prenderne un'altra. Mamed aveva un socio chiamato Zeid [Zayd ibn Harithah].[20] Questo aveva una moglie appariscente [Zaynab bint Jahsh], della quale Mamed si innamorò. Messisi a sedere disse Mamed: "Ah, Dio mi comandò di prendere tua moglie". Rispose [Zeid]: "Sei apostolo. Fa' come Dio disse a te. Prendi mia moglie". Per dirla dall'inizio, disse [Maometto] a lui: "Dio mi comandò affinché tu ripudi tua moglie". Lui la ripudiò. E dopo molti giorni disse: "Dio comandò che io prenda lei". Dopo averla presa e aver commesso adulterio pose questa legge: "Chi vuole ripudi sua moglie. Se poi dopo aver ripudiato lei volesse tornare a lei, un altro la sposi. Non è lecito infatti prenderla se non sposò [prima] un altro. Se poi anche il fratello la ripudia, la sposi il fratello che vuole" (cf. Corano 2,227-229). Nella stessa scrittura annuncia tali cose: "Lavora la terra che Dio ti ha dato e amala (cf. Corano 2,223), e fa' così e cosà", per non dire come lui tutte le oscenità.[21] Ancora, c'è lo scritto del Cammello di Dio [...].[22] » (Giovanni Damasceno, Sulle eresie) |
Apologetica cristiana
L'occupazione islamica impose un trattamento particolarmente iniquo ai cristiani sottomessi rispetto ai dominatori islamici (cf. il Patto di Omar). Lungo i secoli si verificarono così continue defezioni dalla religione cristiana e diversi scrittori cristiani composero opere apologetiche con lo scopo di mantenere salda la fede in Cristo. Tra questi si segnalano Timoteo I, Abu Qurra, Abu Ra'ita Habib ibn Hudayfa al-Takriti, Ammar al Basri, Ibrahim al-Tabarani, e soprattutto al-Kindi (Abd al-Masih ibn Ishaq al-Kindi, da non confondere col filosofo islamico Abu Yusuf Ya'qub ibn Ishaq al-Sabbah al-Kindi).
Papi e magistero
Papa Martino I (649-655) sembra aver tentato un approccio dialogico con l'Islam. Le dinamiche non sono chiare e vanno contestualizzate nel panorama religioso dell'epoca. L'eresia monotelista era stata condannata dal Sinodo Lateranense (649), voluto dallo stesso papa, ma l'imperatore bizantino Costante II (641-668) continuava a sostenerla. Costante ordinò di arrestare il papa, che fu deportato prima a Costantinopoli e quindi esiliato a Cherson, in Crimea, dove morì. L'accusa mossagli è stata quella di aver cospirato coi saraceni contro l'imperatore, ma il papa negò (inutilmente) le accuse:[23]
« | Non ho mai inviato lettere ai saraceni, e nemmeno un testo ["tomo"] come credono [coloro che mi accusano], e nemmeno ho inviato denaro, eccetto quello per i servi di Dio diretti a quel luogo per fare elemosina, e quel poco loro dato non l'abbiamo per niente dato ai saraceni » |
Il presunto "tomo" papale rivolto ai saraceni, se esistito, può essere stato "un tentativo di comunicazione coi musulmani in un'era in cui credenze e pratiche musulmane erano credute in divenire, e dunque malleabili. Forse alcuni credevano che non ci fosse un gap incolmabile tra cristiani e musulmani. Non è chiaro se le presunte relazioni di Martino fossero coi musulmani in oriente, o nel nord-Africa, o con entrambi. La spiegazione può essere più complessa. Martino I è stato accusato di aver intrapreso un qualche contatto coi musulmani, e più specificatamente di aver attuato un qualche tipo di transizione finanziaria con loro. È possibile che abbia cercato di comunicare con chierici cristiani in aree sotto il dominio musulmano e che abbia tentato di fornire aiuto finanziario a questi chierici, per assistere i cristiani che vivevano in condizioni disperate in queste aree [...]. Sebbene queste attività (e il reale svolgimento dei fatti rimane poco chiaro) fossero a fin di bene, strettamente parlando possono aver implicato pagamenti o accordi con le autorità musulmane".[24]
In epoca contemporanea il testo ecclesiale sull'Islam più rilevante è contenuto nella dichiarazione conciliare Nostra Aetate (1965):
« | 3. La Chiesa guarda anche con stima i musulmani che adorano l'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomettersi con tutto il cuore ai decreti di Dio anche nascosti, come vi si è sottomesso anche Abramo, a cui la fede islamica volentieri si riferisce. Benché essi non riconoscano Gesù come Dio, lo venerano tuttavia come profeta; onorano la sua madre vergine, Maria, e talvolta pure la invocano con devozione. Inoltre attendono il giorno del giudizio, quando Dio retribuirà tutti gli uomini risuscitati. Così pure hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio, soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno.
Se, nel corso dei secoli, non pochi dissensi e inimicizie sono sorte tra cristiani e musulmani, il sacro Concilio esorta tutti a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, nonché a difendere e promuovere insieme per tutti gli uomini la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà » (Nostra Aetate 3) |
Elementi comuni
L'Islam, fondato da Maometto circa 600 anni dopo il cristianesimo, ha con esso alcuni punti in comune, sulla base della stessa radice monoteista propria anche dell'ebraismo. Il Concilio Vaticano II identifica questi elementi comuni (cf. NA 3):
- l'adorazione "dell'unico Dio, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra";[25]
- la credenza nella rivelazione di Dio agli uomini, testimoniata nella Bibbia e, per l'Islam, giunta a compimento nel Corano;
- la sottomissione ai comandamenti divini;
- la comune figliolanza (spirituale) in Abramo;
- la venerazione di Gesù, considerato dall'Islam come un profeta (ma non Dio);
- l'onore attribuito a Maria, che ha concepito verginalmente Gesù;
- la credenza nel giorno del giudizio e nella risurrezione dai morti, con paradiso e inferno;
- la stima per preghiera, elemosina e digiuno.
Differenze teologiche
Rivelazione
Nell'Islam, come anche nel Cristianesimo e nell'Ebraismo, è presente il concetto di rivelazione, per il quale Dio ha comunicato agli uomini determinate informazioni che questi, per la loro limitata natura, non potrebbero conoscere.
Secondo il cattolicesimo, la rivelazione (cf. CCC 50-100) è basata principalmente sulla scrittura (Antico Testamento e Nuovo Testamento) ispirata dallo Spirito Santo, sulla tradizione (in particolare gli insegnamenti dei padri della Chiesa) e sul magistero (in particolare concili e pronunciamenti pontifici). La rivelazione ha raggiunto il suo apice nella vita e predicazione di Gesù: "Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, è la Parola unica, perfetta e definitiva del Padre, il quale in lui dice tutto, e non ci sarà altra parola che quella" (CCC 65; cf anche 102, Eb 1,1-2 ; 2Cor 11,4 ss.). Il ruolo della tradizione e del magistero dunque non è quello di un ampliamento estensivo della rivelazione, ma di un approfondimento ed esplicitazione dei dati già rivelati nella scrittura. In particolare, la natura composita della scrittura, che è anche parola di uomini e può occasionalmente contenere discordanze o errori, oltre al fatto che può talvolta contenere in maniera implicita le verità di fede, portano la tradizione e il magistero a considerare necessaria una certa interpretazione della Bibbia (cf. anche 2Pt 1,20 ), che dunque non deve necessariamente essere presa alla lettera in ogni sua affermazione (fondamentalismo) ma interpretata correttamente e prudentemente (cf. CCC 115-119).
Secondo l'Islam, la rivelazione consiste nel libro del Corano (القرآن, al-qurʾàn, lett. "lettura, proclamazione") dettato da Dio (tramite l'angelo Gabriele) a Maometto, che a sua volta lo dettò a uno scriba in quanto analfabeta. Il Corano rappresenta il compimento della rivelazione iniziata con la Toràh (توراة Tauràt) di Mosè (che indica in senso esteso l'intero AT) e il Vangelo (إنجيل Ingîl) di Gesù (che indica l'intero NT).
« | 3. Ha fatto scendere su di te il libro con la verità [il Corano], a conferma di ciò che era prima di esso. E fece scendere la Toràh e l'Ingîl 4. in precedenza, come guida per le genti [...] 7. È lui che ha fatto scendere il Libro su di te » (Corano 3,3-4.7) |
L'Islam dunque accetta i testi dell'AT e del NT come propedeutici alla rivelazione definitiva del Corano. Tuttavia, in particolare quanto al Vangelo, secondo l'Islam i testi che ci sono pervenuti non corrispondono effettivamente al messaggio predicato da Gesù, in quanto manipolati o fraintesi dai cristiani:
« | [Allah disse:] 13. Ma essi [i figli di Israele] ruppero l'alleanza e noi li maledicemmo e indurimmo i loro cuori: stravolgono il senso delle parole e dimenticano gran parte di quello che è stato loro rivelato. Non cesserai di scoprire tradimenti da parte loro, eccetto alcuni. Sii indulgente con loro e dimentica. Allah ama i magnanimi. 14. Con coloro che dicono: "Siamo cristiani", stipulammo un patto. Ma dimenticarono una parte di quello che era stato loro ricordato [...]. 15. O gente della scrittura [ebrei e cristiani], ora è giunto a voi il nostro messaggero, per spiegarvi molte cose della scrittura che voi nascondevate e per abrogarne molte altre! Una luce e un libro chiaro vi son giunti da Allah » (Corano 5,13-15) |
Un chiaro esempio della presunta distorsione operata dai cristiani può essere trovato nella profezia del paraclito. Nel vangelo (Gv 14,16.26;15,26;16,7 ) Gesù ha promesso un paraclito (παράκλητος, parákletos, lett. "chiamato vicino, avvocato, aiutante"), identificato nello stesso NT con lo Spirito Santo effuso nella Pentecoste (Gv 14,26;15,26 ; At 2 ). Invece l'interpretazione islamica vede nel "paraclito" preannunciato da Gesù la figura di Maometto. La profezia sarebbe implicitamente contenuta nel Corano: "[Allah] disse: [...] coloro che seguono il messaggero, il profeta illetterato che trovano chiaramente menzionato nella Torâh e nell'Ingil [...]" (Corano 7,157); "Gesù disse: [... Sono inviato] per annunciarvi un messaggero che verrà dopo di me, il cui nome sarà Ahmad [variante di Muhammad]" (Corano 61,6). In seguito Ibn Ishaq (m. ca. 770), il più autorevole biografo antico di Maometto, nella sua vita sul profeta (Sirat rasul Allah) commentando Gv ha esplicitato che "Muhammad [Maometto] è al-Manhamannà in siriaco, e in greco è al-baraqlitis [traslitterazione araba di paraclito]".[26] In realtà il biografo ha fatto confusione (o ipotizzato una corruzione cristiana) tra il termine παράκλητος (il paraclito giovanneo) con περικλυτός (periklitós), "famoso, illustre",[27] che effettivamente corrisponde etimologicamente al nome Muhammad (dalla radice trilittera ح م د HMD, "lodare, esaltare").[28]
Quanto al Corano, che costituisce la rivelazione vera e propria, esso è caratterizzato da un diretto legame con Dio, molto più forte e immediato di quello ammesso dalla tradizione cristiana per la Bibbia. Per esso non si parla di ispirazione ma di una vera e propria "discesa" (تنزيل tanzìl) da Dio verso gli uomini. L'interpretazione allegorica, legittimo lavoro degli esegeti della Bibbia cristiani, non è consigliabile per il Corano sulla base di un suo stesso passo:
« | Esso [il Corano] contiene versetti espliciti, che sono la Madre del libro, e altri che si prestano ad interpretazioni diverse. Coloro che hanno una malattia nel cuore, che cercano la discordia e la [scorretta] interpretazione, seguono quello che è allegorico, mentre solo Allah ne conosce il significato. Coloro che sono radicati nella scienza dicono: "Noi crediamo: tutto viene dal nostro Signore". Ma i soli a ricordarsene sempre, sono i dotati di intelletto » (Corano 3,7) |
La lettura immediata del Corano, che non abbisogna di un qualche magistero autorevole per la sua interpretazione, può predisporre in una certa misura al fondamentalismo.
Dopo i testi biblici e il Corano, un terzo elemento proprio della rivelazione islamica è la la Sunna, composta da diversi detti attribuiti a Maometto o ai suoi primi compagni. Tra le varie raccolte di detti le più autorevoli sono quelle di Bukhari e Muslim, che hanno entrambi titolato i loro lavori Sahìh, "autorevole, genuino".
Cristologia
Sulla base del Corano i seguaci dell'Islam onorano la figura di Gesù (عيسى ʿIsà). L'Islam crede nel suo concepimento virginale da Maria, definita appunto al-Batùl, "la vergine" (3,47; 19,20; 21,91; 66,12). Gesù è un grande profeta di Dio (ﺭﺴﻮﻝ الله rasùl Allah, 3,157; 61,6; 6,85), ma la sua natura divina viene fermamente rifiutata assicurando ai cristiani la dannazione eterna:
« | 171. O Gente della scrittura, non eccedete nella vostra religione e non dite su Allah altro che la verità. Il Messia Gesù, figlio di Maria non è altro che un messaggero di Allah, una sua parola che egli pose in Maria, uno spirito da lui [proveniente]. Credete dunque in Allah e nei suoi messaggeri » (Corano 4,171) |
« | 72. Sono certamente miscredenti quelli che dicono: "Allah è il Messia, figlio di Maria!". Mentre il Messia disse: "O Figli di Israele, adorate Allah, mio Signore e vostro Signore". Quanto a chi attribuisce consimili ad Allah, Allah gli preclude il paradiso, il suo rifugio sarà il fuoco. Gli ingiusti non avranno chi li soccorra! [...] 75. Il Messia, figlio di Maria, non era che un messaggero. Altri messaggeri erano venuti prima di lui, e sua madre era una veridica. Eppure entrambi mangiavano cibo » (Corano 5,72-75) |
Gesù ha compiuto miracoli "col permesso di Allah" (5,110), cosa che non fu concessa a Maometto. Non fu Gesù a essere crocifisso e morire in croce ("qualcuno fu reso ai loro occhi simile a Lui", 4,157). Ascese al cielo (3,55) senza risorgere ("Iddio lo innalzò a sé", 4,158). In base al versetto «Egli non è che un Presagio per l'Ora» (43,61), Gesù sarebbe destinato a tornare nel mondo, come Mahdi, prima del giorno del Giudizio, apparendo all'altezza del minareto cosiddetto "di ʿĪsā" nella Moschea degli Omayyadi di Damasco. Il suo fine di combattere e sconfiggere il Dajjal sarà coronato da successo ed egli potrà avviare quindi un quarantennio di perfetta vita islamica sulla Terra, prima di morire, infine, di morte naturale ed essere sepolto a Medina, risorgendo subito dopo, nell'apocalittico Yawm al-dīn per il definitivo giudizio divino.[29] La necessità della sua morte sembra d'altronde coerente con l'assioma per cui a nessun uomo è concessa l'immortalità, tanto anche Maometto dovette morire nel 632.
Alcuni commentatori del Corano (tra cui Zamakhsharî e Baydâwî)[30] sostengono che uno degli apostoli (magari Pietro) si sia offerto come "sostituto" per il maestro, nella speranza di ottenere il paradiso come ricompensa. Tra le altre ipotesi avanzate circa l'identità del sostituto: Simone di Cirene,[31] Giuda Iscariota[32], Satana, un soldato romano di nome Titanus, o un altro sconosciuto.
Unicità e Trinità di Dio
Cristiani e islamici hanno in comune la credenza in un solo Dio. La fede cristiana però riconosce la divinità di Gesù (Gv 1,1 et al.) e considera Dio uno e trino (Padre, Figlio, Spirito Santo, cf. Mt 28,19 ; 2Cor 13,13 ), mentre la concezione islamica è più monolitica. Al monoteismo (توحيد tawhìd) è in particolare dedicata una breve sura coranica che rigetta implicitamente il "generato non creato, consustanziale al Padre" proprio della fede cristiana:
« | 1. Di': Egli Allah è Unico, 2. Allah è l'Assoluto. 3. Non ha generato, non è stato generato 4. e nessuno è eguale a lui » (Corano 112) |
Altri passi rifiutano fermamente la divinità di Gesù (cf. sopra) e il dogma trinitario:
« | 171. [...] Non dite "Tre", smettete! Sarà meglio per voi. Invero Allah è un dio unico. Avrebbe un figlio? Gloria a Lui! A Lui appartiene tutto quello che è nei cieli e tutto quello che è sulla terra. Allah è sufficiente come garante » (Corano 4,171) |
« | 73. Sono certamente miscredenti quelli che dicono: "In verità Allah è il terzo di tre". Mentre non c'è dio all'infuori del Dio unico! E se non cessano il loro dire, un castigo doloroso giungerà ai miscredenti » (Corano 5,73) |
Nell'Islam viene negata anche la divinità dello Spirito Santo, che andrebbe invece identificato con l'angelo Gabriele, sulla base di un'implicita affermazione coranica: "Le inviammo [a Maria nell'annunciazione] il nostro Spirito che assunse le sembianze di un uomo perfetto" (Corano 19,17). Un detto successivo afferma implicitamente l'identificazione: "Gabriele, l'inviato di Allah, è tra noi e lo Spirito Santo non ha pari" (Muslim 1136).
Altre differenze
Altre principali differenze di tipo dottrinale e teologico sono:
- mancanza di dogmi e misteri;
- mancanza di strutture gerarchiche e intermediari tra uomo e Dio: "Non esistendo nel mondo islamico un'istituzione sopranazionale la cui autorevolezza è accolta da tutti unitariamente come risolutiva e vincolante, il ruolo delle diverse e pur prestigiose scuole antiche o contemporanee viene ridotto al rango di interpreti e di guide di tipo nazionale o locale" (Discernimento cristiano sull'Islam, CE Siciliana);
- mancanza di riti sacramentali.
Condizione della donna
Per approfondire, vedi le voci Condizione della donna nell'Islam e Matrimonio islamico |
Complessivamente, sotto diversi aspetti, la condizione della donna nell'Islam rimanda a una "antropologia culturale e religiosa profondamente diversa" da quella cristiana (CEI, 2005, I matrimoni tra cattolici e musulmani in Italia, 4). Sebbene alcuni accenni del Corano rimandano a una posizione formalmente paritaria, sono diversi gli elementi che portano a pensare a una posizione svantaggiata della donna nell'islam:
- secondo numerosi detti, la maggior parte delle persone dannate nell'eternità sono donne, a causa della loro mancanza di fede, intelletto e gratitudine verso i mariti;
- le donne non sono incoraggiate a partecipare alla preghiera pubblica nella moschea, e quando lo fanno la loro posizione fisica è separata e subalterna all'assemblea maschile;
- dal punto di vista giuridico la loro posizione è dimezzata rispetto agli uomini quanto alla testimonianza legale e all'eredità;
- numerosi elementi disparitari sono ravvisabili nel diritto matrimoniale islamico;
- in molti paesi africani esiste la prassi della mutilazione genitale femminile, debolmente suffragata da un detto di Maometto;
- le donne hanno l'obbligo di portare il velo.
Schiavitù
Per approfondire, vedi la voce Schiavitù nell'Islam |
La schiavitù nell'Islam è legittimata da diversi passi del Corano (attento in particolare a normare la schiavitù sessuale femminile), dalla prassi di Maometto e dei primi musulmani, e dalla secolare tradizione islamica. Possono essere ridotti in schiavitù solo i non musulmani, e mantengono (come negli altri sistemi sociali e culturali schiavistici) un ruolo marginale nella società.
Nella prima fase dell'espansione islamica araba gli schiavi provenivano dalle popolazioni conquistate. La stasi delle armate di terra nell'VIII secolo non ha fermato la deportazione di schiavi che venivano razziati dai territori cristiani del sud Europa, dall'Asia centrale e soprattutto dall'Africa sub-sahariana e orientale. Nel solo periodo 1530-1780 i cristiani ridotti in schiavitù da pirati con scorrerie costiere e con abbordaggi in mare aperto sono stimabili in 1-1,25 milioni. Tra il 650 e il 1900, il numero degli africani schiavizzati da mercanti islamici è stimabile (con larga approssimazione) tra 11-18 milioni di persone, cifra pari o superiore alle stime della ben più nota tratta atlantica "cristiana" (7-12 milioni).
In epoca contemporanea, nelle nazioni islamiche la schiavitù è gradualmente venuta meno per imposizione delle potenze occidentali.
Guerra santa
Per approfondire, vedi la voce Jihad |
La jihad è un elemento centrale nell'Islam. Nella sostanza, corrisponde alla guerra santa, combattuta dagli islamici contro gli infedeli per diffondere la religione di Allah e "fare terrore sui suoi nemici". Ogni maschio musulmano ha l'obbligo di aderirvi, e ha un valore religioso e morale superiore alla preghiera.
« | Combattete coloro che non credono in Allah e nell'ultimo giorno, che non vietano quello che Allah e il suo messaggero hanno vietato, e quelli tra la gente della scrittura [ebrei e cristiani] che non scelgono la religione della verità, finché non versino umilmente il tributo e siano soggiogati » (Corano 9,29) |
« | Il messaggero di Allah disse: "Certamente, le porte del paradiso sono all'ombra delle spade". Un uomo in condizione umile sorse e disse: "AbuMusa, hai sentito il messaggero di Allah dire questo?". Disse: "Sì". Ritornò dai suoi amici e disse: "Addio". Quindi ruppe la custodia della sua spada, la gettò via e avanzò con la spada contro i nemici combattendoli, finché fu ucciso" » (Muslim 882) |
I musulmani moderati contemporanei la intendono come doverosa solo per la primitiva comunità islamica situata nell'Arabia politeista, intendendola in chiave difensiva, ma non è stata questa l'interpretazione prevalente lungo i secoli e quella attuale dei musulmani fondamentalisti.
Negli ultimi anni in alcune zone del mondo a maggioranza islamica (in particolare Egitto, Nigeria, Iraq) le comunità cristiane sono state oggetto di numerosi attentati, attacchi e vessazioni da parte di estremisti islamici.
Libertà religiosa
Per approfondire, vedi la voce Libertà religiosa nell'Islam |
La libertà religiosa nell'Islam è fortemente vincolata sotto diversi aspetti:
- se da un lato è lasciata libera l'adesione all'Islam (basta recitare la shahada, "confesso che non c'è dio se non Allàh e Maometto è il profeta di Allàh"), i musulmani che scelgono di abbandonare l'Islam (apostasia) sono punibili con la morte;
- i popoli non musulmani ("popolo del libro") che sono stati conquistati dall'Islam con la jihad sono liberi di scegliere tra la conversione all'Islam, la morte, la schiavitù o la condizione di dhimmi. Questa è caratterizzata da una lunga serie di limitazioni religiose e sociali (cf. Patto di Omar); prevede una protezione da parte dello stato islamico; impone ai protetti il pagamento di una tassa (jizya) che rappresenta un deterrente economico al mantenimento della fede non musulmana;
- la protezione che lo stato islamico ha il dovere di garantire ai dhimmi, lungo i secoli è spesso venuta meno, sfociando anzi in vere e proprie persecuzioni e genocidi dei "protetti", che è verosimile siano stati vittime di quotidiane e continue vessazioni e violenze che non hanno lasciato traccia nella storia;
- l'espressione delle proprie idee personali religiose è vincolata al reato di blasfemia (o bestemmia), punibile anche con la pena capitale, ma la cui definizione e applicazione pratica è arbitrio dei legislatori islamici.
Diritti umani
Per approfondire, vedi la voce Diritti umani nell'Islam |
La concezione dei diritti umani nell'Islam risente del fatto che l'antropologia e la morale islamica sottese e derivate dalla sharia sono diverse, sotto molti elementi (condizione femminile, schiavitù, guerra, libertà religiosa), da quelle proprie della tradizione cristiana e dunque occidentale, che si basano su principi universali paritari (cf. Gal 3,28 ). La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (Nazioni Unite, 1948) è dunque rifiutata da nazioni e pensatori islamici, che hanno proceduto all'elaborazione di diverse dichiarazioni dei diritti dell'uomo in accordo con la sharia.
Note | |
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