Immagine di Dio
« | Essendo ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignità di persona; non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. È capace di conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in comunione con altre persone; è chiamato, per grazia, ad un'alleanza con il suo Creatore, a dargli una risposta di fede e di amore che nessun altro può dare in sua sostituzione. » | |
« | È in Cristo, "immagine del Dio invisibile" (Col 1,15 ; cfr. 2Cor 4,4 ), che l'uomo è stato creato ad "immagine e somiglianza" del Creatore. È in Cristo, Redentore e Salvatore, che l'immagine divina, deformata nell'uomo dal primo peccato, è stata restaurata nella sua bellezza originale e nobilitata dalla grazia di Dio. » | |
(Ibid. 1701)
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Con l'espressione immagine di Dio si intende la caratteristica propria dell'uomo che lo distingue dal resto del creato: egli è costituito ad immagine e somiglianza di Dio.
Nell'Antico Testamento
Sono pochi i passi dell'Antico Testamento in cui compare il tema dell'immagine di Dio: Gen 1,26-27; 5,1.3; 9,6 ; Sal 8 ; Sir 17,1-3 ; Sap 2,23 .
Genesi 1
Il testo chiave è Gen 1,26-27 :
« | Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza. [..] E Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò. » |
Questo testo, che appartiene alla tradizione sacerdotale, vede l'uomo come il vertice di tutta la creazione, in una gerarchia piramidale in cui l'uomo rappresenta il culmine dell'universo materiale e il mediatore nei confronti del creatore, Dio.
I termini usati, immagine e somiglianza, indicano due concetti simili ma diversi.
- Il termine immagine indica una rappresentazione, una statua, ed ha quindi una connotazione piuttosto materiale; indica una somiglianza quasi fisica con Dio, che tocca la realtà dell'uomo, corpo e anima; Nella sua globalità l'uomo è "simulacro" di Dio, quasi una sua presenza visibile nel mondo.
- Il termine somiglianza sta ad indicare invece la corrispondenza tra il modello e la copia; la somiglianza è ciò per cui l'immagine corrisponde esattamente all'originale.
Il testo non dice che l'uomo è immagine di Dio, ma che è stato creato ad immagine di Dio. Questo è particolarmente importante in riferimento alle religioni circostanti Israele, soprattutto alle religioni dell'Egitto e della Mesopotamia, che vedevano negli uomini dei discendenti immediati degli dei, come il faraone che era considerato una divinità. Per la Bibbia invece ogni volta che Dio pone una creatura nell'esistenza la crea come altro da sé, come suo interlocutore, la costituisce autonoma, rimanendo trascendente rispetto a tutte le sue creature, compreso l'uomo.
In che cosa consiste concretamente la somiglianza divina dell'uomo?
- Secondo un'interpretazione comune essa non può essere ridotta alla sola dimensione spirituale, come se esso fosse simile a Dio per la sua intelligenza, o per le sue qualità di volontà e di autocoscienza. Il libro della Genesi non vuole definire l'uomo nella sua essenza, ma vuole indicare nell'uomo il rappresentante di Dio nel mondo, chiamato a compiere un ruolo di tutela e di difesa del dominio di Dio su tutta la terra. Quindi più che un discorso ontologico, Gen 1,26 si riferisce all'uomo come rappresentante di Dio sulla terra nell'azione concreta che deve svolgere:.l'uomo è proiettato più nella prospettiva del suo agire che in quella del suo essere.
- Un'altra interpretazione è quella sostenuta da Claus Westermann e da Karl Barth. Essi sostengono che l'immagine di Dio esprime una qualificazione dell'essere umano in quanto tale, della sua natura, che appartiene ad ogni uomo. Tutti gli uomini, in quanto immagine di Dio, sono relazionati a Lui, ed in questa loro relazionalità si individua la loro dignità e la loro somiglianza con Dio.
Le due interpretazioni non si oppongono e non si escludono a vicenda: possono essere composte in una complementarietà reciproca, ma è da sottolineare che il collegamento tra l'immagine di Dio e la funzione che l'uomo svolge nell'universo è ripetutamente ripresa dal Magistero anche recente della Chiesa.
La somiglianza con Dio non viene perduta con il peccato (Gen 5,1 ).
Il Salmo 8
Il Salmo 8 rappresenta un'altra testimonianza biblica che si colloca nel solco della tradizione sacerdotale che abbiamo già vista in Gen 1 .
Il salmista esprime da una parte la sua meraviglia di fronte allo splendore del cielo stellato e della bellezza del creato, nel quale risplende la gloria di Dio, e per una altro verso rimane colpito dalla miseria morale e dall'insignificanza fisica dell'uomo.
Eppure proprio di quest'uomo piccolo e fragile Dio si prende cura, perché esso è partecipe della gloria e dell'onore di Dio stesso, ed in dignità è sullo stesso piano degli angeli.
Ora, gloria e onore sono attributi divini: essi indicano nel linguaggio biblico la potenza con la quale Dio schiaccia i suoi nemici, e rappresentano altresì la bellezza che attira e conquista colui al quale Dio si rivela. Se la gloria e l'onore, attributi propri di Dio, vengono partecipati anche all'uomo, ciò significa che egli manifesta e rivela la presenza di Dio nel mondo. Sant'Ireneo giungerà a dire: "L'uomo vivente è la gloria di Dio".
Nella Sapienza
Il passo di Sap 2,23 non interpreta l'immagine divina nell'uomo in rapporto alla funzione che esso è chiamato a svolgere nell'universo creato, ma la collega direttamente alla partecipazione alla vita di Dio. In altre parole, qui l'uomo è immagine di Dio.
Dio ha poi creato l'uomo perché fosse immortale, e in ciò lo ha fatto ad immagine del suo essere divino.
Alla riflessione del Libro della Sapienza può essere collegato il giudaismo alessandrino[1]: esso distingue due creazioni secondo i due racconti della Genesi, ed afferma che solo l'uomo celeste è creato secondo l'immagine di Dio, mentre l'uomo terrestre è tratto dalla polvere. Questa speculazione sui due Adamo sarà ripresa e trasformata da San Paolo in 1Cor 15 .
Nel Nuovo Testamento
Nel Nuovo Testamento due testi rimangono allineati con la riflessione veterotestamentaria che abbiamo esaminato fin qui:
- la lettera di Giacomo (3,9) collega il tema dell'immagine di Dio ai peccati commessi con la lingua: non si può maledire l'uomo creato ad immagine di Dio con la stessa lingua con la quale si benedice Dio, il Signore.
- 1Cor 11,7 afferma che l'uomo non deve coprirsi il capo nelle assemblee liturgiche perché è immagine e gloria di Dio.
Il comando di Cristo, "Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste" (Mt 5,48 ) rappresenta una conseguenza ed una esigenza della dottrina dell'uomo immagine di Dio. Lo stesso vale per una frase attribuita a Gesù e riferita da Clemente Alessandrino: "Vedere il tuo fratello è vedere Dio"[2].
In San Paolo
Ma il Nuovo Testamento riprende il tema che stiamo approfondendo soprattutto in riferimento a Cristo, perfetta immagine di Dio. È soprattutto San Paolo ad approfondire questo tema, e lo fa in numerosi testi che possiamo raggruppare attorno alle seguenti affermazioni:
- Cristo è immagine perfetta di Dio: 2Cor 4,4 ; Col 1,15 ;
- il cristiano diventa immagine di Cristo: Rm 8,29 ; 1Cor 15,49 ; 2Cor 3,18 ;
- il cristiano in Cristo diventa immagine di Dio: Col 3,10 .
Questi passi si trovano in contesti diversi. In essi si nota una ripresa dei motivi veterotestamentari, ma con una novità fondamentale: ormai non è più l'uomo che viene focalizzato come immagine di Dio, ma l'attenzione è centrata su Gesù Cristo, vera e definitiva immagine di Dio. L'uomo in tanto è immagine di Dio, in quanto è immagine di Cristo.
Nell'insegnamento paolino possiamo cogliere quattro sottolineature:
- Un aspetto cristologico. Cristo è immagine di Dio, perché Figlio del Padre, generato dal Padre, della stessa sostanza del Padre. L'uomo invece è immagine perché creato e figlio adottivo, in Cristo, del Padre.
- Un aspetto soteriologico. La somiglianza dell'uomo con Dio è mediata dalla somiglianza dell'uomo con Cristo. Quanto più l'uomo assomiglia a Cristo e quanto più il peccatore viene giustificato e redento, tanto più egli diventa somigliante con Cristo, elevato alla sua gloria. È la salvezza che conforma l'uomo alla vera immagine di Dio che è Cristo.
- Un aspetto etico. Ogni uomo è predestinato da Dio a diventare conforme all'immagine del Figlio suo, Gesù Cristo, mediante un esercizio delle virtù che porta ad un rinnovamento interiore. L'uomo è immagine perché diviene immagine.
- Un aspetto escatologico. Il divenire simile a Cristo dura tutta la vita, in un percorso progressivo e graduale e di imitazione, di assimilazione a Cristo, ma questa somiglianza raggiungerà la sua dimensione piena e matura solo con la risurrezione dei morti. Allora Cristo "trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso" (Fil 3,21 ).
Come nella prima creazione Adamo è immagine di Dio, autore della creazione, così nella seconda creazione, cioè nella redenzione, il giustificato è immagine dell'autore della redenzione, Gesù Cristo. Come ogni antenato trasmette le sue virtù e i suoi limiti ai discendenti, così i figli di Adamo portano l'immagine del loro padre, mentre i discendenti di Cristo portano l'immagine di Cristo.
Gli eletti sono chiamati a divenire conformi al modello divino non solo nell'anima, ma nell'intera umanità, perché anche i corpi risuscitati saranno immagine dell'umanità di Cristo risorto.
Il cristiano viene configurato a Cristo, grazie all'opera dello Spirito Santo, autore di questa rigenerazione profonda dell'uomo. Nella nostra vita mortale, lo Spirito ci concede già le primizie di questa configurazione a Cristo, ed infonde nei cristiani lo spirito di figli. Già ora lo Spirito opera perché attraverso le tribolazioni del mondo presente si realizzi il passaggio dalla carne allo spirito, e i credenti diventino sempre più immagine del Figlio di Dio, avendo parte con Lui al Regno che si estende progressivamente fino agli estremi confini della terra.
Nei Padri della Chiesa
Nonostante la sobrietà dei testi biblici, i Padri della Chiesa hanno dato ampio risalto e profondo sviluppo alla tematica dell'immagine di Dio nell'uomo.
Per comprendere la teologia patristica dell'immagine di Dio dobbiamo ricordare che essa si sviluppa non in trattati speculativi di teologia, ma nella catechesi alle comunità cristiane e nella predicazione liturgica; tale predicazione, poi, è sempre in confronto con la filosofia ellenistica, con la tarda teologia giudaica e con le religioni dell'antico Oriente.
La dottrina dell'immagine di Dio nei Padri della Chiesa si articola attorno alla relazione prototipo-copia, esempio-imitazione. Essa si presentava come il concetto chiave per stabilire un collegamento con l'ontologia platonica delle immagini, secondo la quale il mondo è una riproduzione graduale di modelli divini ed eterni ("idee"). Nella cultura ellenistica l'aspirazione religiosa mirava a salire dalle immagini caduche al modello divino ed eterno[3].
In che cosa l'uomo è immagine di Dio?
L'insegnamento dei Padri in relazione al tema può essere classificato in tre orientamenti fondamentali secondo la risposta che viene data a due gruppi di domande:
- Chi è l'originale, il modello? il Verbo (Logos), Cristo incarnato o la Trinità?
- Dov'è l'immagine dell'uomo, ossia chi è il reale portatore dell'immagine? l'anima o l'uomo nella sua interezza?
Vediamo le varie risposte:
- Se il prototipo dell'uomo è il Verbo invisibile prima della sua incarnazione, come per la tradizione alessandrina di ispirazione platonica (Clemente Alessandrino e Origene), allora la copia di esso è l'anima spirituale: la somiglianza con Dio si manifesta nello spirito umano, ossia nell'intelligenza e nella volontà, sviluppando le quali l'uomo cerca di raggiungere una più perfetta conformazione con l'originale. Per Atanasio, ad esempio, l'immagine è sempre e solo il Figlio, uguale al Padre nell'essenza e senza relazioni con il creato; l'uomo è solo "ad immagine".
- Se invece il prototipo è il Figlio di Dio fatto carne, come per la tradizione antiochena, di ispirazione aristotelica (Ireneo e Tertulliano), la copia del Verbo è l'uomo tutto intero nella sua unità di corpo e anima[4].
- Se il prototipo è la Trinità, come per Sant'Agostino, la copia è l'uomo nell'unità della sua natura e nella trinità delle sue potenze spirituali: memoria, intelligenza, volontà. Per Agostino tutte le cose rassomigliano a Dio in quanto creature, nelle quali Dio ha lasciato la sua impronta, ma solo nell'uomo Egli ha impresso la sua viva immagine. Qui il carattere di immagine viene riconosciuto solo all'anima spirituale dell'uomo]].
Al di là di questa classificazione delle diverse impostazioni riconoscibili nella teologia dei Padri della Chiesa, in tutti loro è presente una costante: l'immagine ricevuta con la nascita deve svilupparsi nell'uomo in una dinamica progressiva che lo porti a raggiungere una perfetta somiglianza con il suo modello, attraverso una vita improntata ad un comportamento virtuoso, secondo l'insegnamento del Vangelo.
La differenza tra immagine e somiglianza
I Padri si domandano anche se c'è una distinzione tra immagine e somiglianza, e, se sì, quale relazione intercorre tra i due termini.
In generale i Padri distinguono tra "immagine di Dio", che costituisce l'essenza creaturale dell'uomo, e "somiglianza" con Dio", che viene resa possibile solo mediante la congiunzione del modello divino con l'immagine umana nell'incarnazione del Figlio, e precisamente come conformazione a Cristo mediante la fede, il Battesimo e la sequela.
La visione storico-salvifica
Tutti i Padri condividono una visione storico-salvifica dell'immagine di Dio.
- Sant'Ireneo parla dell'infanzia spirituale dell'umanità, che dovrà svilupparsi nelle diverse epoche storiche successive fino ad una più completa maturità;
- Tertulliano predilige l'ottica psicologica del progresso costitutivo dell'uomo storico;
- Clemente Alessandrino parla da un punto di vista etico dell'assimilazione progressiva a Dio da parte dell'uomo, capace di acquistare le virtù.
È quindi all'interno della storia della salvezza che l'uomo tende a diventare, per quanto è possibile, sempre più somigliante al modello soprannaturale di Dio. La possibilità è un dato della natura, la realizzazione di questa perfezione è un dono dello Spirito Santo.
Nel Magistero
Il Concilio Vaticano II spiega l'immagine e la somiglianza di Dio come facoltà dell'uomo di riconoscere ed amare il creatore e di dominare su tutte le creature terrene a gloria di Dio[5]. Essa fu deturpata dal peccato e fu restituita agli uomini da Cristo[6].
Nella riflessione teologica odierna
La maggior parte dei teologi sono d'accordo nell'affermare che il tema dell'uomo come immagine di Dio rappresenta il nucleo centrale dell'antropologia teologica.
I rappresentanti della teologia dialettica tedesca, per esempio Barth e Bultmann, non condividono tale affermazione. Per essi Dio non può essere l'esemplare dell'uomo, perché Egli è il "totalmente altro" rispetto a tutto ciò che è creato.
Ma affermare che l'uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio corrisponde sicuramente al nucleo del messaggio biblico, e consente di interpretare tutta la vita spirituale cristiana come un processo di configurazione, di conformazione, di imitazione del modello assoluto che è Dio.
Considerazioni sistematiche
Immagine di Dio e natura umana
Quando nella Bibbia si parla dell'uomo, esso non viene mai considerato in se stesso, staccato da Dio: la Scrittura non parla mai dell'uomo in generale; l'uomo è sempre considerato in rapporto con Dio: un rapporto che può essere positivo, o negativo, di rifiuto.
L'uomo nell'Antico Testamento è sempre membro del popolo d'Israele, e perciò è sempre visto come un qualcosa di diverso dalle altre creature e dal mondo animale: l'uomo è concepito in vista di Dio, e quindi fondamentalmente diverso da tutto il mondo infraumano.
Solo nell'incontro con Dio l'uomo può trovare se stesso e un senso al suo esistere. La dignità umana non risiede in qualche qualità che l'uomo possegga, ma proprio nel fatto di essere oggetto dell'amore di Dio. Dio crea tutte le cose, ma con l'uomo stabilisce una relazione unica, di amore personale, diverso da tutte le altre creature: ed è questo che fa l'uomo grande.
L'uomo immagine di Dio è manifestazione e rivelazione di Dio in modo differente a tutte le altre creature, che esistono solo in un rapporto di dipendenza totale dal Creatore. L'uomo è un riflesso del mistero stesso di Dio e del suo amore.
La somiglianza dell'uomo con Dio non può essere distrutta dal peccato dell'uomo. Essa può essere deformata, quando l'uomo si chiude all'amore di Dio e rifiuta la relazione con Lui, producendo una menomazione nella sua stessa umanità, e creando come una frattura interiore. Proprio perché in lui l'immagine di Dio non è stata totalmente distrutta, l'uomo peccatore sperimenta l'inquietudine, finché essa in Cristo non venga restaurata. Il peccato di cui parla la Genesi diventa quindi negativamente una conferma della verità sull'uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio.
L'immagine di Dio nella socialità
L'uomo è e diventa immagine e somiglianza di Dio non soltanto in quanto individuo singolo, ma anche attraverso la comunione personale dell'uomo e della donna.
Il primo capitolo della Genesi esprime chiaramente questa realtà, laddove afferma che "Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina li creò". La duplice sessualità nella sua natura sociale, nell'orientamento al tu, nella comunionalità del noi, è immagine autentica di Dio nel mistero della sua Trinità.
Questa relazionalità risalta in modo particolare nel [[racconto jahvista della creazione|racconto jahvista (Gen 2 ), nel quale si conferma e si completa l'insegnamento sull'uomo visto nella sua singolarità e individualità (Gen. 1). È la reciprocità che spiega l'individualità, e, viceversa, l'individualità diventa comprensibile alla luce della reciprocità. Individualità e socialità sono due aspetti necessari e complementari della ricchezza del mistero dell'uomo. Per capire correttamente la natura relazionale dell'uomo bisogna riferirla al suo essere creato a somiglianza e ad immagine di Dio. L'uomo e la donna sono chiamati non solo ad esistere insieme l'uno accanto all'altra, ma ad esistere reciprocamente l'uno per l'altro in una comunione interpersonale.
Il Magistero recente della Chiesa, come l'enciclica Mulieris Dignitatem di Giovanni Paolo II, descrive la duplice sessualità uomo-donna evitando accuratamente il termine "complementarietà", per evitare il rischio di una dipendenza di uno nei confronti dell'altro, e preferendo parlare piuttosto dell'esigenza di un aiuto reciproco.
La relazionalità tra l'uomo e la donna si realizza correttamente nell'interazione tra due soggetti, che approfondisca e sviluppi la loro reciproca identità. L'uomo e la donna sono persone chiamate a costruire la loro personalità propria nel contesto di un rapporto, che è tanto più autentico, quanto più non solo rispetta ma approfondisce e arricchisce la singolarità di ciascuno.
Il Magistero del Concilio Vaticano II completa l'insegnamento sulla relazionalità uomo-donna con quello sulla socialità dell'uomo che si invera nella famiglia, nella Chiesa e nella società civile. Anche questa dimensione più ampia viene interpretata come un riverbero della comunione d'amore delle persone della Trinità. A Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, corrisponde come immagine somigliante una comunione tra uomini nella quale non si riconoscono né privilegi né sottomissioni. Una corretta antropologia sociale comunionale deve fondarsi sulla libertà e sul servizio reciproco.
Possiamo pensare che proprio l'oscuramento di una dottrina trinitaria evoluta nei suoi risvolti sociali abbia favorito nella nostra cultura lo sviluppo di un individualismo esasperato.
Immagine di Dio ed ecologia
Il tema dell'uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio ha un risvolto anche nei riguardi della problematica ecologica, la cui importanza e sensibilità è fortemente accresciuta nella cultura odierna.
Da parte di fautori di un'ecologia ideologica si accusa la tradizione cristiana di essere responsabile del saccheggio degli equilibri ambientali della terra, a causa di Gen 1,28 , che attribuirebbe all'uomo un dominio assoluto sulle risorse naturali del pianeta.
Ma la giusta interpretazione dell'insegnamento biblico non è certo quella che fa dell'uomo il signore arrogante e dispotico del creato, ma solo il suo custode e il suo amministratore. L'incarico ricevuto da Dio lo obbliga a collaborare con il disegno del Creatore, con la sua Volontà amorosa, non per distruggere ma per tutelare il creato e per portarlo alla pienezza del suo ordine, del suo significato.
L'atteggiamento del custodire non è esercizio di potere, ma deve nascere correttamente dalla lode e dalla riconoscenza. Si custodisce infatti qualcosa che è ritenuto bene prezioso. L'uomo è custode del creato, perché riconosce che si tratta di un dono dell'amore di Dio. Il potere dato all'uomo è solo secondario rispetto alla signoria che appartiene a Dio. L'uomo deve agire ad immagine e somiglianza dell'agire di Dio, il quale usa la sua potenza non per sfruttare ed opprimere, ma per proteggere e far crescere.
Note | ||||
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Bibliografia | ||||
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Voci correlate | ||||