Bartolomeo de Las Casas
Servo di Dio Bartolomeo de Las Casas, O.P. Vescovo | |
---|---|
al secolo Bartolomé de las Casas | |
Servo di Dio | |
Bartolomeo de Las Casas | |
Età alla morte | 91 anni |
Nascita | Siviglia 11 novembre 1474 |
Morte | Madrid 17 luglio 1566 |
Ordinazione presbiterale | 1510 |
Consacrazione vescovile | 30 marzo 1544 da mons. Jerónimo de Loayza |
Incarichi ricoperti | Vescovo di Chiapa |
Collegamenti esterni | |
(EN) Scheda su gcatholic.org (EN) Scheda su catholic-hierarchy.org Scheda su santiebeati.it |
|
Il Servo di Dio Bartolomeo de Las Casas, al secolo Bartolomé de las Casas (Siviglia, 11 novembre 1474; † Madrid, 17 luglio 1566) è stato un vescovo spagnolo, impegnato nella difesa dei nativi americani. Fu anche il primo vescovo nel Nuovo Mondo.
Biografia
Alcuni resoconti sostengono che Las Casas discendesse da una famiglia di conversi, ovvero di Ebrei costretti a convertirsi al Cristianesimo. Dopo essere stato encomendero, la lettura della Bibbia finì per metterlo in contrapposizione ai conquistadores, in difesa degli indios.[1]
Entrò nel 1515 nell'ordine domenicano, che si era già schierato a favore dei diritti degli indigeni (ad esempio con la figura di Antonio Montesinos) e iniziò la sua instancabile battaglia a favore degli indios: condannò senza eccezioni il colonialismo e l'espansionismo degli europei, viaggiò nelle terre americane e attraversò molte volte l'oceano per portare in Spagna le sue proteste.
Nei suoi testi, Las Casas ci presenta una puntuale descrizione delle qualità fisiche, morali e intellettuali degli indios, finalizzata alla difesa dell'umanità degli abitanti del nuovo mondo, contro la tesi della loro irrazionalità e bestialità avanzata da altri suoi contemporanei, soprattutto di cultura umanista. Celebri sono i dettagliati resoconti che egli diede delle vessazioni e delle atrocità compiute dai colonizzatori "cristiani"[2].
Il suo tentativo di creare una società coloniale pacifica in Venezuela nel 1520 fallì e la comunità venne massacrata da una rivolta indigena che, secondo alcuni critici, venne incitata dai vicini coloniali.
In uno dei suoi ritorni in Spagna, Las Casas fu protagonista del grande dibattito del 1550, voluto da Carlo V, che aveva convocato allo scopo la Giunta di Valladolid. Avversario di Las Casas era il rappresentante del pensiero colonialista, l'umanista Juan Ginés de Sepúlveda, che sosteneva che alcuni uomini sono servi per natura, che la guerra mossa contro di loro è conveniente e giusta a causa della gravità morale dei delitti di idolatria, dei peccati contro natura e dei sacrifici umani da loro commessi e che, infine, l'assoggettamento avrebbe favorito la loro conversione alla fede.
Las Casas si dichiara, invece, a favore di una pacifica conversione e afferma la naturale bontà degli indios ("senza malizia né doppiezza"), dando origine al cosiddetto mito del buon selvaggio. Il processo e le discussioni durarono ben cinque giorni.
I domenicani non appoggiarono nessuno dei due e il tribunale sembrava propendere per Sepulveda. La disputa si risolse in un nulla di fatto. Tuttavia, sotto la pressione di Las Casas e dell'Ordine Domenicano, qualcosa cominciò a cambiare. Morì nel 1566.
Opere
Gli scritti di Las Casas non hanno fini letterari ma documentali e di testimonianza. Anche per questo utilizzano un linguaggio lineare ed efficace non consueto nella prosa spagnola dell'epoca, che ha contribuito alla loro fortuna. L'obiettivo è denunciare le atrocità perpetrate contro gli Inca ed evidenziare le qualità positive di queste popolazioni: l'autore condanna la violenza e la cupidigia, ma non è certamente contrario a diffondere il Cristianesimo. Anzi, proprio dal cristianesimo Las Casas trae quella spinta universalistica e quell'idea dell'uguaglianza di tutti gli uomini che ne animano l'opera e che lo spingeranno a denunciare anche le violenze dei portoghesi in terra d'Africa.
Anche se il sistema dell'encomienda non poté venir totalmente smantellato, in quanto sostenuto dalle classi coloniali spagnole che da esso traevano profitto, gli scritti di Las Casas vennero tradotti e pubblicati in tutta Europa, influenzando ad esempio le opinioni del saggista Montaigne, contribuendo alla riflessione della Spagna su di sé e sulla propria storia e soprattutto - nei secoli successivi - alla presa di coscienza delle propria storia da parte dei popoli sudamericani colonizzati.
La fortuna di Las Casas come scrittore fu scarsissima in campo cattolico, ma suscitò grandi entusiasmi tra protestanti e illuministi. In effetti i suoi scritti divennero un formidabile strumento di propaganda che i nemici della Spagna colonialista ebbero da quel momento in poi a disposizione. I resoconti di Las Casas rappresentano naturalmente un elemento cardinale della "Leggenda nera" sulle atrocità coloniali spagnole.
Una diffusa letteratura anticattolica e antispagnola ha utilizzato e strumentalizzato l'opera di Las Casas pubblicata a Siviglia nel 1552, le cui denunce, impressionanti e unilaterali, si sono rivelate presto eccessive e inaffidabili, così da non poter essere utilizzate come fonti storiche esclusive e attendibili. Lo storico e ispanista Aldo Albònico osserva che "[...] lo scritto in questione è un pamphlet e, come tutti di libelli, impiega artifici retorici e gonfia i dati reali", ipotizzando "[...] che il suo autore fosse conscio di mentire", sia pure "a fin di bene"[3].
La Brevísima relación de la destrucción de las Indias
Nel 1542 l'imperatore Carlo V chiese al domenicano di redigere una sintesi dei memoriali che aveva presentato sulla situazione degli indios. L'opera venne pubblicata quello stesso anno, con il titolo Brevísima relación de la destrucción de las Indias, ebbe subito grande risonanza ed ebbe un'indubbia influenza sulla liberazione per legge degli indios, decretata dall'imperatore con le Leyes Nuevas (Leggi nuove) del 1542 - 43. L'applicazione della nuova legislazione fu tuttavia resa difficile dalla resistenza dei conquistadores, che arrivarono a uccidere i messi del re che cercavano di farla rispettare. In ogni caso, la condizione degli indigeni nei territori dominati dagli spagnoli risultò diversa da quella dei vicini territori portoghesi, dove la schiavitù rimase pienamente in vigore.
La Historia de las Indias
Las Casas fu autore anche della monumentale Historia de las Indias, cui lavorò per molti anni, fino al 1561, ma che fu pubblicata (parzialmente) solo nel 1875. Essa comincia non dalla spedizione di Cristoforo Colombo ma con l'azione creatrice di Dio. Egli rigetta, come teorico delle missioni, la costrizione nell'evangelizzazione e richiede in suo luogo la predicazione e la libera accettazione della fede. Egli fu profeta e missionario, un incorruttibile testimone del Vangelo, non piegato da insuccessi e fallimenti. Oggi il vescovo domenicano viene venerato come uno dei grandi antenati della teologia della liberazione latino-americana e un pioniere della difesa della dignità della persona umana.
Culto
Alla luce delle valutazioni moderne sul suo operato, i padri Domenicani della Curia Provinciale di Siviglia, hanno promosso la causa della sua beatificazione nell'anno 2000. La Chiesa Anglicana lo ha inserito nel catalogo dei santi al 20 luglio.
Genealogia episcopale e successione apostolica
- Vescovo Luis Cabeza de Vaca
- Arcivescovo Jerónimo de Loayza, O.P.
- Vescovo Bartolomé de las Casas
Predecessore: | Vescovo di Chiapa | Successore: | |
---|---|---|---|
Juan de Arteaga y Avendaño | 19 dicembre 1543-11 settembre 1550 | Tomás Casillas |
Note | ||||
| ||||
Fonti | ||||
| ||||
Bibliografia | ||||
| ||||
Collegamenti esterni | ||||
|
- Domenicani spagnoli
- Vescovi di Chiapa
- Presbiteri ordinati nel 1510
- Presbiteri spagnoli
- Presbiteri del XVI secolo
- Presbiteri per nome
- Vescovi consacrati nel 1544
- Vescovi spagnoli
- Vescovi del XVI secolo
- Vescovi per nome
- Tutti i Servi di Dio
- Servi di Dio spagnoli
- Servi di Dio del XVI secolo
- Biografie
- Nati nel 1474
- Nati l'11 novembre
- Nati nel XV secolo
- Morti nel 1566
- Morti il 17 luglio
- Famiglia domenicana