Basilica di Sant'Anastasia al Palatino (Roma)
Basilica di Sant'Anastasia al Palatino | |
Roma, Basilica di Sant'Anastasia al Palatino | |
Stato | Italia |
---|---|
Regione | Lazio |
Regione ecclesiastica |
Regione ecclesiastica Lazio |
Provincia | Roma |
Comune | Roma |
Diocesi |
Roma Vicariatus Urbis |
Religione | Cattolica |
Indirizzo |
Piazza Sant'Anastasia, 1 00186 Roma (RM) |
Telefono |
+39 06 6782980; +39 347 7576630 |
Posta elettronica | basilicasantanastasia@gmail.com |
Sito web | Sito ufficiale |
Oggetto tipo | Chiesa |
Oggetto qualificazione | basilicale |
Dedicazione | Sant'Anastasia di Sirmio |
Fondatore | Costantino |
Data fondazione | 325-326 |
Architetti |
Luigi Arrigucci (restauro del XVII secolo) Carlo Gimach (restauro dell'interno nel XVIII secolo) |
Stile architettonico | Barocco, neoclassico |
Inizio della costruzione | 325-326 |
Completamento | XIX secolo |
Strutture preesistenti | Portico, un'insula con botteghe (tabernae) e vestibolo del Lupercale |
Materiali | laterizi, pietra calcarea |
Marcatura | stemma di papa Urbano VIII |
Coordinate geografiche | |
Roma | |
La Basilica di Sant'Anastasia al Palatino è una chiesa di Roma, situata nel centro storico della città, nel rione Campitelli, alle pendici occidentali del colle Palatino, che sorge sull'omonima piazza, all'angolo tra via San Teodoro e via dei Cerchi: questa è una delle ventotto chiese titolari originarie dell'Urbe.
Storia
Dalle origini al Medioevo
La basilica fu costruita da Costantino intorno al 325-326 e secondo alcuni studiosi prese il nome da una sorella dell'imperatore stesso, Anastasia (281 - post 314), mentre per altri doveva essere intitolata al culto dell'anastasi (ossia resurrezione). Verso, comunque, la fine del V secolo fu probabilmente dedicata a sant'Anastasia di Sirmio, donna e martire romana del III secolo, come è documentato negli atti del sinodo del 499 dove la chiesa venne registrata con il titulus Anastasiae.
La chiesa fu innalzata alle pendici sudoccidentali del Palatino - colle sul quale sorgeva il palazzo imperiale - su preesistenti strutture romane:
- un portico, databile tra la fine dell'età repubblicana ed il VI secolo, e una poderosa costruzione adibita ad abitazioni (insula) con botteghe (tabernae) al piano terra, che si addossavano al Palatino e si rivolgevano verso il Circo Massimo;[1]
- i resti di un edificio risalente al I secolo, identificabile con il vestibolo del Lupercale, ossia la grotta dove si riteneva che Romolo e Remo fossero stati allattati dalla lupa.[2]
La basilica paleocristiana fu la prima a sorgere in una zona di estrema importanza civile e politica all'interno della città, mentre, anche dopo l'Editto di Milano del 313, per la prudenza delle autorità mirata ad evitare conflitti religiosi, le altre chiese erano situate in zone periferiche. La vicinanza con gli edifici sul Palatino dove era esercitato il potere amministrativo dai rappresentanti imperiali fu determinante per eleggere Santa Anastasia quale loro luogo di culto ufficiale.
L'importanza religiosa di S. Anastasia è evidenziata dalle celebrazioni papali che qui si svolgevano: dal tempo di san Gregorio Magno (590-604) e per vari secoli, il pontefice vi celebrava la "Messa dell'Aurora", una delle tre del giorno di Natale (la prima a mezzanotte in S. Maria Maggiore e la terza in S. Pietro). Il Papa ritornava nella Basilica per la celebrazione dell'Eucarestia il primo martedì di Quaresima e ancora il martedì di Pentecoste; infine, fino al XVIII secolo, è stata il punto di partenza della processione penitenziale, presieduta dal pontefice, il Mercoledì delle Ceneri, che terminava alla Basilica di Santa Sabina dove veniva celebrata la prima messa stazionale della Quaresima.
La basilica, secondo la tradizione, è legata sia alla predicazione del papa san Leone Magno (440 - 461), che in questo luogo pronunciò alcuni sermoni contro l'archimandrita Eutiche (378 - 454) e l'eresia del monofisismo, sia all'opera di san Girolamo (347 ca. - 420), che qui aveva portato preziose reliquie dalla Terra Santa[3] e vi celebrava la Messa, abitando nei pressi della stessa.
L'edificio durante il pontificato di san Damaso (366 - 383) venne decorato con dipinti murali ad affresco e arricchito da mosaici da papa Ilario (461 - 468).
Nel corso dei secoli la chiesa fu sottoposta a numerosi interventi di restauro, che ne hanno modificato la struttura primitiva: da quelli commissionati dal re ostrogoto Teodorico (495 - 526) a quelli dei pontefici Giovanni VII (705 - 707), Leone III (795 - 816), Gregorio IV (827 - 844) e Innocenzo III (1198-1216).
Nel 1478, per volere di Sisto IV (1471 - 1484), la basilica fu ristrutturata e dotata di un'alta torre campanaria.
Dal Cinquecento ad oggi
Tra il 1598 e il 1618 il cardinale Bernardo Rojas de Sandoval (1546-1618) fece edificare una nuova facciata, preceduta da un ampio portico, distrutta nel 1634 da una tromba d'aria e ricostruita nel 1636, nelle attuali forme dall'architetto Luigi Arrigucci (1575-1647 ca.), per volere di papa Urbano VIII (1623-1644).
Un'integrale e radicale opera di ristrutturazione dell'interno fu realizzata nel 1721-1722 dall'architetto Carlo Gimach (1651-1730) su commissione del cardinale portoghese Nuno da Cunha e Ataíde (1664 - 1750). Ulteriori restauri furono ordinati nella prima metà del XIX secolo dai papi Pio VII (1800 - 1823) e Pio IX (1846 - 1878).
La chiesa fu nuovamente restaurata nel 1963 per volontà del cardinale James Francis Louis McIntyre (1886 – 1979), arcivescovo di Los Angeles, e grazie al contributo dei fedeli losangelini, come ricorda un'iscrizione posta nel pavimento della navata centrale.
Negli Ottanta del secolo scorso, il forte degrado strutturale ed un radicale restauro, curato dalla Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici di Roma, hanno determinato la chiusura per oltre trentacinque anni della chiesa, che solo nel maggio del 2000 è stata riaperta quotidianamente al culto.
La basilica attualmente è luogo sussidiario della parrocchia di Santa Maria in Portico in Campitelli.
Dal 2 marzo 2001, la chiesa è aperta ininterrottamente per la preghiera perpetua dell'Adorazione Eucaristica, nella cappella dei Santi Girolamo e Giuseppe, all'inizio della navata sinistra.
Titolo cardinalizio
La Basilica è sede del titolo cardinalizio di Sant'Anastasia, istituito da papa Evaristo intorno al 105: l'attuale titolare è il cardinale Eugenio Dal Corso.
Descrizione
Esterno
La chiesa presenta una facciata con due torri campanarie gemelle impostate ai lati, realizzata in laterizi con dettagli architettonici in pietra calcarea, di stampo berniniano, a due ordini: l'inferiore, a lesene doriche, si estende in larghezza fino a comprendere il basamento dei campanili; quello superiore, a lesene ioniche, si conclude con il timpano, coronato da candelabre, con al centro lo stemma di papa Urbano VIII in rilievo decorato con festoni, nastri e cornucopie. La facciata è aperta da un unico portale e una finestra rettangolare, che sono entrambe modanate.
Interno
La chiesa, orientata (ossia con l'abside rivolto a Est), presenta una pianta basilicale conclusa da un'abside semicircolare. L'interno, diviso in tre navate da colonne romane di spoglio con capitelli ionici addossate a sei pilastri per lato, fu riccamente decorato nel 1721-1722 da Carlo Gimach. Le navate laterali sono aperte alla metà da una cappella a pianta rettangolare. Da notare che il transetto sporge leggermente oltre il lato destro, ma finisce leggermente all'interno della linea del muro di quello sinistro.
La navata centrale è coperta da un pregevole soffitto a cassettoni, che mostra al centro:
- Martirio di sant'Anastasia di Sirmio (1722), olio su tela di Michelangelo Cerruti.
- Stemmi dei papi Pio VII e Pio IX.
Lungo la navata sinistra si notano:
- all'inizio della navata, nella cappella dedicata a san Girolamo e san Giuseppe, si conservano:
- entro lunetta, Martirio di sant'Anastasia di Sirmio (seconda metà del XVII secolo), affresco, attribuito a Lazzaro Baldi e Domenico Ponti.
- Ciborio (metà del XII - metà del XIII secolo), in marmo e mosaico della bottega dei Cosmati;[4]
- San Girolamo celebra la Messa (prima metà del XVII secolo), olio su tela, attribuita a Domenico Zampieri detto il Domenichino.[5]
- Funerali di sant'Anastasia di Sirmio (seconda metà del XVII secolo), olio su tela, attribuita a Lazzaro Baldi.[6]
- a metà della navata, nella cappella dedicata a san Giorgio, è visibile:
- San Giorgio e san Publio (secondo - terzo quarto del XVIII secolo), olio su tela, di Étienne Parrocel.
Transetto sinistro
Nel terminale del transetto destro è posto l'altare, dedicato alla Madonna del Rosario, dove si conservano:
- all'altare, Madonna del Rosario con san Domenico di Guzman e santa Caterina da Siena (ante 1686), olio su tela di Lazzaro Baldi.[7]
- alla parete destra, Monumento funebre del cardinale Angelo Mai (1857), in marmo di Giovanni Maria Benzoni.
Presbiterio e altare maggiore
Sul presbiterio, progettato da Onorio Longhi (1568 – 1619), rialzato di alcuni gradini, tra le opere conservate spiccano:
- entro mostra d'altare, Adorazione dei pastori (seconda metà del XVII secolo), olio su tela di Lazzaro Baldi.
- sotto la mensa d'altare, Sant'Anastasia di Sirmio (1685 - 1690 ca.), in marmo, opera ideata e iniziata da Francesco Aprile, ma per la morte dell'artista venne completata da Ercole Ferrata:[8] la statua, che raffigura la santa giacente sulla pira del martirio, s'ispira alla celebre scultura berniniana raffigurante l'Estasi della beata Ludovica Albertoni (1671 - 1674).
Transetto destro
Nel terminale del transetto destro è posto l'altare, dedicato a san Turibio de Mogrovejo, dove è collocato:
- San Turibio de Mogrovejo (1726), olio su tela di Francesco Trevisani.[9]
Lungo la navata destra si possono ammirare:
- a metà della navata, nella cappella dedicata a san Giovanni Battista è custodita:
- all'altare, pala con San Giovanni Battista nel deserto (1658 ca.), olio su tela di Pier Francesco Mola[10]
- all'inizio della navata, è situata la Cappella delle Reliquie, risalente al XVII secolo, dove si notano:
- alle pareti laterali, ciclo di quattro dipinti con Storie di san Carlo Borromeo e di san Filippo Neri (1679 ca.), olio su tela di Lazzaro Baldi e bottega.
Note | |
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Bibliografia | |
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Voci correlate | |
Collegamenti esterni | |
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