Papa Damaso I
San Damaso I Papa | |
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Santo | |
Juan Carreño de Miranda, San Damaso I papa (1685), olio su tela; Madrid (Spagna), Palazzo municipale | |
Età alla morte | circa 79 anni |
Nascita | Guimarães 305 |
Morte | Roma 11 dicembre 384 ca. |
Sepoltura | Roma, Basilica di San Lorenzo in Damaso |
Informazioni sul papato | |
37° vescovo di Roma | |
Elezione al pontificato |
1º ottobre 366 |
Fine del pontificato |
11 dicembre 384 (per decesso) |
Durata del pontificato |
18 anni, 2 mesi e 10 giorni |
Predecessore | Papa Liberio |
Successore | Papa Siricio |
Extra | Papa Damaso I Anni di pontificato |
Cardinali | creazioni |
Ricorrenza | 11 dicembre |
Santuario principale | Basilica di San Lorenzo in Damaso (Roma) |
Patrono di | archeologi |
Collegamenti esterni | |
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Nel Martirologio Romano, 11 dicembre, n. 1:
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San Damaso I (Guimarães, 305; † Roma, 11 dicembre 384 ca.) è stato il 37º vescovo di Roma e papa latino in carica dal 1º ottobre 366 alla sua morte.
Biografia
L'elezione
Figlio dell'iberico Antonio e di una certa Laurentia, nacque, probabilmente, nell'attuale Portogallo; la cosa certa è che crebbe a Roma al servizio della chiesa di San Lorenzo martire. Morto papa Liberio il 24 settembre 366, il clero romano si divise in due fazioni: una, favorevole alla politica di Felice II, poi considerato antipapa, del tutto contraria a ogni accordo con i sostenitori delle teorie ariane (nonostante Felice II fosse ariano) e l'altra, maggioritaria, più conciliante e favorevole ad accordi e compromessi.
In due distinte e contemporanee elezioni, i primi elessero papa il diacono Ursino, mentre i secondi scelsero Damaso, che fu consacrato nella basilica di San Giovanni in Laterano il 1º ottobre 366. Molti dettagli degli avvenimenti che seguirono a questa elezione vennero narrati nel Libellus Precum, una petizione all'autorità civile da parte di Faustino e Marcellino, due presbiteri della fazione di Ursino[1].
Ammiano Marcellino parla di un prefetto di Roma, che era un tale Vivenzio: questi attese che si concludessero i disordini e, una volta accertata la vittoria dei seguaci di Damaso, esiliò da Roma Ursino e i suoi seguaci. Ritornato l'anno seguente a Roma, Ursino cercò nuovamente di prendere il posto di Damaso, ricavandone un nuovo esilio per decreto dell'imperatore Valentiniano I. Dalla Gallia prima e da Milano successivamente, tramite un ebreo di nome Isacco, fece accusare, nel 370, Damaso di gravi delitti; dopo l'assoluzione di Damaso nel 372, Ursino fu definitivamente esiliato a Colonia.
Nel 378, alla corte imperiale, gli fu mossa anche un'accusa di adulterio, dalla quale fu scagionato prima dall'Imperatore Graziano e, poco dopo, da un sinodo romano di quarantaquattro vescovi, che scomunicò i suoi accusatori.
Damaso e le eresie
In un periodo piuttosto burrascoso per il cristianesimo, Damaso difese con vigore l'ortodossia cattolica. In due sinodi romani (366 condannò l'arianesimo, scomunicando alcuni vescovi Nel sinodo romano del 372 scomunicò Aussenzio, il vescovo ariano di Milano che, comunque, mantenne la sede fino alla sua morte, nel 374, quando fu sostituito da Ambrogio. Tenne altri due sinodi romani nel 374 e 378 che condannarono come eretico il pensiero di Apollinare di Laodicea (apollinarismo) il quale, riprendendo l'antropologia tripartita di Aristotele, affermava che in Gesù l'anima vegetativa e animale sono umane, mentre l'anima razionale è costituita dal logos divino; inviò i suoi legati al Concilio di Costantinopoli (381), convocato contro le suddette eresie.
Priscilliano, scomunicato come eretico dal concilio di Saragozza del 380, si appellò invano a Damaso.
Grazie all'impegno di Girolamo, la Chiesa orientale, nella persona di Basilio di Cesarea, ne implorò l'aiuto e l'incoraggiamento contro il trionfante arianesimo; tuttavia, il papa nutrì sempre dei sospetti nei confronti del grande Dottore di Cappadocia. Sulla questione dello scisma meleziano ad Antiochia di Siria, Damaso, con Atanasio e Pietro (che ospitò a Roma durante il suo esilio) parteggiò per la fazione di Paolino, considerato più rappresentativo dell'ortodossia di Nicea; alla morte di Melezio, Damaso cercò di assicurare la successione a Paolino[2].
Il pontefice sostenne, inoltre, l'appello dei senatori cristiani all'Imperatore Graziano per la rimozione dell'altare della Vittoria dal Senato[3] e sotto il suo pontificato fu emanato il famoso Editto di Tessalonica di Teodosio I, (27 febbraio 380) che proclamava religione ufficiale dello Stato romano il cattolicesimo[4].
Damaso e Girolamo
Fu Damaso che invitò san Girolamo a intraprendere la sua famosa revisione delle antiche versioni latine della Bibbia (Vulgata). San Girolamo fu anche suo segretario privato per qualche tempo[5].
L'autorità della Chiesa e il primato della Sede apostolica
Quando, nel 379, l'Illiria si staccò dall'Impero romano d'Occidente, Damaso si affrettò a salvaguardare l'autorità della Chiesa di Roma nominando un vicario apostolico nella persona di Ascolio, vescovo di Tessalonica. Questa fu l'origine dell'importante vicariato papale legato a quella sede.
Damaso fu il primo vescovo di Roma a invocare il "testo petrino" (Matteo 16,18 ), secondo il quale il primato della Sede Apostolica, variamente favorito da atti imperiali e editti dei suoi tempi, non si basa sulle delibere dei concili, ma sulle parole di Gesù Cristo. Da Damaso in poi, infatti, si nota un più marcato aumento della coscienza di autorità e di primato da parte dei vescovi romani.
Per questi motivi, il suo pontificato è anche uno dei più importanti punti di riferimento nel progresso verso il Papato vero e proprio.
Questo sviluppo dell'ufficio papale, specialmente a Occidente portò un grande aumento dello sfarzo. Tale splendore secolare riguardò molti membri del clero romano, i cui scopi mondani e i cui costumi furono duramente redarguiti da san Girolamo, provocando (29 luglio 370) un editto dell'imperatore Valentiniano I indirizzato al papa, che vietava a ecclesiastici e monaci (più tardi anche vescovi e monache) di perseguire vedove e orfani nella speranza di ottenere da loro regali e lasciti. Il papa impose che la legge fosse strettamente osservata.
Altri campi d'azione
Damaso contribuì notevolmente anche all'arricchimento liturgico ed estetico delle chiese cittadine. Dopo il termine della Grande persecuzione i cristiani tornarono a professare la loro religione in pubblico, pertanto le catacombe di Roma iniziarono ad andare in disuso. Damaso, però, vi fece eseguire lavori di consolidamento e ampliamento, impedendone la rovina. Man mano che rinveniva e identificava i sepolcri dei martiri e dei vescovi, componeva epigrammi in loro onore e li faceva trascrivere dal calligrafo Furio Dionisio Filocalo sui loro sepolcri. Nella cripta dei papi della catacomba di San Callisto fece scrivere:
« | Qui, confesso, (io) Damaso, pensai di deporre le mie spoglie, ma ebbi timore di profanare le ceneri sante dei Beati. » |
Questi abbellimenti cerimoniali e l'enfasi sull'eredità romana di Pietro e Paolo portò a un generale convincimento, presso le classi alte romane, che la vera gloria di Roma era cristiana e non pagana. Tutto ciò rese socialmente più accettabile, per le classi alte, la conversione al cristianesimo. Spesso, le donne delle famiglie nobili erano le prime ad abbandonare gli usi pagani, mentre gli uomini tendevano a mantenerli più a lungo, essendo in genere più legati a una visione della grandezza dell'impero. Questo accadeva spesso più per ragioni estetiche, che per quelle strettamente religiose.
Damaso restaurò anche la chiesa della quale era stato diacono (la basilica di San Lorenzo in Damaso) e provvide alla corretta conservazione degli archivi della Chiesa romana. In onore del trasferimento provvisorio in quel luogo (258) dei corpi dei santi Pietro e Paolo, fece costruire nella basilica di San Sebastiano sulla via Appia, il monumento marmoreo noto come "Platonia" e lo fece decorare con una iscrizione. Sulla Via Ardeatina fece costruire, tra i cimiteri di Callisto e Domitilla, una basilicula (piccola chiesa), le cui rovine furono scoperte tra il 1902 e il 1903 e che, secondo il Liber Pontificalis, conterrebbe i resti mortali del papa, di sua madre e di sua sorella. In questa occasione lo scopritore, Monsignor Wilpert, trovò anche l'epitaffio della madre del papa dal quale non solo si apprese che il suo nome era Laurentia, ma anche che visse i sessanta anni della sua vedovanza al servizio di Dio e che morì a ottantanove anni, dopo aver visto la quarta generazione dei suoi discendenti.
Damaso fece costruire in Vaticano un battistero in onore di San Pietro e lo fece decorare con una delle sue artistiche iscrizioni, ancora preservata nelle cripte del Vaticano. Fece drenare questa regione sotterranea in modo che i corpi ivi sepolti (juxta sepulcrum beati Petri) non fossero corrotti da acque stagnanti o di riflusso. La sua devozione per i [[
martiri romani è conosciuta grazie al lavoro di Giovanni Battista De Rossi.
Damaso compose anche un certo numero di brevi epigrammi su vari martiri e santi e degli inni, o Carmina, similmente brevi.
Morì l'11 dicembre 384, e in tale giorno ricorre la sua memoria liturgica.
Culto
La colletta del "Proprium" del Messale del 2000 - 2002 di san Damaso recita: "O Dio, fortezza e corona dei tuoi santi, concedi anche a noi, sull'esempio del papa san Damaso I, amoroso cultore delle memorie dei martiri, di onorare e imitare i gloriosi testimoni della nostra fede".
Con una terminologia che si ispira all'antichissimo Sacramentario Veronense, ricorda che questo papa fu cultore delle memorie dei martiri. San Damaso promosse infatti la venerazione dei martiri, curandone le memorie storiche, monumentali ed epigrafiche.
Egli trasformò le catacombe in santuari, cercando di rendere accessibili ai fedeli questi luoghi di culto e pose qui le sue famose iscrizioni incise su lapidi (ne sono rimaste più di cinquanta), di cui tre ci sono giunte intatte: di sant'Eutichio, di sant'Agnese e di san Proietto.
Il 1º settembre 1577 il cardinale Alessandro Farnese il Giovane fece traslare le sue spoglie, insieme a quelle di papa Eutichiano, nella Basilica di San Lorenzo in Damaso. Una sua reliquia è conservata nella Basilica di San Pietro in Vaticano, mentre un'altra, secondo quanto scritto su una lapide del 1091, si trova nella Chiesa di San Tommaso in Parione.
Per le sue attività nelle catacombe è considerato il patrono degli archeologi.
Predecessore: | Papa | Successore: | |
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Liberio | 1 ottobre 366 - 11 dicembre 384 | Siricio |
Note | ||||
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Fonti | ||||
Bibliografia | ||||
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Voci correlate | ||||
Collegamenti esterni | ||||
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