Libro di Geremia

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Libro di Geremia
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Michelangelo Buonarroti, Profeta Geremia (1508 - 1512), affresco; Città del Vaticano, Cappella Sistina
Sigla biblica Ger
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Lingua originale ebraico
Autore Geremia (profeta)
Note sull'autore attr.
Ambientazione Geografica Terra Santa
Ambientazione Storica 632 - 587 a.C.

Il Libro di Geremia è un libro dell'Antico Testamento, collocato dal canone biblico ebraico tra i "profeti maggiori".

È composto da 52 capitoli; ad esso va aggiunto il libro delle Lamentazioni, che tradizionalmente viene attribuito allo stesso Geremia, anche se lo stile e certe caratteristiche rimandano questo libro ad un autore successivo, che, seguendo l'influsso di Geremia, ne riassume il messaggio profetico.

Al libro di Geremia succede il Libro di Baruc, suo segretario, che scrive pagine biografiche sulle vicende amare del suo maestro.

Il personaggio

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Geremia (profeta)

Geremia nacque da una famiglia sacerdotale che abitava nei pressi di Gerusalemme,poco più di un secolo dopo Isaia, verso il 650 a.C..

Chiamato ancora giovane da Dio, nel 626 a.C., il tredicesimo anno di Giosia (1,2), ha vissuto il periodo tragico in cui si preparò e si compì la rovina del regno di Giuda.

Dopo la presa di Gerusalemme, e sebbene la speranza di un avvenire fosse passata agli esiliati, Geremia preferì restare in Palestina, presso Godolia, nominato governatore dai Caldei. Ma costui fu assassinato, e un gruppo di Giudei, temendo le rappresaglie, fuggì in Egitto, trascinando con sé Geremia. Probabilmente morì là.

Contesto storico

Le vicende del profeta Geremia si estendono nell'arco di quarant'anni. Precisamente dall'inizio della riforma in Gioisa nel 632 alla caduta di Gerusalemme ed alla seconda deportazione del popolo d'Israele nel 587 a.C..

La riforma religiosa e la restaurazione nazionale di Giosia avevano risvegliato speranze che furono spente dalla morte del re a Meghiddo nel 609 a.C. e dallo sconvolgimento del mondo orientale (caduta di Ninive nel 612 a.C. ed espansione dei Caldei). Dal 605 a.C., Nabucodònosor ha imposto il suo dominio alla Palestina; poi Giuda si è ribellato su istigazione dell’Egitto, che farà intrighi sino alla fine; nel 597 a.C., Nabucodònosor conquista Gerusalemme e deporta una parte dei suoi abitanti. Una nuova rivolta riporta gli eserciti caldei e, nel 587 a.C., Gerusalemme è presa, il tempio è incendiato, ha luogo una seconda deportazione.

Contenuto del libro

Le confessioni di Geremia (11,18-12,6;15,10-21;17,14-18;18,18-23;20,7-18) provengono dal profeta stesso. Esse non costituiscono un’autobiografia, ma sono una testimonianza commovente delle crisi interne che ha attraversato e che sono descritte nello stile dei salmi di lamento.

Nella composizione del suo libro si riflette l'azione di un'intera corrente spirituale. Esso non si presenta come un'opera di un solo getto, anzi ne è ben lontano.

Oltre a oracoli poetici e a racconti biografici, contiene discorsi in prosa in uno stile vicino a quello del Deuteronomio. La loro autenticità è stata discussa e sono stati attribuiti a redattori "deuteronomisti del post-esilio. Infatti, il loro stile è quello della prosa giudea del VII e dell'inizio del VI secolo a.C., la loro teologia è quella della corrente religiosa alla quale appartengono tanto Geremia quanto il Deuteronomio. Sono l'eco autentica della predicazione di Geremia, raccolta dai suoi uditori.

Tutta questa tradizione di Geremia non si è trasmessa sotto una forma unica. La versione greca offre una recensione che è notevolmente più corta (un ottavo) del testo masoretico, e spesso diversa nei dettagli: le scoperte di Qumran provano che le due recensioni esistevano in ebraico. Inoltre, il greco mette gli oracoli contro le nazioni dopo 25,13 e in un ordine diverso dall'ebraico, che li rimanda alla fine del libro (46-51). Queste profezie hanno forse formato dapprima una raccolta particolare e non provengono tutte da Geremia: almeno, gli oracoli contro Moab ed Edom sono stati molto rielaborati, e il lungo oracolo contro Babilonia (50-51) data dalla fine dell'esilio.

Il capitolo 52, poi, si presenta come un'appendice storica, parallela al 2Re 24,18-25,30 .

Altre aggiunte di minore estensione sono state inserite nel corso del libro e testimoniano l'uso che ne facevano e la stima che ne avevano i prigionieri di Babilonia e la comunità rinascente dopo l'esilio.

C'è anche un'abbondanza di doppioni, che suppongono un lavoro redazionale.

Infine, le indicazioni cronologiche, che sono numerose, non si susseguono in modo ordinato. Il disordine attuale del libro è il risultato di un lungo lavoro di composizione, di cui è molto difficile identificare tutte le tappe.

Cronologia

Il capitolo 36 ci dà indicazioni cronologiche precise: nel 605 a.C., Geremia dettò a Baruc gli oracoli che aveva pronunziati dall'inizio del suo ministero (36,2), cioè dal 626 a.C.. Questo rotolo, bruciato dal re Ioiakìm, fu riscritto e completato (36,32).

Sul contenuto di questa raccolta non si possono fare che ipotesi. Sembra che venisse introdotto da 25,1-12, e raggruppava i brani anteriori al 605 a.C. che si trovano nei capitoli 1-18, ma conteneva anche, secondo 36,2, oracoli antichi contro le nazioni, ai quali si riferisce 25,13-38. I complementi che vi furono aggiunti in seguito sono, nelle stesse sezioni, brani posteriori al 605 e altri oracoli contro le nazioni. Vi si inserirono foglietti delle confessioni (vedi sopra). Vi si unirono due piccoli libri, sui Re (21,11-23,8) e sui profeti (23,9-40), che sono esistiti forse dapprima a parte.

Si isolano così due parti nel libro:

  • una prima parte contiene minacce contro Giuda e Gerusalemme (1,1-25,13);
  • l'altra parte contiene profezie contro le nazioni (25,13-38;46-51);

C'è anche una terza parte, ed è costituita da 26-35, dove sono adunati in un ordine arbitrario brani che hanno un tono più ottimista. Questi brani sono quasi tutti in prosa, e provengono in gran parte da una biografia di Geremia, che si attribuisce a Baruc.

Bisogna invece considerare a parte i capitoli 30-31, che sono un libretto poetico di consolazione.

La quarta parte del libro (36-44), in prosa, continua la biografia di Geremia e dà il racconto delle sue sofferenze durante e dopo l'assedio di Gerusalemme. Essa termina con 45,1-5, che è come la firma di Baruc.

Messaggio

Esistono diverse opinioni sull'atteggiamento di Geremia nei riguardi della riforma portata dal re Giosia. Qualcuno lo vede entusiasta e favorevole all'inizio e poi deluso dal risultato (capitolo 6), altri lo vedono ostile ed oppositore (capitolo 7) della riforma sin dal principio perché condannava il legalismo esagerato.

Nella riforma del re Geremia scorgeva solo un miglioramento esteriore della liturgia, che diventava, però, motivo di autocompiacimento producendo solo ipocrisia (7,21-28;5,26-31). Il compito arduo del profeta fu appunto quello di cercare di suscitare una vera conversione del cuore per far nascere una religione ebraica genuina, rinnovata, purificata dal disastro nazionale, e di realizzare una maggiore giustizia sociale.

Anche in seguito alla morte del re Giosia, Geremia continuò a comunicare "il fuoco" che aveva dentro di sé e che non poteva contenere; continuò ad implorare il ritorno della nazione a Dio. Geremia è consapevole della chiamata da parte di Dio ad essere profeta e della la sua giovane età, ma questo non può essere un impedimento al compito specifico che ha ricevuto: compito di "sradicare e demolire, distruggere ed abbattere" (1,10).

Le confessioni

Per comprendere Geremia bisogna, soprattutto riandare alle "confessioni", che sono il diario della sua relazione con Dio. Il profeta esprime la sua fede in Jhwh non attraverso grandi e spettacolari immagini, ma attraverso un modo semplice ed immediato e con domande inquietanti (12,1-2).

Geremia è innamorato di Dio, si dice "sedotto" da lui (20,7), tanto da non potergli resistere (20,9). Le "confessioni" di Geremia sono particolarmente interessanti per il fatto che ci fanno scoprire la profondità del cuore del profeta. Manifestano la grande fiducia in Dio che il profeta ha vissuto (1,6;17,16;20,7-9) riconoscendo che Dio è il creatore e il padrone assoluto della storia umana, e che la storia è guidata secondo i suoi piani divini (18,1-10;27,5-7;43,10;46-51).

Il Geremia delle Confessioni partecipa profondamente, con grande sensibilità umana, alla tragedia del suo popolo; vuole comprendere le decisioni di Dio; si sente gravato di responsabilità. La chiamata di Dio causò in lui una forte e violenta lotta interiore e lo rese un forte segno di contraddizione (15,10;20,8). In nessun altro profeta come in Geremia è palese l'istinto naturale e l'azione della Grazia soprannaturale.

Geremia non può rassegnarsi all'incoerenza che Israele dimostra nei confronti del suo Dio (2,13). Per il profeta la perdita del senso religioso e il rifiuto di Dio è un problema di dignità umana. Israele ha perso il suo più grande riferimento: Jhwh (16,5-8).

Geremia è anche, però, l'annunciatore della speranza, di un futuro per Israele; mentre è prigioniero riceve l'ordine da Dio di comperare un campo da un suo parente (capitolo 32). Verrà la sciagura e la distruzione, ma non saranno totali e con quel piccolo "resto" la nazione verrà ricostruita (23,7-8).

L'apice del libro è identificato con la profezia dei versetti 31,31-34 sulla nuova alleanza di salvezza. L'Alleanza antica al Sinai era stata continuamente violata e Dio, attraverso il profeta, promette un'a nuova alleanza, non più scritta su tavole di pietra, come al Sinai, ma incisa in ogni cuore e fondata sui valori interiori.

Voci correlate
Bibliografia
  • G. Fischer, Il libro di Geremia, Roma, Città Nuova, 1995 ISBN 88-311-3739-5
Collegamenti esterni