Diocesi di Tricarico

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Diocesi di Tricarico
Dioecesis Tricaricensis
Chiesa latina
Cattedrale di Santa Maria Assunta.jpg
Arcivescovo (titolo personale) Benoni Ambăruş
Sede Tricarico
Suffraganea
dell'Arcidiocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo
Regione ecclesiastica Basilicata

Diocesi di Tricarico.png
Mappa della diocesi
Nazione bandiera Italia
Parrocchie 32 (2 vicariati )
Sacerdoti 33 di cui 33 secolari
957 battezzati per sacerdote
77 religiose
32.000 abitanti in 1.238 km²
31.600 battezzati (98,8% del totale)
Eretta X secolo
Rito romano
Indirizzo
Piazza monsignor Raffaello delle Nocche 2, 75019 Tricarico (Matera), Italia
Collegamenti esterni
Sito ufficiale
Dati online 2023 (gc ch)
Dati dal sito web della CEI
Collegamenti interni
Chiesa cattolica in Italia
Tutte le diocesi della Chiesa cattolica


La Diocesi di Tricarico (latino: Dioecesis Tricaricensis) è una sede della Chiesa cattolica suffraganea dell'Arcidiocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo appartenente alla regione ecclesiastica Basilicata. Il patrono della diocesi è san Potito.

Il 4 marzo 2023 è stata unita in persona episcopi all'Arcidiocesi di Matera-Irsina (cioè per ora rimangono due diocesi distinte con lo stesso vescovo).

Territorio

La diocesi comprende la città di Tricarico ed altri 19 comuni della provincia di Matera e della provincia di Potenza:

  • in provincia di Matera i comuni di Accettura, Aliano, Calciano, Cirigliano, Garaguso, Gorgoglione, Grassano, Oliveto Lucano, San Mauro Forte, Stigliano, Tricarico;
  • in provincia di Potenza i comuni di Albano di Lucania, Armento, Campomaggiore, Corleto Perticara, Gallicchio, Guardia Perticara, Missanello, Montemurro.

Sede vescovile è la città di Tricarico, dove si trova la cattedrale di Santa Maria Assunta.

Storia

Secondo la testimonianza di Liutprando, vescovo di Cremona, la Diocesi di Tricarico venne istituita nel 968. Un documento redatto in quell'anno dalla curia patriarcale di Costantinopoli,[1] a firma dell'imperatore bizantino Niceforo Foca, autorizza il patriarca di Costantinopoli, Polieucte a conferire all'arcivescovo di Otranto la potestà di consacrare i vescovi delle sedi suffraganee di Tricarico, Tursi, Acerenza, Gravina e Matera.

Questa disposizione rientrava nel piano dell'impero bizantino di occupare quei territori che in precedenza erano soggetti all'influenza dei Longobardi a cavallo dei themi di Lucania e Langobardia. Non è dato sapere se la diocesi di Tricarico fu realmente istituita; infatti, nessuno dei vescovi greci è documentato e la diocesi non appare in nessuna Notitia Episcopatuum del patriarcato di Costantinopoli nel secolo successivo alla sua istituzione.[2] Tuttavia appare evidente lo stretto legame di Tricarico e del suo territorio con la chiesa orientale, reso manifesto dalla fondazione di importanti monasteri greci che favorirono il diffondersi della cultura e della liturgia bizantina, nonché dalla presenza di numerosi santi greci che operarono nella regione.[3]

Verso la metà dell'XI secolo il territorio venne conquistato dai Normanni. Nel Concilio di Melfi (1059) fu istituita la provincia ecclesiastica di Acerenza cui fu sottomessa la diocesi di Tricarico. L'anno successivo il metropolita Godano di Acerenza definì i confini della diocesi, ed indirizzò la bolla di conferma al vescovo eletto Arnaldo, primo vescovo noto della diocesi.[4] Nel 1068 papa Alessandro II confermò la suffraganeità di Tricarico ad Acerenza.[5]

Progressivamente il rito latino soppiantò quello greco. In alcuni centri tuttavia, grazie alla presenza di numerosi monaci orientali, la messa continuò ad essere celebrata secondo il rito bizantino fino alla prima metà del XIII secolo. All'inizio del XIII secolo il capitolo della cattedrale annoverava elementi di formazione e cultura greca.[6] Resti della liturgia greca si trovavano ancora nel XVIII secolo, come testimonia il vescovo Antonio Zavarroni (1741-1759): «Ancora di questo rito se ne conserva nella chiesa cattedrale la memoria, e col cantarsi nelle solennità delle messe l'epistola e il vangelo dal pulpito, come fanno i greci dall'ambone, e colle mozzette negre, le quali usano le dignità e li canonici, che non hanno voluto mai deporre per memoria che il colore nero si portava dai loro antecessori, quando la loro chiesa era governata da vescovi greci».[7]

Tra i vescovi di Tricarico si segnalano: Tommaso Brancaccio (1405-1411), cardinale, che svolse un ruolo di primo piano al Concilio di Pisa; Ludovico di Canossa (1511-1516), che fu nunzio apostolico in Francia; Giovanni Battista Santoni (1586-1592), nunzio apostolico in Svizzera, che per primo compì la visita pastorale della diocesi facendone una minuziosa descrizione; Pier Luigi Carafa (1624-1646), benefattore della diocesi, ingrandì il santuario di Santa Maria di Fonti, promosso cardinale e nunzio apostolico in Germania; Antonio Zavarroni (1741-1759), uomo di cultura e autore di scritti storici e giuridici.[8] Nel Novecento si ricorda in particolare la figura del venerabile Raffaello Delle Nocche, vescovo dal 1922 al 1960; «durante il suo presulato, nel 1927, al tentativo da parte della Sacra Congregazione concistoriale di ridefinire le circoscrizioni lucane per meglio razionalizzarne il territorio prevedendo l'accorpamento della diocesi di Tricarico a Matera e di quella di Acerenza a Potenza, non fu dato corso. Tra le iniziative più importanti da lui avviate a Tricarico sono degne di nota l'ospedale civile inaugurato nel 1947 in un'ala dell'episcopio e la fondazione, nel 1923, dell'ordine delle Suore discepole di Gesù Eucaristico».[9]

Il 26 giugno 1951, con la lettera apostolica Religionem Beatae Mariae, papa Pio XII proclamò la Beata Maria Vergine del Monte Carmelo patrona della città e della diocesi, assieme a San Potito.[10]

Nel 1954, dopo una plurisecolare sottomissione all'arcidiocesi di Acerenza, Tricarico entrò a far parte della provincia ecclesiastica dell'Arcidiocesi di Matera[11], fino al 1976 quando fu sottoposta alla nuova sede metropolitana di Potenza e Marsico Nuovo.[12] Per un breve periodo, tra il 1976 ed il 1977, Tricarico fu unita in persona episcopi all'arcidiocesi di Acerenza con l'arcivescovo Giuseppe Vairo.

Nel corso del Novecento alcune modifiche territoriali hanno portato alla cessione nel 1949 dei comuni di Craco e di Montalbano Jonico alla diocesi di Anglona-Tursi,[13] e nel 1976 del comune di Salandra all'Arcidiocesi di Matera.[14]

Dal 4 marzo 2023 è unita in persona episcopi all'Arcidiocesi di Matera-Irsina.

Cronotassi dei vescovi

Statistiche

Note
  1. V. Grummel, Les regestes des actes du patriarchat de Constantinople, I, Paris, 1932.
  2. J. Darrouzès, Notitiae Episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae, Paris, 1981, p. 333, linea 675; e p. 370, linea 797.
  3. (FR), , Histoire et culture dans l'Italie byzantine: acquis et nouvelles recherches, André Jacob (a cura di) su academia.edu, Ecole française de Rome, Roma, 2006, pp. 559-587 Vedi anche Tricarico su Beweb - Beni ecclesiastici in web
  4. Testo della bolla in: D'Avino, Cenni storici sulle chiese..., p. 682.
  5. Queste bolle, come altre di questo periodo, sono tuttavia considerate da alcuni storici come dei falsi. Sulla inattendibilità dei documenti: H. Houben, Basilicata, pp. 170-171 in Monasticon Italiae, III, Puglia e Basilicata, a cura di G. Lunardi, H. Houben, G. Spinelli, Cesena, 1986, 159-223. Kehr, Italia Pontificia, vol. IX, Berlino, 1962, pp. 456-457 e 472-473.
  6. Annick Peters-Custot, Les communautés grecques..., p. 576, nota 51.
  7. Testo riportato da G. Racioppi, Storia dei popoli della Lucania e della Basilicata su lucania1.altervista.org, vol. II, Roma, 1889, p. 137
  8. Alcuni storici attribuiscono a Zavarroni la falsa bolla dell'arcivescovo Godano del 1060.
  9. Dal sito Beweb - Beni ecclesiastici in web.
  10. (LA), Lettera apostolica Religionem Beatae Mariae () su vatican.va, AAS 44 (1952), pp. 264-265.
  11. (LA), Bolla Acherontia et Matera () su vatican.va, AAS 46 (1954), pp. 522-524.
  12. (LA), Bolla Quo aptius () su vatican.va, AAS 68 (1976), pp. 593-594.
  13. (LA) Congregazione Concistoriale, Decreto Cum oppida () su vatican.va, AAS 41 (1949), pp. 428-429.
  14. (LA) Congregazione per i Vescovi, Decreto Quo aptius () su vatican.va, AAS 68 (1976), pp. 675-677.
  15. Giuseppe Cappelletti, Le chiese d'Italia della loro origine sino ai nostri giorni, vol. XIII, Venezia 1857, p. 594
Voci correlate
Fonti
Collegamenti esterni