Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti

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Diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti
Dioecesis Altamurensis-Gravinensis-Aquavivensis
Chiesa latina

Altamura - Cattedrale di Santa Maria Assunta - 2023-09-27 22-08-06 001.jpg
vescovo Giuseppe Russo
Sede Altamura

sede vacante
Altamura

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Suffraganea dell'arcidiocesi di Bari-Bitonto
Regione ecclesiastica Puglia
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Mappa della diocesi
Provincia ecclesiastica
Provincia ecclesiastica della diocesi
Nazione bandiera Italia
diocesi suffraganee
Coadiutore
Vicario
Provicario
generale
Ausiliari

Vescovi emeriti:

Parrocchie 40 (10 vicariati )
Sacerdoti

89 di cui 65 secolari e 24 regolari
1862 battezzati per sacerdote

26 religiosi 160 religiose 11 diaconi
169.730 abitanti in 1 309 km²
165.730 battezzati (97,6% del totale)
Eretta IX secolo (Gravina)
1248 (Altamura)
17 agosto 1848 (Altamura e Acquaviva)
Rito romano
Cattedrale Santa Maria Assunta
Concattedrale {{{concattedrale}}}
Santi patroni Sant'Irene
San Michele arcangelo
Sant'Eustachio
Indirizzo
Arco Duomo 1, 70022 Altamura (BA), Italia
Coordinate geografiche
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Collegamenti esterni

Sito ufficiale

Dati online 2021 (gc ch )

Dati dal sito web della CEI
Chiesa cattolica in Italia
Tutte le diocesi della Chiesa cattolica

La diocesi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti (latino: Dioecesis Altamurensis-Gravinensis-Aquavivensis) è una sede della Chiesa cattolica in Italia suffraganea dell'arcidiocesi di Bari-Bitonto appartenente alla regione ecclesiastica Puglia.

Patroni

Patroni principali della diocesi sono sant'Irene da Lecce, vergine e martire, commemorata il 5 maggio, già patrona della prelatura di Altamura; san Michele arcangelo, principe delle milizie celesti, commemorato il 29 settembre, già patrono della diocesi di Gravina; sant'Eustachio, martire, commemorato il 20 settembre, già patrono della prelatura di Acquaviva.

Territorio

La diocesi comprende i comuni pugliesi di Altamura, Gravina in Puglia, Acquaviva delle Fonti, Santeramo in Colle, Spinazzola e Poggiorsini.

Confina a nord-ovest con la diocesi di Andria, a sud-est con la diocesi di Castellaneta e nord con l'arcidiocesi di Bari-Bitonto e la diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi.

Sede vescovile è la città di Altamura, dove si trova la cattedrale di Santa Maria Assunta. Sempre a Santa Maria Assunta è dedicata la concattedrale che sorge a Gravina in Puglia, mentre la concattedrale di Acquaviva delle Fonti è dedicata a Sant'Eustachio. Ad Altamura sorgono anche curia diocesana e il museo diocesano. Sono riconosciuti come santuari diocesani, Maria Santissima del Buoncammino a Altamura e Maria Santissima del Bosco a Spinazzola.[1] A Gravina in Puglia si trovano il palazzo episcopale e il seminario diocesano.

Il territorio si estende su 1.309 km².

Storia

L'odierna diocesi è frutto dell'unione di tre sedi episcopali attuata nel 1986.

Gravina

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Diocesi di Gravina

Acquaviva

Secondo alcuni autori e cronisti, Acquaviva vanterebbe una sede episcopale documentata a partire dalla seconda metà del V secolo, con tre vescovi: Paolino nel 463, Benigno dal 487 al 502, e Bonifacio nel 503. Questi vescovi sono attribuiti alla sede pugliese da Giuseppe Cappelletti e da Ferdinando Ughelli, il quale tuttavia avanza anche la possibilità che questi vescovi appartengano ad altre sedi omonime,[2] in particolare la diocesi di Acquaviva sulla via Flaminia a nord di Roma. Anche Michele Garruba è scettico nell'attribuire questi tre vescovi alla città pugliese.[3] «La semplice testimonianza dei cronisti, non supportata al momento da una documentazione probante, lascia ancora insoluta la questione».[4]

La chiesa dell'Assunzione di Acquaviva[5] fu fondata verso la metà del XII secolo da Roberto Gurgulione, signore normanno del territorio, che vi nominò un arciprete, Andrea, e la rese indipendente dalla giurisdizione dell'arcivescovo di Bari, da cui fino a quel momento la città era dipesa. Il 26 marzo 1221 l'arcivescovo Andrea III di Celano riconobbe ufficialmente l'esenzione della chiesa di Acquaviva con bolla inviata all'arciprete Unfredo.[6]

Secondo Giuseppe Pupillo, fin dalla sua fondazione la chiesa di Acquaviva aveva il carattere di chiesa palatina, «giacché gli elementi fondamentali di tale status erano tutti presenti: costituzione e dotazione da parte di un principe di mezzi e terreni propri; diritto del re o del signore della nomina dell'ecclesiastico preposto alla chiesa o alla cappella; esenzione giurisdizionale dall'autorità vescovile e arcivescovile».[7] Di parere diametralmente opposto Antonio Lucarelli, secondo cui la chiesa di Acquaviva non fu mai palatina.[8]

A partire dalla metà del XV secolo i metropoliti baresi iniziarono a contestare l'autonomia della Chiesa di Acquaviva. Il primo fu Francesco de Aiello che nel 1452 dichiarò apocrifa la bolla del suo predecessore Andrea III del 1221, e ridusse unilateralmente la Chiesa di Acquaviva a "recettizia", ossia dipendente dalla famiglia che l'aveva fondata, ma non dal re. Su mandato di papa Niccolò V, Giacomo di Bisceglie riconobbe le ragioni di Acquaviva e ripristinò la chiesa nei suoi antichi diritti. Un secondo tentativo fu attuato da Girolamo Grimaldi nel 1532, ma senza riuscire ad ottenere nulla.

Un nuovo attacco all'autonomia di Acquaviva fu avviato dall'arcivescovo Antonio Puteo, che nel 1590 fece ricorso alla Santa Sede, la quale dette incarico ai cardinali Antonio Saulo e Ottavio Paravicino di dirimere la questione. La loro decisione, favorevole ancora una volta ad Acquaviva, arrivò solo il 6 aprile 1601, fu convalidata da papa Paolo V nel 1605, ottenne il regio exequatur il 14 febbraio 1606 e fu comunicata all'arcivescovo Decio Caracciolo dopo il 6 luglio dello stesso anno. Questi "tempi lunghi" non fecero che inasprire gli animi e rendere più tesi i rapporti tra Bari e Acquaviva. Lo stesso Caracciolo nel 1610 contestò formalmente la sentenza del 1601, ma senza risultati.

Sul finire del Seicento, dopo un'altra sentenza a favore di Acquaviva pronunciata da papa Innocenzo XII del 1692, l'arcivescovo Carlo Loffredo fece ricorso alla Rota romana, la quale «non tenendo conto delle sentenze precedenti, stabilì che "per consuetudine" spettasse al ricorrente e ai suoi successori il diritto di ordinare primiceri e conferire benefici e canonicati vacanti nella chiesa di Sant'Eustachio di Acquaviva, mentre all'arciprete era riconosciuta la giurisdizione nelle cause civili, ma non in quelle criminali».[9] L'arciprete Bernal protestò per la perdita dei suoi diritti, ma fu incarcerato a Roma. Per ottenere la libertà dovette firmare nel 1696 una dichiarazione con la quale rinunciava per sempre a tutti i suoi diritti e le sue prerogative. La Chiesa di Acquaviva perse così dopo oltre quattro secoli la sua indipendenza e fu sottomessa all'autorità degli arcivescovi di Bari.

La questione fu ripresa dagli acquavivesi dopo la pubblicazione della bolla Convenit di papa Benedetto XIV nel 1741 sui diritti del "Cappellano Maggiore del Regno" e sulle chiese palatine. Essi fecero ricorso al Cappellano Maggiore del Regno, «il quale, dopo una lunga serie di discussioni durate più di dieci anni, dopo un'infinità di esami e perizie, dopo cento allegazioni di avvocati celeberrimi, con sentenza del 16 gennaio 1789, riconfermata, contro appello della curia barese, il 27 aprile 1792»[10] riconobbe che la Chiesa di Acquaviva era di regio patronato e palatina e l'arciprete un prelato nullius dioecesis, ossia non sottomesso a nessuna autorità diocesana.[11] Furono tre i prelati nullius dopo la sentenza del 1789: Valerio Giustiniano Persio († 1800), Pietro Monticelli († 1815) e Ignazio Palmitessa († 1817).[12]

Ma la riconquistata autonomia della chiesa acquavivese durò poco. Infatti, in seguito al concordato tra Santa Sede e Regno delle Due Sicilie del febbraio 1818, in esecuzione di alcuni articoli segreti della convenzione del 1741, che prevedevano la soppressione delle prelature nullius del Regno, fu soppressa la prelatura di Acquaviva, aggregandola nuovamente all'arcidiocesi di Bari.[13] I tentativi di Acquaviva di recuperare le antiche prerogative furono respinti da rescritti regi del 1840 e 1844.

Alla fine di questo lungo percorso, la Chiesa di Acquaviva ebbe definitivamente la meglio. Infatti, il 17 agosto[14] 1848, con la bolla Si aliquando di papa Pio IX, la chiesa di Acquaviva fu sottratta alla giurisdizione dell'arcivescovo di Bari ed eretta a prelatura nullius, contestualmente unita aeque principaliter alla prelatura di Altamura. Con la medesima bolla le due prelature furono rese immediatamente soggette alla Santa Sede.

Altamura

Federico II di Svevia, dopo aver rifondato la città di Altamura attorno al 1230, vi eresse una grande chiesa dedicata all'Assunta, con il titolo di cappella palatina, alla quale concesse il privilegio dell'esenzione da qualsiasi giurisdizione vescovile e arcivescovile, dipendente solamente dal sovrano, al quale spettava la nomina degli arcipreti, e dalla Santa Sede. Primo arciprete, nominato da Federico II nel febbraio 1232, fu Riccardo da Brindisi,[15] che ottenne da papa Innocenzo IV nel 1248 la conferma delle disposizioni del re.[16]

Ben presto però i vescovi di Gravina[17] iniziarono a vantare diritti sulla chiesa altamurana, opponendosi alle decisioni prese; iniziò così una lunga vertenza, che durerà secoli, «tra i prelati di Altamura e i vescovi di Gravina, ognuno pronto a far valere con ogni mezzo i propri diritti, reali o presunti che fossero».[18]

I primi contrasti sorsero con l'avvento degli Angioini. Il vescovo di Gravina Giacomo (1250-1266) accusò gli altamurani di aver falsificato il diploma di Federico II e la bolla di Innocenzo IV; l'arciprete Palmiro De Viana fece ricorso al re Carlo I d'Angiò, che gli dette ragione; la Santa Sede intervenne a sua volta e depose il vescovo nell'ottobre del 1266. Il successore Pietro riprese la controversia, ma dovette riconoscere l'autenticità dei documenti altamurani e dunque l'indipendenza dell'arcipretura di Altamura.[19]

Le cose si complicarono ulteriormente sul finire del secolo, quando divenne vescovo di Gravina Giacomo II (1294-1308), che riprese con maggiore veemenza la controversia. L'arciprete Dionigi Juppart ebbe l'incauta idea di consegnare i documenti originali del 1232 e del 1248 al vescovo, che non ci pensò due volte a farli sparire per sempre; di questi documenti oggi si conservano solo copie. Entrambe le parti fecero ricorso a Carlo II d'Angiò, il quale, il 20 ottobre 1298, per sottrarre Altamura alle continue pretese di Gravina, unì l'arcipretura al Tesorierato[20] di San Nicola di Bari[21]; da questo momento, a partire da Pietro De Angeriaco, saranno nominati prelati di Altamura i tesorieri baresi, cosa mal sopportata dagli altamurani, che vedevano lesa la loro autonomia. In secondo luogo, il re ordinò un processo giurisdizionale, iniziato alla fine di luglio 1299 e conclusosi il 20 gennaio 1301 con un accordo tra l'arciprete di Altamura e il vescovo di Gravina, che riconobbe di fatto l'autonomia altamurana.[22] Al termine del processo, il tesoriere e prelato Pietro De Angeriaco fu oggetto di un attacco di sicari altamurani, che non riuscirono tuttavia nell'intento di assassinarlo.[23] Anche il successore Rostaino riuscì a salvarsi da un attentato nel 1316. Il vescovo gravinese Nicola (circa 1320-1335) riprese la controversia contro gli arcipreti di Altamura, subendo anche lui un duro smacco, con la sospensione a divinis e l'interdizione per sette anni.

Nel 1442 ebbe fine l'unione dell'arcipretura di Altamura con il tesorierato di San Nicola, nel momento in cui il signore altamurano Giovanni Antonio Orsini del Balzo avocò a sé il diritto di nomina del prelato Pietro Di Gargano. Il 23 settembre 1485 l'arciprete Francesco Rossi ottenne da papa Innocenzo VIII «il privilegio che elevava la chiesa di Altamura da parrocchiale a collegiata insigne con un aumento considerevole dei capitolari, concedeva all'arciprete gli jura episcopalia, cioè portare il rocchetto, impartire la solenne benedizione, conferire gli ordini minori, esercitare la superiorità e il diritto di punire i sacerdoti, fregiarsi delle insegne vescovili. Inoltre Innocenzo VIII disponeva che Altamura potesse chiamarsi città.»[24]

All'inizio del Cinquecento, i papi di Roma procedettero, per la prima volta, alla nomina dei prelati, nelle persone di Fabio Pignatelli e Niccolò Sapio. Il viceré di Napoli Pietro da Toledo, per ristabilire il diritto di nomina regia, nominò un contro-prelato, Vincenzo Salazar, che poté prendere possesso della sede solo nel 1550 e manu militari, con l'abbattimento delle porte della cattedrale, dove si era rinchiuso il capitolo. « A questo prelato si deve la costruzione della seconda torre campanaria e l'apposizione dei tre stemmi sulla facciata (quello di Carlo V d'Asburgo, di Pietro da Toledo e il suo) con una lunga iscrizione che ricordava le tappe storiche della prelatura nullius[25]

Papa Clemente VIII (1592-1605) soppresse definitivamente le liturgie in rito bizantino che da secoli si celebravano nella chiesa di San Nicola di Mira ad Altamura.

Alla fine del Cinquecento i vescovi di Gravina ripresero ad attentare all'autonomia della Chiesa altamurana. Vincenzo Giustiniani (1593-1614), nobile genovese, riprese l'antica controversia con i prelati di Altamura, dando inizio «ad una delle vertenze più violente che la storia ecclesiastica di Gravina e Altamura ricordi».[26] Nel 1601 infatti Giustiniani lanciò l'interdetto contro la città di Altamura e quattro anni dopo, con l'appoggio di papa Paolo V, tramutò l'interdetto in scomunica; il prelato altamurano Girolamo De Mari, recatosi a Roma per difendere le sue prerogative, venne arrestato e imprigionato. Nel 1622 fu tolta la scomunica, e tramite un concordato, sancito dalla bolla Decet romanum ponteficem del 15 febbraio[27], papa Gregorio XV riconobbe ai vescovi di Gravina il diritto all'esercizio degli iura episcopalia sulla Chiesa altamurana, con il divieto però di agire nel futuro contro il clero e il popolo di Altamura.[28]

Da questo momento l'università e l'arcipretura di Altamura agirono presso la Santa Sede affinché l'arcipretura nullius fosse elevata a sede episcopale. A nulla però valsero i tentativi effettuati, finché, alla fine del Settecento, ottennero che i loro prelati fossero consacrati vescovi titolari. E così il 29 gennaio 1798 l'arciprete Gioacchino de Gemmis, in carica fin dal 1783, ottenne il titolo di vescovo in partibus di Listra; fu solennemente consacrato nella cattedrale di Altamura il 18 marzo, consacranti Agnello Cattaneo di Matera, Pietro Mancini di Minervino e Francesco Saverio Saggese di Montepeloso.[29]

La vittoria definitiva di Altamura fu sancita con il concordato tra Santa Sede e Regno delle Due Sicilie del febbraio 1818, e con la successiva bolla De utiliori di papa Pio VII, con la quale il pontefice confermò la Chiesa di Altamura nel possesso e nell'esercizio dei suoi legittimi e canonici diritti (in possessione et exercitio eorum jurium quibus legitime et canonico gaudet, conservamus).

Il 17 agosto 1848, con la bolla Si aliquando di papa Pio IX, all'arcipretura nullius di Altamura fu unita aeque principaliter quella di Acquaviva, entrambe elevate a prelature nullius e rese immediatamente soggette alla Santa Sede. Altamura divenne la sede del prelato delle due sedi unite.

Altamura e Acquaviva

Dopo l'annessione del Regno delle Due Sicilie da parte del Regno di Sardegna, divenuto ufficialmente Regno d'Italia nel 1861, si aprì un periodo difficile per la prelatura poiché per lungo tempo, ben 17 anni (1862-1879), non fu possibile la nomina di un prelato da parte del nuovo sovrano poiché il governo italiano non era riconosciuto dalla Santa Sede, e solo con papa Leone XIII si trovò un accordo sulle nomine.

All'inizio del Novecento, le due prelature comprendevano un totale di 5 parrocchie, di cui quattro ad Altamura.[30]

In seguito al Concordato del 1929, la doppia prelatura smise di essere di patronato regio come chiesa palatina e la nomina passò direttamente al Vaticano, quindi il prelato Adolfo Verrienti (vescovo titolare di Calinda) si dimise nello stesso anno. Si noti peraltro che gran parte della ricca dotazione delle due arcipreture nullius era già stato trasferita nel 1891 a un'amministrazione civile unica per le chiese palatine e addirittura convertita in titoli di Stato nel 1915. Il clero venne perciò retribuito con assegni fissi a partire dalla prima guerra mondiale.

Mentre era prelato Domenico Dell'Aquila, fu celebrato l'unico sinodo delle due prelature, tra maggio e giugno del 1938.

Il 25 aprile 1975 il vescovo Salvatore Isgrò fu nominato sia prelato di Altamura che vescovo di Gravina (e Irsina), unendo così in persona episcopi le due sedi.[31] Questo fu il primo passo dell'unione definitiva delle tre sedi vescovili, soprattutto dopo che, dall'8 aprile 1978, Isgrò fu nominato anche prelato di Acquaviva delle Fonti[32]: il 17 ottobre successivo Isgrò costituì il Consiglio presbiterale interdiocesano; l'8 dicembre 1979 indisse la prima visita pastorale interdiocesana, attuata dal 1980 al 1981.

Il 20 ottobre 1980 con la bolla Qui Beatissimo Petro di papa Giovanni Paolo II Altamura e Acquaviva persero la loro secolare indipendenza ed entrarono a far parte della provincia ecclesiastica dell'arcidiocesi di Bari.

Al momento dell'unione con Gravina nel 1986, le due prelature erano costituite dai soli comuni sedi prelatizie e da 21 parrocchie, di cui 14 nel comune di Altamura[33]. e 7 in quello di Acquaviva delle Fonti[34].

Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti

Il 30 settembre 1986 con il decreto Instantibus votis della Congregazione per i Vescovi la diocesi di Gravina e le due prelature di Altamura ed Acquaviva delle Fonti, già unite in persona episcopi dal 1975, furono unite con la formula plena unione e la nuova circoscrizione ecclesiastica ha assunto il nome attuale. Contestualmente la chiesa prelatizia di Altamura è stata elevata al rango di cattedrale ed il territorio di Santeramo in Colle, già parte dell'arcidiocesi di Bari-Bitonto, è stato annesso alla nuova circoscrizione ecclesiastica. Tarcisio Pisani divenne il primo vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti.

Dopo i lavori di restauro, il 12 aprile 2017 è stata riaperta al culto la cattedrale di Santa Maria Assunta ad Altamura.

Cronotassi dei vescovi

Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.

Vescovi di Gravina

Exquisite-kfind.png Per approfondire, vedi la voce Diocesi di Gravina

Prelati di Altamura

Gioacchino de Gemmis, prelato di Altamura (17831818).
  • Riccardo da Brindisi † (febbraio 1232 - fine 1249 o inizio 1250 deceduto)
  • Niccolò Barbara † (1250 - 1262)
  • Giovanni Correnti † (1262 - 1264)
  • Palmiro De Viana † (1265 - 1266)
  • Niccolò Catamarra † (1270 - 1274 deceduto)
  • Giovanni I † (1275 - 1278 dimesso)[35]
  • Guglielmo De Corbolio † (21 ottobre 1279 - 1280 dimesso)
  • Pietro De Lusarchiis † (1280 - 1284 deceduto)
  • Roberto De Lusarchiis † (30 dicembre 1284 - 1285 dimesso)[36]
  • Giovanni II † (1285 dimesso)[35]
  • Giovanni III † (1285 - 1292 dimesso)[37]
  • Dionigi Juppart † (26 aprile 1293 - 1295)
  • Guglielmo De Venza † (1295 dimesso)
  • Pietro De Angeriaco † (1º maggio 1296 - 1308)[38]
  • Umberto De Montauro † (1308 - 1313)
  • Rostaino di Candole † (1313 - 1328)
  • Humfredo † (1328 - 1329)
  • Pietro De Moreriis † (1329 - 1335 dimesso)
  • Giovanni De Moreriis † (1336 - 1350)
  • Dionigi De Merlino † (1350 - 1366)
  • Guglielmo Gallo † (1367 - ?)
  • Pietro D'Anfilia † (1394 - 1399)
  • Antonio Berleth † (1400 - 1420)
  • Antonio Della Rocca † (1420 - 1442)
  • Pietro Di Gargano † (15 gennaio 1442 - 1464)
  • Antonio D'Ajello † (1464 - 6 novembre 1472 nominato arcivescovo di Bari)
    • Antonio del Giudice (o De Pirro) † (1472 - 31 gennaio 1477 nominato vescovo di Castellaneta) (amministratore regio)
  • Pietro Miguel † (febbraio 1477 - maggio 1477 dimesso)
  • Francesco Rossi † (maggio 1477 - 1527 deceduto)
  • Fabio Pignatelli † (29 luglio 1528 - circa febbraio 1529 dimesso)
  • Niccolò Sapio † (2 febbraio 1529 - 1548 deceduto)
  • Vincenzo Salazar † (1550 - 1557 deceduto)
  • Vincenzo Palagano † (1557 - 1579 deceduto)
  • Maurizio Moles † (5 novembre 1579 - 1580 dimesso)
  • Giulio Moles † (1580 - 1586 dimesso)
  • Girolamo De Mari † (1º marzo 1586 - 1624 deceduto)
    • Sede vacante (1624-1627)
  • Rodrigo D'Anaja e Guevara † (1627 - 1635 deceduto)
    • Sede vacante (1635-1640)
  • Alessandro Effrem † (12 aprile 1640 - 1644 deceduto)
    • Sede vacante (1644-1649)
  • Giovanni Montero Olivares † (1649 - 1656 nominato priore di San Nicola a Bari)
  • Giuseppe Cavalliere † (1656 - 9 giugno 1664 nominato vescovo di Monopoli)
  • Pietro Magri † (giugno 1664 - 3 agosto 1688 deceduto)
  • Nicola Abrusci † (circa maggio 1689 - 25 febbraio 1698 deceduto)
  • Baldassarre De Lerma † (1699 - 11 maggio 1717 deceduto)
  • Michele Orsi † (1718 - 2 marzo 1722 nominato arcivescovo di Otranto)
  • Damiano Poloù † (1724 - 25 giugno 1727 nominato arcivescovo di Reggio Calabria)
  • Antonio De Rinaldis † (20 settembre 1727 - 1746 deceduto)
  • Marcello Papiniano Cusano † (6 luglio 1747 - 12 marzo 1753 nominato arcivescovo di Otranto)
  • Giuseppe Mastrilli † (22 giugno 1753 - 1761 dimesso)
  • Bruno Angrisani † (9 settembre 1761 - 29 giugno 1775 deceduto)
  • Celestino Guidotti † (25 settembre 1775 - 1783 nominato vescovo di Monopoli)[39]
  • Gioacchino de Gemmis † (11 giugno 1783 - 26 giugno 1818 nominato vescovo di Melfi e Rapolla)
  • Federico Guarini, O.S.B. † (30 luglio 1818 - 23 giugno 1828 nominato vescovo di Venosa)
    • Cassiodoro Margarita † (1828 - 17 agosto 1848 dimesso) (amministratore regio)

Prelati di Altamura e Acquaviva delle Fonti

  • Giovanni Domenico Falconi † (17 agosto 1848 - 25 dicembre 1862 deceduto)[40]
    • Sede vacante (1862-1879)[41]
  • Luigi Marcello Pellegrini † (9 settembre 1879 - 16 ottobre 1894 deceduto)
    • Sede vacante (1894-1899)
  • Tommaso Cirielli † (12 marzo 1899 - 26 febbraio 1902 deceduto)
  • Carlo Caputo † (1902 - 14 gennaio 1904 nominato nunzio apostolico in Baviera)
  • Carlo Giuseppe Cecchini, O.P. † (27 gennaio 1904 - 4 dicembre 1909 nominato arcivescovo di Taranto)
  • Adolfo Verrienti † (23 giugno 1910 - giugno 1929 dimesso)
    • Sede vacante (1929-1932)
  • Domenico Dell'Aquila † (27 giugno 1932 - 12 luglio 1942 deceduto)
  • Giuseppe Della Cioppa † (17 luglio 1943 - 2 dicembre 1947 nominato vescovo di Alife)
  • Salvatore Rotolo, S.D.B. † (1º aprile 1948 - 1962 dimesso)
  • Antonio D'Erchia † (17 dicembre 1962 - 29 giugno 1969 nominato vescovo di Monopoli)
    • Sede vacante (1969-1975)[42]

Vescovi di Gravina e prelati di Altamura e Acquaviva delle Fonti

Vescovi di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti

Statistiche

Note
  1. Dal sito web della diocesi.
  2. Italia sacra, X, col. 15.
  3. Garruba, Serie critica de' sacri pastori baresi, p. 699 e p. 704, nota 2.
  4. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, p. 13.
  5. La città assunse il nome di Acquaviva delle Fonti con regio decreto del 4 gennaio 1863.
  6. Garruba è scettico sulla genuinità della bolla di Andrea III (Serie critica de' sacri pastori baresi, p. 700; pp. 205-206, nota 9). Testo della bolla in: Ughelli, Italia sacra, VII, coll. 641-642.
  7. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, p. 20.
  8. La chiesa di Acquaviva delle Fonti è palatina?, p. 379.
  9. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, p. 39.
  10. Lucarelli, La chiesa di Acquaviva delle Fonti è palatina?, p. 376.
  11. Come fa notare Lucarelli (op. cit., pp. 375-376), queste decisioni avevano un carattere amministrativo e civile, non supportate da nessuna conferma pontificia.
  12. Garruba, Serie critica de' sacri pastori baresi, p. 701.
  13. Garruba, Serie critica…, p. 701. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, p. 46.
  14. La bolla riporta la seguente data: Sexto decimo Kalendas Septembris, che corrisponde al 17 agosto e non al 16 agosto, come riportato da alcuni siti web e da alcuni autori.
  15. A. Giannuzzi, Le carte di Altamura (1232-1502), in "Codice diplomatico barese", vol. XII, Bari, 1935, doc. 1 pp. 3-4.
  16. Giannuzzi, "Codice diplomatico barese", vol. XII, Bari, 1935, doc. 1 pp. 3-4, doc. 2 p. 4, doc. 89 p. 93.
  17. «In età normanna il territorio su cui sorse Altamura era in grandissima parte sotto la giurisdizione del vescovo di Bitetto, come ormai accertato sulla scorta di documenti coevi oltre che dalle testimonianze rese nel processo giurisdizionale del 1299». Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, p. 20.
  18. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, p. 22.
  19. Il testo della dichiarazione del vescovo Pietro in: Michele Garruba, Esame su l'origine e su i privilegi del Priorato di San Nicola di Bari, Napoli, 1830, pp. 152-157.
  20. Organismo amministrativo istituito dallo stesso re il 15 aprile 1296, con un responsabile unico indipendente dal priore e dal capitolo. Tirelli, La "universitas hominum Altamure" dalla sua costituzione alla morte di Roberto d'Angiò, p. 117.
  21. Giannuzzi, "Codice diplomatico barese", vol. XII, Bari, 1935, doc. 81 pp. 78-79.
  22. Il documento originale è conservato nell'archivio della basilica di San Nicola a Bari; è costituito da 14 pergamene cucite fra loro per una lunghezza di oltre dieci metri e una larghezza di circa 50 centimetri (Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, p. 26, nota 34).
  23. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, p. 27.
  24. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, pp. 34-35.
  25. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, p. 38.
  26. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, p. 40.
  27. Testo della bolla e del concordato in: Ughelli, Italia sacra, VII, coll. 124-127.
  28. Dal sito Beweb - Beni ecclesiastici in web
  29. Pupillo, Le Chiese di Altamura, Gravina, Acquaviva delle Fonti…, pp. 44-45.
  30. Annuaire pontifical catholique, 1917, p. 395.
  31. L'11 ottobre 1976 fu sciolta l'unione aeque principaliter tra Gravina e Irsina.
  32. AAS 70 (1978), p. 299.
  33. Gazzetta ufficiale, Serie generale, Anno 127, nº 264, decreto del 13 novembre 1986, art. 1, p. 13.
  34. Gazzetta ufficiale, Serie generale, Anno 127, nº 246, decreto dell'11 ottobre 1986, art. 1, p. 17.
  35. 35,0 35,1 Chierico.
  36. Non sembra abbia mai preso possesso della sede. Serena, La chiesa di Altamura, la serie dei suoi prelati e le sue iscrizioni, p. 330.
  37. Abate.
  38. Da Pietro De Angeriaco fino ad Antonio Della Rocca (1296-1442), l'arcipretura di Altamura fu unita al tesorierato di San Nicola di Bari.
  39. Tuttavia rinunziò alla sede di Monopoli, ritirandosi a vivere a casa sua a Rutigliano.
  40. Da La famiglia Falconi.
  41. La nomina regia di un nuovo prelato era di fatto impossibile perché Pio IX non riconosceva il "nuovo" Re d'Italia e continuava a considerare l'esiliato re delle Due Sicilie Francesco II di Borbone come sovrano legittimo, finché nel 1879 il nuovo papa Leone XIII accettò la nomina fatta da Umberto I di Savoia (pur non essendoci ancora un riconoscimento diplomatico del nuovo Stato da parte della Santa Sede).
  42. Durante questo periodo furono amministratore apostolici Enrico Nicodemo (1969-1973) e Michele Giordano (1973-1975).
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni