Dino Torreggiani

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Servo di Dio Dino Torreggiani
Presbitero
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battezzato
Servo di Dio
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Titolo
Incarichi attuali
Età alla morte 78 anni
Nascita Villa Masone Frazione di Reggio Emilia
8 settembre 1905
Morte Palencia
27 settembre 1983
Sepoltura
Appartenenza
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Ordinazione presbiterale
Ordinazione presbiterale 24 marzo 1928 da Mons. Eduardo Brettoni
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Cardinali creazioni
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Collegamenti esterni
Invito all'ascolto
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«Che Dio non vi lasci mai mancare i poveri, i disperati, gli scarcerati, gli zingari: è questo il pegno sicurissimo della fecondatrice benedizione di Dio».
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(don Dino Torreggiani)

Servo di Dio Dino Torreggiani (Villa Masone Frazione di Reggio Emilia, 8 settembre 1905; † Palencia, 27 settembre 1983) è stato un presbitero e fondatore italiano.

Pur non disponendo delle risorse necessarie, riuscì ad aprire e sostenere decine di case dei Servi della Chiesa, dislocate in Italia, Spagna e Madagascar, oltre ad una casa di riposo per la gente dello spettacolo viaggiante a Scandicci.

Biografia

Nacque a Villa Masone, frazione di Reggio Emilia, da Giacomo, carrettiere di professione e vedovo con tre figli, e da Caterina Burani, anche lei vedova ma senza prole. Erano ferventi cattolici ed ebbero insieme sette figli: alla morte della figlia Firmina, adottarono una trovatella di nome Rosa. Ogni inverno davano ospitalità ad una carovana di zingari sotto il portico della casa e spesso condividevano la stessa mensa; da ciò nacque forse l'amore di Dino verso i nomadi.

Il ministero sacerdotale

Nel 1917, dopo aver frequentato la scuola primaria a Masone e poi a Reggio Emilia, entrò nel Seminario, distinguendosi per la sua vivace intelligenza, il senso del dovere e l'impegno nel servizio verso i più emarginati. Il suo desiderio di diventare sacerdote scaturì da due episodi imprevedibili: un fatto di sangue e l'incontro con una zingara. Nel mese di giugno 1914, durante una lite per motivi di interessi, alcuni suoi parenti che coltivavano un terreno di proprietà della parrocchia di San Bartolomeo in un paesino vicino a Reggio Emilia, uccisero il parroco Don Giuseppe Benassi. La madre di Dino, nella vergogna e nella costernazione del momento, ponendogli la mano sul capo gli disse:

« Tu prenderai il suo posto, sarai sacerdote»

Il secondo episodio avvenne quando lui era già sacerdote da tre anni: lo chiamarono per dare assistenza spirituale ad una zingara moribonda.

Fu lo stesso Torreggiani a raccontarlo:

« Corsi, senza nulla pensare, soltanto preoccupato di portare i conforti religiosi a quella creatura morente. Fui accolto con tanta cordialità e riconoscenza. Ricordo quel funerale, che fu di edificazione a tutta la parrocchia. Quell'episodio, senza accorgermi, segnava una svolta nella mia vita. »

Questo incontro, infatti, lo portò ad impegnarsi, per tutta la sua esistenza, a favore dei nomadi e dei giostrai.

Don Stefano Torelli, attuale Superiore generale dell'Istituto afferma che

« Il fuoco dello Spirito e del servizio non ha lasciato in pace Don Dino e Don Dino non ha lasciato in pace tanti sacerdoti, vescovi, laici»

L'oratorio di San Rocco

Il 24 marzo 1928 venne ordinato presbitero della diocesi di Reggio Emilia-Guastalla: dopo un breve incarico come vice-rettore del seminario, fu nominato assistente dei giovani dell'Azione Cattolica e responsabile dell'Oratorio San Rocco, dove svolse attivamente apostolato fra i giovani durante gli anni '30 e '40; tra i suoi allievi-collaboratori nell'oratorio vi furono Giuseppe Dossetti e Mario Simonazzi, il comandante partigiano Azor.

L'oratorio presente a Reggio Emilia, una città in cui la presenza cattolica era minoritaria, venne sostenuto e animato da Dino Torreggiani, passando dai 509 iscritti del 1930 ai 1202 del 1934; si occupava di studenti, soldati e operai e venne pure aperto un cinematografo. In quegli anni Don Dino non può essere definito un antifascista, ma fece in modo che l'esperienza dell'oratorio fosse comunque "altro" (cioè vocazione, povertà, spiritualità e impegno sociale), rispetto al regime nel quale veniva comunque sviluppandosi sempre più una ideologia totalitaria[1].

Dall'esperienza del San Rocco nacquero strutture di ogni genere: un Centro Studentesco e un Pensionato per giovani studenti, un circolo serale per operai e soldati, un dormitorio per persone in difficoltà economiche, la Casa per esercizi Spirituali Mario Bertini e il Piccolo Collegio San Giuseppe, fondato nel 1946 a Guastalla. Questo diventò poi un seminario minore per l'avvio dei giovani verso il sacerdozio, ma fu chiuso nel 1975 e i seminaristi furono trasferiti alla Casa di Reggio, fondata pure dal Torreggiani.

Nel 1929, assieme a Monsignore Angelo Spadoni, Don Dino istituì la Pia Società dei Figli e dellle Figlie del Divino Amore: è formata da sacerdoti e suore che vivono la loro consacrazione in riparazione dei peccati, soprattutto delle persone consacrate. Ma, allorchè il Vescovo rileva le deviazioni in materia teologica da parte di Mosignore Spadoni, fa lasciare a Don Dino San Rocco e questa Pia Società, affidandogli la parrocchia di Santa Teresa d'Avila.

Attività pastorale

Dal 1936 al 1945, scelse di fare il parroco nella parrocchia più povera della città, la chiesa di Santa Teresa. Qui, oltre a mettere la sua casa a disposizione di tutti e ricavare per i ragazzi un campetto da gioco dall'orto della parrocchia, si dedicò a salvare dalla prostituzione diverse ragazze e a curare in modo particolare l'Unione Catechisti, formata da giovani volti alla consacrazione con i tre voti, restando in famiglia: tra di loro c'erano Gino Colombo, Alberto Altana, Giuseppe Dossetti, Osvaldo Piacentini e Paolo Cigarini.

Con la carica di parroco, dovette pure prendere la direzione del Pio Istituto Artigianelli, fondato da Zeffirino Iodi e avente come scopo la formazione umana e professionale dei giovani più poveri del territorio. Nel 1937 il Torreggiani affidò la direzione di questo istituto ai Padri Stimmatini di Verona e altre diverse mansioni alle Ancelle della Carità di Brescia.

Durante la seconda guerra mondiale, grazie alla dedizione del Torreggiani e alla sua fiducia nella Divina Provvidenza, gli "Artigianelli" si salvarono dalla fame e dalla rovina. In quel periodo difficile, oltre ai problemi della sua parrocchia, si prendeva cura delle periferie proletarie di Reggio Emilia, visitandole e interessando i laici al servizio pastorale e sociale verso le famiglie.

Nel 1945, dopo la sua rinuncia dell'incarico presso la Parrocchia di Santa Teresa, Don Dino si impegnava a rifondare il suo Istituto, dapprima presso l'Arcispedale Santa Maria Nuova, e in seguito nell'ex carcere politico dei Servi di Maria. Alla fine delo stesso anno gli venne offerto dal Vescovo, Monsignore Zaffrani, il palazzo vescovile San Carlo di Guastalla, come sede per il collegio, e la scuola gratuita all'interno del seminario della sua diocesi.

L'11 settembre 1953, in occasione del 25° anniversario della sua ordinazione sacerdotale, Don Dino venne nominato Cameriere segreto di sua Santità da Papa Pio XII, che comprende il titolo di Monsignore.

Gli zingari e i circensi

Don Dino Torreggiani aveva dentro di sè il tormento di salvare delle anime e le cercava fra quelle più abbandonate; infatti, si dedicò soprattutto all'apostolato nelle carceri e tra i nomadi.[2] Negli anni Trenta, iniziò a occuparsi degli zingari, facendosi promotore presso l'amministrazione comunale di una iniziativa che desse una residenza stabile ai Sinti che lavoravano come saltinbanchi e giostrai; nel 1955 fondò così a Badia Polesine (provincia di Rovigo) la Casa della Divina Provvidenza destinata all'accoglienza dei bambini Sinti e gestita dai suoi Servi della Chiesa. A Treviso, nella sede di Villa Maria, invece, aprì nel 1954 quella per i ragazzi dello spettacolo viaggiante (Circhi e Luna Park) e nel 1952 a Scandicci in provincia di Firenze, una casa di riposo per gli anziani dei circhi.

Don Dino fu orgoglioso del titolo di Monsignore, non per sè ma per la Categoria di cui era Cappellano. Egli riuscì a dare ai Pontefici un momento di svago attraverso gli artisti circensi: Papa Giovanni XXIII ricevette in udienza il circo di Orlando Orfei; il settimanale La Domenica del Corriere dedicò una copertina all'evento, influendo positivamente sull'opinione pubblica e ridando a questi artisti la propria dignità.

Nel tempo l'impegno fu proseguito dai collaboratori don Alberto Altana e Daniele Simonazzi e ciò spiega le ragioni di un legame che accomunava Reggio Emilia e i nomadi[3]. Nel 1958 Don Dino creò l'OASNI (Opera Assistenza Spirituale Nomadi in Italia), di cui fu pure il primo direttore nazionale, nominato dal pontefice. Da esso nacque la Fondazione Migrantes, collegata alla CEI, e che assorbì l'OASNI.

Nel 1979 gli venne conferito un attestato di benemerenza per l'attività svolta tra la gente del viaggio da parte di Italo Gelmini, Presidente dell'Associazione Italiana dello Spettacolo. Nel 1981, dopo le dimissioni da direttore dell'OASNI, Torreggiani venne nominato Prelato d'onore di Sua Santità da Papa Giovanni Paolo II.

Nelle carceri

Nel 1946 Torreggiani venne nominato da Monsignore Beniamino Socche cappellano del carcere di San Tommaso, incarico tenuto fino al 1970. In compagnia di Don Giuseppe Girelli, un sacerdote originario di Verona e altri della zona di Reggio, fece la visita di parecchie carceri italiane, fornendo un'assistenza spirituale che fu di sostegno al reinserimento nella società civile degli ex-detenuti, spesso non più accettati dalle famiglie e dalla società. Fu l'artefice anche della fondazione delle case di accoglienza per loro a Reggio Emilia, a Ronco all'Adige di Verona, a Baggiovara e in provincia di Modena. Inoltre, mandò alcuni sacerdoti e laici del suo Istituto nelle carceri di Reggio, Pianosa e Trapani.

Don Dino diceva che i detenuti sono due volte poveri, perchè hanno avuto la disgrazia della delinquenza e perchè quando usciranno di prigione saranno eternamente emarginati.

Nel 1961, il ministro di Grazia e Giustizia, riconoscendo le sue varie attività a favore dei detenuti e degli ex-carcerati, gli assegnò la medaglia d'argento al merito della redenzione sociale.

Servi della Chiesa

Dopo la conclusione della seconda guerra mondiale, nei primi mesi del 1945, avuto il permesso del Vescovo, Torreggiani lasciò la parrocchia per dedicarsi ai giovani e ai ragazzi poveri, nei quali vedeva una "chiamata" alla consacrazione: questi diventarono i suoi "Servi della Chiesa", un gruppo di sacerdoti e laici consacrati direttamente dal Vescovo.

Con questi giovani e altre persone, legate ai 3 voti di povertà, castità e obbedienza e dedite all'evangelizzazione tra i più poveri (e su consiglio di Don Giovanni Calabria), Torreggiani diede vita all'Istituto secolare dei Servi della Chiesa, approvato, il 19 marzo del 1948, dal vescovo della Diocesi di Reggio Emilia, Beniamino Socche, dopo il riconoscimento degli Istituti secolari da parte del papa Pio XII nel febbraio del 1947.

Nel 1948, Don Dino venne nominato Superiore Generale dell'Istituto: il 19 marzo 1949 venne ordinato il primo sacerdote proveniente dai Servi della Chiesa, Don Alberto Altana. Da quel momento i sacerdoti diocesani e i laici potevano svolgere il proprio ministero senza l'obbligo di vivere in convento o in una congregazione religiosa; i laici potevano rimanere nel proprio ambiente familiare e di lavoro. Questo era quanto aveva desiderato sempre, seminando e facendo maturare un po' dappertutto le vocazioni. Si può quindi affermare, che le intuizioni e le convinzioni di Torreggiani erano consone alle decisioni prese durante il Concilio Vaticano II. Nell'Anno santo 1950 l'Istituto prese parte al 1° Congresso mondiale degli Istituti secolari tenutosi a Roma.

Nel 1956 i Servi della Chiesa iniziarono ad operare a Napoli come sacristi della Cattedrale e, quindi, del Tempio dell'Incoronata a Capodimonte; lo stesso anno Don Dino fu eletto Superiore Generale dall'Assemblea dei Servi e venne formato il nuovo consiglio generale dell'Istituto.

Nel 1963 Paolo VI diede in affidamento la parrocchia di San Gregorio Magno alla Magliana di Roma, ai Servi della Chiesa:i pastori a capo di essa erano Don Alberto Altana e Don Pietro Cecchelani. Nel 1963, aprì in Spagna due case di formazione a Paredes de Nava e a Tordesillas, in Castiglia, pensando di recarsi poi in America Latina, ma nel 1967, accogliendo l'invito del nuovo Vescovo, Mons. Gilberto Baroni, decise di prendere parte alla missione diocesana in Madagascar, prima con due e, in seguito, con altri cinque Servi della Chiesa.

Agli inizi degli anni settanta, con il pensiero rivolto al futuro dell'Istituto, chiese ad altri laici e sacerdoti di prenderne la direzione. Nel 1972 venne eletto Superiore generale Don Alberto Altana, mentre Don Dino venne proclamato consigliere generale a vita. Allo stesso tempo furono approvate le nuove Costituzioni. Sul Torreggiani pesava la stanchezza e la debolezza nel corpo, reagendo però con forza, a volte con durezza, quando non era ascoltato da chi dirigeva l'Istituto. Nel 1973, a seguito delle dimissioni di Don Alberto, venne eletto Superiore generale Renato Galleno, che per diversi anni aveva retto il collegio di Villa Maria di Treviso; nel 1977 gli succedette nella carica Don Angelo Scalabrini. In questa occasione Don Dino dovette abbandonare il Consiglio Generale, anche se gli venne riconosciuto il merito di essere stato il fondatore dell'Istituto. L'anno seguente vennero accolte anche le donne fra i Servi della Chiesa, con l'ingresso di Virginia Beneventi in Italia e di Germaine Ravaonirina, la prima serva malgascia.

Il 30 agosto 1983 Torreggiani, nonostante il precario stato di salute, partì per la Spagna, dove si voleva attivare per il rilancio dell'Istituto, accogliendovi anche i Gitanos delle periferie cittadine, e preparare nuovi Servi da mandare in America Latina. Ma purtroppo soffriva di diabete ed aveva problemi di cuore: il 26 settembre, mentre era in visita ai Servi della Chiesa, a Castrejón de la Peña, una cittadina a centoventi chilometri dalla città di Palencia, ebbe un infarto e morì l'indomani in ospedale. I funerali si svolsero nella cattedrale di Reggio Emilia il 4 ottobre seguente e venne sepellito nella tomba di famiglia di Villa Masone.

Il 19 marzo 2006 il vescovo Adriano Caprioli ha aperto il processo di beatificazione.

Diaconato permanente

Fin dal 1953, in occasione della Scuola apostolica per gli impiegati parrocchiali a Pian Paradiso di Civita Castellana (Viterbo), aveva in mente l'idea del ripristino del Diaconato permanente; riprese poi l'iniziativa nel 1955, ma senza risultati positivi.

Allorchè Paolo VI, dopo Giovanni XXIII, ha indetto il Concilio Vaticano II, Don Dino riprese questo tema con rinnovato impegno. Il 3 ottobre 1963 pubblicò un articolo sulla rivista spagnola di avanguardia cattolica El Incunable in cui prospettava l'urgenza della restaurazione del Diaconato all'interno della Chiesa Cattolica; egli affermava:

« La carità cristiana negli ultimi secoli è stata svuotata del suo Spirito soprannaturale anche presso i popoli cattolici, e ridotta a sterile assistenza sociale, per la mancanza di consacrati al servizio della carità ai poveri. Soltanto il richiamo al servizio della carità dei diaconi rianimerà di spirito eucaristico la carità,sì che il dono dei fratelli all'altare sia portato nelle mani dei poveri e la grazia del Corpo Mistico diffusa in tutti. ...... I diaconi ... prepareranno i cuori a ricevere la verità del Santo Vangelo. »

Tale documento, pubblicato in diverse riviste, sia in Spagna che in Italia, e diffuso largamente tra i Vescovi e i teologi, affermava che l'esigenza del Diaconato nella Chiesa non è legata alla scarsità del Clero, e che anzi la presenza dei diaconi è diretta a favorire una migliore comprensione di ciò che è essenziale nel ministero sacerdotale. Per Don Dino, infatti, l'intuizione del diaconato permanente scaturisce dall’originalità del servizio cristiano che è diaconia di Cristo e trova nel sacramento del diaconato l'espressione ministeriale appropriata.

Nell'agosto del 1964, sulla rivista Settimana del clero, pubblicava un ampio studio (a puntate nei numeri dal 31 al 34) sotto il titolo: Il Problema della rinascita del Diaconato. Alla fine delle sue proposte, auspicava che la Chiesa richiamasse il Diaconato alla sua piena funzionalità.

Una proposta in tal senso, diretta ai Padri Conciliari e da lui ispirata, venne concretata in un documento preparato da Don Giuseppe Dossetti e Don Alberto Altana e venne presentata in Aula da monsignor Abele Conigli, vescovo di Teramo. Don Dossetti svolse un'opera decisiva per condurre l'Assemblea del Concilio alle deliberazioni sul Diaconato, opera dovuta, almeno inparte, ad un influsso delle convinzioni di Don Dino.

Il 21 novembre 1964 Papa Paolo VI promulgava la Costituzione Conciliare Lumen Gentium il Concilio che conteneva al n.29 il ripristino del Diaconato permanente nella Chiesa. Infine la (C.E.I.) ha approvato il 13 novembre 1970 il ripristino del Diaconato nella Chiesa.

Don Dino, come si era impegnato, inaugurava a Baggiovara di Modena la Scuola di formazione per Diaconi l'8 aprile 1966, ma l'iniziativa venne fermata dalla CEI; solo dopo il 1972, con le direttive sicure, le Diocesi poterono iniziare il lavoro di accoglienza e formazione degli aspiranti e procedere alle sacre ordinazioni diaconali.

Rapporti con i Neocatecumenali

Don Dino aveva conosciuto Kiko Argüello (fondatore del Cammino Neocatecumenale) a Santiago di Avila, in Spagna, nel 1967. In questo primo incontro ebbe modo di conoscere la sua storia: da tre anni aveva deciso di stare in mezzo ai baraccati delle periferie di Madrid; dava loro aiuto ed affetto, oltre a diffondere fra di loro il Vangelo, accompagnandosi alla chitarra con dei canti di sua composizione. Nella sua opera era affiancato anche da sacerdoti e dall'arcivescovo di Madrid, monsignore Casimiro Morcillo.

Il carisma dei Neocatumenali prevede la riscoperta del dono del battesimo attraverso la Sacra Scrittura; essi fanno un grande cammino di preghiera e di studio della Parola di Dio, guidati da catechisti e sacerdoti. Dopo 10 anni di studio, rivivono la grazia del battesimo (rinnovato durante la Santa Messa in maniera simbolica) con letture, canti e danze gioiose.

A Don Dino piacque subito questa proposta ed invitò Kiko a venire in Italia, prima a Reggio Emilia, poi a Scandicci e, infine, a Roma; il 31 maggio 1968 lo stesso ebbe il permesso, da parte di Mons. Morcillo, di potere incontrare i vescovi italiani. Il Torreggiani gli mise a disposizione la casa di Scandicci e quella di Roma per più di sei mesi; in Italia Kiko aprì le sue prime comunità vicino a Scandicci e a Roma.

Onorificenze e Riconoscimenti

  • Medaglia d’argento al merito della redenzione sociale; motivazione: per essersi particolarmente distinto nello svolgere opera per la emenda, la rieducazione e la riabilitazione dei detenuti e dei minorenni traviati e per l'assistenza ai liberati dal carcere. (Ministero di Grazia e Giustizia, (6 ottobre 1961).
  • Attestato di benemerenza per l'attività svolta tra la gente dello spettacolo viaggiante, conferitogli da parte di Italo Gelmini, Presidente dell'Associazione Italiana dello Spettacolo (1979).

In attesa della Beatificazione

Mercoledì 27 settembre 2023 alle ore 19, nel 40° anniversario della scomparsa di Don Dino, S.E. Mons. Giacomo Morandi, vescovo di Reggio Emilia, ha presieduto la solenne Celebrazione Eucaristica nella Cattedrale Santa Maria Assunta di Reggio Emilia. Durante la santa Messa è avvenuta la Sessione di chiusura dell'Inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio Don Dino Torreggiani. Tutta la documentazione è stata inviata a Roma per la fase di verifica e conoscenza da parte della Congregazione per le Cause dei Santi.

Note
  1. Loccidentale su loccidentale.it. URL consultato il 01-01-2019
  2. Giuseppe Dossetti: un itinerario spirituale su books.google.com, p. pag 23, Google Book. URL consultato il 24-01-2019
  3. «I nomadi a Reggio? Una storia lunga 70 anni» su gazzettadireggio.gelocal.it. URL consultato il 19-04-2020
Bibliografia
  • Don Mario Pini, Don Dino...lo ricordo così, E.Lui editore, 2017
  • Antonio Lusuardi, Una vita per servire: Don Dino Torreggiani, Arti Grafiche Campo, Alcamo, 2010
Voci correlate
Collegamenti esterni