Giuseppe Baini
Giuseppe Giacobbe Baldassarre Baini Presbitero | |
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Giuseppe Baini | |
Età alla morte | 68 anni |
Nascita | Roma 21 ottobre 1775 |
Morte | Roma 21 maggio 1844 |
Ordinazione presbiterale | Roma, 8 settembre 1798 da papa Pio VI |
Invito all'ascolto |
Giuseppe Giacobbe Baldassarre Baini (Roma, 21 ottobre 1775; † Roma, 21 maggio 1844) è stato un presbitero, compositore di musica sacra, musicologo e cantore italiano. Meglio noto come l'abate Baini, fu direttore per ventiquattro anni della Cappella Musicale Pontificia "Sistina". La sua passione per la polifonia rinascimentale lo condusse a dedicare tutta la vita allo studio della figura di Giovanni Pierluigi da Palestrina.
Vita
Nacque da una famiglia di condizioni modeste: il padre Antonio, veneziano, era sarto, mentre la mamma Caterina Nesi proveniva da Siena. La mamma morì dopo pochi anni e il fanciullo ricevette la sua prima educazione presso la Casa degli orfani della chiesa di Santa Maria in Aquiro, mentre lo zio paterno Lorenzo Baini lo iniziò al gusto e allo studio della musica.
Il 21 ottobre 1788, a soli tredici anni, entrò nel seminario romano dove, oltre a procurarsi una approfondita preparazione nella letteratura, nella filosofia e nella teologia, si impegnò nello studio della musica sacra, del gregoriano e della polifonia seguendo gli insegnamenti di don Stefano Silveyra.
Fu da subito chiaro che la musica era il suo talento naturale; egli vi si dedicava con passione, attratto non solo dal gregoriano, che a quei tempi era l'unico genere consentito agli studenti del seminario, ma anche e soprattutto dagli autori successivi, a partire dalla ars nova in avanti; e ancora prima di terminare gli studi, era in grado di fare le veci del direttore della cappella musicale nella chiesa di Sant'Ignazio di Loyola di Roma.
Era anche dotato di voce da basso potente e molto estesa[1], che fu notata in un episodio curioso: il 29 dicembre 1794, allorché per la festa di San Tommaso Becket ebbe luogo la Cappella cardinalizia nell'oratorio del Venerable English College, egli, benché non avesse mai cantato la polifonia, di nascosto si unì al coro della Cappella Sistina e diede prova delle sue alte qualità di cantore.
In seguito a ciò, gli stessi cantori papali lo incoraggiarono a far parte della loro compagine, nella quale egli entrò il 2 marzo 1795: don Andrea Lauri, rettore del seminario, non fu affatto felice della scelta, scontento di perdere un valente elemento, ma, come si legge nel Diario del puntatore di quell'anno, testimoniò in suo favore insuper cantus gregoriani scientia ita pollere, ut ceteris adiumento sit et incitamento[2]. Presso la Sistina egli poté perfezionarsi nel canto insieme a Saverio Bianchini[3].
L'8 settembre 1798 ricevette l'ordinazione sacerdotale e per qualche mese risiedette a Sant'Elena[4], ma già nell'ottobre del 1799 tornò a Roma per continuare gli studi musicali con l'organista Giambattista Batti, con lo zio Lorenzo e dal 1802 - per il contrappunto - col maestro Giuseppe Jannacconi, col quale coltivò un vero rapporto di amicizia e che fu da lui ricordato sempre con grande affetto.
Fu proprio Jannacconi che lo avviò allo studio intenso e approfondito delle opere di Palestrina. Infatti, da quegli anni Baini si dedicò alla raccolta di tutte le opere palestriniane e alla loro messa in partitura, una impresa che lo impegnò per tutta la vita, insieme alla composizione di musica sacra, rigorosamente nel contrappunto dello stile della scuola romana rinascimentale, e all'insegnamento presso la Scuola Cristiana degli Ignorantelli presso la Chiesa della Trinità dei Monti.
Il suo rigore e la serietà dei suoi studi, uniti alla filantropica pratica dell'insegnamento gratuito, gli guadagnarono stima in tutti gli ambienti: Franz Sales Kandler[5] espresse nel suo scritto un elogio per la sua bella voce e per la maniera sapiente con cui dirigeva la cappella. Per desiderio di papa Pio VII, gli fu anche commissionato un Miserere a dieci voci, che fu eseguito per la prima volta il Venerdì Santo 20 aprile dell'anno 1821, e che fu così gradito che eccezionalmente da allora in poi - unico fra le centinaia di partiture esistenti - veniva eseguito nella Settimana Santa alternativamente con quelli canonici di Gregorio Allegri e Tommaso Bai. In occasione di questa composizione egli approfondì lo studio sul Miserere di Allegri e poté contribuire alla ricostruzione delle vicende di questa composizione misteriosa.
Fu ammirato persino negli ambienti ostili alla Chiesa romana. Infatti, nel 1811 Alexandre-Étienne Choron, incaricato dal potente ministro francese Félix Julien Jean Bigot de Préameneu[6]di riorganizzare l'ambito corale delle chiese, gli volle assegnare la prestigiosa mansione di direttore generale della musica ecclesiastica: nonostante le insistenze di Choron, Baini non accettò, con scuse e motivi che lasciarono chiaramente trapelare la sua totale fedeltà al Papa.
E tale fedeltà dimostrò anche con i fatti, astenendosi dal 10 giugno 1809[7] da qualunque attività che non fosse quella di maestro (e successivamente direttore) della scuola lasalliana o di pastore nella chiesa di San Silvestro in Capite, fino al ritorno a Roma di Pio VII il 24 maggio 1814.
La sua integrità fu premiata sia dal papa che dai suoi colleghi cantori: confidando sul suo alto senso morale, il Pontefice gli assegnò la responsabilità di ricollocare al palazzo del Quirinale tutto l'archivio musicale della cappella pontificia, che era stato trasportato alla Biblioteca vaticana; dopo poco i coristi papali, convinti dalle sue qualità vocali e soprattutto dalla sua grande preparazione musicale, lo elessero per acclamazione maestro di cappella il 28 dicembre 1816 (era appena diventato segretario puntatore)[8] e all'unanimità pro-camerlengo il 25 agosto 1819[9].
L'insegnamento della musica fu uno degli scopi della sua vita; d'altronde egli doveva affrontare il problema dello scarso livello artistico dei cantori: quindi, a partire da questi anni egli istituì nella propria casa le Accademie, cioè due o più sedute di insegnamento e di perfezionamento per i coristi papali (sedute che successivamente, nel 1838, diventarono obbligatorie). Dopo poco tentò anche di fondare una scuola di canto per ragazzi e un conservatorio, ma, nonostante che i suoi desideri ricevessero l'approvazione papale, egli riuscì solo ad organizzare una classe di solfeggio.
Come risulta dai Diari del puntatore per gli anni seguenti, dal 1820 egli fu sempre eletto alla carica di camerlengo, fino alla morte: dapprima per elezione annuale da parte dei suoi colleghi, poi per nomina perpetua di papa Gregorio XVI, che il 28 novembre 1841 lo nominò Cameriere di onore in abito paonazzo e il successivo 2 dicembre gli confermò la dignità di camerlengo e di direttore perpetuo della cappella pontificia [10].
Nel frattempo egli, continuando a dedicarsi agli studi su Palestrina, pensò di curare l'edizione completa delle sue opere: nel 1821-22 cercò un mezzo per finanziare l'impresa, ma non riuscì nel suo intento tramite sottoscrizione. Neppure ebbero esito positivo i contatti fra la Santa Sede e la Prussia di Federico Guglielmo III: per il tramite dell'ambasciatore prussiano, barone Von Bunsen[11], furono contattati - ma senza concludere alcunché - sia gli editori Breitkopf e Härtel di Lipsia[12]sia Karl Proske[13].
Fu ancora la sua fama di studioso competente e retto a muovere addirittura la Congregazione di Santa Cecilia, rivale della Sistina, a chiedere nel 1825 la sua collaborazione come esaminatore: egli non era membro della Congregazione, pertanto i Ceciliani dovettero chiedere il permesso a papa Leone XII[14]. Egli accettò di buon grado l'incarico, nonostante alcuni anni prima si fosse trovato in contrasto con detta istituzione[15], ma, di nuovo trovandosi in mezzo ad una controversia sorta tra la Congregazione ed i cantori papali, nel 1830 per correttezza si dimise.
Le più prestigiose Accademie europee gli conferirono varie nomine onorifiche a membro onorario: l'Accademia di Musica di Svezia nel 1827; l'Accademia Filarmonica di Vienna nel 1836; l'Accademia Filarmonica di Roma nel 1836; la sezione musicale dell'Accademia reale di Belle Arti di Berlino nel 1837; l'Accademia Nazionale di San Luca nel 1838; l'Accademia di Stoccarda nel 1839; divenne nel 1840 corrispondente del Gabinetto Vieusseux [16].
Tutti questi riconoscimenti non scalfirono l'austerità della sua vita, che proseguì, nonostante i problemi di salute, in laboriosa attività di studio e di insegnamento sino all'ultimo giorno. La sua maturata attività di cantore e di studioso musicista lo resero protagonista di una svolta ancora non ben delineata nella storia della Cappella pontificia: infatti egli riunì su di sé il decano dei bassi, deputato a segnare il tempo di esecuzione, il decano dei solisti, incaricato di dare l'attacco, e il direttore del coro. Si avviò così la strada verso la figura moderna del direttore della Cappella Pontificia[17].
Alla morte lasciò tutta la sua biblioteca e le sue opere alla Biblioteca Casanatense: solo le opere di Palestrina furono trasportate nell'Archivio Pontificio. La sua scomparsa fu particolarmente sentita, in special modo nella Cappella papale, della quale egli era diventato la vera anima.
La visione artistica
Baini fu custode fedele delle più pure tradizioni musicali e delle norme scritte o tramandate oralmente nel coro papale. La sua visione artistica rimase pienamente nel solco della tradizione: la musica sacra non poteva che essere la polifonia vocale rinascimentale, così come meravigliosamente messa in partitura da Palestrina e dagli altri rappresentanti della scuola romana del Cinquecento, scuola che aveva dato e dava ancora e sempre modelli di musica sacra, ai quali bastava richiamare l'esecuzione moderna.
Questa impostazione emerse in tutta la sua opera, dedicata per la maggior parte allo studio e al recupero della musica di Palestrina, e alla riconsegna delle regole delle sue armonie alle nuove generazioni tramite l'insegnamento del contrappunto nello stile - appunto - alla Palestrina.
La critica odierna rileva una certa ristrettezza di visuale, così focalizzata su un unico stile musicale; ciò lo portò anche a valutare negativamente la produzione a lui contemporanea, specialmente quella strumentale che egli aborrì ed abolì dai suoi programmi di insegnamento.
Fu per questo che egli, per esempio, non appoggiò il progetto di riforma della musica liturgica di Gaspare Spontini[18], che nel 1838 gli chiese collaborazione: egli riteneva che questa riforma non fosse consona, in quanto moderna e oltretutto proveniente da un paese protestante.
Egli fu dunque coerente con la sua visione, e questo gli permise di trasmetterci un patrimonio inestimabile di musiche polifoniche della scuola romana, patrimonio che egli consegnò con amore ai suoi allievi; tra di essi si annoverarono anche nomi illustri della musica europea ottocentesca come Nicolò Cartoni[19], Adrien de la Fage, Carl Otto Nicolai e soprattutto Karl Proske, attraverso il quale l'amore per la pura polifonia rinascimentale si diffuse nei cori cattolici tedeschi.
Opere
Produzione musicale
La sua opera musicale più nota ed eseguita è l'inno Panis Angelicus, scritto per tre voci a cappella. Ma egli mise in partitura numerosi brani, quasi tutta di musica sacra e rigorosamente nello stile polifonico rinascimentale, che comprendono:
- messe, fra cui una Missa brevis a tre voci a cappella e una messa Quae est ista? a otto voci del 1804;
- antifone, salmi, inno e cantico, a otto voci, per il primo e il secondo vespro della festa dell'immacolata concezione;
- una grande quantità di mottetti: i più rimarchevoli sono Oremus pro Pontifice Pio (21 marzo 1815) e Apparuit Dominus Salomoni (6 febbraio 1837), a 8 voci, dedicato ad Adriano Fieschi Prefetto del Santo Palazzo Apostolico, mottetto che si cantava all'offertorio nella Messa anniversaria dell'incoronazione del papa regnante[20]; ma la lista dei titoli è assai lunga: Adoramus te Christe, mottetto per i defunti a tre voci e organo; Aghios o Theos a tre voci; Basileo uranie Paraclite a tre voci; Beati mortui, mottetto a tre voci, 2 tenori e basso, con organo; Beati mortui, mottetto a quattro voci; De profundis tenebrarum a tre voci; Dirupisti Domine a otto voci; Et cum gaudio a quattro voci; Hei mihi Domine a quattro voci; Hodie nata est beata virgo maria a otto voci; Holy Mary refuge of sinners a quattro voci, dedicato a mons. Benedetto Naro; Immaculata virginis conceptio a otto voci; O monoghenis Tios a quattro voci del 7 maggio 1841; Peccavimus cum patribus nostris sei voci del 12 marzo 1811; Petrus Apostolus a quattro voci del 13 giugno 1824; Quae est ista? a otto voci; Quis ascendit in montem domini a cinque voci; Phoebe, silvarum potens Diana a quattro voci del 13 marzo 1837; Plaudite romulide a otto voci, dedicato al vescovo Thomas Weld; Recordare virgo mater a tre voci; Se imnumen, se eulogumen a tre voci; Tu es pastor ovium a tre voci del 24 giugno 1811; Veni sponsa Christi a quattro voci, dedicato a mons. Benedetto Naro;
- litanie della Beata Vergine Maria a tre voci a cappella;
- inni: soprattutto il Te Deum, a otto voci per due cori (1815); ma anche Ave maris stella per 2 cori di 4 voci ciascuna; Ave maris stella a quattro voci e organo; Decus morum dux minorum a quattro voci; Iste confessor tre voci del 18 giugno 1819; Martinae celebri plaudite nomini a tre voci; O summe doctor coelitum a sette voci, dedicato al vescovo Thomas Weld; Pange lingua doppio coro a quattro voci a quattro voci, dedicato a mons. Benedetto Naro; Pange lingua a quattro voci del 19 giugno 1810; Sacram venite supplices a quattro voci, dedicato al vescovo Thomas Weld;
- sequenze: Dies irae, a sette voci (1825); Stabat mater a tre voci (15 settembre 1811); Lauda Sion Salvatorem a otto voci, dedicato a mons. Benedetto Naro;
- cantici: Benedictus, cantico gregoriano a sei voci con coro (1837) dedicato ad Adriano Fieschi Prefetto del Santo Palazzo Apostolico;
- passio: Passione secondo Marco a quattro voci; Risposta delle turbe a quattro voci, dedicato al vescovo Thomas Weld;
- responsori; Responsoria ad passionem secundum Lucam 15 responsori a quattro voci del 1830, dedicato a Luigi Del Drago; Responsorio di San Filippo Neri a due voci con organo;
- un madrigale: Senza procelle ancora;
- la risoluzione dei canoni del padre Giovanni Battista Martini;
e ancora gradualia, alleluia, recitativi, antifone.
Trattati e saggistica
Memorie storico-critiche della vita e delle opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina
La sua opera più importante furono senza dubbio i due volumi della monumentale biografia di Palestrina, intitolata Memorie storico-critiche della vita e delle opere di Giovanni Pierluigi da Palestrina, cappellano cantore, e quindi compositore della cappella pontificia, maestro di cappella delle basiliche vaticana, lateranense e liberiana, detto il Principe della musica, edito in Roma dalla Società Tipografica nel 1828; secondo Fétis questa è un des plus beaux monuments de l'histoire de l'art[21].
Baini ritrasse Palestrina come una figura eroica che salvò la musica della chiesa cattolica dal divieto della Controriforma e come l'apice della storia della musica: tanto che lo tributò dell'appellativo ancora oggi usato di Principe della musica.
L'opera occupò trent'anni della vita di Baini, il quale attese al compito con dedizione e premure assidue. La critica non ha mai risparmiato di notare numerosi difetti in quest'opera: il desiderio di approfondire tutte le questioni che gli si presentavano condussero l'autore qui e là a perdere di vista l'obiettivo principale, tanto che gli avvenimenti della vita di Palestrina sono contenuti praticamente nelle ultime pagine del secondo libro; inoltre sono state riscontrate vere e proprie inesattezze storiche.
Tuttavia, l'importanza delle Memorie di Baini rimane fondamentale, non solo per Palestrina, ma per la musica italiana del XVI – XVII secolo. Egli infatti diede conto di un gran numero di preziosi manoscritti da lui meticolosamente compulsati: i diari della cappella Sistina, le memorie di Ottavio Pitoni, le composizioni dei maestri fiamminghi e italiani in uso nella cappella pontificia, tutti documenti di un archivio per lungo tempo chiuso al pubblico[22].
I meriti indiscussi delle Memorie sono vari: è stata la prima analisi esauriente della vita e delle opere di Palestrina; ha delineato una storia della musica sacra dalle origini fino alla scuola romana; ha affrontato con sapienza e conoscenza profonda problemi di storia musicale, così come ha tentato di risolvere questioni teoriche; ha fatto rivivere compositori rimasti ignoti o ravvivato la memoria di altri mal conosciuti.
L'opera riscosse immediatamente molta attenzione soprattutto in ambiente germanico, dove l'interesse per Palestrina e la scuola romana era maggiore che in Italia. Franz Sales Kandler iniziò la traduzione in tedesco, che, rimasta incompiuta, fu terminata e pubblicata nel 1834 da Raphael George Kiesewetter[23] in una edizione differente dall'originale, specie nello spostamento in appendice delle annotazioni biografiche a piè di pagina.
Altri scritti
Il suo primo scritto fu Lettera sopra il motetto a quattro cori del sig. D. Marco Santucci, premiato dell'Academia Napoleone in Lucca l'anno 1806 come lavoro di genere nuovo. Marco Santucci aveva composto un mottetto a quattro cori, e ciò era stato considerato dall'Accademia come una novità: nell'operetta ironicamente Baini, citando una lunga serie di compositori come Paolo Agostini, Orazio Benevoli, Antonio Maria Abbatini, Francesco Berretta e molti altri fino al suo maestro e amico Jannacconi, mostrò come il genere nuovo non fosse altro che l'eredità dei principi sanciti dalla polifonia rinascimentale, dalla quale nel XVI, XVII e XVIII secolo erano scaturite composizioni a sei, venti, ventiquattro, trentadue e perfino quarantotto voci.
La seconda opera fu il Saggio sopra l'identità de' ritmi musicale e poetico, dalla stamperia Piatti di Firenze nel 1820. Fu scritta in risposta a sedici quesiti posti a lui dal conte di Saint Leu[24], il quale curò poi l'edizione del saggio in italiano e in traduzione francese. Kandler prese questo breve scritto come esempio dimostrativo che i ritmi musicali e poetici degli antichi greci erano gli stessi dei moderni, opinione però confutata da Fétis[25].
Diversi scritti furono dedicati agli scopi didattici:
- Cenni per fughe scolastiche
- Temi per fughe scolastiche con relativa stretta (per quattro voci)
- Saggi di diversi metodi di solfeggi
- Tentamen renovationis musicae harmonicae syllabico-rythmico super cantu Gregoriano saeculo septimo in Ecclesia pervulgatae Friderico III Potentissimo, ac Sapientissimo Borussiae Regis
- Dissertazione sopra i tuoni del canto gregoriano con l'aggiunta infine delle regole per gli istromenti ebdomadarj: scritta a maggior chiarezza per interrogazioni e risposte ad uso de' cappelani-cantori pontificj
- Regole circa il modo di cantare le Lezioni, le Lamentazioni ed i Capitoli, e di intonare il canto gregoriano secondo lo stile osservato dai cappellani-cantori della Cappella pontificia: epilogate da uno de' cappellani suddetti l'anno 1806
- Breve notizia istorica e regole del contrappunto solito farsi da' Cantori pontificj nel cantare il canto gregoriano; e per incidenza, si tratta la questione se i cantori della Cappella giulia nella Basilica vaticana siano più antichi o almeno fosse immutuato il loro corpo per formare a parte li cappellani-cantori pontificj
- Difesa del solfeggiamento regolato dalla variazione de' tuoni, contro i partigiani delle mutazioni, del setticlave e dell'unica lettura 1808
- Dimostrazione della preminenza del solfeggio con dodici monosillabi, sopra tutti gli altri sistemi di solfeggio 1808
- L'artificio e le regole da osservarsi nel comporre tre sorte di canoni: 1° monotoni ne'quali la guida sia una sola parte; 2° monotoni ne'quali la guida sia in quattro parti; 3° sopra una sola riga 1808
- Controversia musicale fra Giuseppe Baini, cappello-cantore pontificio ed i sig. esaminatori della vener. Congregazione de'musici de S. Cecilia di Roma insorta per i pubblico concorso delli 2 maggio 1809, in cui fu rimesso a nuoo esame il giovinetto Giuseppe Giovannini, alunno nella vener. pia Chiesa degli orfani 1809
- Seconda Lettera … ai venerat. sig. Maestri esaminatori della Congregazione di S. Cecilia, sullo stesso soggetto
- Trattato della fuga sul canto fermo
- Risposta di Giuseppe Baini, cappellano-cantore pontificio all'opuscolo del sig. Maestro Giuseppe Rossi, impresso in Terni nel 1809, col titolo 'Alli intendenti di contropunto': opuscolo dove oltre la principal questione circa gli accordi da darsi alla scala, si dilucidano alcuni punti quanto interessanti altrettanto oscuri della scienza musica 1810
- Disquisizione sopra le note di canto delle sei sequenze o ritmi di Pietro Abelardo detti "Pianti"
- Risposta ai dubbj proposti al sig. Maestro Basily dal Maestro Catrufo con lettera dei 29 septembre 1843, da Londra
- Intorno alla creazione di una scuola di musica nella pia casa di lavoro detta "Delle terme Diocleziane".
Resta inoltre in miscellanea molto del materiale da lui raccolto per una Storia della Cappella pontificia progettata ma mai compilata e pubblicata; così come per la messa in partitura di tutta l'opera di Palestrina, portata a termine da Pietro Alfieri.
Note | |
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Bibliografia | |
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Invito alla lettura | |
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